Cosa succede in Bolivia.
Una rassegna delle lotte sociali e della ricomposizione a sinistra in Bolivia negli ultimi due anni. Di Forrest Hylton. Traduzione di Giampiero Budetta. Da ZMag. 27 gennaio 2003.


Eccetto la Colombia, mentre i partiti politici "tradizionali" e le economie nazionali si disintegrano, "America Latina vive nel nuovo millennio una repentina svolta a sinistra. Soltanto poco più di un anno fa l'Argentina ha vissuto una sollevazione di massa di proporzioni senza precedenti. Nel frattempo regimi neopopulisti sono al potere in Brasile, Venezuela ed Ecuador. In Bolivia, dove i partiti della sinistra non sono mai andati al di là del 3,5% dei voti, Evo Morales, leader della federazione sindacale dei "cocaleros", i coltivatori di coca, e del partito d'opposizione più importante, il Movimiento al Socialismo (MAS), ha conseguito il 20% dei voti alle ultime presidenziali. Nel giugno 2002 ha perso di misura solo perché ha rifiutato qualsiasi alleanza con i partiti neoliberali. Quando lo scorso agosto Gonzalo Sánchez de Lozada, già in carica dal '93 al '97, ha giurato per la seconda volta come presidente era chiaro che il neoliberismo stava arrancando sul" ultima gamba rimasta.

Sánchez de Lozada si è trovato al cospetto di uno scenario politico totalmente nuovo rispetto a quello che aveva contribuito a creare come senatore con il decreto 21060 e la Nuova Politica Economica che aveva segnato l'irruzione a vele spiegate del neoliberismo in Bolivia. Il movimento dei minatori comunisti, il nocciolo duro del proletariato più combattivo del'America Latina nella seconda metà del ventesimo secolo, fu stroncato dal presidente Victor Paz Estenssoro, proprio quel'uomo che era arrivato al potere grazie alla forza della rivoluzione del 1952 guidata dai minatori. Il movimento del'altopiano Aymara, riemerso con veemenza a La Paz e nelle zone rurali circostanti durante e dopo la dittatura del generale Hugo Bánzer Suárez (1971-'78), degenerò nel clientelismo e nelle divisioni interne sotto il regime della coalizione di centro sinistra UDP (1982-'85). All'epoca, inoltre, il movimento dei cocaleros delle pianure orientali stava soltanto muovendo i suoi primi passi. I guerriglieri Tupac Katari (EGTK), costituiti quasi esclusivamente sull'altopiano Aymara, hanno fatto la loro apparizione dopo il 1986 e, senza mai rappresentare una seria minaccia per l'offensiva neoliberista, sono stati annientati nel '93 dal primo governo di Sánchez de Lozada.

Dopo il 1985, seguendo i consigli del'economista di Harvard Jeffrey Sachs, le cui "cure drastiche" sarebbero state presto adottate in Europa orientale e nell'ex Unione Sovietica, le miniere di stagno di proprietà dello stato, vale a dire le fondamenta del'economia boliviana, furono vendute ai privati. Insieme ad i suoi partner d'affari britannici ed americani, Sánchez de Lozada divenne il più importante imprenditore minerario della Bolivia, con un patrimonio stimato intorno ai 200 milioni di dollari. 20.000 minatori furono "riallocati" sugli altipiani, molti dei quali con destinazione Chapare. Quando questi discesero nelle pianure orientali a coltivare la coca portarono con sé le tradizioni del sindacalismo radicale che avevano sviluppato nelle miniere e nelle comunità minerarie nel corso del precedente mezzo secolo.

Tra l'88 ed il '90, il movimento dei cocaleros, forte di 200.000 unità, si è affermato come avanguardia della resistenza all'imperialismo in Bolivia quando gli Stati Uniti hanno aumentato drasticamente l'intensità della guerra antinarcotici nelle Ande. Nel 1989 la Bolivia produceva sufficiente pasta di coca per ricavare 286 tonnellate di cocaina e nel 1988 la legge 1008 sanciva la colpevolezza dei trafficanti fino a prova contraria. David Greenlee, l'attuale ambasciatore statunitense in Boliva e allora agente della CIA, apportò delle correzioni alla strategia di eradicazione della cocaina integrando gli sforzi delle forze armate e della polizia. I cocaleros, riuniti in federazioni sindacali, organizzarono massicce dimostrazioni "per la vita e la dignità" nelle quali esaltavano la foglia di coca come prodotto distinto dalla cocaina, come parte integrante del loro millenario retaggio culturale. Negavano qualsiasi legame con il traffico di stupefacenti e, con rudimentali milizie di autodifesa, combattevano la crescente militarizzazione della regione patrocinata dagli Stati Uniti. La loro forza politica collettiva si accrebbe nei primi anni novanta e, quando Sanchez de Lozada assunse la leadership del paese, erano già divenuti un movimento con cui dover fare i conti. Per questo motivo i suoi militanti hanno subito torture, sequestri e omicidi più frequentemente di qualsiasi altro movimento sociale in tutta la storia della Bolivia.

Sánchez de Lozada lanciò, dunque, una serie di riforme come la privatizzazione delle pensioni, delle linee aeree, della società dei telefoni e della compagnia petrolifera, l'introduzione del lavoro flessibile, le riforme agrarie e delle aree urbane che finirono per devastare indistintamente contadini ed operai. I coltivatori di coca, in mancanza di un'opposizione organizzata nelle vallate e negli altipiani, si ritrovarono confinati alle pianure orientali. La Bolivia divenne un modello di neoliberismo, un laboratorio, un altro "fiore al"occhiello" del FMI. Ma analogamente ad un altro paese modello, l'Argentina, i trionfi della Bolivia si rivelarono essere delle costose chimere e il conflitto sociale esplose sotto il già ex-dittatore Hugo Bánzer (1998-2001) che poteva vantare ottimi rapporti con il traffico di droga ed il cui programma di governo era improntato quasi esclusivamente all'imperativo "coca zero". Il suo successore, Manuel "Tuto" Quiroga (2001-2002), si vantava di aver ridotto il potenziale di produzione di cocaina a 13 tonnellate annue. Bánzer e Quiroga, presidenti democraticamente eletti, fecero più morti ammazzati di quanti ne abbia sulla coscienza lo stesso Bánzer quando era ancora dittatore.

Lo scorso aprile del 2000 nella città di Cochabamba (pop. 500.000) una coalizione composta da operai delle fabbriche, studenti delle secondarie e universitari, lavoratori salariati, contadini della valle circostante, contadini "irrigatori" degli alitipiani, comitati di quartiere, professori universitari, lavoratori non salariati, disoccupati e ragazzi di strada hanno bloccato la privatizzazione dell'acqua con una imponente disobbedienza civile. Per la prima volta dopo i primi anni ottanta un movimento popolare dal basso otteneva in Bolivia una grande vittoria sconfiggendo una multinazionale statunitense ed i suoi lacchè boliviani al governo.

La protesta si è estesa tra aprile e maggio del 2000 anche all'altopiano Aymara isolando la regione circostante a La Paz con i blocchi stradali dopo che Felipe Quispe, ex leader dell'esercito guerrigliero Tupak Katari (EGTK), ha infuso nuova linfa nella confederazione dei sindacati contadini Aymara. Sebbene i cocaleros, che conoscono bene il valore della solidarietà, abbiano appoggiato l'insurrezione a Cochabamba e i blocchi stradali intorno a La Paz, essi hanno sofferto altresì le pesanti conseguenze dell'eradicazione coatta imposta da Bánzer perdendo rapidamente terreno a fronte dell'avanzata dell'impero. Contemporaneamente la coltivazione di coca in Colombia è triplicata raggiungendo i 162.000 ettari nel 2000 mentre in Bolivia non aveva mai superato i 46.000 ettari (tuttavia queste statistiche vanno lette con cautela). E si calcola che le perdite dovute all'eradicazione coatta si aggirino sui 500 milioni di dollari annui.

La tendenza, cominciata nel 2002 ed intensificatasi nei due anni successivi, è culminata nella riscossa dei cocaleros e nella quasi vittoria di Evo Morales alle elezioni del giugno 2002. E questo nonostante il monito ai boliviani dell'ex ambasciatore statunitense Manuel Rocha a non votare per Morales. Sebbene la base materiale del movimento dei cocaleros (la coca) si fosse erosa in maniera considerevole il MAS, capeggiato da Morales, è riuscito a recuperare il terreno perduto grazie al suo discorso intriso di nazionalismo radicale che è stato capace di attirare la classe media disaffezionata delle città ed il voto dei proletari. Lo stesso è accaduto anche a Felipe Quispe ed all'altipiano Aymara quando il MIP, il Partito di Rivoluzione India (la P della sigla MIP sta per Pachakutic, da pacha, ovvero spazio-tempo, e kutic, che vuol dire svolta-rivoluzione, nel senso di un mondo alla rovescia) conquistava 5 seggi al congresso dopo un anno di inadempienza degli accordi della Isla del Sol da parte del governo .

A dispetto della qualità superiore della sua leadership e la natura fondamentalmente democratica della sua struttura organizzativa, il Coordinamento per la Vita e l'Acqua di Cochabamba si era completamente disintegrato. E mentre molti sostenitori di Felipe Quispe hanno votato per Evo Morales, in concreto i cocaleros della pianura e gli Aymara dell'altopiano erano separati da un abisso sempre più profondo a causa delle faide da cuadillos tra Quispe e Morales. E all'orizzonte non si intravedeva nemmeno un barlume di unità.

Come c'era da aspettarsi, visti gli accordi di stampo neocoloniale che hanno governato la Bolivia dall'indipendenza dalla Spagna, l'unica cosa che MAS e MIP sono riusciti ad ottenere in parlamento è stato strappare risorse già scarse all'organizzazione dei movimenti. Sei mesi dopo l'inizio del regime di Sánchez de Lozada, il bilancio è disastroso: diversi cocaleros uccisi in scontri a fuoco con l'esercito; quattro contadini senza terra uccisi dalle milizie dei possidenti terrieri; sei morti anche nel Chaco; 4 negoziati sull'eradicazione coatta di coca rimasti senza esito; sistematica inadempienza degli accordi della Isla del Sol.

Ma la responsabilità di questo deprimente scenario non può essere attribuita esclusivamente a Sánchez de Lozada. Questi, infatti, aveva manifestato la sua disponibilità a discutere dell'eventualità di fermare temporaneamente l'eradicazione coatta e di impegnarsi a far effettuare una ricerca di mercato sul consumo legale di foglie di coca. Ma i primi di ottobre ha fatto il suo ingresso in campo il cubano naturalizzato Otto Reich, l'uomo di Bush per l'America Latina.

Da quel momento i dialoghi tra Evo Morales e Sánchez de Lozada sono stati farseschi, anzi non è rimasto più niente di cui parlare. Messo sotto pressione dalle assemblee dei cocaleros, alla fine di dicembre, Morales annunciava una campagna di blocchi stradali per gennaio, a meno che il governo non avesse accettato di rivedere le sue posizioni circa l'eradicazione e di includere i sindacati di cocaleros nella pianificazione ed attuazione della ricerca di mercato sul consumo di foglie di coca. Tuttavia Morales non aveva consultato Felipe Quispe violando un accordo verbale sui blocchi concluso dai due ad aprile dopo che, sugli altipiani, la stagione della raccolta era già passata. Non fu consultato nemmeno Oscar Oliveira, leader del Coordinamento per la Vita e l'Acqua, nonostante Cochabamba sia un passaggio obbligato per il Chapare.

Imperterrito, Morales, senza perder tempo, riuniva una lista di organizzazioni che avrebbero partecipato alla mobilizzazione di gennaio: debitori, domestici, insegnanti, lavoratori senza diritto alla pensione, coloni dallo Yungas, cooperative minerarie, federazioni di lavoratori: una serie di gruppi sociali le cui esigenze venivano ignorate dal governo di Sánchez de Lozada. Morales cominciava, pertanto, a focalizzare il suo discorso su questioni trascendenti gli interessi settoriali come le privatizzazioni, l'esportazione di gas naturale boliviano negli Stati Uniti attraverso il Cile, l'ALCA, affermando, in modo più credibile del solito, di parlare in difesa degli interessi nazionali. Sembrava che Morales e il MAS volessero innanzi tutto mantenere la loro promessa di consolidare un'opposizione di sinistra con un'ampia base di consenso in grado di assemblare movimenti sociali altrimenti separati territorialmente e settorialmente e, in secondo luogo, ritornare alle radici extraparlamentari.

Alla vigilia di Natale, Morales e l'opposizione hanno inviato una lettera a Lozada definendo a grandi linee quindici rivendicazioni da discutere ed annunciando un blocco stradale per il sei di gennaio del 2003. Non hanno ricevuto alcuna risposta. Anzi, il governo e i mezzi di informazione hanno investito le loro risorse nella produzione e diffusione di propaganda intorno al capodanno in cui i blocchi venivano definiti come antipatriottici, come uno schiaffo ai poveri del paese ed una minaccia alla "democrazia".

Quando lunedì 13 gennaio sono partiti i blocchi, è stato immediatamente chiaro che i cocaleros erano gli unici tra i gruppi messi insieme da Morales ad avere il potere sufficiente ad organizzarli. Nel contempo era anche chiaro che i principali giornali boliviani e le stazioni televisive, così come anche l'ambasciata statunitense, avrebbero usato il pugno di ferro per fermarli. Non più tardi di lunedì mattina, con la strada da Sacaba (Cochabamba) a Yapacaní (Santa Cruz) totalmente bloccata, 7.000 uomini dell'esercito erano scesi nelle pianure del Chapare mentre negli altipiani, a Oruro e La Paz, ne venivano dislocati altri 3.000 e 1.000 a Sucre e Potosí. In tutta la Bolivia venivano mobilitati 22.000 poliziotti mentre i cosiddetti "dalmata", le forze antisommossa boliviane, venivano comandate da La Paz a Cochabamba dove ingaggiavano scontri con studenti universitari solidali con i cocaleros. Alla fine della giornata 160 persone erano state arrestate e trasferite in basi aeree, tra questi anche alcuni genitori che stavano iscrivendo i figli a scuola. Un giovane cocalero è stato anche raggiunto da un proiettile in pieno viso ed è vivo per miracolo.

Invece Rómulo Gonzales, un cocalero di 22 anni del Chapare, non è stato così fortunato. Nella seconda giornata di blocchi è stato ucciso da un colpo d'arma da fuoco esploso a 500 metri di distanza, vicino a Colomi, una delle ultime città prima che la strada per santa Cruz affondi alcune migliaia di metri nel Chapare. Nel frattempo, facendo finta che tutto fosse sotto controllo, Sánchez de Lozada viaggiava in Ecuador per la cerimonia di insediamento del nuovo presidente Lucio Gutierrez mentre le televisioni trasmettevano immagini ingannevoli di strade ormai sgombere che hanno spinto la gente a mettersi in viaggio per luoghi dai quali invece sarebbe stato molto meglio tenersi alla larga. Felipe Quispe ed i contadini Aymara dell'altopiano negoziavano la fornitura di 500 trattori concordata nel quadro degli accordi della Isla del Sol, mentre i pensionati interrompevano le trattative con il governo sulla legge 2434 e l'indicizzazione al dollaro del loro trattamento pensionistico annunciando un corteo di protesta a La Paz.

Mercoledì 15 gennaio, sotto il controllo del magnate dei mezzi di informazione e vicepresidente della repubblica Carlos Mesa, la Bolivia ha vissuto una delle giornate più buie della sua storia recente: a 40 Km da Cochabamba Felix Ibarra veniva ucciso da cecchini filogovernativi; Willy Hinojosa, 23 anni, moriva nell'ospedale Villa Lunari del Chapare in seguito a ferite d'arma da fuoco; sempre per lo stesso motivo a Llavín moriva anche Victor Hinojosa; milizie di cocaleros ferivano 8 soldati in un agguato a Cristal Mayu. Ma ancora più tragica è stata la morte di sei pensionati ed altri otto passeggeri in un incidente occorso sulla strada per Oruro ad un autobus noleggiato dal governo su cui erano stati costretti a salire, alle prime luci dell'alba, dalla polizia "dalmata" nel tentativo di disperdere la marcia su La Paz. Peraltro l'autobus noleggiato dal governo era sprovvisto dell'obbligatoria assicurazione e non è ancora chiaro chi risarcirà i sopravvissuti. I blocchi si estendevano in parte dal Chapare a Santa Cruz, Potosí e Oruro, mentre a El Alto, una città Aymara di 500.000 anime a monte di La Paz, si teneva un corteo di studenti, commercianti dei mercati e genitori di soldati di leva. L'ambasciatore statunitense David Greenlee giungeva a La Paz proprio mentre la situazione sembrava sfuggire al controllo del governo ma si è ben guardato dal rilasciare qualsiasi dichiarazione prima del ritorno di Sánchez de Lozada per la cerimonia protocollare.

Giovedì e venerdì il presidente Sánchez de Lozada riprendeva l'iniziativa invitando Evo Morales ad un negoziato a Cochabamba mentre il leader dei pensionati incontrava il vicepresidente a La Paz. Però all'arrivo di Evo Morales a Cochabamba gli veniva detto che il presidente non lo avrebbe incontrato fino a quando non fossero stati sospesi i blocchi stradali e che aveva tre ore per attivarsi in questo senso. In compenso il governo prometteva che avrebbe sospeso quelle che aveva battezzato "misure di controllo", vale a dire la repressione. La funzionaria governativa Ana María Romero, Difensore del Popolo, notava che una scadenza così a breve termine avrebbe potuto vanificare le possibilità di un dialogo perché ai movimenti popolari occorre un iter molto più lungo per giungere ad una decisione mediante assemblee e consenso.

Il governo ha palesato la sua estrema ignoranza circa i meccanismi di partecipazione con i quali opera la democrazia popolare in Bolivia. Ma chissà che la scadenza di tre ore avesse proprio lo scopo di rendere impossibile qualsiasi dialogo. In ogni caso, grazie agli arcani poteri dei mezzi di informazione, Morales ha fatto la figura dell'intransigente ed il governo è risultato essere un interlocutore ragionevole. Con scaltrezza, inoltre, i mezzi di informazione hanno messo i pensionati contro i cocaleros. Così ci raccontavano che i primi agivano esclusivamente nell'alveo costituzionale mentre i coltivatori di coca erano violenti, trasgressori dei diritti umani che stavano tentando di destabilizzare il paese a spese dei contadini e del proletariato urbano già poveri di per sé.

Venerdì la marcia dei pensionati giungeva a La Paz accolta dalle fanfare dei media, ricevendo una sorprendente dimostrazione di solidarietà materiale e morale da tutti i settori della popolazione urbana. Il vicepresidente Carlos Mesa tentava anche di autoredimersi con l'aiuto delle telecamere e della musica. Ma venerdì notte, tuttavia, il bilancio è stato di 700 persone arrestate e trasferite in diverse basi aeree su tutto il territorio nazionale, l'uccisione di 5 cittadini da parte delle forze governative responsabili, peraltro, della morte di altri sei. Il Difensore del Popolo, Ana María Romero, riportava episodi di razzismo sui detenuti riferendo anche che le donne arrestate erano state violentate o minacciate di abusi sessuali. I blocchi sono continuati nel Chapare, Santa Cruz e nello Yugas subtropicale a nord della capitala La Paz, mentre gli altipiani erano saldamente nelle mani del governo. Nonostante le crescenti pressioni all'interno della confederazione dei sindacati Aymara a favore della partecipazione immediata ai blocchi, Felipe Quispe annunciava una campagna di blocchi stradali per febbraio. Sabato 1500 minatori hanno cominciato una marcia da Huanuni con destinazione Oruro scortati da carri armati e sorvegliati dal cielo. Tuttavia giunti a Machamarquita si sono scontrati con le forze governative che hanno sparato al minatore Adrían Martínez, uccidendolo.

Nel corso di quello che sembra essere lo sviluppo più significativo dall'irruzione del MAS nella vita politica del paese, Evo Morales ha convocato a Cochabamba i Capi di Stato Maggiore del Popolo per la giornata di domenica, 19 gennaio. Sono rimasti fuori Felipe Quispe e Saturnino Mallku, leader in disgrazia della moribonda Centrale degli Operai Boliviani (COB). Ciò che rende il gruppo così importante è che potrebbe riuscire nel tentativo di cementare quell'unità che i minatori erano stati capaci di infondere alla COB negli anni ruggenti della lotta politica prima del 1980. In quel periodo la COB costituì un solido baluardo contro i governi della dittatura militare esercitando, in alcuni casi, un potere alternativo.

Se la nuova COB voluta da Morales riesce a formarsi, il movimento popolare potrebbe esercitare nuovamente un potere alternativo in un futuro non troppo lontano. Il governo imporrà quasi sicuramente lo stato d'assedio dichiarando illegale le politiche dell'opposizione. I segni di uno sviluppo in questo senso si possono avvertire già ora. Cochabamba si trova già in uno stato d'assedio de facto e gli industriali ed i grandi esportatori di prodotti agroalimentari hanno esortato il governo ad imporlo su tutto il territorio nazionale. Organizzazioni non governative straniere si sono esposte alle critiche per il loro presunto appoggio alla mobilitazione ed hanno visto i loro membri arrestati o espulsi quando la situazione da critica è diventata addirittura drammatica. Il morale dell'esercito sarà una variabile chiave. I genitori dei soldati di leva hanno già lamentato come i loro figli, il cui ritorno a casa era previsto per la fine del 2002, "vengano usati per uccidere i loro fratelli cocaleros". Il cibo per i soldati di leva è scarso e di pessima qualità ed alcuni dei genitori non hanno nemmeno un recapito dei loro figli sotto le armi.

Dopo una pausa di due giorni per sgomberare il Chapare dai blochi stradali, il governo ha continuato a rifiutare di discutere le rivendicazioni popolari anche perché messo sotto pressione da parte di quanti chiedevano un intervento drastico. Pertanto sembrava che l'assemblea dei Capi di Stato Maggiore del Popolo Uniti dovesse diventare un'altra occasione sciupata. Ma venerdì 23 gennaio Felipe Quispe è stato incluso tra i leader. Tramite la loro confederazione sindacale i contadini Aymara degli altipiani si sono uniti alle federazioni sindacali delle circoscrizioni (COD); una federazione di comunità Aymara e Quechua (CONAMAQ); operai delle fabbriche, il Coordinamento per la Vita e l'Acqua, contadini "irrigatori", studenti universitari di Cochabamba, coloni dello Yungas, federazioni di contadini di Sucre, Potosí, Cochabamba, Oruro, e parte di La Paz, la federazione delle donne contadine "Bartolina Sisa" così come anche le cooperative di disoccupati e minatori.

Con ogni probabilità, nei prossimi giorni il traffico di persone e merci in Bolivia verrà paralizzato ed è improbabile che il governo faccia delle concessioni senza prima alzare drammaticamente il livello della repressione dichiarando, così, lo stato d'assedio. Se l'opposizione riuscirà a mantenere la sua fragile unità, c'è ragione di sperare che riesca a spingere Sánchez de Lozada e Carlos Mesa a dimettersi. Si tratterebbe di una vittoria di portata storica. Invece dell'ennesimo presidente di riserva, fotocopia del precedente, a delineare un nuovo ordine sociale in Bolivia dovrebbe essere un'Assemblea Costituente, ventilata per la prima volta durante la guerra dell'acqua dell'aprile del 2000. Sebbene sia impossibile prevedere come si evolveranno questi processi così complessi, per adesso una radicalizzazione dell'opposizione antineoliberista sembra inevitabile. Speriamo che Lula si accorga che la Bolivia può rappresentare un altro banco di prova per la diplomazia brasiliana mentre, sotto l'ombrello del Forum Sociale Mondiale, la svolta a sinistra riecheggia in tutto il Sud America.