Il Viceré della Bolivia.
Profilo del presidente boliviano Gonzalo Sanchez de Lozada. Di Heinz Dieterich Steffan. Da Rebelion. Traduzione di Giona di Giacomi. Marzo 2003.


Il 12 febbraio Dopo Argentina e Venezuela esplode anche la Bolivia, dove la proposta del governo di istituire una tassa sui salari, già falcidiati dall'inflazione, ha dato il via a scontri violenti. Teatro dell'insurrezione, la capitale La Paz, che dopo una giornata di saccheggi e violenze appare come un deserto. Alto il bilancio dei morti, almeno diciassette, senza contare l'elevato numero dei feriti, almeno una sessantina, tra cui un adolescente. Le vittime sono per lo più agenti della polizia. Interi reparti ieri hanno gettato la divisa e si sono ammutinati dopo la decisione del governo di tassare i salari fino al 12,5 per cento. Uno schiaffo per il sindacato dei poliziotti che, al contrario, chiedeva un aumento delle retribuzioni del 40 per cento. Il governo ha mandato in piazza l'esercito e sono partiti gli scontri, degenerati in saccheggi, violenze, assalti alle sedi dei partiti e di emittenti televisive ad opera di commandi di giovani.- Pubblicità -
Gli incidenti sono iniziati a Plaza Murillo, dove si affacciano numerosi edifici governativi, e dove reparti del Gruppo speciale di sicurezza (Ges) si sono apertamente scontrati con truppe scelte militari, chiamate dal presidente della repubblica Gonzalo Sanchez de Lozada a difesa del palazzo presidenziale. L'emittente televisiva ATB non ha esitato a parlare di una "vera e propria guerra", svoltasi in tre differenti incidenti, due dei quali senza risparmio di armi da fuoco e gas lacrimogeni.
In un clima da colpo di stato, cecchini della polizia e dell'esercito si sono appostati sui tetti degli edifici del ministero degli Esteri, del palazzo di governo e del Parlamento, per sparare sulla gente.
In poche ore la città è diventata una campo di battaglia. Commandi di giovani sono scesi nel centro della capitale prendendo d'assalto sedi di partiti, ministeri e edifici pubblici distruggendo il mobilio e lanciando dalle finestre documenti, computer e macchine da scrivere. Poi hanno assaltato il centro commerciale "Shopping Norte" che ha determinato, fra l'altro, l'interruzione delle trasmissioni dell'emittente televisiva Bolivision, che ha lì i suoi uffici. Anche il canale statale "Television boliviana" ha sospeso i programmi. Infine una radio privata ha indicato che mezzi blindati dell'esercito stavano convergendo su La Paz. Inutili gli inviti alla calma del presidente Gonzalo Luiz Macchi e del cardinale Julio Terrazas.
Il sindacato unico dei lavoratori (il Cob), ha indetto per la giorntata di oggi uno sciopero generale in tutto il Paese. E il governo, per tutta risposta, ha annunciato la sospensione di tutte le attività pubbliche e private, compresa la chiusura delle banche. "Una decisione che ha l'obiettivo di salvaguardare le persone", ha dichiarato il ministro del Lavoro, Jaime Navarro.

21 febIl presidente neo-liberista della Bolivia, Gonzalo Sanchez de Lozada, ha presentato mercoledì il suo nuovo governo, dopo i sanguinosi scontri della settimana scorsa (32 morti), causati dalla politica di austerità pretesa dal Fmi e dalla politica di sradicamento coatto delle colture della coca pretesa dagli Usa. Ha ridotto il numero di ministri da 18 a 13, mandandone a casa 10, fra cui il ministro alla presidenza Carlos Sanchez, che l'opposizione responsabilizza per i morti, e José Justiniano, il ministro per la pianificazione.

Il presidente boliviano Gonzalo Sanchez de Lozada (El Goni) possiede un record singolare nella gestione politica: le sue forze di repressione hanno ucciso più di 60 manifestanti durante proteste sociali, e ferito gravemente più di 200, negli ultimi sette mesi. Durante le proteste del 12 e 13 febbraio, a La Paz, i militari del Comando delle Forze Armate Boliviane hanno strappato la vita a 22 persone.

"El Goni", tuttavia, non ha bisogno di compiacersi del suo record di morti e di feriti, che alla fine, non si discosta poi tanto da quello dei suoi colleghi neoliberisti. E’ dotato anche di molte altre facoltà che sono molto funzionali per esercitare il potere nelle terre conquistate da Francisco Pizarro e Hernan Cortez.

Possiede il fastidioso requisito di aver superato le elezioni con la stessa eleganza del nuovo Fuhrer dell’Occidente, George W. Bush. Nelle elezioni del luglio del 2002, "El Goni" e il suo Movimento Nazionale Rivoluzionario (MNR) ottennero all’incirca il 22% dei voti, essenzialmente la stessa quantità del Movimento al Socialismo (MAS) di Evo Morales e la Nuova Forza Repubblicana (NFR) di Manfred Reyes Villa, seguita dal Movimento della sinistra rivoluzionaria (MIR) di Jaime Paz Zamora, con il 16%.

Su una partecipazione al voto del 70%, la rappresentanza politica del nuovo presidente raggiunge appena il 15%. Siccome il sistema elettorale boliviano non prevede il secondo turno, la selezione del presidente é stata realizzata nel Congresso, dove le prebende e gli accomodamenti del potere nazionale e dell’Ambasciata degli Stati Uniti propiziarono l’astensione del NFR e l’appoggio del MIR al Viceré designato. Jaime Paz Zamora, che durante la sua presidenza era stato vincolato ai narcodollari, si dimenticò che era solito qualificare il "Goni" come "venditore della patria" ed ora si é integrato felicemente al nuovo potere della Repubblica.

"El Goni" ostenta un’altra qualità professionale, che è già diventata imprescindibile per comandare una delle repubbliche indipendenti dell’America Latina: parla perfettamente l’inglese. Di fatto, parla così bene la lingua imperiale del presente, che non ha la padronanza di quella imperiale del passato. Ogni precipitoso discorso che esce dalla sua bocca é pieno di errori grammaticali e di atrocità fonetiche, che ucciderebbero all’istante Miguel de Cervantes e Antonio de Nebrija.

Ciò potrebbe non avere nessuna importanza per i cittadini della Repubblica di Bolivar — che non devono nulla agli spagnoli se non il terrorismo di Stato, lo sfruttamento infernale delle miniere di argento di Potosi e la bestiale repressione delle sollevazioni degli indios e delle lotte di liberazione tra il 1809 e il 1825-, se non fosse per il fatto che Sanchez de Lozada possiede la singolare qualità di parlare simultaneamente ai popoli aymara e quechua nelle due lingue di dominazione: lo spagnolo e l’inglese. Ed ogni discorso precipitoso in forma castigliana, ma con contenuto e fonetica statunitense, rappresenta un insulto ripugnante e una repellente umiliazione verso quelle culture millenarie.

Tuttavia, il Presidente della Repubblica della Bolivia non solo utilizza il software mentale degli Stati Uniti, dove ha studiato lettere e filosofia, ma possiede anche qualità migratorie e l’appoggio della Casa Bianca. E questa é una previsione molto intelligente per un politico, come già sapevano i precedenti padroni della Bolivia, il re dello stagno Don Simon Ituri Patiño e suo figlio Antenor.

Simon Patiño (1860-1947), ai suoi tempi l’uomo più ricco della Bolivia, aveva accumulato una fortuna di quasi 1 miliardo di dollari con i minerali del paese, convertendosi nel suo vero padrone. Suffragò colpi di stato contro Presidenti progressisti, come Gualberto Villarroel; finanziò la guerra fratricida del Chaco (1932-35), nella quale 100.000 paraguaiani e boliviani morirono per gli interessi petroliferi di due grandi transnazionali occidentali e creò vari trusts minerari con capitali statunitensi e inglesi.

Quando la Rivoluzione Boliviana del 1952 nazionalizzò le miniere di Patiño, dando origine alla Corporazione Mineraria della Bolivia (Comibol), suo figlio Antenor manipolò, insieme agli interessi imperialisti degli Stati Uniti, la quotizzazione dello stagno, annegando la economia monoesportatrice del paese in una profonda crisi economica che provocò la caduta del presidente nazionalizzatore Victor Paz Estenssoro (1956)

Patiño aveva il potere di distruggere una rivoluzione nazionalista, in un processo destabilizzante molto simile, nelle strutture e nei protagonisti, al tentativo di distruggere la Rivoluzione Bolivariana di Hugo Chavez, in Venezuela. Giocò un ruolo simile a quello di Gustavo Cisneros in Venezuela.

Patiño é stato presidente della British-American Tin Mines e della Thailand Tin Mines. Fu diplomatico in Madrid, Parigi e Londra. Aveva acquisito lignaggio sposandosi nel 1931 con Donna Maria Cristina de Borbon y Bosh-Labrus, Infanta di Spagna e di Portogallo. Aveva costruito il complesso turistico più esclusivo del mondo a Las Hadas, in Messico, era legato al sistema politico ed accademico statunitense, per esempio, attraverso la Università di Chicago.

"El Goni" segue questo modello di controllo politico-economico del paese, insediato economicamente dall’oligarchia dello stagno. Attualmente é uno degli uomini più ricchi della Bolivia, con una fortuna calcolata in 220 milioni di dollari. Ha investimenti in Argentina, Brasile, Cile, Perù, Malesia, Tailandia, Africa. Durante il suo primo incarico governativo come Ministro della Pianificazione (1985-89) e poi, già come Presidente (1993-97), ha privatizzato la quasi totalità delle imprese pubbliche, distruggendo l’economia mineraria e gettando a più di 30.000 minatori sulla strada. Portava avanti una missione storica dell’oligarchia e degli interessi imperiali: terminare la distruzione del proletariato minerario attraverso il mercato, aggregando insieme ai cadaveri dei bombardamenti e delle mitragliate contro i minatori, la chiusura definitiva delle loro fonti di lavoro. Molte delle miniere più redditizie finirono nel suo portafoglio patrimoniale, chiamato Compagnia Mineraria del Sud (Comsur), che, come la vecchia oligarchia, é vincolata organicamente al capitale internazionale, per esempio, alla transnazionale inglese Rio Tinto plc — una delle corporazioni minerarie più grandi del mondo — che possiede il 33,3 % delle azioni della Comsur, e con la quale condivide interessi con la miniera di rame "La Escondida" nel nord del Cile.

Non poteva mancare nel record di Sanchez de Lozada il vincolo con la corrotta multinazionale dell’energia statunitense, la Enron. Nel 1994 aprì alla Enron la partecipazione come socio nel gasdotto Bolivia-Brasile, in un accordo che sottomise tutte le decisioni alla giurisprudenza degli USA. In contropartita per questi ed altri favori, la Enron pagò 2,5 milioni di dollari ( ! ) al presidente della Compagnia Statale YPFB, Arturo Castaños, come spese di viatico, legali,ecc.,per il favorevole sviluppo del progetto del gasdotto.

E non possono nemmeno mancare i vincoli organici con il subimperialismo spagnolo, che appare sempre unito come un fratello minore al seguito di Washington. 52.3 miliardi di piedi cubi di gas naturale giacciono nel sottosuolo della patria boliviana, anelati da capitalisti statunitensi, inglesi, spagnoli e cileni.

Il consorzio Pacific LNG, composto dalla British Gas, la Panamerican Energy e la spagnola Respol, é ansioso di sfruttare quella ricchezza del sud dell’altopiano che richiede un investimento da 5 a 7 miliardi di dollari e che trasformerebbe la Bolivia in uno dei più importanti giocatori nel mercato continentale di gas naturale. Ma il progetto ha anche bisogno di un impianto di liquefazione e di un porto d’imbarco nell’Oceano Pacifico, il tutto richiede un porto in Perù o in Cile, perché il Cile espropriò alla Bolivia la sua frangia costiera nella Guerra del Pacifico (1879). Sanchez de Lozada ha detto, che non vincolerà la negoziazione del gas con il Cile alla restituzione della frangia marittima, "perché non si può vivere nel passato". In realtà, a causa dei suoi interessi economici, stabiliti in Cile e con gli inglesi, preferisce realizzare l’affare con il capitale cileno, con l’operatore statunitense dell’ALCA, Ricardo Lagos e la Pacific LNG, per prendersi una bella fetta dell’affare, come già fece con la privatizzazione della Comibol.

Se il governo Bush é considerato la "gas & oil administration", perché risponde direttamente ai comandi degli interessi corporativi statunitensi del gas e del petrolio, la stessa logica vale per il regime spagnolo. Felipe Gonzales, José Maria Aznar e le figure della dinastia borbonica, sono impiegati politici degli interessi della Respol, della Telefonica, della BBV, del Banco Santander e degli interessi del magnate mediatico, Jesus Polanco. La dinastia del Re Juan Carlos di Spagna conta su un proprio patrimonio di 17 miliardi di euro. Perciò, non solo é, insieme allo stato spagnolo, il capitalista ideale del sistema, ma anche uno dei grandi poteri plutocratici reali d’Europa. Per ciascuna di queste funzioni il principe Felipe di Spagna é stato presente alla consegna del mandato presidenziale a Sanchez de Lozada, il 6 agosto del 2002, poiché, non solo esiste una "oil and gas administration" in Washington, ma anche una "oil and gas monarchy" in Madrid.

Sanchez de Lozada possiede un ultimo requisito dei presidenti neoliberisti che diventa vitale per la sua permanenza al potere. Con il truffaldino impegno di creare " occupazione e ancor più occupazione" vinse le elezioni del 1993. Con la dichiarazione bugiarda di essere stato vittima di un golpe e dei franchi tiratori del MAS, adesso cerca di scaricare le sue responsabilità di criminale nell’assassinio di 11 poliziotti e 17 civili, e nel ferimento grave di più di 200 civili, nelle giornate del 12 e 13 febbraio.

Ma l’evidenza empirica é chiara: sono state le Forze Armate Boliviane, sotto il comando del suo Comandante Generale Gonzalo Sanchez de Lozada, e dei suoi franchi tiratori, addestrati da Israele e dagli Stati Uniti, che hanno brutalmente sparato, mirando alla testa dei manifestanti, per ucciderli.

Nella notte di mercoledì 12 febbraio, "El Goni" si era rifugiato nell’ambasciata del Stati Uniti. Aveva dormito ben protetto dall’Impero, perché il paese andino possiede la seconda sede più grande della CIA in America Latina. Tuttavia, la CIA non lo potrà proteggere per sempre.

Un qualche giorno, il Viceré dovrà rispondere dei morti e della distruzione della Patria: sia davanti la giustizia internazionale, sia davanti al popolo.