Zelaya, il liberale
che scelse il popolo
Un
interessante e appassioanato articolo sulle utime vicende honduregne, che come
si può vedere, sono strettamente legate alla storia di un popolo, che
faticosamente cerca di uscire dalle secche della povertà e dell'oppressione
(di Josè Luiz Del Roio). Reds - Luglio 2009
Questo
piccolo paese centro-americano, con i suoi quasi otto milioni di abitanti e
i suoi circa 112.000 kmq, ha sofferto insieme ai suoi fratelli dell'Istmo il
peso di una storia di dolori. Povero, molto povero, sopravvive con l'esportazione
di prodotti coloniali come caffè e banane. E quella meravigliosa frutta
è un marchio di vergogna se ancora pochi anni fa era noto come una "repubblica
delle banane" sotto il feroce tallone del polipo verde della United Fruit.
Un piccola oligarchia, succube degli interessi multinazionali, totalmente apàtride,
impermeabile al concetto di bene comune, predatrice nel suo egoismo, accumulava
tutto ciò che poteva. Si sentivano sicuri perché dicevano: sempre
così è stato e così continuerà ad essere.
E contavano sull'appoggio costante degli Stati Uniti.
Per gli honduregni che si ribellavano e lottavano erano pronti repressione crudele,
tortura, carceri e morte.
C'erano elezioni: il clientelismo e le minacce erano sufficienti per mantenere
il sistema. Nonostante tutto, però, i venti soffiavano e soffiano.
Nel 2005 venne eletto presidente un leader liberale, uno dei partiti dell'oligarchia.
Il suo nome Manuel Zelaya. Poco o niente da lui speravano i movimenti popolari.
Cattolico osservante e sincero, toccò con mano la miseria del suo popolo.
Cercò soluzioni, guardò intorno a sé, concentrò
il suo sguardo su Cuba, dove nessun bambino dorme per strada; apprezzò
i programmi sociali di Lula in Brasile; si entusiasmò con la rivoluzione
bolivariana in Venezuela e con il miracolo Evo Morales in Bolivia. Decise la
sua strada.
Si avvicinò ai lavoratori delle campagne e delle città, ascoltò
le denunce e le proteste di quell'umanità meticcia e indigena. Insieme
ad essi tracciò progetti di ridistribuzione del reddito, di salute ed
educazione per tutti. Divenne un traditore, criminalizzato dalla oligarchia.
Osò aderire al sistema Alba, Alleanza Bolivariana per le Americhe, insieme
a Venezuela, Nicaragua, Cuba, Bolivia, Equador, fra gli altri. Cominciò
a fare i primi passi sul binario del movimento continentale "socialismo
XXI".
Due motori spingevano questo movimento. La rilettura appassionata dei valori
della resistenza degli ultimi cinque secoli e il desiderio di integrazione latinoamericana.
E l'Honduras ha anche un figlio illustre: Francisco Morazán. Combattente,
eroe di decine di battaglie contro la oligarchia, discepolo di Simón
Bolívar, lottatore per l'unità dei popoli dell'Istmo, coprì
la carica di presidente della Unione delle Province dell'America Centrale fra
1830 e 1839.
Fu sconfitto, il mosaico si scompose. Rimase il sogno. Il governo Zelaya si
nutre di esso.
L'oligarchia latino americana si agita, si contorce, è preoccupata. I
movimenti sociali si organizzano vieppiù, avanzano, conquistano governi
progressisti o rivoluzionari. La discussione sulla costruzione di una società
socialista abbandona la nicchia delle illusioni e diventa pratica sociale delle
masse.
L'imperialismo statunitense impantanato in oriente non trova più le forze
per colpire direttamente l'America Latina. Gruppi fascisti, appoggiati dalla
grande stampa e dai capitali forti, tessono trame per spezzare il processo.
Denigrano, mentono su tutto quello che è popolare. Cercano il golpe in
Venezuela e il separatismo in Bolivia. Sono sconfitti. Si concentrano sull'anello
più debole e giocano il tutto per tutto: Honduras, dove le strutture
popolari sono più fragili e il cammino del cambiamento più recente
e atipico.La necessità dell'azione golpista è impellente. Agire
prima che il processo si consolidi e l'integrazione con i vicini diventi più
concreta. Anche le multinazionali temono di perdere gli anelli e poi le dita.
Il 24 giugno 2009 i paesi dell'Alba decidono «l'appropriazione delle conoscenze
per potere produrre i beni fondamentali per la vita». E l'Honduras, che
importa l'80% delle medicine, opta per ricevere tecnologia e farmaci generici
da Cuba. Ciò rappresenta una sfida ai colossi dell'industria chimico-farmaceutica.
Non tanto per il danno economico, ma per l'esempio di ribellione.
Altri settori che detengono i "saperi monopolistici" anch'essi si
preoccupano.Un altro fattore spinge verso il golpe. Lo scoraggiamento della
contro-rivoluzione a causa della amministrazione Barak Obama, visto come un
pericoloso bolscevico. La destra statunitense incalza per creare fatti irreversibili
per distruggere il lento e faticoso dialogo fra le due Americhe. Si scatena
il golpe. Forze potenti aprono le gabbie dei fascisti storditi.
La lotta politica che si profila è molto maggiore dello spazio honduregno.
Se il golpe si mantiene fino a gennaio 2010, quando ci sarà una nuova
tornata elettorale e senza la presenza di Zeyala, le oligarchie potranno installare
uno dei loro burattini al governo. Così dimostreranno che tutto è
ammesso per fare indietreggiate la rivoluzione latinoamericana. Di qui la necessità
di un isolamento assoluto dei golpisti: che nessun governo del pianeta sia in
condizione di riconoscerlo e che il legittimo Presidente Zelaya torni a Tegucigalpa
quanto prima. Sarebbe una sconfitta storica per la destra e rafforzerebbe il
"socialismo XXI".
I golpisti sono esasperati perché tutti i governi latinoamericani - alcuni
anche controvoglia - li hanno condannati. E per la prima volta il grande amico
statunitense li "tradisce" perché il Presidente Obama riconosce
solo Zelaya come primo cittadino dell'Honduras. Costa dure battaglie, sofferenza
e sangue questa tappa della storia dei popoli honduregni, ma come scriveva il
poeta cileno Pablo Neruda Alta es la noche y Morazán vigila/Es hoy, ayer,
manana? Tu lo sabes./Hermanos, amanece. Y Morazàn vigila (Profonda è
la notte e Morazán vigila/E' oggi, ieri, domani? Tu lo sai./Fratelli,
albeggia. E Morazán vigila).