Odg
di minoranza
Il
documento politico respinto dal congresso
Rifondazione per la sinistra
In Italia c’è un grande bisogno di opposizione. Il governo Berlusconi
sta dando vita, attraverso ogni suo quotidiano atto, ad una forma di “regime
leggero”, ottenuto dall’impasto tra politiche populiste, liberiste
ed autoritarie.
Oggi è in atto un attacco alle condizioni di vita di milioni di donne e
di uomini, ai diritti dei lavoratori (a partire dal contratto collettivo di lavoro),
all’uso sistematico della dichiarazione di emergenza contro i migranti,
i rom, le lotte ambientaliste.
C’è bisogno di opposizione, ma essa manca poiché non c’è
una sinistra capace di darle vita. L’attuale opposizione presente in Parlamento
non è in grado di esercitare una azione efficace, o perché essa
è muta socialmente (come nel caso giustizialista dell’Italia dei
Valori) o perché non ha i fondamenti necessari per costituirsi come opposizione
sociale nel paese. È il caso del Pd, nato esclusivamente in funzione del
governo e quindi incapace di agire l’opposizione come terreno della rilegittimazione
della politica di massa.
Il compito di Rifondazione Comunista è quello di contribuire a ricostruire
l’opposizione nel paese. Vanno riprese le lotte e il conflitto sociale,
la tessitura di relazioni e l’individuazione di un progetto di alternativa
di società. Va rigenerata la sinistra di questo paese, in un processo di
ricostruzione paziente che è fatto di reinsediamento sui territori, di
alleanze con soggetti sociali organizzati, di inclusione e partecipazione di donne
e uomini che sentono l’urgenza e la necessità dell’azione di
una nuova sinistra in Italia.
Bisogna costruire una vasta e ricca mobilitazione permanente una opposizione plurale,
civile e sociale, alle destre. È il primo compito di Rifondazione, anche
nella contesa con il Pd, dentro il suo insediamento elettorale, tra il nostro
popolo.
Le stesse elezioni europee non possono essere un banale terreno di rivincita,
ma la prosecuzione delle lotte della sinistra continentale nel nostro paese, che
deve raccogliere e capitalizzare l’opposizione al modello europeo che si
è venuto costruendo, quello delle banche e delle tecnocrazie. Il nostro
è e rimarrà un europeismo popolare e di sinistra. Per questo ribadiamo
la nostra adozione del programma comune che, per la prima volta, rappresenterà
l’intero Partito della Sinistra europea nella prossima competizione elettorale.
Per questo motivo Rifondazione comunista ribadisce l’impegno a presentarsi
autonomamente con il proprio simbolo e con il programma della Sinistra europea,
impegnandosi a riformare nel prossimo Parlamento europeo il Gruppo della sinistra
unitaria (Gue-Ngl).
Bisogna tornare nella società, non fuggendo dalla politica, anzi criticando
in radice qualunque sciagurata ipotesi di autonomia del sociale e di autonomia
del politico. Il politicismo è una prigione. Ma l’esodo dalla politica
è la rinuncia al cambiamento.
In questo quadro è indispensabile il ruolo, autonomo e combattivo, delle
forze sindacali. Contro il sindacato, inteso come struttura basilare della coalizione
dei lavoratori, si sono mosse pesantissime azioni di delegittimazione da parte
del Governo e di Confindustria. Tante sono, tuttavia, le responsabilità
oggettive e soggettive di tale indebolimento. Va ricostruita la sinistra, anche
perché senza di essa, senza la sua azione politica e sociale, la stessa
azione del sindacato ne viene indebolita. Oggi, più di ieri, ci sarebbero
tutte le ragioni per l’indizione di uno sciopero generale: dalla catena
di omicidi bianchi sul lavoro, alla politica antisociale del governo. Le condizioni
affinché lo sciopero generale ci sia, vanno costruite da molti attori sociali
e politici, noi tra questi. A tal fine consideriamo fondamentale la ripresa di
un’iniziativa che rafforzi la sinistra sindacale, per l’opposizione
e per la battaglia contro le politiche concertative di questi anni. Le forze sindacali,
autonome ed indipendenti dai partiti e dalle forze padronali e di governo, partecipano
in maniera decisiva alla ricostruzione del campo più ampio ed efficace
della sinistra.
Ma la sinistra è un progetto innanzitutto di popolo. Di un popolo che può
e deve trovare voce e rappresentanza nella società italiana. Esso si è,
nel corso degli anni, organizzato in molte forme, dalle associazioni al volontariato,
fino alle forme di autorganizzazione di lotte sociali ed ambientali. Tale esperienze,
molto ricche e feconde, sono una base di un possibile ripopolamento di un tessuto
democratico logorato dall’egemonia del pensiero e delle idee della destra.
Occorre una opposizione capillare fatta di mobilitazioni molteplici, capillari,
decentrate e democratiche, fino a prevedere mobilitazioni generali che impegnino
il partito a farsene interprete e protagonista, insieme a associazioni, forze
politiche, movimenti e singoli individui che non si rassegnano alla condizione
presente. La nostra piattaforma è quella che lotta per i diritti sociali
e quelli civili, per le libertà e le garanzie, per la difesa della Costituzione
repubblicana e per una nuova idea di “beni comuni”, per la pace e
per la giustizia sociale in ogni parte del mondo (a partire dalla organizzazione
delle prossime mobilitazioni contro il G8 del 2009 in Italia e dall’impegno
contro la Nato e per il ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan).
Difesa del contrato collettivo nazionale, aumento del potere d’acquisto
dei salari, salario sociale, politiche contro la disoccupazione e la precarietà,
iniziative per una politica di rilancio del Mezzogiorno, estensione e promozione
del welfare pubblico, piani per l’edilizia popolare, rilancio della scuola
e dell’università pubbliche, diritti rivendicati dai movimenti Lgbtq
contro la discriminazione e per una nuova cittadinanza, difesa intransigente dei
diritti di cittadinanza dei migranti, politiche ambientali (a partire dal no alla
Tav e all’energia nucleare). Sono solo alcuni dei nostri obiettivi prioritari
in questo contesto. L’alternativa di società è per noi sempre
più indispensabile.
Dalla sconfitta per ricostruire
Rifondazione comunista è oggi di fronte al compito più difficile
dalla sua nascita. La sconfitta del 13 e 14 aprile è stata di dimensioni
storiche. Una sconfitta prevedibile, ma non scontata. Nelle elezioni scorse la
vittoria delle destre è apparsa come l’esondazione di un’acqua
scura lungamente accumulata negli anni. La destra ha vinto nella società,
prima ancora che nella politica. Noi siamo perciò chiamati oggi ad una
ricollocazione strategica.
Gli anni dell’esperienza del governo dell’Unione sono risultati fallimentari.
Non abbiamo compreso quanto fosse improba la nostra richiesta di rendere “permeabile”
il governo all’azione dei movimenti sociali. Non siamo stati all’altezza
di padroneggiare la congiuntura e di vagliare fino in fondo le ragioni di una
scelta di governo, oltre ad essere stati del tutto inefficaci nell’azione
concreta del come governare. La forma concreta del Pd ci fa dire che è
impossibile un accordo organico per il governo del paese. E’ quindi sbagliata
la proposta della costruzione di un nuovo centrosinistra. Va fatto un bilancio
senza sconti alla concreta evoluzione di quel progetto ed della compatibilità
nostra con esso.
Il nostro rapporto con il Pd non può che partire dall’autonomia progettuale
e politica del nostro partito ed è indispensabile relazionarsi ad esso
in alternativa rispetto al suo progetto strategico. In ogni caso, data la nostra
presenza in tante esperienze di governo locale (che vanno amministrate in primo
luogo dai livelli territoriali corrispondenti) ed in vista delle prossime competizioni
amministrative, bisogna fare un bilancio di tali esperienze, che sia la base per
un rilancio della nostra efficacia dentro le istituzioni a tutti i livelli. Tracciare
un bilancio politico amministrativo che faccia della critica alle politiche liberiste
e della questione morale i nostri pilastri fondamentali ci serve per dispiegare
a pieno la nostra forza politica. In questo nuovo quadro l’azione a livello
locale deve poter essere occasione per creare spazi di controtendenza, senza cedere
a logiche di generalizzazione di giudizi o di autoesclusioni. Ma è indubbiamente
necessario che le differenze culturali e programmatiche si manifestino in modo
chiaro e percettibile.
Il nostro rapporto con le altre forze organizzate della sinistra non può
che partire dal bilancio sull’esperienza de La Sinistra l’Arcobaleno.
Essa è stata un fallimento e riteniamo non più riproducibile quel
modello di cartello elettorale. Tuttavia è nostro interesse rilanciare
forme di collaborazione nel quadro più ampio della sinistra, declinando
però l’invito che ci è stato fatto dal congresso del Pdci
di unificare le sole forze che si definiscono comuniste nel paese.
Dal fallimento del governo e de La Sinistra l’Arcobaleno dobbiamo estrarre
la necessaria lezione per impedire che anche l’opposizione fallisca.
Il congresso, una tappa della rifondazione
Nel nostro congresso si sono confrontate posizioni politiche alternative fra loro,
delle quali una ha conseguito l’ampia maggioranza relativa dei voti. Nessuna
delle proposte politiche registrate nel dibattito congressuale, la costituente
di sinistra, la federazione delle sinistre, il partito sociale, l’unità
dei comunisti, la svolta operaia hanno conseguito la maggioranza assoluta dei
consensi. Resta dunque aperto il campo della ricerca politica, che noi collochiamo
nel quadro della ricostruzione e rigenerazione della sinistra.
Tale ricerca deve tener conto di una situazione mutata rispetto alla fase di apertura
del dibattito congressuale. Il dibattito congressuale è stato aspro e teso,
ma assai partecipato. Esso, in ogni caso, ci consegna materiali per una possibile
ricostruzione unitaria del partito che poggi su basi politiche solide e di prospettiva
e non sulla sommatoria indistinta di culture politiche e progetti strategici divaricati
e tenuti insieme solo da una negazione, la negazione della storia stessa delle
trasformazioni e delle innovazioni di Rifondazione comunista. Nella nostra storia
è stata sempre la politica a guidare i nostri passi, non la gestione. Chi
si prende la responsabilità di spaccare il partito in maniera dolorosa,
lo fa contro gli interessi della nostra intera comunità politica.
Per questo riteniamo di dover “cercare ancora” e di lavorare ad un
rilancio del progetto strategico di Rifondazione comunista, contribuendovi anche
con un dibattito aperto e pluralistico, sulle basi teoriche delle nostre acquisizioni
collettive: dalla riflessione sul pensiero della differenza e del femminismo,
alla nonviolenza, passando per tutte le rielaborazioni dei concetti appartenenti
alla cultura storica della sinistra. L’innovazione politica e culturale
è stata la nostra tensione costante, iscritta nel nostro stesso nome: rifondazione.
Abbiamo fatto questo percorso nell’elaborazione e nel vivo delle lotte di
Genova e del movimento altermondista. Vogliamo continuare a farlo, nel vivo del
rapporto con i movimenti sociali e politici del paese.
La nostra comunità è mortificata del risultato elettorale e scossa
dall’asprezza dello scontro durante il congresso. La cura che dobbiamo ad
essa non può che partire da una nuova stagione di apertura verso l’esterno,
verso nuovi iscritti ed aderenti che ravvivino le nostre organizzazioni, troppo
spesso esangui in tanta parte del paese.
Vogliamo che vi sia una nuova stagione di democrazia interna e di ripresa di percorsi
partecipativi, nella formazione delle decisioni e nella individuazione degli organismi
dirigenti. Gli stessi contributi della conferenza di Carrara debbono essere aggiornati
ed estesi rispetto al bisogno di costruzione condivisa della nostra comunità.
Consideriamo la critica alla cultura maschile e monosessuata del partito un impegno
prioritario, nella prossima fase, della nostra azione politica interna all’organizzazione.
29/07/2008