Domande e risposte sulle alleanze elettorali.
Documento in cui immaginiamo un contraddittorio tra la redazione di REDS contraria alla tattica della "non belligeranza" ed una serie di lettori variamenti collocati sulla questione delle alleanze elettorali del PRC. REDS. Dicembre 2000.


Abbiamo qui di seguito riportato le domande più tipiche che ci vengono poste riguardo alla questione delle alleanze elettorali da compagne e compagni di vario orientamento, esterni ed interni al partito, ed anche le nostre risposte. Siamo convinti, come affermiamo in altre parti della rivista, che la tattica della non belligeranza, e cioé la non presentazione del partito nel maggioritario della Camera, sia un fatto negativo; il partito dovrebbe, dopo essersi appellato alla sinistra (e non al centro) per una alleanza elettorale su un programma finalmente progressista, in caso di rifiuto, presentarsi da solo in ogni ambito. Di seguito le contestazioni (in grassetto) che spesso ci vengono rivolte a questa impostazione e le nostre argomentazioni.

Il pericolo della destra

La destra italiana è una commistione troppo pericolosa di razzismo, liberismo, omofobia per non cercare alleanze con chiunque ci stia.

E' vero, la situazione italiana è particolare, ma non è altrettanto vero che in altri Paesi la destra si presenti in termini "puri". I partiti di destra e di centro rappresentano dal punto di vista sociale strati molto esigui, dato che il lavoro dipendente va sempre più estendendosi in tutto il mondo. Sono dunque costretti, per guadagnare voti, a cercare alleanze e compromessi anche al di là dell'ideologia liberale che solitamente li caratterizza. Ad esempio la borghesia italiana nell'immediato dopoguerra avrebbe fatto volentieri a meno della DC (puntava invece sui liberali), ma per contenere l'avanzata delle sinistre fu costretta a ricorrere all'aiuto della gerarchia ecclesiastica. Anche i repubblicani USA sono, in una certa misura, anche un impasto di razzismo, liberismo, misoginia, ecc; questo dovrebbe condannarci a votare sempre i Gore o i Clinton? Pensiamo anche allo spagnolo Aznar: è a capo di un partito che ha un forte legame con il suo passato franchista. E che dire poi della CDU tedesca che sta fondando la sua strategia di rivincita elettorale su campagne antimmigrati? Inoltre: cerchiamo di ricordarci una buona volta che la peggior sconfitta in Europa il movimento operaio l'ha subita dalla Thatcher, che era una liberale pura (non era xenofoba ed ha difeso il diritto d'aborto, ma ha distrutto il movimento sindacale).

La nostra destra però ha per alleata una formazione come la Lega, apertamente xenofoba.

Anche in Austria il partito espressione degli interessi della borghesia, cioé il Partito Popolare, ha una alleanza di governo con la destra xenofoba di Haider. In Italia si determinerebbe una situazione molto simile. Non ne siamo felici, ma ricordiamoci che lo spazio a destra, Haider se lo è guadagnato grazie ad una politica di alleanza compromissoria durata più di un decennio tra sinistra e popolari. La destra ha potuto guadagnare spazio quindi, soprattutto negli strati operai, perché è apparsa come l'unica formazione di alternativa al sistema. Annacquare dunque la propria identità per creare un cordone sanitario intorno alla destra non serve, perché è esattamente ciò che la fa crescere. Solo se la sinistra recupera la propria visibilità e identità e non si confonde con il centro apparirà come alternativa. Un'ultima notazione: non capiamo perché si agita sempre la Lega come spauracchio in occasione delle elezioni e la si lascia in pace per il resto dell'anno. La Lega fa politica tutti i giorni, e tutti i giorni compie in maniera assolutamente indisturbata il suo sporco lavoro di diffusione della xenofobia tra le masse.

Ma ci immaginiamo cosa potrà accadere nei prossimi anni se vincesse Berlusconi? Troveremo un'Italia che non riconosceremo più.

Solo se glielo permetteremo. Anche dopo quattro anni di centrosinistra abbiamo un'Italia che non riconosciamo più. Cosa avremmo detto se anni fa ci avessero predetto che in Italia ci sarebbero state manifestazioni di massa xenofobe senza essere contrastate dalla sinistra? Cosa avremmo detto se ci avessero raccontato che è nei quattro anni di centrosinistra che si è prodotto il più formidabile processo di flessibilizzazione che il movimento operaio abbia conosciuto in Italia? Potremmo continuare. Aggiungiamo però una cosa: se Berlusconi dovesse andare al governo riuscirà a fare solo ciò che noi gli permetteremo di fare. Cosa è riuscito a fare nel '94 quando era al governo? Alla prima seria controriforma, quella pensionistica, lo abbiamo bloccato con un movimento di massa che poi ha, a catena, provocato la crisi di governo e la sua caduta. La storia del movimento operaio italiano dimostra abbondantemente che si può governare anche dalla piazza. Il pericolo non è Berlusconi, è la nostra incapacità di reazione. Del resto è l'assenza di movimenti che ha fatto sì che il centrosinistra conducesse una politica di destra praticamente indisturbato.

Non ci pare una gran cosa promuovere una tattica elettorale che nei fatti favorirebbe la destra. Se vanno su questi non ci sarà più spazio per nessuno!

Le alternative si costruiscono disputando lo spazio, e non cedendone pezzetto a pezzetto ad altri, altrimenti si finisce come la sinistra statunitense che per paura dei repubblicani vota democratico, dando così vita ad un sistema politico dove i due maggiori partiti hanno differenze superficiali. E' solo grazie alla presenza di Nader alle ultime elezioni presidenziali che oggi abbiamo la speranza di poter vedere il sorgere di un terzo polo nella politica americana. La concorrenza a sinistra inoltre obbligherà d'ora in poi i democratici USA a tener conto anche di quell'elettorato, se non vorrà perdere un'altra volta.

Non ci pare che la presenza del PRC, e dunque di un concorrente a sinistra, spinga i DS su posizioni migliori.

I dirigenti DS sanno molto bene che, per quanto il PRC strepiti, alla fine, bene o male, l'alleanza la fanno. Il prezzo politico che pagano è limitato, e dunque possono permettersi di proseguire nella loro alleanza strategica con il centro, alla quale troppo spesso, sia a livello nazionale che locale, prestiamo la nostra stampella.

Ma senza il centro si perde.

Questo lo si poteva dire qualche hanno fa. Ora si ha il dovere di trarre un bilancio di tanti anni di centrosinistra: i dati dimostrano che non è vero che con il centro si vince: si perde, si perde sempre e si perde male. Oltretutto vi è una continua erosione dei consensi elettorali alla sinistra, anno dopo anno.

Ma se a quel punto c'é un partito di centro che vuole allearsi con voi che fate? Gli dite di no?

Certo, gli si dice di no. I nostri avversari non rifiutano forse degli alleati per ragioni "ideologiche"? E' poi terribilmente semplice dire no a popolari e democratici: ci separano tutta la questione dei diritti civili, oltre che una diversa visione della questione sociale, visto che non hanno relazioni sindacali con le fabbriche e dunque non ne subiscono la pressione. Per spiegare in maniera popolare il perché non vogliamo allearci col centro basta dire la verità, e gli esempi possibili non mancano: non vogliamo allearci con chi ha più caro l'interesse del Vaticano a quello delle donne, ad esempio.

La lotta alla destra

Se i DS dicono che non ne vogliono sapere di alleanza di sinistra voi proponete che il PRC si presenti da solo. Ma in questa maniera fareste vincere la destra.

Chi lo afferma dimostra di non comprendere perché la destra ha già vinto e continua a vincere. La destra avanza perché vi è un numero crescente di persone che non vota o che vota a destra perché non trova un'adeguata espressione delle proprie istanze.

Questa è buffa: la gente vota a destra perché la sinistra non è abbastanza di sinistra! Pare un po' contorto come ragionamento.

L'elettorato è composto in misura crescente da gente che non ha vissuto gli anni settanta. Chi ha vissuto quegli anni (e sono la maggioranza dei militanti attuali della sinistra, di qui la loro difficoltà a comprendere le nuove generazioni) ha, dentro di sé, un'idea molto precisa di che cosa significhi "sinistra": nonostante tutti i tradimenti dei suoi dirigenti, ha associato quella parola a delle lotte, e a delle conquiste. Noi dobbiamo metterci nell'ottica che da allora sono passati più di venti anni. E che dunque vi sono milioni di elettori che si avvicinano alla cabina elettorale senza avere una concezione chiara di che cosa è la destra e cosa è la sinistra, semplicemente perché non hanno fatto esperienza di vita di cosa significhino quelle parole. Ciò non significa ovviamente che il giovane lavoratore, il giovane disoccupato o il giovane studente, non soffrano della propria condizione di oppressi: semplicemente questa condizione si presenta loro in termini confusi, e dunque può essere rivestita di ideologie "altre", più facili, e più comode. Per un giovane operaio che non ha mai sentito parlare di scioperi e che quando vede un sindacalista gli pare solo, non a torto, un gran furbacchione, è più facile rappresentarsi il proprio disagio come dovuto all'"invasione" di stranieri invece che causato dal suo padrone: gli stranieri sono più deboli, quindi più facilmente attaccabili, sono un bersaglio facile, colpire il proprio padrone in questi tempi in cui viene glorificato da tutti richiede un surplus di coscienza e di coraggio (vedi "Manuale popolare contro il razzismo"). Compiendo un parallelo un po' forzato si comportano come quei bambini che sono maltrattati in casa e che a scuola se la prendono coi coetanei picchiandoli. Si tratta di bambini che non riescono a rappresentare chiaramente a se stessi l'origine del proprio disagio e la cui azione va in senso contrario ai propri interessi.

Non si vede come questa coscienza dovrebbe venire da una presenza elettorale separata della sinistra.

O a quel giovane operaio la sinistra appare come una presenza "separata", seccamente, dagli "altri", oppure non gli si rappresenterà alla propria mente come una possibile alternativa all'esistente. Analogamente, proseguendo nel nostro parallelo un po' forzato, un bambino maltrattato non recupererà alcuna fiducia nel mondo adulto, se non incontrerà figure di riferimento, seccamente distinte da chi gli fa del male. Una presenza autonoma della sinistra non è di per sé sufficiente, perché come abbiamo detto il meccanismo fondamentale è l'associazione della parola sinistra ad esperienze di lotta, ma è la condizione necessaria e minima perché questo processo abbia inizio. Al giovane operaio deve presentarsi chiaramente una alternativa: stai male, sei sfruttato, sei precario, c'é quel mucchio di partiti che dicono tutti la stessa cosa, poi c'é la destra che se la prende con gli immigrati, poi ci siamo noi che ce la prendiamo col tuo padrone: chi scegli? Ma se non saremo separati politicamente da chi difende il suo padrone, come potremo mai articolargli un simile ragionamento? Alla massa dei giovani la sinistra non appare come alternativa vera, portatrice di valori difficili da praticare ma sinceri e autentici, e con ciò si contribuisce al loro disorientamento. Di qui il consenso maggioritario che raccoglie tra i giovani la destra, che appare con una immagine forte, e di opposizione.

L'unità della sinistra

Se è così, non capiamo perché voi volete far precedere e accompagnare alla presentazione autonoma del PRC un costante appello alla unità della sinistra. Se dite che i giovani non sanno nemmeno cosa sia la sinistra, e che ci si deve rivolgere alle masse spoliticizzate, che vi importa di dare un patentino di sinistra a Verdi e DS?

In Italia non esistono solo masse spoliticizzate e da strappare alla destra. Vi è un 25-30% che vota DS o Verdi o PdCI. Anche per costoro dobbiamo avere una politica, mostrare che esiste una prospettiva diversa da quella di una eterna alleanza con il centro. Se diciamo solo: "il PRC deve presentarsi da solo", in realtà sosteniamo una politica che può mietere più o meno consensi, ma esclusivamente nel nostro elettorato. Perché tale affermazione dovrebbe interessare un elettore diessino? Non è cosa che lo riguardi. Dobbiamo invece adottare una politica che lo chiami in causa, che lo faccia scegliere. Noi abbiamo il dovere di mostrare una alternativa possibile di potere, almeno in prospettiva. Non possiamo immaginare che una politica che sottintende il fatto che al governo speriamo di andarci solo dopo che il PRC avrà raggiunto il 51%, possa davvero interessare le larghe masse. Dobbiamo adottare una politica che crei contraddizioni tra l'apparato DS e la sua base, che è una base che immagina di votare a sinistra. In Italia non ci sono masse "rivoluzionarie" (esistono solo in precisi momenti storici): la gran parte della gente che vota a sinistra vuole un capitalismo dal volto umano, delle riforme che aggiustino un po' la situazione. Noi comunisti sappiamo che un capitalismo dal volto umano non è possibile, ma non possiamo limitarci alla predica. Dobbiamo far compiere alle masse l'esperienza concreta, o per lo meno essere interessati affinché la compiano.

L'appello che il PRC dovrebbe lanciare a DS e Verdi ha una risposta scontata e dunque suona un po' falso, tanto per farsi dire di no.

Al contrario: noi dobbiamo lottare perché ci dicano di sì. E se ci dicono di no e si va incontro alla sconfitta, la volta successiva il nostro appello avrà una forza ancora maggiore. Noi lanciamo un appello ai partiti, ma in realtà il nostro obiettivo sono le loro basi, soprattutto elettorali. Per questo dobbiamo rifiutare negoziazioni ed accordi nascosti e colloqui riservati, nei corrodoi, con i dirigenti. Ogni no deve costare qualcosa a chi rifiuta l'alleanza. Facciamo un esempio pratico: la candidatura di Fo a sindaco di Milano. Il partito avrebbe dovuto appellarsi alle basi dei Verdi e dei DS e dire: "è la volta buona, presentiamo una lista di sinistra per Milano, noi siamo pronti, ma: attenzione, se respingete un candidato che piace anche alla vostra base, allora alle elezioni ci andate senza di noi". Il PRC invece ha sì sostenuto Fo, ma timidamente, e senza essere chiaro su cosa sarebbe accaduto se i DS avessero fatto i furbi. Non ha incalzato pubblicamente in alcun modo i DS, preoccupato di creare loro imbarazzi. Il risultato è che i DS hanno sfiancato Fo che si è ritirato, ma senza dirgli apertamente no e senza che fosse chiaro al popolo di sinistra il prezzo che avrebbero pagato: lo sfilamento del PRC, che oggi, invece, rimane aperto ancora alla possibilità di una alleanza di centrosinistra (vedi: analisi sulla vicenda di Fo). La politica di unità della sinistra, da parte dei comunisti è una maniera di unificare i lavoratori di fronte ai loro avversari politici, ma anche di creare contraddizioni tra la base e i vertici della socialdemocrazia che hanno sempre respinto, non a caso, l'idea e la pratica dell'unità della sinistra.

Non si vede come possiate assumere un profilo antisistema e allo stesso tempo chiedere ai DS di allearsi.

Lottare per l'unità della sinistra non significa affatto moderare le proprie idee. Significa dire: le nostre idee sono radicalmente contro questo sistema, siamo però disponibili ad un rapporto con voi non su tutto il nostro programma, ma su questi deterinati punti programmatici.

Non capisco perché insistete sulla propaganda a favore dell'unità della sinistra: i DS sono uguali al PP, se non più a destra.

I partiti non devono essere distinti solo in base alla linea politica che sostengono. Altrimenti confonderemmo spesso la retorica antimperialista dell'estrema destra per qualcosa di sinistra. La linea politica serve solo in misura secondaria a determinare la natura sociale di un partito. Un partito risponde sempre ad una classe sociale e ad un sistema di alleanze. A noi sta individuarlo ed è a quello che a noi interessa far riferimento. Chi vota diesse lo fa convinto di votare a sinistra, il nostro compito è far capire che si sbaglia, ma non ci riusciremo certo confondendo il suo partito col PP i cui elettori mai si sognerebbero di definirsi di sinistra. Quando Fo si à candidato a sindaco é dalle sezioni dei DS che si sono alzate voci a favore non da quelle del PP.

Non ci pare però che in altri Paesi la sinistra al governo senza il centro abbia prodotto chissà che risultati rivoluzionari.

Non si tratta infatti di un elemento sufficiente. Nella Francia degli anni trenta la presenza al governo del Fronte Popolare ha contribuito ad innescare una dinamica di lotta di classe che ha portato a storiche conquiste, così come è accaduto nel Cile di Allende; del resto questo non accade attualmente in Germania. Diciamo dunque che, ancora una volta, la condizione essenziale per arrivare a delle conquiste, è che la gente si mobiliti. Se si ha in mano anche lo strumento governo, bene, altrimenti i movimenti possono lo stesso ottenere risultati storici. Ma anche un governo di sinistra, senza movimento, non va a sinistra.

La presentazione autonoma del PRC

E una volta che i diessini e i verdi dovessero dire di no?

Saremmo legittimati agli occhi delle masse a presentarci da soli o con chi ci sta. E' l'operazione che è stata fatta a Venezia quando uno schieramento alternativo ha raccolto oltre il 15% dei voti.

Ma poi Bettin ha dato indicazione di voto per il candidato di centrosinistra

Decisamente è una conclusione che ci è piaciuta poco. Una "furbata". Che razza di lista "alternativa" è un raggruppamento che poi, alla resa dei conti, appoggia il male minore? Tali operazioni lasciano agli elettori un retrogusto amarognolo da presa per i fondelli. Noi dobbiamo essere alternativi anche al centrosinistra (e non alla sinistra). Non siamo favorevoli ad operazioni tese a raccogliere gli insoddisfatti e pilotarli verso il centrosinistra. E' la versione furba di ciò che critichiamo.

A livello locale però non si dovrebbe essere così rigidi. Non c'è automatismo tra l'atteggiamento verso il governo di centrosinistra e quello verso le giunte locali.

Sono assai rari i casi in cui la gente discrimina tra voto locale e nazionale. In realtà in caso di elezioni concomitanti (insieme amministrative e politiche) i risultati non si sono mai discostati se non di qualche punto percentuale. E con ragione. Se noi siamo favorevoli ad uno schieramento di governo regionale che già possiede tanti poteri schiettamente politici, non ha senso muovere la guerra ad un identico schieramento a livello nazionale. E viceversa. Queste distinzioni tra governo nazionale, regionale, comunale contribuiscono a rendere il nostro messaggio confuso e ambiguo, e quello degli altri limpido e coerente.

Pensate che il PRC, data l'indisponibilità del resto della sinistra a presentarsi insieme, dovebbe presentarsi da solo. E così guadagnerebbe consensi. Non si capisce allora perché il PRC non abbia aumentato i propri voti: dopo che è uscito dal governo Prodi, invece, ha subito un tracollo.

La tempistica in questa analisi è cruciale. Il PRC non ha cominciato a perdere voti dopo la sua uscita dalla maggioranza, ma mentre stava in maggioranza: cerchiamo di ricordarci i risultati disastrosi delle amministrative del '97 e '98 (vedi "Un passo avanti per l'Ulivo, un passo indietro per la sinistra: le amministrative del 16 novembre 1997" e "A volte ritornano. Le amministrative del maggio 1998"). Quindi in realtà la conclusione più corretta è: il partito non ha recuperato la caduta di consenso vissuta sotto il governo Prodi e che era dovuta alla delusione prodottasi nel suo elettorato per il sostegno a politiche di sacrifici.

Poniamo pure che sia così. Come si spiega che nelle elezioni successive all'uscita dal governo Prodi, il PRC non ha recuperato?

Per recuperare un'immagine di partito coerente, si devono lanciare messaggi coerenti. La nostra immagine è troppo legata a quella del centrosinistra: la gente non capisce come mai in un sacco di situazioni locali ci presentiamo insieme al centrosinistra e in altri gliene diciamo di tutti i colori. E' un comportamento che non solo è incoerente, ma che appare incoerente e ambiguo anche a chi è assai a digiuno di politica.

Lotte e governi

Sottovalutate completamente le conseguenze di un governo della destra: dite di difendere i lavoratori, e non ci pensate cosa potrebbe accadere loro?

Sono stati i governi di centrosinistra ad inaugurare la flessibilità forsennata. Infatti i padroni su quel piano non chiedono più nulla, premono invece sui licenziamenti. Ma dopo la batosta dei referendum, una tale misura non potrà mai passare senza una lotta durissima. Saranno possibili anche altri attacchi, non c'é dubbio, al peggio non c'é mai fine, ma non potrà passare nulla se ci sarà una forte opposizione di piazza. I rapporti di forza tra le classi non li determinano i risultati elettorali, i quali ne costituiscono invece di solito lo specchio, anche se deformato. E dall'opposizione si possono strappare conquiste storiche: del resto in Italia è avvenuto quasi sempre così, con il PCI all'opposizione ma i cortei nelle strade.

Non siamo più negli anni settanta. Non vedete che non si muove niente?

Perché manca un riferimento politico credibile, una identità, una prospettiva. Se la sinistra cede continuamente ed anzi anticipa i disegni della destra, la gente non avrà certo voglia di scendere in piazza. Non riusciamo a ricordare periodo più depresso di questo, nella sinistra, da quando è al potere il centrosinistra. Sarà un caso? Certo, non stiamo affermando che se va al governo la destra allora si rivilitalizzerà tutto il movimento. Ci limitiamo a dire che destra al potere non è sinonimo di sparizione dei movimenti. Quelli sono spariti sotto il centrosinistra.

Quindi voi lottate per stare sempre all'opposizione e delegare il governo al centro e alla destra.

I comunisti lottano per il potere, sempre. La frase ha un suono un po' sinistro, oggi, dato che richiama alla mente della gente i politicanti di professione attaccati alle loro sedie. La forma moderna di questa classica frase bolscevica dunque è: lotta per la conquista del governo. Non ci siamo socialdemocratizzati: pensiamo che il comunismo non potrà certo essere imposto per via elettorale, non perché non lo vogliamo noi, ma perché troppi esempi storici stanno a testimoniare che un governo che fa gli interessi degli oppressi è rovesciato dagli strumenti che permangono in mano alla classe dominante anche dopo le elezioni, e tra questi, l'esercito. Ma le masse imparano dalle proprie esperienze e dunque sarebbe assai ridicolo se basassimo la nostra propaganda sulle previsioni di quel che avverrà se. Noi dobbiamo dare risposte semplici alla costante richiesta di potere degli oppressi, risposte che consentano a queste masse di arrivare a certe conclusioni. Quindi ogni volta che il nostro partito ha fatto mostra nella sua propaganda di adorare lo stare all'opposizione, pensiamo abbia compiuto un errore di comunicazione. Era una comunicazione volta a rassicurare la propria base, non a convincere quella di altri. Tra l'altro non si è mai accompagnato ad un comportamento conseguente, soprattutto a livello locale. Dunque all'opposizione ci si deve stare, ma dicendo chiaramente quale è la nostra strategia per uscirne.

Appunto: le masse hanno visto nel governo di centrosinistra uno strumento di governo per cambiare le cose.

Il fatto che si deve dare una risposta alla spinta verso il potere delle masse non significa certamente assecondare tutte queste spinte. La gran parte delle volte sono abbagli, e dobbiamo dirlo, stando sempre attenti però ad offrire una alternativa che appaia possibile. Ad esempio si doveva avere la forza già nel '96 di dire che il governo Prodi non rispondeva alle esigenze di governo e di cambiamento, dato che già allora esso era una alleanza tra forze politiche della classe dominante e la socialdemocrazia ("La "vittoria" del 21 aprile: c'è poco da ridere"). Dobbiamo attivamente dimostrare che i governi che si sono susseguiti non sono governi di sinistra, come ormai abitualmente vengono definiti anche dai mass media, ma di centro sinistra. La sinistra in Italia non ha mai governato. I governi di centro sinistra sono stati strumenti nelle mani della classe dominante, anche se al suo interno vi erano partiti di sinistra radicati nel movimento operaio. Pensiamo forse che Dini non abbia alcuna relazione con le classi dominanti? Del resto basta un'occhiata alle statistiche: in un periodo in cui l'espansione economica avrebbe potuto favorire un forte recupero salariale, la flessibilità è aumentata, i salari diminuiti e gli scioperi crollati.

Dimenticate che nella storia d'Italia i governi di centrosinistra hanno sempre inaugurato stagioni di riforme.

Erano riforme modernizzanti, che servivano cioè a rendere il capitalismo più efficiente. Fu il caso ad esempio della nazionalizzazione dell'energia elettrica, è stato il caso dell'entrata nella Moneta Unica. Ma le riforme vere, quelle che fanno compire un salto qualitativo alla forza, al benessere, alla fiducia in se stesse delle masse, quelle sono state ottenute con la lotta nelle piazze e casa per casa, fabbrica per fabbrica: la scala mobile, lo statuto dei lavoratori, il divorzio, la riforma sanitaria, ecc.

Il centrosinistra

Se ai padroni va così bene Amato, perché non sostengono il centrosinistra?

I padroni se la pigliano comoda. Siccome hanno a che fare con due schieramenti che ammettono chiaramente di lavorare per gli interessi dell'"impresa", scelgono l'uno o l'altro a seconda delle convenienze. Rutelli sindaco a Roma ad esempio andava benissimo, dato che ha favorito grandi profitti alla borghesia locale fatta soprattutto di costruttori. Come primo ministro invece una fetta della borghesia gli preferisce Berlusconi, nonostante l'avessero snobbato quattro anni fa. Ne sono ancora diffidenti, ma pensano che possa andare un po' oltre il limite al quale si è spinto il centrosinistra. Per questo il Corriere della Sera ad esempio pende leggermente verso il centrodestra. Ma domani stesso potrebbero cambiare schieramento: per loro non è uno scontro drammatico, come non lo è negli USA la competizione tra democratici e repubblicani. Ciò che a loro darebbe fastidio è il sorgere di un polo nel quale non sono presenti propri rappresentanti di fiducia: per questo hanno condotto una guerra contro la candidatura di Fo a sindaco di Milano.

Insomma, io non sono d'accordo con la politica del tanto peggio tanto meglio.

Nemmeno noi, semplicemente non riusciamo a capire al momento cosa sia meglio e cosa sia peggio. Non ci troviamo a scegliere tra uno schieramento socialdemocratico ed uno borghese, ma tra due schieramenti a egemonia borghese. Il centrosinistra non è la sinistra, è il centro che la fa da padrone con la socialdemocrazia che l'appoggia in maniera assolutamente subalterna. Gli interessi della classe dominante sono rappresentati in tutti e due gli schieramenti, anche se con diversi stili, compatibilità, alleanze sociali.

Sul terreno dei diritti civili ammetterete però che la destra è molto peggio.

Il centrosinistra ha al suo interno una forte componente clericale, ed anche fondamentaliste (basti pensare alla Pivetti). Lo ha dimostrato Rutelli togliendo il patrocinio del comune di Roma al Gay Pride, e ai vari governi che non sono riusciti a far approvare nemmeno mezza norma a favore delle coppie di fatto e della fecondazione assistita. Peggio: per la prima volta nella storia repubblicana abbiamo un finanziamento pubblico alle scuole private. E tutto ciò nell'assenza dei movimenti nelle piazze, annichiliti dalla presenza della sinistra al governo che agita la paura dell'avvento della destra. Ricordiamoci che divorzio e aborto li abbiamo conquistati con la Democrazia Cristiana al governo. La destra tenterà certamente degli affondi come già accade a livello regionale, ma la ragione per cui gli riescono è che non c'é un'opposizione di massa. In Lombardia varano i buoni scuola, ma ciò avviene non perché Formigoni è al potere, dato che non é la prima volta che abbiamo un democristiano a governare la Lombardia, ma perché non c'é una sinistra capace di organizzare la resistenza nel sociale.

Sulla base di una sconfitta elettorale non si costruisce un bel nulla.

Storicamente non è stato così. La sconfitta peggiore non è essere battuti dall'avversario, ma quella che deriva dagli errori e dai tradimenti dei propri dirigenti. Ed è esattamente ciò che accade oggi al popolo di sinistra: l'attuale senso di sconfitta è provocato dall'amarezza e dalla delusione nei confronti delle proprie rappresentanze politiche.

Non potete negare però che i governi Prodi, D'Alema, Amato sono stati governi onesti ed efficienti.

A quanto pare ciò non è stato sufficiente a guadagnare loro il consenso della maggioranza dei lavoratori. Chi vota il centro non si aspetta grandi cambiamenti, vuole una gestione tranquilla di quel che c'é. Chi vota a sinistra invece i cambiamenti li vuole vedere, altrimenti non vota o vota da un'altra parte.

Il PRC non ha compiuto alcun passo verso un accordo con il centrosinistra: la non belligeranza significa che il partito in maniera unilaterale rinuncia a presentarsi al maggioritario della Camera.

Tattica più incomprensibile pensiamo non si potesse escogitare. Riesce a scontentare assolutamente tutti. Non servirà a convincere l'elettore di sinistra preoccupato della vittoria di Berlusconi, il quale incolperà comunque il PRC di aver favorito la destra presentandosi al senato e facendo mancare l'appoggio al maggioritario. Non convincerà il giovane confusamente antisistema il quale comunque prenderà la tattica come una maniera coperta di sostenere il centrosinistra. Non convincerà il dissenso di sinistra che si esprime attraverso l'astensionismo, perché comunque la distanza presa dal centrosinistra è insufficiente. E infine: assolutamente nessuno comprenderà perché ci si presenta all'uninominale del Senato ma non al maggioritario della Camera.