Primarie 2005: che fare?
Il PRC, che fa parte della coalizione di centro-sinistra, pur non avendole proposte, ha accettato di entrare fino in fondo nella logica delle primarie, proponendo la candidatura del segretario. Reds - Settembre 2005


Il 16 ottobre si terranno in tutta Italia le elezioni primarie per designare il candidato del centro-sinistra alla carica di Presidente del Consiglio alle elezioni politiche del 2006.
Potranno candidarsi gli esponenti di partito che saranno stati sostenuti da almeno 10mila firme raccolte in almeno 10 regioni (con un minimo di mille firme per regione)
Chi vorrà votare dovrà versare un contributo minimo di 1€ (che servirà per l'organizzazione) e dovrà acconsentire che il proprio nominativo figuri su un registro pubblico degli Elettori del centro-sinistra. Potranno votare anche i cittadini immigrati "regolari".
Inoltre sono stati definiti, tra i leaders dell'alleanza, i cosiddetti "Valori dell'Unione" ai quali l'eventuale governo di centro-sinistra dovrà riferirsi. In un breve documento sono stati elencati gli otto punti programmatici, che proponiamo in sintesi.

COSTITUZIONE:
La carta fondamentale va difesa come elemento costitutivo dell'iedentità e della democrazia italiana.

EUROPA:
Si deve promuovere una forte integrazione economica, sociale e territoriale dell'Europa.

PACE:
E' un valore a cui l'Unione "resterà fedele e coerente"; l'ONU è la fonte di legittimazione internazionale.

TERRORISMO:
La sicurezza individuale e collettiva è un bene essenziale che le istituzioni devono garantire.

DECLINO ECONOMICO:
Il rilancio del Paese si basa sull'andamento dell'occupazione e una redistribuzione a favore delle realtà sociali deboli.

SUD:
Occorrono politiche di riequilibrio economico ed occupazionale del Paese.

GIUSTIZIA:
La magistratura deve essere autonoma e indipendente, ma la giustizia deve avere tempi certi.

BIOETICA:
Pur nella laicità dello stato vanno rispettati i convincimenti etici e religiosi di tutti.

Il testo è stato appositamente pensato "a maglie larghe" per fare in modo che il vincitore delle primarie non debba avere eccessivi vincoli nella stesura del programma di governo e possa in questo modo dare la sua interpretazione alle questioni poste dal documento.

Le primarie e Prodi
La scelta da parte dell'Unione di candidare Prodi alla guida del Governo è maturata già quando questi copriva la carica di Presidente della Commissione Europea e l'accettazione ufficiale da parte sua di questa investitura è avvenuta a fine mandato, al passaggio del testimone a Barroso.
L'entrata in campo di Prodi non è stata comunque senza ostacoli; ostacoli frapposti dalle burocrazie dei vari partiti della coalizione, che, garantendo in linea di principio l'appoggio al Professore, hanno inteso avere delle garanzie (leggi: collegi sicuri, poltrone in caso di vittoria alle elezioni). Più che appoggiato quindi, Prodi si è trovato ben presto nella scomoda posizione del ricattato, per di più senza il supporto di nessun partito.
Fallito il suo disegno di costruire in tempi rapidi un nuovo partito (l'Ulivo, con lui leader), che potesse sulla base della sua forza numerica dettare legge a tutta la coalizione, si è trovato a proporre lui stesso le primarie, nel tentativo di dimostrare il suo primato aldilà dell'appoggio dei partiti.
Ma dopo la schiacciante vittoria dell'Unione alle ultime regionali, per volontà di Prodi stesso, è stata abbandonata l'idea di effettuare le primarie.
Tuttavia, dopo poche settimane, ecco rispuntare le primarie, a seguito di una scontro interno al centro-sinistra provocato da chi ha inteso indebolire la figura di Prodi.
L'iniziativa è stata di Rutelli, che intravedendo la possibilità di intercettare i voti in fuga dalla destra a vantaggio del suo partito, ha proposto la presentazione della Margherita col proprio simbolo, alle prossime elezioni, nella quota proporzionale. I prodiani, che negli organismi dirigenti della Margherita non contano più del 20%, non sono stati in grado di bloccare questa decisione, che rappresenta una presa di distanza dai DS e che nei fatti indebolisce Prodi e il suo progetto di costruzione dell'Ulivo.
Vediamo quindi che la designazione del candidato dell'Unione attraverso lo strumento delle primarie è stata una questione interamente gestita da Prodi, col preciso intento di avere, da una parte un potere solido e reale nella coalizione giustificato da un'investitura popolare, dall'altra la possibilità di non farsi sottomettere dalle burocrazie dei singoli partiti.
Ma, per come queste primarie si sono determinate, e per lo spazio che altri leaders di partiti (Bertinotti in particolare) si sono trovati a disposizione per avere maggiore visibilità, seppur indirettamente produrranno invece un appannamento della figura e del carisma di Prodi e rappresentano innegabilmente la sconfitta del progetto di semplificazione dello schieramento di centro-sinistra (UDEUR, ULIVO, SINISTRA).

Le primarie e Bertinotti
Il PRC che fa parte della coalizione, pur non avendole mai proposte, ha accettato di entrare fino in fondo nella logica delle primarie, proponendo la candidatura del proprio segretario politico. Così come hanno fatto l'UDEUR (Mastella), Italia dei Valori (Di Pietro) e Verdi (Pecoraro Scanio).
La linea della Segreteria non era inizialmente quella delle primarie; proponeva invece un'ampia consultazione su tutto il territorio nazionale sui contenuti programmatici del governo dell'Unione, dando per scontata la candidatura di Prodi a premier. Proposta questa sostenuta in solitudine e con scarsa convinzione e, quindi, caduta nel nulla nel corso di poche settimane.
A questo punto, la scelta di partecipare alle primarie con un proprio candidato è apparsa al gruppo dirigente la più logica, sia per avere la garanzia di visibilità, sia per offrire un elemento di riferimento alla sinistra radicale interna ed esterna all'Unione e verificarne il peso politico.
Nel Partito si è comunque sviluppato un dibattito che ha fatto riemergere le divisioni interne manifestatesi nell'ultimo congresso; ciò nonostante, pur non considerando questo tipo di consultazione facente parte delle proprie tradizioni, nessuno si è sentito di proporne esplicitamente il boicottaggio.
E' vero che le primarie non entrano nelle nostre tradizioni, come pure è vero che la definizione di un candidato di uno schieramento da proporre alle elezioni politiche (fosse anche del PRC), rappresenta una sorta di legittimazione da parte del Partito del sistema bipolare maggioritario: sistema che non ha mai cessato di contrastare e che intende sostituire al più presto con il sistema proporzionale.
Ma è anche vero però che ciò che i movimenti e la società civile chiedono oggi al PRC è di essere dentro a quello schieramento che si pone l'obiettivo esplicito della caduta del governo Berlusconi.
Pur essendoci noi dichiarati in diverse situazioni e con ampie argomentazioni, contrari a forme di collaborazione con le forze moderate del centro-sinistra, pensiamo che oggi il PRC non sarebbe compreso se si defilasse da questo compito.
Il PRC deve quindi essere parte attiva nella lotta contro la destra di governo, sia facendo quello che ha sempre fatto nel conflitto sociale, sia utilizzando gli strumenti della politica di cui dispone dentro e fuori la coalizione.
La candidatura di Bertinotti (anche se si è trattato di una forzatura del segretario) rappresenta oggettivamente un elemento destabilizzante nella coalizione, per varie ragioni.
Innanzi tutto ha avuto il merito di impedire che le primarie si trasformassero in una sorta di referendum per un Sì o un No a Prodi, elevando in questo modo il tasso di democrazia della consultazione.
Arriverà quindi alla gente un messaggio secondo cui non è vero che tutto è scontato e deciso e una scelta è comunque possibile. E' possibile scompigliare i piani delle burocrazie: esattamente come è successo in Puglia.
In secondo luogo questa ha consentito al PRC di essere percepito come "alleato scomodo" e portatore di contenuti "altri" da chi (l'Ulivo) dice che vuole cambiare tutto per non cambiare nulla. Un fatto questo molto importante che può, se ben gestito, produrre spostamenti importanti sia nell'Unione a vantaggio del PRC sia nei movimenti, che fino a ora non gli hanno mostrato grande attenzione al momento del voto.
Vi è infine un'ultima questione, che forse è la più rilevante: votando Bertinotti si ha la possibilità, non solo di manifestare una forma di dissenso nei confronti di Prodi, ma di esprimere nei fatti un'adesione a contenuti programmatici (abolizione della legge trenta, la riforma Moratti, la legge sulla fecondazione assistita, la Bossi-Fini) per molti versi alternativi. Pertanto, se vi sarà una buona affermazione di Bertinotti sarà impossibile non vedere che nel popolo di centro-sinistra vi è una componente che pesa e che vuole che le scelte di governo siano indirizzate chiaramente a vantaggio di alcuni soggetti e contro altri.
Ma, quanto Bertinotti intenda giocare fino in fondo la sua candidatura per acuire le contradizioni nella coalizione, è poco chiaro.
A oggi le dichiarazioni da lui fatte agli organi di stampa, fanno intravedere un Bertinotti non intenzionato ad assumersi il compito del "destabilizzatore", ma che punta semplicemente a ottenere un risultato non inferiore al 12% per potersi ritenere soddisfatto; un risultato questo che dimostrerebbe che si sarebbe prodotta una sorta di unità a sinistra.
Un Bertinotti molto debole, più preoccupato di non disturbare più di tanto il Professore, e di rispettare la disciplina di coalizione.
Un atteggiamento non facilmente comprensibile dalle larghe masse e che non rende evidenti le ragioni di merito che dovrebbero portare l'elettore a sostenere la sua candidatura.

Le primarie come scontro
Non si tratta tanto di sostenere l'obbiettivo non realistico della vittoria (anche se sarebbe giusto farlo), quanto invece di dare forza sul piano politico a tutti quei contenuti che hanno reso il PRC, pur con tutte le sue contraddizioni, vicino ai movimenti, alle donne, ai popoli oppressi, ai giovani, ai lavoratori, ecc...
Ma occorre soprattutto evidenziare nella campagne elettorale, come su questi contenuti, lo schieramento prodiano si sia collocato su posizioni diverse, se non contrapposte; e su questa base chiedere il voto a Bertinotti.
Partendo proprio da quanto nella bozza di programma dell'Unione non viene detto, o viene semplicemente accennato, occorre sviluppare un confronto/scontro aspro tra i diversi candidati/forze politiche.
Sono assenti elementi importanti, quali: i diritti dei lavoratori, le pensioni, la scuola, il fisco.
Mentre sulle questioni della pace e della bioetica, l'indirizzo è quello di un arretramento rispetto le lotte dei movimenti contro la guerra e delle donne.
Molto pericolosi gli indirizzi su terrorismo e declino economico.
E' per questa strada che è possibile trasformare queste primarie, volute da chi aveva in mente una sorta di plebiscito, in una arena dove il popolo dell'area di centro-sinistra possa esprimersi definendo dei contenuti che possano dare un minimo di dignità a una bozza programmatica che così com'è potrebbe essere anche fatta propria dallo schieramento di destra.

Sulla questione della pace, non si può accettare che sia l'ONU ad agire da arbitro, quando normalmente oscilla tra l'inconsistenza della sua azione e la subalternità all'imperialismo (in particolare quello USA). Come pure occorre riaffermare che il futuro programma dell'Unione deve prevedere la fine dei rifinanziamenti delle missioni dell'esercito italiano in tutte le parti del mondo, anche quelle intraprese dai governi di centro-sinistra, con il conseguente ritiro immediato di tutti i nostri soldatini.
Ma dicendo questo occorre smascherare il doppiogiochismo delle forze politiche moderate dell'Unione e del portabandiera Prodi, le quali in buona sostanza, non si discostano da politiche di sostegno agli interessi dell'imperialismo italiano.

Sui diritti dei lavoratori occorre che sia ben chiaro che il PRC vuole l'abolizione della legge Biagi e l'estensione dell'articolo 18 a tutti i lavoratori dipendenti. Così facendo deve emergere il pensiero di Rutelli e Prodi, e che Fassino al referendum sull'art. 18 non è andato a votare, contribuendo al mancato raggiungimento del cuorum.
Inoltre le direttive europee sull'orario di lavoro e sui lavoratori dei servizi (Bolkestein), che se attuate produrranno un disastro nei rapporti di lavoro, vengono dalle menti della Commissione Europea presieduta da Prodi.
Quanto poi lo stesso voglia bene ai lavoratori lo si è visto quando in veste di presidente dell'IRI non ha esitato a regalare l'Alfa Romeo a Agnelli, con le conseguenze che ora sono sotto gli occhi di tutti: che cioè le macchine vengono ancora prodotte, ma i lavoratori ad Arese non ci sono più.
Sarebbe buona cosa ricordare anche agli elettori del centro-sinistra quanto il Professore non abbia avuto nessuna esitazione a far saltare il suo stesso precedente governo pur di non acconsentire all'approvazione di una legge sulla riduzione dell'orario di lavoro voluta invece dal PRC.

Si potrebbe andare avanti sulla questione delle pensioni, sull'allungamento dell'età pensionabile, sulla riduzione delle pensioni, sullo scippo del TFR a vantaggio delle pensioni integrative. Cosa ne pensa Prodi?

Sulla legge Moratti, che il movimento degli insegnanti e degli studenti vuole assolutamente abrogare, e che invece la parte moderata del centrosinistra vuole semplicemente cambiare nelle sue parti più sbagliate. Non può il PRC perdere l'occasione della campagna elettorale delle primarie, per dire a chiare lettere come la pensa e rivendicare la sua diversità.

E così per la legge sulla fecondazione assistita, al cui referendum Prodi è andato a votare 4 NO. E il silenzio assordante sulla questione della legge 194 sull'aborto, che lascia aperta qualsiasi prospettiva. Forse sarebbe proprio il caso di ricordare alle donne che intendono votare per Prodi a quali rischi si espongono.

E sulla questione dell'immigrazione, i CPT, il diritto alla casa, ecc...

Le questioni sono tante, e sono tanti gli argomenti che Bertinotti ha il dovere di riproporre, perchè su questi il PRC si è speso ed è stato riconosciuto e continua a essere visto come la forza politica più vicina a quei movimenti che hanno fatto propri questi contenuti, e che si aspettano entrino nel programma del governo che scaturirà dalla sconfitta di Berlusconi.

Questi contenuti, però, rischiano di essere vanificati se si riduce il confronto delle primarie alla scelta tra due o più persone. La candidatura di Bertinotti ha senso alla condizione che diventi la bandiera di coloro che vogliono battere Berlusconi, ma senza ripercorrere la strada moderata seguita dai governi Prodi-D'Alema-Amato e che ha prodotto la disfatta del 2001.