Sicilia: alcune riflessioni
sulle prossime elezioni amministrative e l'alleanza col centrosinistra.
Di
Mario Gangarossa. 20 dicembre 2002.
La
relazione del segretario regionale all'attivo di Pergusa conteneva alcuni
aspetti interessanti su come impostare il lavoro del Partito in previsione
delle prossime elezioni amministrative ponendo l'accento sugli obiettivi centrali
del nostro programma politico (rifiuto delle privatizzazioni - trasparenza
amministrativa) e dando l'impressione che la scelta di allearsi o meno con
le altre forze del centrosinistra fosse comunque subordinata all'accettazione
di alcuni punti qualificanti intesi come irrinunciabili e senza i quali non
avrebbe avuto senso nessuna ipotesi di alleanza fra il nostro partito e l'Ulivo.
Tale impostazione espressa con enfasi e, in qualche passaggio, anche con inusitata
chiarezza ha creato per qualche settimana la sensazione - diffusa in molti
compagni e sentita anche da chi scrive - di una "svolta" che prendendo finalmente
atto della irriformabilità del centrosinistra (e del centrosinistra siciliano
in particolar modo) apriva una stagione in cui finalmente il Partito avrebbe
potuto liberarsi di quei lacci e laccioli (e di quelle concezioni opportuniste)
che in un passato non troppo lontano lo hanno condannato a fare da foglia
di fico delle peggiori porcherie di un centrosinistra che aveva la faccia
di Cuffaro di Orlando e di Bianco.
Esistevano certamente punti di debolezza nella relazione di Giusto Catania,
passaggi poco chiari, l'assenza di un'autocritica severa e puntuale sulle
nostre responsabilità passate, restava l'ambiguità di fondo di un ragionamento
che cercava comunque di trovare una sintesi fra il riproporre con forza le
nostre scelte programmatiche, la voglia di mantenere e sviluppare i rapporti
politici col movimento antagonista e... la ricerca di un'alleanza con forze
che venivano descritte (a ragione) come antitetiche rispetto al nostro ragionamento.
Rimaneva forte l'illusione di poter condizionare queste forze attraverso lo
sviluppo di una battaglia politica che ci vedesse protagonisti in questi mesi
che ci separano dal confronto elettorale. L'illusione di poter "imporre" al
tavolo negoziale le ragioni dei comunisti.
Ma sembrava comunque che la forza dei fatti si imponeva - e imponeva le sue
ragioni - sulle tentazioni opportuniste presenti nel tessuto più profondo
del Partito.
L'ultima riunione del Comitato politico regionale - con la presenza di Bertinotti
- ha pesantemente bloccato questo processo.
Lo si è visto fin dall'intervento-relazione del segretario regionale che si
è guardato bene da usare gli stessi toni e le stesse argomentazioni usati
a Pergusa, dagli interventi "autorizzati" da una regia che ha lasciato poco
spazio al dissenso, dalle conclusioni di Bertinotti che ha riproposto in pieno
la scelta dell'alleanza col centrosinistra sul terreno locale (e Bertinotti
sulla Sicilia ha un particolare "diritto di prelazione" e un particolare potere
condizionante; chi non ricorda la sua pubblica intervista e la sua "ufficializzazione"
dell'accordo con Orlando mentre ancora il Comitato politico regionale ne stava
discutendo?).
Ma soprattutto lo si è visto dall'intervento di Francesco Forgione, ex segretario
regionale e attuale deputato regionale, che alla scarsa chiarezza della relazione
di Giusto Catania ha contrapposto la riproposizione esatta della linea che
per un decennio ha ispirato l'azione politica del Partito in Sicilia. La stessa
che ci ha portato a sostenere la giunta di centrosinistra con Cuffaro presidente
e l'alleanza con Orlando.
Tale linea è caratterizzata da una vistosa scissione fra le analisi, i programmi,
le scelte "strategiche" e la pratica politica che non ne è conseguenza diretta
ma si sviluppa sul terreno del compromesso possibile quandanche questo compromesso
fosse in contrasto con le nostre stesse battaglie.
La contraddizione non si affronta. Semplicemente si ignora. Il Partito vive
una situazione schizofrenica che lo condanna all'impotenza e alla perdita
di credibilità.
Seguiamo per un attimo il ragionamento di Forgione. Da un lato ci sta il Partito,
il suo programma, le sue battaglie. Su questo terreno nessuna concessione
all'opportunismo anzi... (qualcuno ricorda quanto fosse avanzato e "comunista"
il programma che agitavamo durante le ultime elezioni regionali redatto dallo
stesso Forgione? ... peccato che mentre noi "agitavamo" le nostre parole d'ordine
avanzate il nostro candidato Orlando si impegnava pubblicamente a sostenere
le scuole private!!).
C'è poi - altra cosa - il terreno dei rapporti con il centrosinistra. Un terreno
di confronto al quale noi ci accostiamo ricercando l'unità "possibile" e appunto
il compromesso possibile.
Certo se fossimo in grado di sviluppare ampi e significativi movimenti di
massa sulle nostre posizioni, se riuscissimo a suscitare consensi sulle nostre
proposte programmatiche, potremmo condizionare questo confronto e raggiungere
un compromesso più avanzato... se...
Noi ci proviamo ma... se non ci riusciamo l'accordo si fa alle condizioni
imposte dal centrosinistra. Al massimo possiamo sperare di inserire nelle
dichiarazioni programmatiche di questo o quel candidato qualche elemento di
"controtendenza" che rimarrà sepolto all'interno di una pratica che per "tendenza"
va nella direzione opposta a quella prospettata dalle nostre battaglie politiche.
Tale logica - che per altro ha già prodotto effetti nefasti in passato - ci
condanna a un ruolo subordinato da ruota di scorta del centrosinistra e ci
pone in contrasto aperto con la parte avanzata del movimento operaio e giovanile
che non si riconoscono nelle scelte strategiche dell'Ulivo e che cercano un
punto di riferimento antagonista a sinistra.
Bloccano le lotte e l'azione di massa del Partito che ingabbiato nella contraddizione
insanabile fra le cose che dice e le cose che fa (o che dice) assieme ai suoi
alleati perde credibilità e consenso. Lungi dal renderci più forti e "condizionanti"
al tavolo delle trattative ci rende più deboli e ricattabili.
Perfino sul piano elettorale è una scelta che non paga perché l'elettorato
(quello di sinistra sfiduciato e astensionista) ha bisogno di scelte chiare
e perché la destra non si batte sul terreno della riproposizione di una politica
"di destra edulcorata" qual è la politica attuale dell'Ulivo (il ridimensionamento
elettorale del Partito alle ultime elezioni regionali rispetto alla debole
ripresa alle precedenti politiche qualche mese prima qualcosa dovrebbe pur
averla insegnata).
Che fare, allora? Bertinotti ha invitato questo partito a ragionare come un
partito del 2% e non come un partito del 10%. E' un invito alla resa. A volare
basso e a porsi solo obiettivi raggiungibili. Certo avere chiaro quali sono
i nostri limiti e conoscere i reali rapporti di forza è la prima condizione
per evitare i rischi dell'avventurismo ma, in politica, i rapporti di forza
sono modificabili e condizione per modificarli e smettere di ragionare in
termini minoritari e da forza subordinata. Ed è minoritarismo la ricerca del
compromesso possibile.
Ragionare come Partito e come forza che tende alla conquista dell'egemonia
significa oggi provare a legare le scelte politiche concrete alle battaglie
generali che caratterizzano il nostro essere comunisti. Sul terreno delle
alleanze significa individuare punti chiari di "non ritorno", paletti sui
quali chiedere agli altri impegni precisi.
Sappiamo che il centrosinistra su questo terreno non ci sta e non può starci
date le sue caratteristiche, la sua natura sociale, i suoi uomini.
Sappiamo che perfino dove siamo un partito relativamente forte non siamo stati
mai noi a condizionare le politiche del centrosinistra e semmai è stato il
contrario (l'esperienza dell'Emilia Romagna con Rifondazione che vota, penosamente,
una legge regionale - la legge Bastico - che va nella direzione della parificazione
fra scuole pubbliche e private ne è l'ultimo esempio).
Sappiamo anche che in Sicilia - dove i due terzi del centrosinistra sono rappresentati
dalle forze centriste ex-democristiane che mantengono ancora buoni rapporti
coi loro cugini ex-democristiani del polo - la possibilità di un confronto
è pressoché inesistente.
E sappiamo anche che l'alleanza col centrosinistra in parecchie realtà è l'alleanza
con comitati di affari e di potere che se non si possono definire mafiosi
(almeno dal punto di vista giudiziale) della mafia hanno copiato metodi e
comportamenti.
Tutto questo non basta per convincerci che l'unica strada praticabile è la
nostra battaglia autonoma nella prossima competizione elettorale?
Certo dopo aver verificato ogni altra possibilità, senza chiusure "ideologiche"
ma senza "truccare la carte".
Vogliamo verificare la possibilità di un accordo programmatico a partire dalle
nostre scelte programmatiche di fondo? Facciamolo e facciamolo alla luce del
sole, in pubbliche assemblee, nelle piazze, davanti alle fabbriche chiuse.
Vogliamo ricercare a ogni costo un "compromesso possibile" anche a costo di
snaturare il ruolo del nostro partito? E una scelta sulla quale condurremo
una battaglia senza quartiere, pubblica, di massa. Provando anche noi a ragionare
come un area maggioritaria e non come una tendenza minoritaria.