Intervento a Marina di Massa.
Di
Paolo Consolaro, della Federazione del PRC di Vicenza. Agosto 2002.
Cari
compagni di Proposta, mi rivolgo a voi perché siete il gruppo decisivo per
quanto riguarda il presente, ma anche il futuro, se ci sarà, dell’area di
Progetto comunista che tutti noi abbiamo contribuito a costruire con la nostra
militanza e la nostra intelligenza politica in questi anni.
Il documento che avete posto in discussione ha suscitato presso i compagni
di Vicenza le più svariate reazioni, provocando a mio avviso più disorientamento
che chiarezza (parlo di compagni con incarichi nel PRC, schierati decisamente
con noi al 5° congresso). Se l’esigenza di un ‘salto di qualità’ politico
e organizzativo dell’area è più o meno condivisa da tutti, sono sorte però
divergenze, perplessità e dubbi sia nel metodo che nel merito della proposta
specifica.
Un’obiezione riguarda il fatto che non è previsto alcun superamento delle
pratiche di gestione ‘centralizzata’ delle comunicazioni che, mascherando
dietro le necessità ‘tecniche’ dell’efficienza una reale concentrazione di
potere, ostacola la circolazione delle idee e delle esperienze, specie di
quelle critiche o divergenti, e di fatto impedisce un effettivo ‘controllo
dal basso’, favorendo invece lo sviluppo di quel ‘centralismo burocratico’
che voi, giustamente e in buona fede, siete i primi a rifiutare scandalizzati,
ne sono certo. Voi sapete bene che Trotzky è stato il critico più acuto e
il nemico più feroce, oltre che la vittima più illustre, di quel ‘ceto dirigente
tecnico’ cresciuto sull’espropriazione agli organismi di base del controllo
politico (cioè della democrazia sostanziale, senza la quale non può esserci
socialismo).
Da altri sono emerse esigenze di un effettivo allargamento di Progetto comunista,
una volta strutturato in ‘associazione’, aprendo questa anche a compagni che
sono usciti o preferiscono non entrare nel P.R.C. proprio perché, condividendo
le nostre posizioni alternative, le trovano in insanabile contrasto con quelle
della maggioranza, per la quale non vogliono essere costretti a fare i ‘portatori
d’acqua’.
Da parte mia ho espresso, ed esprimo qui oggi, la profonda preoccupazione
nel trovare elementi di chiusura settaria dietro le pur necessarie indicazioni
di linea politiche e programmatiche. Non intendo dire, come qualcuno, "sono
trotzkisti, allora io non c’entro", ma leggo, nella vostra ansia di definire
e limitare strettamente il ‘territorio di competenza’ della ‘nuova’ associazione
(omologandolo sostanzialmente a quello stesso che fin qui avete gestito come
associazione ‘Proposta’), il grave pericolo di disperdere le forze che siamo
riusciti faticosamente a far crescere insieme in questi anni. Ho paura che
la fretta di costituire il ‘nucleo d’acciaio’ del partito che si profila all’orizzonte,
vi faccia diventare un gruppo di generali senza esercito, mentre l’occasione
storica che ci viene fornita dall’eccezionale ripresa del movimento di lotta,
se evitiamo di ‘montarci la testa’, è quella di creare davvero un polo di
riferimento politico e programmatico finalmente credibile e attrattivo per
tanti compagni potenzialmente rivoluzionari, ma oggi ancora disorientati perché
le disillusioni indotte dalle direzioni riformiste e opportuniste di tutte
le specie li hanno gettati in braccio di avventurismi settari, o dei Casarini
di turno, alla ricerca dei ‘gesti esemplari’ di stampo mediatico e post-operaista
(con la benedizione dei ‘profeti del nulla alternativo’ come Toni Negri…),
o peggio nel disperato tran tran individuale del ‘fatti i fatti tuoi, che
la politica è tutto uno schifo’…
Voglio essere franco fino in fondo, ma anche propositivo, dato che ritengo
questo passaggio troppo importante per non essere affrontato con serietà e
senso della verità.
Non sono trotzkista. Non per questioni di principio o di simpatia, ma perché,
con tutto il rispetto per la figura storica e politica di Trotzky, ritengo
che la sua interpretazione del marxismo contenesse degli errori da superare:
le critiche non sono mie (non sono così presuntuoso), ma si possono trovare
per esempio negli scritti (certo non ‘stalinisti’) di L. Althusser negli anni
’60 (‘Per Marx’), del suo allievo E. Balibar negli anni ’70 (‘sulla dittatura
del proletariato’), e da un’altra angolazione nella ‘Storia delle lotte di
classe in U.R.S.S.’ di C. Bettelheim. Non posso argomentare qui una questione
che merita un seminario di studi: accenno solo che questi autori hanno indicato
nel presupposto ‘economicista’ l’errore teorico di base che accomuna sia la
degenerazione staliniana, sia la critica che ne fece il suo più acerrimo nemico
contemporaneo. Da tale presupposto derivano, nelle concezioni trotzkiste,
almeno due conseguenze: una è la confusione sul significato di ‘transizione’,
a cui è connessa la questione del cosiddetto ‘programma transitorio’; l’altra
riguarda il ruolo delle lotte sindacali e delle piattaforme rivendicative,
con la connessa questione del ruolo dei comunisti nei sindacati e della formazione
del sindacato di classe. Guarda caso, questi sono i principali punti in cui
trovo ambiguità e contraddizioni nei vostri documenti e comportamenti politici,
e su cui ho prodotto qualche contributo critico, che mi propongo di integrare
e approfondire.
Sulla questione poi, non tanto del nome ("’cà nisciuno è ffesso"), quanto
della caratterizzazione da dare alla pur indispensabile rinascita dell’Internazionale
marxista rivoluzionaria, il riferimento stretto ai partiti e gruppi dell’MRQI
denota la volontà di omologare Progetto alla vostra identità trotzkista, con
un ’ancoraggio nostalgico’ a un passato da superare (attenzione: dico superare,
non abbandonare), e mi lascia fortemente perplesso: evidentemente non riusciamo
ancora a pensare in termini di ‘comunismo del terzo millennio’.
In conclusione, se accettate il confronto interno su questi temi, senza ‘museruole’
né censure, (magari imposte con la squallida scusa della ‘disciplina leninista’,
come ho sentito a Venezia), allora ci starò con entusiasmo e continuerò a
dare il mio contributo attivo per la crescita rivoluzionaria di Progetto comunista.
Altrimenti, se vedrò che lo scopo non è di creare un’associazione ‘nuova e
più ampia’, ma in realtà vecchia (perché fondata sulla linea non emendabile
di Proposta) e più ristretta (perché tende ad emarginare di fatto una serie
di compagni sulla base di discriminanti non giustificate), mi ritirerò in
attesa di tempi migliori, sperando che si possano evitare le più gravi conseguenze
di questo errore politico.
Non bastano più le parole rassicuranti: deciderò sulla base di segnali concreti.
Uno di questi sarà la rinuncia o meno, da parte vostra, alla chiara forzatura
che avete operato includendo fra i documenti ‘discriminanti’ la risoluzione
approvata a maggioranza nel seminario dell’anno scorso in questa sala. A parte
il richiamo esplicito alla Quarta Internazionale, non c’è nulla in esso che
non sia stato ripreso e approfondito nel documento congressuale. Ma chi c’era
si ricorda che esso fu posto forzatamente in contrapposizione a un O.d.G.
presentato da me e da altri compagni, che non a caso criticava il metodo delle
‘omologazioni di maggioranza’, che perseguono risultati di egemonismo autoreferenziale,
piuttosto che di progresso verso l’egemonia reale nei movimenti e nei territori.
Il richiamo fatto oggi, anche se in tono bonario, a tale contrapposizione
ha il chiaro sapore di una ‘resa dei conti’. Pertanto chiedo (come segnale,
ripeto, non come atto risolutivo) che a tale documento venga sostituito l’O.d.G.
conclusivo proposto dalla nostra area al V congresso di Rifondazione, fra
l’altro molto più attuale oltre che condivisibile.
Quanto al documento per la conferenza dei Giovani comunisti, come qualcuno
ha già detto si vede che è stato ‘scopiazzato’ e rabberciato, per cui mi sembra
che faccia più confusione che chiarezza rispetto ai documenti congressuali.
Paolo Consolaro