Intervento di Pasquale D'Angelo (del CPN).
Al Seminario Nazionale di Progetto Comunista a Marina di Massa, 20/21 luglio 2002.


Care compagne e cari compagni, come sempre, i nostri appuntamenti nazionali sono l’occasione per un bilancio, oggi ancor più necessario, sia rispetto al quadro complessivo della situazione politica a livello nazionale e internazionale, sia per gli aspetti più strettamente organizzativi che i materiali in discussione impongono.

Il primo dato che emerge, rispetto all’appuntamento di un anno fa,sempre qui a Massa, è che siamo stati impegnati in due scadenze di fondo: il congresso del partito e la conferenza nazionale dei Giovani Comunisti.

Non possiamo nasconderci che, soprattutto per quanto riguarda il secondo appuntamento, le cose perlomeno non sono andate come era necessario che andassero, di fronte alla necessità di contrastare efficacemente l’approdo del partito verso sbocchi sempre più palesemente socialdemocratici, guadagnando a questo obiettivo livelli sempre maggiori di coscienza e di azioni in concreta controtendenza nel corpo vivo del partito, alla sua base e alla base della società reale.

E’ d’obbligo interrogarci su questo, per capire, nel contesto delle ovvie difficoltà oggettive, quale possa essere stato e in che misura il nostro limite; ma soprattutto per individuare il modo più efficace per risultare incisivi e determinanti, oltre la pur necessaria presenza ai livelli istituzionali.

E’ tempo di approfondire la discussione al nostro interno, per individuare gli strumenti e i modi attraverso i quali far risultare contaminanti e, ancor prima, fruibili le nostre analisi e le nostre indicazioni programmatiche.

Tutto questo, certo, d’accordo con i compagni che lo affermano nell’appello in discussione, non per mitigare semplicemente la linea del partito e nemmeno in vista di una indicazione alternativa puramente congiunturale.

Resta, comunque, che le indicazioni strategiche, gli strumenti e gli indirizzi politico-programmatici e organizzativi del necessario processo rifondativo non possono non fare i conti con i livelli di coscienza, il grado di coinvolgimento e la capacità di determinarne in modo effettivo e fruibile le condizioni necessarie. E questo, è bene tornare a sottolinearlo, specificamente alla base e nel corpo vivo del partito e, più in generale, nel contesto della società reale, oltre che rispetto alla realtà politica e sociale; anzitutto perché è dai territori che può ripartire il processo dell’alternativa, nella misura in cui strumenti ed organizzazione di lotta adeguati maturino le condizioni per cominciare a vivervi le istanze della prospettiva comunista. Tutte cose per le quali siamo chiamati ad essere,noi per primi, riferimenti e avanguardia cosciente.

Possiamo fare tutti i "salti" che vogliamo, ma l’azione di costruzione -se ambisce per davvero ad essere effettiva, al di là di affermazioni declamatorie- passa per questo progressivo e necessario processo di crescita e transizione.

Il tutto senza alcuna scappatoia "riformistica" o "gradualistica", nonostante qualche convinzione o strumentale semplificazione, con cui purtroppo anche al nostro interno, e a livello significativo, talvolta si tenta di liquidare il problema.

In ogni caso -senza alcuna intenzione di aprioristica contestazione della posizione dei compagni che si definiscono marxisti rivoluzionari, che resta uno dei termini di confronto sul terreno concreto della verifica- è proprio la necessità di spazi, condizioni e dimensioni per approfondire e definire, tra le altre, questa questione assolutamente centrale ciò di cui abbiamo bisogno.

Per questo avvertiamo più di uno sconcerto nel constatare la natura reale della discussione istruita attraverso l’appello per il superamento di Progetto Comunista e la costituzione di una "nuova area".

E’ per questo che, un anno fa, ancora qui a Massa, si sono composte riflessioni critiche e sottolineature di inadeguatezze, che il documento poi risultato di maggioranza al nostro interno non sciolse allora e che l’appello problematicizza ancor di più oggi.

Non è superfluo -senza voler riproporre l’organicità di quelle questioni, che restano agli atti della nostra discussione-richiamare sinteticamente, tra altre, talune constatazioni.

Si intendeva mettere in guardia dalla sbrigativa richiesta di "omogeneità", da tendenze monolitiche nella gestione politica e organizzativa e da più di una forzatura, con conseguenze gravi sul piano della elisione dei termini del pluralismo al nostro interno, dei suoi spazi di praticabilità e, perciò, con una pesante mortificazione delle esigenze della rifondazione comunista.

Si segnalavano negative tendenze da parte nostra ad agire "sul partito", piuttosto che dentro il suo corpo vivo, per non rischiare lo strumentalismo e per poter effettivamente reggere in piedi una rifondazione per l’alternativa di classe.

Si indicava chiaramente l’esigenza di modi, tempi e strumenti per rendere strutturale e permanente il confronto interno ed operare perché questo contaminasse il tessuto del partito.

Si era posto l’accento, ancora una volta e non solo da parte nostra,sull’esigenza di un coordinamento plurale e permanente della nostra area nazionale, capace di comprendere quantitativamente e qualitativamente la ricchezza dell’interno patrimonio di identità che potenzialmente esprimeva ed esprime Progetto Comunista.

Che magra soddisfazione -una soddisfazione di cui ci liberiamo volentieri-constatare che, oggi, molte delle conseguenze della mancata copertura di quelle esigenze sono giunte al pettine e che troppi di quei pericoli e di quelle tendenze negative finiscono per trovare corpo nelle proposte in discussione, nelle quali tra l’altro non compare nemmeno il termine di "pluralismo".Proposte che paventano "nuove dimensioni", le quali parlano il linguaggio del"monolitismo" e del "pensiero unico"dentro l’organizzazione di classe -proprio le cose, invece, di cui la rifondazione si deve liberare per farsi effettiva- e non già quello del pluralismo e della democrazia sostanziale, il solo a poter garantire un effettivo processo rifondativo!

Riteniamo sia necessario orientare la nostra discussione nel contesto dello spirito originario, dei caratteri peculiari di Progetto Comunista, al di là e nonostante i non pochi limiti registrati sino ad oggi, le difficoltà oggettive e le conseguenze dei comportamenti delle sue componenti costitutive. E cioè, un’area pluralista, caratterizzata da una comune tensione strategica di rilancio dell’alternativa di sistema e dalla libera confluenza di differenti identità nella sinistra del partito, impegnata ad implicare pienamente il proprio corpo militante nell'elaborazione e nella realizzazione di indirizzi programmatici e strategici orientati a riavviare e garantire il processo della rifondazione comunista. Uno spazio permanente di confronto tra le diverse identità, fuori da ogni logica di intergruppi, per definire e approfondire i contenuti degli obiettivi generali, i comuni percorsi operativi, la verifica delle differenti modulazioni e la stessa fisionomia organizzativa necessaria ad assicurare il suo respiro nazionale, nel più vasto contesto della realtà internazionale.

Abbiamo guardato alla rifondazione comunista come processo necessario per riproporre realistica, nell’oggettiva realtà attuale di lotta nel mondo, l’alternativa di società al liberismo, nella coscienza che essa è reale solo se scaturisce dal pluralismo praticato, non un pluralismo generico, ma il pluralismo rivoluzionario, che è altra cosa dal pluralismo borghese. E il pluralismo è possibile solo se ha spazi reali e garantiti e risulta capace di sintesi permanente per giungere a proposte fruibili nella realtà politica e sociale.

Già in precedenza, in presenza di pesanti situazioni all’interno della nostra area congressuale, abbiamo esortato i compagni a distinguere la legittimità di difendere l’omogeneità interna propria di una componente da dissonanze o di operare per accrescerla,da forzature di fatto tendenti a utilizzare peso e agibilità, conseguiti con la forza complessiva reale che Progetto Comunista ha nel corpo del partito, per inglobare le differenti identità e/o "semplificare" la ricchezza delle proposte. Aggiungiamo che quella legittimità va distinta, soprattutto, dall’obbligo di operare per garantire stabili condizioni di confronto tra componenti, agibilità e assetti organizzativi idonei a maturare comuni livelli unitari sui contenuti e sintesi necessaria a favorire l’operatività.

Eravamo e restiamo convinti che occorre disporre le cose in modo che i compagni e le aree organizzate in Progetto Comunista risultino impegnati a valicare i limiti e le contraddizioni che non ci hanno consentito, sino ad oggi, piena coerenza con le nostre premesse e di disporci come necessario.

Ora è del tutto legittimo che i compagni di "Proposta" -componente interna a Progetto Comunista- si misurino con l’esigenza di accrescere la propria "omogeneità". E’ altrettanto legittimo che essi -pur se da altri non condiviso- si interroghino sulla loro stessa funzione dentro il partito e, maggiormente,sciolgano conseguentemente molti nodi sulle prospettive riguardanti il partito e il percorso dell’alternativa, con trasparenza e senza alcuno scadimento in pratiche"entriste". Dunque, assoluta liceità dell’intenzione di sciogliere "Proposta" per dar vita, nel nuovo contesto statutario delle associazioni di tendenza, ad una "nuova area marxista rivoluzionaria nel PRC" per guadagnare altri consensi e adesioni.

Non riusciamo proprio a capire, per˜, credeteci compagni, perché l’intenzione si voglia estesa anche a Progetto Comunista, come fosse possesso di una maggioranza, forzando dentro un legittimo obiettivo di componente uno spazio di confronto che, se viene meno, riduce la possibilità di comporre più efficaci strategie per dar corpo all’alternativa e cancella spazi di effettiva verifica, finendo cos" per elidere drasticamente le prospettive di una reale rifondazione comunista, anzi di fatto negandola.

Compagni, chiamiamo ognuno a riflettere attentamente sulla liceità di perseguire il superamento di uno spazio nel quale persistono, per fortuna e altrettanto legittimamente, modulazioni non riducibili nei fatti a"pensiero unico".. Modulazioni espresse, tra l’altro, anche in questo congresso e nella conferenza nazionale dei Giovani Comunisti, territorialmente da numerose e diverse sensibilità che hanno fatto riferimento a Progetto Comunista.

Eppure il contenuto e le sollecitazioni venute nel tempo, in diverse occasioni e attraverso gli emendamenti non sono mai stati approfonditi nello specifico, spesso "sbrigativamente" rigettati col peso dei numeri (salvo poi a presentare quasi come vanto questo perseguito obiettivo di "purismo" con un certo non qualificante "non emendato") oppure quasi sempre forzatamente "congelati" nelle strettoie degli adempimenti congressuali.

Sono cose che rischiano di produrre disastri, oltre le conseguenze che purtroppo oggettivamente vanno giˆ registrate rispetto ai non pochi compagni demotivati dalle vicende interne a Progetto Comunista, a quelli che se ne sono allontanati o che hanno scelto di non venire a questo seminario, a cui vanno aggiunti coloro, anche non proprio marginali nel contesto dell’area, che non erano informati oche lo sono stati solo all’ultimo momento.

E’ necessario che ciascuno rifletta sul fatto che il terreno proposto dall’appello in discussione realizza di fatto una regressione, che problematicizzerebbe i termini, la vitalità e la stessa esistenza pluralistica della sinistra comunista, oggi ancor più necessario riferimento e avanguardia del processo rifondativo,mettendo cos" in forse la possibilità di riaprire la prospettiva dell’alternativa al liberismo.

Lo diciamo in modo accorato perché -nonostante tutto e nonostante l’avanzato stato di liquidazione di conseguenti riferimenti comunisti nel mondo, ivi compresa la nostra realtà nazionale- il PRC resta, almeno per ora, in Europa l’unico partito di massa dichiaratamente comunista.

E attenzione, compagni! Senza una reale dimensione pluralista la sinistra comunista, nonostante le buone volontà, nessuno si illuda, si espone -con la trappola della legittimazione- a ritrovarsi ingabbiata in quel modello di "aggregazione di potentati", appena ammantati da corporativismi ideologizzati; perché è proprio questo il modello sul quale le tendenze socialdemocratiche intendono disarticolare e sciogliere il tessuto e l’identità di classe del partito per guadagnare la legittimazione nei nuovi equilibri che il capitalismo persegue nel mondo. Questo lo diciamo con chiarezza,oggi, a margini di tenuta ancora esistenti.

Per questo, e per altro ancora, avanziamo noi un appello ai compagni che hanno avanzato l’appello in discussione di disgiungere la legittima proposta di dar vita alla fase costituente per la nascita della nuova associazione, superando la precedente "associazione Proposta" e chiamando altri ad aderirvi, dalla richiesta di scioglimento di Progetto Comunista.

Chiediamo il mantenimento e la rivitalizzazione di Progetto Comunista come soggetto pluralista di una più ampia area congressuale, di cui l’eventuale "nuova associazione marxista rivoluzionaria" -rispetto alla cui costituzione non abbiamo e non potremmo avere alcuna riserva- risulterebbe uno dei termini, ancorché maggioritario, del pluralismo comunista dentro la sinistra nel PRC.

Una eventuale rigidità nel perseguire comunque lo scioglimento dell’esistente connesso alla richiesta di confluenza nel nuovo soggetto -salvo ovvie e legittime resistenze o le conferme,altrettanto legittime, di salvaguardia di altre differenti identità- imporrebbe un voto contrario all’intero impianto in discussione.

E non basta. Sul versante organizzativo, infatti, non è eludibile l’esigenza di individuare e rendere permanentemente operativo, nella dimensione della collegialità, un livello di coordinamento nazionale dell’area, che comprenda esplicitamente tutte le modulazioni che si sono manifestate o che intendessero farlo, a partire dalle sensibilità già emerse, con gli emendamenti e nella discussione interna, che concorrono a rappresentare il patrimonio complessivo di Progetto Comunista. Il che, è bene dirlo chiaramente, esclude il ripiegamento a dimensioni individuali di coordinamento, a tutti gli altri livelli.

Ed infine. In questo contesto, l’utilizzo delle eventuali maggiori e più specifiche agibilità che dovessero derivare alla ‘nuova associazione" -nel mentre, ovviamente, non potrebbe che accrescere di fatto il potenziale di tutta l’area- non esaurisce l’obbligo di appartenenza del comune perseguimento di agibilità e spazi per l’area nel suo insieme e i diritti di agibilità di ciascuno, per soddisfare le diverse esigenze di presenza e operatività ad ogni livello; a partire dal mantenimento di un respiro nazionale, di cui gli appuntamenti come questo di Massa restano cose da confermare, potenziare e calendarizzare come impegno inderogabile e discriminante l’efficacia della nostra azione.