Per un'unica, nuova e
più ampia associazione marxista rivoluzionaria nel PRC, per la rifondazione
della IV Internazionale.
La
proposta del gruppo dirigente di Progetto Comunista al seminario dell'Area
del luglio 2002.
Le
acquisizioni strategiche comuni della nostra area; la confermata organicità
dell'indirizzo riformista del gruppo dirigente del PRC; gli stessi sviluppi
della lotta di classe sul piano nazionale e internazionale con la crisi profonda
del riformismo e uno spazio crescente per il marxismo rivoluzionario, indicano,
da angolazioni diverse ma convergenti, la necessità di un salto politico organizzativo
dei marxisti rivoluzionari nel PRC: attraverso la trasformazione dell'area
programmatica di Progetto Comunista in un'unica, nuova e più ampia Associazione
m.r. basata sulle linee del documento congressuale (non emendato) proposto
per il V Congresso, del documento presentato per la II Conferenza nazionale
dei Giovani Comunisti e della risoluzione approvata dal Seminario nazionale
di Massa (luglio 2001) di Progetto Comunista .
Con questo appello intendiamo proporre e avviare la costituente unitaria della
nuova Associazione col più ampio coinvolgimento di tutte le forze interessate.
Nel pieno rispetto di tutte le compagne e i compagni dell'area congressuale
che non intendono aderire alla nuova Associazione (o per legittime divergenze
politiche o per indisponibilità a un impegno militante su questo terreno).
Ma anche con la volontà di perseguire un più saldo quadro organizzato al servizio
della battaglia rivoluzionaria, nazionale e internazionale. Ciò che implica,
dentro il processo unitario lo scioglimento delle precedenti aggregazioni
associative, nel concreto, dell'Associazione Proposta.
Gli avvenimenti mondiali degli ultimi mesi hanno confermato nel modo più vivo
e diretto il quadro d'analisi proposto dal nostro documento congressuale e
le sue implicazioni politiche.
La crisi Argentina ha rappresentato e rappresenta una sintesi impressionante
della crisi capitalistica mondiale, dell'agonia del riformismo, dell'attualità
della rivoluzione socialista come unica vera risposta: e la cortina di silenzio
che oggi avvolge la lotta politica e di classe in corso in quel Paese è l'esatta
misura della paura della borghesia circa possibili contagi.
In Francia, la sconfitta umiliante di Jospin e la crisi profonda della vecchia
"sinistra plurale" è il manifesto del fallimento del riformismo
nelle stesse metropoli dell'Occidente capitalistico: ed è la misura della
crisi di consenso della costruzione imperialistica dell'U.E. presso settori
sempre più ampi di società europea colpiti dalle politiche di restrizione
sociale. L'esaurimento del ciclo politico socialdemocratico o di centrosinistra
in un numero crescente di Paesi europei, col tendenziale ritorno delle destre,
è la più evidente manifestazione politica di quella crisi.
In Medio Oriente, la guerra criminale dello Stato sionista d'Israele contro
il popolo palestinese rivela ancora una volta il carattere illusorio di una
possibile soluzione della questione palestinese attraverso l'accordo col sionismo
e la benedizione USA e Europea: ed anzi ripropone una volta di più la connessione
stringente, tanto più oggi, tra le rivendicazioni di autodeterminazione nazionale
e la messa in discussione del capitalismo e dell'imperialismo nel mondo.
Parallelamente, da ogni versante, il riproporsi dell'attualità storica di
una prospettiva rivoluzionaria si combina con la ripresa, dopo vent'anni,
di vasti processi di mobilitazione di massa e radicalizzazione sociale. Alle
varie latitudini del mondo la crisi di egemonia delle politiche dominanti
sospinge all'azione una giovane generazione. Il cosiddetto movimento antiglobalizzazione
ne ha costituito un primo sintomo rivelatore e anticipatore, carico di effetti
di positivo contagio. Ma l'affacciarsi alla lotta della giovane generazione
ha una base di riferimento ben più estesa di quella del "popolo di Seattle",
come si è visto in questi ultimi mesi. Giovane è stata ed è la rivolta di
massa in Argentina; giovane è stata ed è la mobilitazione antilepenista in
Francia; giovane è la seconda intifada in Palestina e la ripresa della mobilitazione
di massa in larga parte dei paesi arabi. La stessa ripresa della lotta di
classe -quale vero "movimento dei movimenti"- ha ovunque il volto
della giovane generazione operaia. E l'intreccio di crisi economica, crisi
del riformismo, ripresa di lotta della giovane generazione annuncia un nuovo
scenario storico di convulsioni sociali e di profonda instabilità politica.
E' il segno tangibile di quell'epoca nuova che è al centro della nostra analisi
congressuale.
Ma proprio il nuovo livello di scontro di classe sul piano mondiale richiama
più che mai l'esigenza di una nuova direzione politica internazionale della
classe operaia e delle masse oppresse. Questo è e resta il nodo decisivo per
il futuro dei movimenti e della giovane generazione: per evitare che le esplosioni
sociali che si annunciano nel secolo nuovo siano destinate alla medesima sconfitta
delle grandi lotte del 900. E per questo è necessario che il patrimonio prezioso
del marxismo rivoluzionario del 900, dei suoi principi, del suo programma,
della sua lotta coerente contro la socialdemocrazia e lo stalinismo, sia recuperato
e aggiornato, come base centrale di riferimento di una nuova direzione internazionale.
Non si costruisce una nuova direzione rivoluzionaria senza fare i conti con
il fallimento delle vecchie direzioni riformiste del movimento operaio. E
non si fa i conti con quel fallimento se non recuperando a pieno l'insieme
delle indicazioni alternative e dei principi a partire dai quali quel fallimento
fu previsto, denunciato, contrastato. In questo senso l'intero quadro dagli
avvenimenti mondiali conferma più che mai l'impegno assunto dalla larga maggioranza
dell'Assemblea nazionale di Progetto Comunista un anno fa: "l'impegno
di lotta per la rifondazione dell'Internazionale Comunista e rivoluzionaria
come rifondazione della IV Internazionale: entro un processo di raggruppamento
rivoluzionario nel mondo di tutte le forze e tendenze d'avanguardia della
classe lavoratrice che, al di là delle diverse provenienze e collocazioni
attuali, siano disponibili a convergere nel recupero e riattualizzazione dei
fondamenti politici, strategici, programmatici del marxismo rivoluzionario".
Peraltro proprio la vicenda internazionale degli ultimi mesi testimonia il
fondamento politico di questo impegno e prospettiva. Mai come oggi il riferimento
a Trotsky e al "trotskismo" emerge all'attenzione di ampi settori
d'avanguardia del movimento operaio e della gioventù. Mai come oggi la crisi
del capitalismo e del vecchio riformismo amplia uno spazio politico di sviluppo
di un polo marxista rivoluzionario.
In Argentina, il Partito Obrero conquista un ruolo centrale nell'avanguardia
della classe operaia e nella direzione di settori di massa, diventando il
terzo partito del Paese sul piano elettorale in diversi epicentri dello scontro
sociale (10% a General Mosconi, 7% a Salta, raddoppio dei voti a Buenos Aires).
In Francia, la crisi della sinistra plurale e, in essa, il crollo del PCF
sotto il peso delle sue responsabilità di governo, porta Lutte Ouvrière ed
LCR a conquistare un posto di primo piano nelle mobilitazioni di classe e
giovanili e all'ampliamento enorme dello stesso consenso elettorale (che complessivamente
quadruplica rispetto ai livelli dei primi anni 90).
E' un fatto: la sinistra marxista rivoluzionaria o di richiamo marxista rivoluzionario
è oggi in crescita sul piano mondiale, sia in termini di ruolo politico, sia
in termini di radicamento sociale. E spesso è l'unica sinistra che avanza.
Non si tratta di identificarsi in modo acritico in tutte le posizioni che
questa sinistra assume. Né di ignorarne talora limiti profondi (quali ad esempio
si esprimono in Francia sia nelle tendenze settarie di LO sia nella impostazione
movimentista della maggioranza dirigente della LCR). Né si tratta di nascondere
il quadro frequente di divisione organizzativa e frantumazione del campo marxista,
spesso eredità di una lunga stagione di crisi e minoritarismo. Ma nessuno
di questi elementi può offuscare il dato centrale: la crisi del riformismo
in questa svolta d'epoca apre uno spazio storicamente nuovo per una rifondazione
comunista rivoluzionaria. Forze e tendenze relegate per lungo tempo in un
ruolo marginale e minoritario possono occuparlo o candidarsi a farlo. Dalla
stessa crisi della socialdemocrazia e dei vecchi partiti comunisti possono
liberarsi forze e tendenze nuove capaci di interloquire con le tendenze rivoluzionarie
e ricomporsi con esse, attorno al programma marxista.
I primi materiali della rifondazione di un'Internazionale rivoluzionaria cominciano
dunque a delinearsi in diversi Paesi e su scala mondiale. Investire in queste
nuove potenzialità storiche, ricomporle in un quadro unitario sulla base di
fermi principi, è il compito centrale della rifondazione comunista del nostro
tempo. E' il dovere dei comunisti in ogni Paese.
Il quadro italiano riflette a sua volta, in forma specifica, le tendenze del
quadro mondiale e l'attualità della rifondazione rivoluzionaria. Anche qui
la profondità della crisi economica e sociale ha accentuato l'instabilità
politica. Quasi un decennio di centrosinistra, sulla base dei programmi di
Maastricht e dell'imperialismo italiano, ha finito col consegnare l'Italia
a Berlusconi. Ma l'avvento al governo delle destre si combina a sua volta
con una crisi di consenso delle politiche liberiste e col risveglio alla lotta
di una nuova leva di massa della gioventù. Ciò che produce un livello di scontro
sociale e politico che l'Italia non conosceva da decenni. La prima metà del
2002 è stata al riguardo indicativa: se il movimento antiglobal ha fatto da
battistrada, è la classe operaia che ha occupato il terreno con mobilitazioni
obiettivamente imponenti a difesa dei propri diritti: mobilitazioni che, come
nel caso del 23 marzo e del 16 aprile, hanno teso a ricomporre attorno a sé
tutte le diverse domande di massa e i loro soggetti di riferimento. Le potenzialità
di un'esplosione sociale sono dunque presenti. Ne sono consapevoli settori
del grande capitale che premono sul governo per disinnescare la miccia dell'art.18.
Ne sono consapevoli settori della stessa maggioranza di governo che, confusamente,
premono il pedale del freno e cercano di riaprire un varco concertativo. Ne
sono consapevoli le forze centrali dell'Ulivo che con la proposta negoziale
del nuovo "Statuto dei lavori" provano a offrire alla borghesia
italiana il terreno di scambio tra la propria riabilitazione e il ritorno
della pace sociale (la stessa proposta referendaria dell'Ulivo è del tutto
interna a questa logica di alternanza liberale antioperaia).
Ma proprio le grandi potenzialità del movimento sottolineano la profondità
della crisi di direzione e i rischi che questa comporta. In particolare proprio
le grandi potenzialità del movimento misurano l'inguaribile riformismo della
maggioranza dirigente del PRC, e la sua totale incapacità di candidarsi a
un ruolo di direzione alternativa.
Tutto l'impianto d'analisi, tutte le posizioni espresse nel V Congresso hanno
conosciuto in pochi mesi la smentita più radicale. Un gruppo dirigente che
si era autorappresentato come voce politica e istituzionale del "movimento
dei movimenti" quale unico alveo della nuova opposizione, si è ritrovato
alla coda di un movimento enorme di classe operaia diretto dalla burocrazia
CGIL con un ruolo politico marginale. Invece che rimontare lo spiazzamento
subito e rilanciare una battaglia di egemonia alternativa nel cuore della
lotta di classe, ha fatto l'esatto opposto: prima ha minimizzato la portata
del movimento di massa rappresentandolo come appendice del "movimento
dei movimenti" poi ha finito col benedirne la leadership, col plauso
a Cofferati come "l'uomo della possibile vittoria". Ma il risvolto
centrale è nel rapporto col movimento. Il gruppo dirigente del PRC non ha
avanzato alcuna proposta reale di azione e di indirizzo a 13 milioni di scioperanti
sul terreno decisivo: quello della continuità e della radicalità della lotta.
Anteponendovi una scelta referendaria, in una logica tutta istituzionale,
e il rilancio di una convergenza unitaria con l'Ulivo: ossia con la rappresentanza
politica liberale della classe nemica dei lavoratori. Nei fatti, un corso
politico congressuale apparentemente movimentista ha esordito col silenzioso
avallo del controllo burocratico sul movimento. E ancora una volta non si
tratta di un errore fosse pure grave e ripetuto: si tratta del riflesso obbligato
di una politica generale che mira, oggi come ieri, a una prospettiva negoziata
di governo e che per questo rimuove, in ultima analisi, ogni battaglia di
egemonia nei movimenti, condannandoli all'egemonia di forze burocratiche e
per questa via alla subordinazione alla borghesia.
Peraltro, i prossimi anni tenderanno a delineare con maggior chiarezza la
vera natura del corso politico del PRC. Dal IV al V Congresso, il fallimento
del disegno di ricomposizione con l'Ulivo, pregiudicato dal crollo di quest'ultimo,
ha stabilizzato la collocazione del PRC all'opposizione e la sua immagine
"radicale" favorendo l'incontro con la giovane generazione. Oggi,
la marginalizzazione del movimento noglobal e lo sviluppo dell'operazione
politica di Cofferati riducono il margine di manovra "a sinistra"
del gruppo dirigente del PRC e lo inducono ad anticipare le prime mosse di
riavvicinamento all'Ulivo. Non sarà un processo né rapido, né lineare. Ma
l'avvicinamento alla scadenza del 2006 tenderà a capovolgere la direzione
di marcia della precedente stagione politica, smentendo nel profondo tutta
la retorica della "svolta a sinistra" seminata col V Congresso e
moltiplicando occasioni di frizione e contraddizione con la stessa avanguardia
dei movimenti.
Il bilancio espresso nel nostro documento congressuale sull'intero corso decennale
del gruppo dirigente del PRC, e la stessa prima esperienza sul campo della
linea riformista varata dal V congresso ripropongono l'attualità della proposta
centrale di Progetto comunista: la rifondazione di un partito comunista rivoluzionario
con influenza di massa, capace di candidarsi a direzione alternativa della
classe operaia e dei movimenti; capace di combinare la più rigorosa difesa
dell'autonomia di classe e, quindi, della propria autonomia con la più aperta
proiezione di massa per la conquista della maggioranza; capace di coniugare
la battaglia per gli obiettivi immediati della classe e dei movimenti con
la prospettiva centrale del rovesciamento della borghesia e dell'alternativa
di potere, sulla base di un metodo e di un programma " transitorio ";
capace, in definitiva, -come diceva Marx- di difendere nel presente, in ogni
presente, il futuro generale e internazionale della classe operaia e della
rivoluzione.
I testi proposti da Progetto comunista in occasione del IV ed in particolare
del V congresso del PRC, pur con i loro inevitabili limiti, hanno tradotto
questa proposta di fondo: non una pura " opposizione " alla linea
di maggioranza, né una semplice indicazione politica alternativa di carattere
congiunturale; ma la proposta strategica di una rifondazione comunista rivoluzionaria
nei suoi fondamenti teorici e programmatici e, quindi, nelle sue implicazioni
politiche. Una proposta proprio per questo irriducibilmente alternativa ad
ogni variante di riformismo e di centrismo.
Ai caratteri stessi di questa proposta corrisponde il suo investimento politico:
non quello della pressione critica sul gruppo dirigente riformista del PRC,
nell'eterna illusione di un suo condizionamento strategico, ma quello della
conquista delle forze migliori del partito a un coerente progetto comunista;
un progetto proposto al corpo del PRC, in una logica aperta di egemonia politica
e ideale, e al tempo stesso proiettato al di là del PRC nel più vasto processo
della rifondazione del partito rivoluzionario: nella maturazione politica
dell'avanguardia di classe, nell'esperienza complessiva del movimento operaio,
nell'incontro con le giovani generazioni.
Questo impegno di fondo per la rifondazione rivoluzionaria, fuori da logiche
tatticistiche e congiunturali, ha rappresentato il filo conduttore dell'esperienza
di Progetto comunista e della stessa evoluzione della sua articolazione interna,
lungo un percorso di chiarificazione e consolidamento politico. Non a caso
tutti i principali nodi politici che hanno percorso il nostro dibattito (rapporto
coi DS, questione dello stalinismo, il metodo "transitorio ", la
concezione del partito rivoluzionario come partito internazionale) hanno avuto
come riferimento di fondo, seppure a livelli diversi, la medesima questione
strategica: l'ambizione o meno di una rifondazione rivoluzionaria. E le separazioni
o differenziazioni politiche intervenute hanno mosso, legittimamente e liberamente,
da divergenze reali su questo terreno strategico.
La discussione e le risoluzioni del Seminario nazionale di Massa attorno ai
nodi del programma e della rifondazione internazionale; la discussione e definizione
della proposta congressuale per il V Congresso hanno rappresentato un punto
d'approdo centrale di questo itinerario: sviluppando il livello di omogeneità
politica e realizzando un quadro di convergenza strategica e di principio
sui nodi fondamentali della politica rivoluzionaria.
Ciò non significa naturalmente né che quei documenti e risoluzioni sono "compiuti"
e " perfetti", né che sia esaurita l'esigenza di ulteriore elaborazione,
approfondimento e confronto tra i compagni che li sostengono.Tutt'altro: significa
che quell'esigenza costante di elaborazione e di approfondimento può oggi
disporre di una base comune di principio, di una comune cornice strategica.
Proprio questo fatto politico nuovo consente oggi uno sviluppo in avanti della
condizione politica e organizzativa di Progetto comunista. La distinzione,
all'interno di Progetto comunista, tra "l'area programmatica" e
l'Associazione Proposta non è mai stata il prodotto né di astratte ingegnerie
organizzative, né tanto meno di volontà conservative di "piccoli gruppi"
(propria ad es. di Falcemartello): rifletteva, invece, il carattere incompiuto
di un confronto politico sui principi essenziali del marxismo rivoluzionario.
Ora il raggiungimento di una comune base di principio consente su quella base
la costruzione di una comune Associazione marxista rivoluzionaria e lo scioglimento
in essa dell'Associazione Proposta.
L'unificazione piena dei marxisti rivoluzionari nel PRC in una comune Associazione
non corrisponde solo all'esigenza, che pure è reale, di semplificare livelli
e strumenti organizzativi, superando così l'attuale dispersione di forze e
di energie. Risponde all'esigenza tutta politica di realizzare un passo avanti
del Progetto comunista. Infatti, per sua propria natura, la proposta della
rifondazione comunista rivoluzionaria non può essere solo propagandata sul
terreno delle idee, ma dev'essere costruita. Dev'essere sostenuta dallo sforzo
organizzato e attivo di un quadro militante coeso; deve dotarsi di un sistema
reale di autofinanziamento basato sulla regolare contribuzione individuale;
deve sviluppare un sistema razionalizzato di mezzi di stampa in proporzione
alle sue possibilità; deve darsi strumenti di informazione e dibattito interni
capaci di coinvolgere un maggior numero possibile di militanti; deve promuovere
e coordinare, nelle forme possibili, una proiezione pubblica delle proprie
proposte entro il dibattito dell'avanguardia di classe, nei movimenti di lotta
e settori di intervento; deve collegarsi al confronto e all'iniziativa del
marxismo rivoluzionario internazionale. Per tutto questo è necessaria una
comune Associazione marxista rivoluzionaria che unisca tutte le disponibilità
ed energie militanti e che, grazie a questo, possa sviluppare in avanti il
livello organizzativo di Progetto comunista e della stessa Proposta.
Questo passo, oggi politicamente possibile, è tanto più importante nel momento
attuale: nel momento di risveglio della giovane generazione, di ripresa dei
movimenti di massa, di sviluppo di un dibattito di idee, seppur confuso e
distorto, in significativi settori d'avanguardia; nel momento in cui una più
vasta attenzione giovanile circonda lo stesso PRC, al di là di posizioni e
prospettive del suo gruppo dirigente; nel momento in cui, non a caso, nonostante
la prevedibile flessione subita, la nostra stessa proposta congressuale ha
registrato complessivamente un voto più giovanile e più motivato. In questo
quadro l'unificazione dei marxisti rivoluzionari nel PRC non è solamente un
"nostro" progresso politico organizzativo, ma un piccolo fatto politico:
capace di favorire una maggiore visibilità e credibilità del marxismo rivoluzionario
in un settore di quella giovane generazione che è il terreno centrale della
costruzione del partito.
Un'unica, nuova e più ampia, associazione marxista rivoluzionaria, sulle basi
politiche indicate, può e deve convivere in modo positivo con l'insieme dell'area
che nel V congresso si è raccolta attorno al documento di minoranza (non emendato).
E' verosimile che una parte dei compagni che hanno votato il testo congressuale
di minoranza, o che l'hanno attivamente sostenuto, non intenda aderire alla
nuova Associazione: o per esigenza di ulteriore riflessione, o per indisponibilità
militante su questo terreno, o per divergenze politiche (già espresse formalmente
da una minoranza di Progetto comunista in occasione del Seminario di Massa)
al di là del voto congressuale espresso. Si tratta di scelte tra loro diverse,
ma tutte pienamente legittime, comprensibili e rispettabili. Ogni atteggiamento
contrappositivo e di rottura da parte dell'Associazione nei confronti di questi
compagni, sostenitori della medesima battaglia congressuale, sarebbe politicamente
immotivato e profondamente negativo. Così come sarebbe negativo, naturalmente,
ogni atteggiamento di contrapposizione di questi compagni alla nascita e alla
vita della nuova Associazione. Al contrario, ferma restando la chiara distinzione
della libera scelta di ciascun compagno, e le sue implicazioni, tutti i compagni
sostenitori del documento congressuale di minoranza (non emendato) manterranno
un raccordo all'interno del partito sul terreno della battaglia politica comune
in occasione degli appuntamenti ordinari di intervento politico. Un rapporto
garantito dalle rappresentanze già designate dell'area congressuale all'interno
degli organismi dirigenti ai vari livelli (comitati federali, comitati regionali,
comitato nazionale...) e dai coordinatori regionali dell'area. Parallelamente
proprio una più chiara distinzione tra una associazione marxista rivoluzionaria,
con la sua struttura militante, e una fluida e più larga area congressuale
può evitare confusioni politiche e sovrapposizioni dispersive, favorendo dunque
un confronto più libero e una relazione feconda per entrambi.
Un'unica, nuova e più ampia associazione marxista rivoluzionaria può interagire
positivamente con i nuovi processi di ricomposizione politica internazionale
dell'avanguardia di classe. Da un lato il nuovo sviluppo internazionale dell'area
marxista-rivoluzionaria può contribuire ad una maggiore attenzione allo sviluppo
e ai progressi del marxismo rivoluzionario in Italia: dando loro una cornice
di riferimento potenzialmente capace di maggiore richiamo. Dall'altro lato
l'unificazione dei marxisti rivoluzionari italiani può rappresentare un contributo,
modesto ma reale, al difficile processo rifondativi di quell'Internazionale
comunista rivoluzionaria che resta questione decisiva, tanto più oggi, per
le prospettive del comunismo. Come afferma il documento della sinistra rivoluzionaria
del PRC per la II Conferenza nazionale dei Giovani Comunisti:
"Contro il capitale globale occorre raggruppare tutte le forze che siano
disposte a riprendere il cammino dell'Ottobre costruendo il partito globale
della classe operaia e della sua avanguardia, strumento indispensabile per
la prospettiva della rivoluzione socialista internazionale."