La Rifondazione del comunismo che noi vogliamo.
Lettera aperta ai compagni Franco Grisolia e Marco Ferrando. Di Paola Vottero e Luciano Dondero. 7 ottobre 2002.


Caro Franco e caro Marco,
la rottura fra di noi al V congresso del Partito ha interrotto una collaborazione politica che durava da oltre dieci anni. Insieme abbiamo costruito il partito a Savona e posto le basi per la sua crescita (nel caso di Paola), ideato e realizzato la rivista Proposta (nel caso di Luciano); per anni abbiamo condiviso battaglie e aspirazioni rivoluzionarie. Per due di noi (Franco e Luciano) la frequentazione politica risale addirittura al 1966, quando adolescenti facevamo i primi passi verso il trotskismo. 
A noi pare inaccettabile che questa rottura si consumi senza tentare di capirne le cause. Del resto, ci sono e ci saranno momenti e occasioni di incontro nel corso degli sviluppi della lotta di classe in questo paese, dove sarebbe opportuno esaminare la possibilità di un confronto franco e aperto, per individuare eventualmente possibili elementi di collaborazione politica. E allora vorremmo cercare di individuare qui alcuni punti sui quali tentare sviluppare una riflessione critica ed autocritica, noi, voi e tutti quanti, per tentare una verifica. 

Rispetto delle posizioni altrui
Il punto di partenza per qualsiasi analisi dovrebbe essere, a nostro modo di vedere, il rispetto delle posizioni altrui, per criticabili che possiamo ritenerle. Ed in questo senso chiariamo subito un possibile equivoco.
Noi siamo usciti dall'area della mozione due a Savona, nell'immediato postcongresso, perché non siamo stati e non siamo disponibili ad accettare una blindatura politica che ci costringe a sostenere posizioni che non condividiamo, e contro le quali ci siamo battuti aspramente in sede congressuale.
La nostra rottura non implicava, com'è ovvio, alcuna adesione alla mozione uno. Non si capisce per quale motivo avremmo dovuto portare avanti un'operazione così contorta, dalla quale se ne traggono soltanto degli svantaggi politici pratici, invece di entrare a far parte dell'area bertinottiana in occasione del congresso. Quello sì che ci avrebbe potuto dare degli utili dividendi, sotto forma di posizioni negli organismi dirigenti, ovvero quella cosa che, secondo una certa ottica, è l'alfa e l'omega di tutto il proprio lavoro politico nel PRC. 
Così non è stato; e allora, perché compiere un futile tentativo di sostenere una simile interpretazione della nostra presa di posizione? Non vi pare che sarebbe più produttivo, nell'oggi e ancor di più per il futuro, fare uno sforzo per capire?

Da dove vengono le divergenze? 
Nel periodo postcongressuale Marco ha fatto spesso riferimento ad una sua "sorpresa" dinanzi alle nostre posizioni, eppure è risaputo che alcune delle nostre divergenze vengono da lontano. 
Lasciamo pure da parte le questioni savonesi in senso stretto, anche perché esiste un ampio testo di Luciano ("Perché la sinistra ha perso la federazione di Savona?"), attorno al quale si è verificata un'ampia convergenza di vedute, non soltanto da parte degli autori di questa lettera aperta, ma anche fra gli altri compagni del nostro raggruppamento.
Una parola al riguardo è necessaria. Nella riunione savonese della mozione due nella quale abbiamo presentato la nostra lista alternativa per l'elezione degli organismi dirigenti provinciali, abbiamo indicato i nomi di circa quindici compagne e compagni. Alcuni sono quadri dirigenti del PRC, un paio di pensionati, e tanti lavoratori e lavoratrici, e fra questi un folto gruppo di dirigenti provinciali e regionali della CGIL, e anche alcuni esponenti della CUB. Una lista che, come Marco in persona ha osservato, ha una solida composizione sociale di classe. 
E infatti, per quanto la cosa possa sembrare strana ad un osservatore esterno, un elemento di divergenza fra di noi sta proprio in questo. Il lavoro che noi abbiamo portato avanti in questi anni, costruendo e ricostruendo faticosamente alcuni circoli del partito, ha messo l'accento sulla "questione operaia", o, meglio ancora, sulla "centralità operaia". 
In questo abbiamo cercato di concretizzare le posizioni espresse dalla sinistra del partito in tanti anni, di trasformare molti dei suo validi ragionamenti teorici in posizioni pratiche.
Ma ci sono state anche parole, scritti, e atti della sinistra che noi non abbiamo condiviso, e su cui abbiamo fatto dei tentativi, forse timidi, di esprimere il nostro dissenso, e di indicare un orientamento alternativo. Per lo più questo si è manifestato anche attraverso l'utilizzo da parte nostra di strumenti di intervento che nei fatti erano portatori di un metodo di lavoro diverso da quello perseguito da Proposta sul piano nazionale.
Secondo noi, l'azione di Proposta è stata al contempo rigida ed inflessibile sul piano tattico nei confronti della direzione del partito - prima nei confronti di Cossutta e poi di Bertinotti - ma è stata anche carente nel lavorare per costruire un nucleo di sinistra organizzato nel Partito capace di raccogliere alcune delle forze migliori del partito attorno ad un progetto veramente rivoluzionario.
Questa critica è solo in apparenza contraddittoria. In effetti, la contraddizione si ritrova nell'operato di Proposta, che mentre ha fatto dell'adesione monolitica alla linea del proprio nucleo dirigente un principio inviolabile - pena l'allontanamento da posizioni di responsabilità - ha anche preferito mantenere una struttura amorfa. Alla centralizzazione organizzativa non corrisponde affatto una chiarezza politica sulle questioni di fondo, tutto il contrario! 

Che cos'è veramente Proposta?
Massima rigidità nei confronti di Bertinotti - qualunque cosa dica e con qualunque tono, la nostra risposta è sempre stata "No!" - ma grande flessibilità per quanto concerne l'area. Purché non si sollevino critiche di sostanza ai dirigenti di Proposta, nell'area della mozione due, e nella stessa associazione Proposta, viene ammesso chiunque abbia qualcosa da dire contro la direzione del partito, a prescindere da posizioni politiche reali, motivazioni, storia e traiettoria politica dei singoli individui.
Proposta, e di conseguenza l'area di riferimento, non ha un'esistenza politica reale e duratura nel tempo. Scimmiottando fin troppo il partito nel suo insieme, anche Proposta si attiva in prevalenza in occasione di scadenze elettorali, esterne (votazioni politiche ed amministrative) od interne (congressi). Quando bisogna presentare delle candidature, Proposta si anima, la mozione due si riunisce e contratta con la maggioranza una certa percentuale di nominativi da inserire nelle liste elettorali. 
E laddove Proposta gestisce le cose in prima persona, si finisce con la farsa savonese, di una federazione articolata in comitato per far eleggere a tutti i costi la segretaria del partito: dateci un posto, uno qualunque, purché sia un posto!
Analogamente avviene per quanto riguarda i Congressi del partito. 
Si preparano tesi congressuali rigorosamente alternative a quelle del segretario: Dio non voglia che qualcuno pensi di prendere qualche pezzo di una mozione e qualche pezzo di un'altra!
Il documento è di preferenza molto lungo e redatto in uno stile turgido, duro da masticare e ancor meno digeribile - ovvero un testo fatto apposta perché i lavoratori possano leggerlo con facilità (attenzione: ironia!)
Di conseguenza c'è sempre qualche anima buona che provvede a diffondere un "Bignami delle tesi" col quale si consente a chi vorrebbe sapere cosa dicono i documenti congressuali di leggerne un riassuntino. E qui, delle due l'una: o il testo originale era davvero ridondante, o la sintesi è una semplificazione riduttiva.
Ad ogni modo, armati di tanta scienza, i compagni cercano di raccogliere il sostegno politico degli iscritti, incoraggiandoli a prendere parte alle assemblee congressuali e a votare per la nostra mozione.
A volte questo genera delle discussioni politiche serie ed appassionate nei circoli e nelle federazioni. In altri casi, per lo più a causa di atteggiamenti poco democratici da parte di esponenti della maggioranza, il dibattito si fa sterile, molto poco fraterno e del tutto improduttivo. In qualche raro caso, siamo proprio noi a inasprire i toni dello scontro, al fine di tracciare una linea di demarcazione netta rispetto ad elementi di sinistra della maggioranza. Si noti bene: "rispetto ad elementi di sinistra della maggioranza".
Il problema non si ferma qui, ma tocca anche i meccanismi di composizione delle liste di sostenitori della mozione due da portare negli organismi dirigenti. Per conquistare i voti di questo o quel gruppo di iscritti, o magari di ex dirigenti entrati in crisi con la maggioranza, si offrono posizioni dirigenziali a destra e a manca. Di solito, va a finire che si promettono più posti di quelli che si possono effettivamente conseguire, ma questo poco importa. Al dunque, si troverà pure qualche bravo e serio compagno da sacrificare nel nome dell'alleato, incerto, instabile, assai poco rivoluzionario (per non dire trotskista, che di Trotsky ne sanno poco tutti negli ambienti della mozione due).
E così, col passare degli anni, che cosa è diventata Proposta e la sua area di riferimento? 
Proviamo a rispondere.
In estrema sintesi, e senza mezzi termini, possiamo dire che è un carrozzone, la cui composizione varia ancor più rapidamente di quanto non muti quella degli iscritti al partito. 
Le posizioni rivoluzionarie, e formalmente trotskiste, che gli esponenti della sinistra formulano in occasioni di riunioni di partito, sono un po' come i discorsi della domenica al tempo del vecchio socialismo del secolo XIX. Proprio così: avvocati e professori, che durante la settimana facevano ben altro, la domenica discettavano delle sorti del proletariato internazionale e indicavano il sole dell'avvenire ai lavoratori. 

La necessità di un bilancio serio
Non credete, cari compagni, che dopo quasi dieci anni di vita della sinistra del PRC sia venuto il momento di tracciare un bilancio?
Non vi rendete conto che da anni si chiede, anzi, si esige, da Bertinotti un bilancio dell'operato del partito, eppure proprio dove Marco Ferrando gestisce il partito in prima persona la cosa è praticamente proibita?
Come Marco ben sa, e pensiamo anche Franco, le divergenze fra noi a Savona si erano manifestate con forza già tre anni fa, in occasione del precedente congresso del partito, quando noi arrivammo al punto di parlare di costruire di una "frazione trotskista" in Proposta. Il problema è che le nostre critiche all'operato di Marco non sono mai state ascoltate e prese seriamente in considerazione, si è deliberatamente ignorata la gravità della situazione locale; e alla fine Marco si è dichiarato "sorpreso" quando noi abbiamo tratto le logiche conclusioni dai fatti, e abbiamo agito in modo coerente con le nostre parole. 
Ma un bilancio serio deve investire tutto l'operato di Proposta a livello nazionale, il suo funzionamento, i suoi metodi di lavoro.
E se questa vuole essere davvero una riflessione utile, va estesa al partito nel suo insieme. Intanto perché grandi sono gli elementi di contiguità fra partito e area della sinistra, molto di più di quanto non pensino tutti quei compagni che si considerano "altra cosa" rispetto al PRC, ovviamente ritenendola migliore, più sana e rivoluzionaria. 
Inoltre ciò è necessario perché occorre una riflessione seria sul PRC nel suo insieme, al di là delle stanche e futili polemiche sulla rincorsa di Bertinotti al centro-sinistra.
Insomma, la situazione odierna dei rapporti fra di noi tocca e si intreccia con qualcosa che va al di là delle prospettive della sinistra del PRC.

La Rifondazione che NON vogliamo
Quello che mal sopportiamo è un partito che vive alla giornata, e una sinistra che nel rincorrere la segreteria del partito, vive anch'essa alla giornata.
La scissione del PRC nel 1998 è stata un punto di svolta decisivo, ma non nel senso che intendono, ad esempio, i compagni di Bandiera Rossa, ovvero come una svolta radicale a sinistra della direzione. Diciamo pure che purtroppo non è stato così, giacché un partito capace di dare voce alle aspirazioni di milioni di lavoratori, di giovani, di attivisti pacifisti, di contestatori della globalizzazione, e via dicendo, sarebbe davvero un elemento importante per dare uno sbocco positivo alla ripresa della lotta di classe che abbiamo visto quest'anno.
Invece, il partito resta ancorato ad una logica integralmente elettorale, e ogni passo ed ogni azione, anche la più coraggiosa e di sinistra, fa parte in realtà di un giostrare per collocarsi al meglio in una nuova alleanza di sinistra, un zigzagare che al mondo esterno appare senza capo né coda, e che anche a noi che del partito siamo militanti e quadri dirigenti dà una sensazione di confusione e di mancanza di prospettive chiare al vertice del partito.
Il partito è sempre più autoreferenziale, le sue azioni sono poco più di una mera difesa del proprio ruolo e posticino al sole.
Prendiamo l'esempio del referendum per l'estensione dell'art.18.
Nel bel mezzo di una significativa mobilitazione operaia, con una CGIL schieratasi per la lotta, pronta perfino alla rottura con CISL e UIL per tenere duro nell'opposizione al governo, fra scioperi generali e manifestazioni di un'ampiezza senza eguale nella storia repubblicana, cosa pensa di fare Rifondazione?
Lancia una raccolta di firme, alternative e sostitutive, al di là dei distinguo e delle belle parole, nei confronti della mobilitazione.
Oh sì, certo, la cosa viene giustificata coi contenuti "avanzati" del referendum, ovvero con la richiesta dell'estensione dell'art.18 (e 35), richiesta giusta e sacrosanta, è chiaro. Ma non è questo il punto, il punto sono i metodi per conseguire gli obiettivi proposti. 
E qui, noi abbiamo dovuto constatate con rammarico che la sinistra di Proposta, anziché criticare con forza questa sbavatura elettoralistica della direzione del partito, si è accodata, ed è addirittura diventata l'avvocato difensore d'ufficio di una posizione che ha collocato ad un certo punto Rifondazione a destra della CGIL. Per fortuna c'è stato chi nel partito ha avuto il coraggio di reagire a livello nazionale, ovvero i compagni di Falcemartello. La cosa ci ha confortato, perché voleva dire che quell'elemento di convergenza che noi avevamo trovato nel corso della battaglia congressuale (in parte o in toto) si confermava dinanzi ad un punto focale della lotta di classe.
Tralasciamo qui ogni considerazione critica sulle questioni internazionali, dalla posizione abominevole sul "fronte unico coi talebani", all'adesione di Proposta a questa o quell'alleanza internazionale di gruppi trotskisti, riguardo i quali la stragrande maggioranza dei compagni nulla sa (e a volte, nulla vuole sapere).
Anche perché in effetti il metodo impiegato è sostanzialmente lo stesso che si usa in Italia, nel lavoro in seno al PRC, ovvero la manipolazione dei compagni e delle compagne, mobilitati per battersi, senza sapere bene né il perché né il come. 
Ma ritenete davvero che su questa base sia possibile costruire qualcosa che faccia avanzare la causa dell'emancipazione della classe operaia, che ci porti qualche passo in avanti verso l'abbattimento del capitalismo e verso la costruzione del comunismo?
Guardatevi attorno, riflettete su ciò che avete costruito, sulla scarsa solidità dell'embrione di organizzazione che avete messo in piedi. Non vi pare davvero poca cosa, dopo dieci anni di vita in un partito in fermento?
Non vi sembra tragico che all'ultimo congresso sia apparso come la vera opposizione a Bertinotti un raggruppamento venuto fuori dalla sua maggioranza? E nei confronti del quale Proposta e la mozione due non ha alcuna capacità di interlocuzione? Non vi rendete conto che vi state marginalizzando in modo crescente all'interno del partito, mentre all'esterno siete praticamente invisibili?

Quali prospettive?
Assieme ad altri compagni, iscritti e non al PRC, alcuni tuttora iscritti a Proposta, abbiamo dato vita ad una nuova iniziativa editoriale, pubblicando un periodico comunista, l'Onda Rossa, che avrete senz'altro già visto. Ci sembra utile cercare di presentarvi il senso di questo giornale, poiché vorremmo evitare possibili fraintendimenti.
Nella situazione politica del dopo Unione Sovietica, in questo periodo dove si sarebbe consumata, secondo vari commentatori borghesi e socialdemocratici, la "fine del comunismo", a noi non sembra né utile né serio ridurre gli spazi e i margini per il confronto di idee.
È vero il contrario: se una rifondazione del comunismo potrà avvenire, ciò avverrà soltanto attraverso uno scambio di idee fecondo e costruttivo fra gruppi di attivisti, operai, donne, studenti, lavoratori immigrati, pensionati, pacifisti, omosessuali, e via dicendo, che nel proprio lavoro concreto nel quadro della lotta di classe verificano la necessità di una prospettiva di trasformazione epocale della società capitalista.
Non ci sembra molto produttivo né presentarsi con un programma fatto e finito, e neppure credere di avere già un tale programma compiuto. Non basta certo rifarsi a Lenin e a Trotsky, e all'esperienza della rivoluzione russa, per essere in grado di ripeterne le gesta senza imitarne gli errori.
In realtà, ogni movimento che è nato e si è sviluppato nel periodo in cui il movimento comunista era dominato dallo stalinismo nelle sue diverse forme, risente molto di più dell'influenza nefasta dello stalinismo (o togliattismo o maoismo) che non degli influssi benefici e delle tradizioni rivoluzionarie del leninismo.
E dunque ci serve un'azione cosciente e persistente a contrastare ogni giorno i meccanismi coercitivi, la linea calata dall'alto, il ruolo centrale dei "capi", e via dicendo, sul piano dei metodi. Mentre sul piano politico a noi sembra indispensabile trovare il modo di rivolgersi alle nuove generazioni con delle posizioni e delle proposte capaci di cogliere le loro esigenze e i loro livelli di comprensione. Ogni nuova generazione arriva alla lotta politica seguendo un cammino diverso e proprio; il compito delle vecchie generazioni non può essere quello di presentare loro una minestra riscaldata, ma di aiutarli a trovare la propria strada. 
L'Onda Rossa cerca di mettere qualche tassello, speriamo utilmente, in questa direzione. Nessun dogmatismo, nessun richiamo a princìpi supremi e immutabili (e neppure a prìncipi terreni), ma il tentativo di impiegare il marxismo come una bussola che ci guida nella nostra azione quotidiana, senza la pretesa di sapere già tutto (e dunque senza la presunzione di non avere più niente da imparare dagli altri e dalla storia). Gli occhi, le orecchie e soprattutto la mente siano aperti, per tracciare un cammino di speranza e di libertà insieme a milioni e milioni di sfruttati e di oppressi, qui e nel mondo intero.
"Chi non è con me, è contro di me" è sempre stata una posizione reazionaria. Oggi più che mai, è fondamentale che cento fiori fioriscano; per questo le nostre porte sono e resteranno aperte.