Perché la sinistra
ha perso la Federazione di Savona?
Un
tentativo di analisi e bilancio critica verso la sinistra interna al PRC. Di
Luciano Dondero. Aprile 2002.
Premessa
Vorrei fare un tentativo di analisi e di primo bilancio della situazione savonese,
perché credo che in loro assenza è facile cadere in finte spiegazioni
che servono solo a giustificare se stessi e non ci fanno fare un singolo passo
avanti nella comprensione dei problemi.
Se dirigere è innanzitutto prevedere, come diceva Trotsky, comprendere
a posteriori è imprescindibile, come minimo per cercare di non commettere
gli stessi errori due volte.
Crisi di direzione
Forse partire dai principi primi non è il peggiore dei modi di cominciare
questa discussione. In questo senso, cominciamo con la considerazione che un
elemento chiave della situazione politica mondiale è l'assenza di
una direzione politica marxista della classe operaia, capace di portare
ad un cambiamen-to sociale rivoluzionario, e di iniziare così a porre
le basi per la costruzione di un nuovo mondo, giusto ed equo. Qual è
il significato profondo di questo concetto basilare nell'analisi trotskista?
Non soltanto l'ovvia constatazione della debolezza delle forze rivoluzionarie
coscienti, e l'altrettanto ovvia assenza di partiti rivoluzionari di massa.
Ma anche un porre l'accento su importanti elementi di arretratezza poli-tica
generale nella stessa avanguardia, in parte corrosa da decenni di stalinismo
rampante (in tutte le sue varianti), in parte condizionata da un susseguirsi
di sconfitte che sono rimaste senza analisi.
Dov'è una spiegazione chiara e approfondita del crollo dell'Unione Sovietica
e dello smantellamento delle società di tutta l'Europa orientale? Dov'è
un'analisi della Cina odierna?
La sinistra rivoluzionaria non dispone di strumenti teorici adeguati. (Naturalmente,
la sinistra che non si vuole rivoluzionaria il problema non se lo pone neppure
- si sono limitati a cancellare dal proprio nome la parola "comunista"
e credono di aver risolto tutto).
Certo, ogni singola organizzazione ha fatto le sue brave analisi e ci sono ampie
dispute su questa o quella particolare interpretazione dei fatti. Ma non ci
sono delle nozioni che emergono chiaramente sullo sfondo del dibattito e attorno
alle quali si cerca di giungere ad una conclusione politica chiara e, soprattutto,
capace di fornire gli strumenti per l'azione ulteriore.
Il piccolo cabotaggio
di Rifondazione
Negli undici anni della sua esistenza, il PRC ha indubbiamente conseguito dei
risultati importanti. In primo luogo è riuscito ad esistere e ad affermare
il proprio diritto a rappresentare una fetta del movi-mento operaio in Italia.
Molto importante. Ma praticamente non c'è molto di più. Se poniamo
Rifonda-zione in rapporto coi compiti di "rifondare il comunismo",
troviamo uno iato impressionante fra gli inten-ti e le realizzazioni effettive.
Il PRC nasce come risposta al distacco della maggioranza del PCI da ogni nozione
di "comunismo", e quindi anche da un rigetto da parte di quel pezzo
del PCI di tutta l'esperienza della rivoluzione russa. La volontà di
non accettare quelle posizioni liquidatrici è stata molto importante.
Ma non c'è stata la capacità di aprire al nostro interno un dibattito
serio su quell'esperienza, e soprat-tutto sulle cause della sua fine miseranda.
Di congresso in congresso si presentano testi che esprimono una valutazione
particolare dello stalinismo, ma tutto ciò in assenza di una discussione
che sia il frutto di una ricerca, di un approfondimento e di un'elaborazione
marxisti.
Se dal quadro mondiale passiamo al piano politico nazionale, la situazione non
è molto migliore.
Si possono indubbiamente individuare, come fanno solitamente i testi della sinistra
del partito, un in-sieme di posizioni di fondo che hanno caratterizzato e caratterizzano
gli orientamenti del partito in questi suoi undici anni di vita - esse non sono
tuttavia il prodotto di una linea chiara e ben definita. Per contro la maggioranza
dirigente evita di affrontare un bilancio serio dell'operato del partito, e
dunque non contribuisce a fare chiarezza.
Perché, diciamoci la verità, Rifondazione naviga a vista, non
ha tracciato una sua rotta capace di gui-darla nell'alto mare della battaglia
politica di medio-lungo respito. Ci si limita al piccolo cabotaggio, sen-za
mai allontanarsi dalla linea di costa rappresentata dalle posizioni del centro-sinistra
e dai rapporti politici parlamentari, e soprattutto dalle incessanti ricerche
di alleanze elettorali. Anche l'enfasi odier-na sul "movimento dei movimenti"
non diventa il perno attorno al quale costruire una strategia autonoma - del
resto, sarebbe forse difficile farlo, data l'estrema eterogeneità di
quel movimento.
Anche la sinistra
naviga a vista
Ecco, il guaio è proprio questo: nonostante la sinistra del PRC abbia
mantenuto sulla carta un proprio orientamento strategico che è stato
e resta alternativo a quello delle successive maggioranze del parti-to, in pratica
la mozione due non è stata capace di fare altro se non rincorrere le
posizioni ufficiali di Rifondazione. La sinistra si posiziona in base a quanto
dice il segretario - e tra l'altro ha una sola posi-zione: è contro,
sempre e comunque, a prescindere dai contenuti, dalle forme, dai momenti e dalle
cir-costanze.
Ma manca una capacità di tracciare un orientamento autonomo - che non
vuol dire separato e disgiunto dalla realtà del PRC nel suo insieme -
ma sì che sia capace di uscire dalle secche dei dibattiti sterili e ripetitivi
su "alleanza col centro-sinistra: SI!" e "alleanza col centro-sinistra:
NO!"
Questo è un problema che abbiamo verificato in tutta la sua gravità
anche a Savona.
La vittoria
della sinistra a Savona nel 1999 nel quadro della storia del PRC savonese
Può aiutarci a capire qualcosa un rapido riassunto della storia di Rifondazione
a Savona. Qui, come del resto avvenne a Genova, i compagni della LCR che si
raccoglievano attorno ai compagni Marco Ferrando - Franco Grisolia - Piero Acquilino,
e che facevano tutti parte di Democrazia Proletaria (e dell'Associazione Quarta
Internazionale al suo interno), presero l'iniziativa di contribuire alla costru-zione
del PRC. Come sappiamo i dirigenti AQI, da Livio Maitan a Franco Turigliatto
ed altri erano abba-stanza scettici all'idea di sciogliere DP nella nuova formazione
politica. Il risultato è stato, ed è tutto-ra, che il gruppo che
oggi si raccoglie attorno alla rivista Proposta, ha avuto ed ha un peso maggiore
nel PRC rispetto alla LCR-AQI.
A Savona, Ferrando trovò un piccolo nucleo di compagni e compagne usciti
dal PCI che si misero al lavo-ro con forza e con vigore. L'elemento di spicco
di questo gruppo era Paola Vottero, una di quelle rare avis che sono passate
dal PCI alle posizioni rivoluzionarie del trotskismo. Il connubio Ferrando-Vottero
mise in piedi e resse la federazione di Savona. Vottero fu la prima coordinatrice
provinciale, e Ferrando diventò segretario al primo congresso del PRC.
Nel 1993 a Savona la sinistra aveva ancora una risicata maggioranza numerica
dei delegati, e si accordò con la maggioranza nazionale per una gestione
unitaria, che diede il segretario di Federazione alla mozione uno e il delegato
al congresso nazionale alla mozione due.
Questo fu molto importante per la proiezione su scala nazionale della costituente
tendenza di sinistra, che proprio in quel congresso del 1993 si conquistò
il diritto di entrare nella direzione nazionale a Roma.
Nel 1996 a Savona la mozione uno ebbe una maggioranza chiara (60%-40%). Questa
situazione fu alte-rata drammaticamente dalla scissione del 1998. Il principale
dirigente della mozione uno, assessore al Comune di Savona ed ex-segretario,
Piero Casaccia, passò al Pdci. Con lui altri consiglieri comunali a Sa-vona
e in altre località, alcuni quadri attivi, il grosso del circolo giovanile,
e così via. Nel 1999 la sinistra, che sostanzialmente aveva mantenuto
i voti del 1996 ebbe la maggioranza rispetto ai bertinottiani, for-temente menomati
dalla scissione cossuttiana, ribaltando quasi completamente le percentuali.
La vittoria del 1999 era un'occasione d'oro per dimostrare nella pratica che
la sinistra era capace di ge-stire una federazione, e portare avanti il lavoro
del partito, come e meglio della maggioranza nazionale.
Savona non fu l'unica federazione conquistata dalla sinistra. C'era Vibo Valentia,
già conquistata nel 1996, e dove nel 1999 la mozione due sfiorò
l'80% dei consensi. Ma Vibo è nel lontano Sud, poco vista e poco considerata.
Mentre Savona è nel Nord, incide su Genova, è una città
operaia con una formidabile tradizione storica e con un insediamento industriale
che permane nonostante le chiusure di fabbriche e di stabilimenti; ha anche
un porto in espansione. E soprattutto questa è la federazione di Marco
Ferrando, e quello che la sinistra fa o non fa a Savona ha un notevole impatto
sul piano nazionale.
Un programma
d'azione politico o un orientamento elettoralistico?
Nel 1999 si scontrarono nell'ambito della mozione due, vittoriosa al Congresso,
due orientamenti netta-mente contrapposti. Oggi, dopo tre anni di esperienza
di gestione, si può vedere con maggiore chiarezza quello che allora era
soltanto nell'idea di pochi: la contrapposizione era politica al 100%, fra una
dire-zione politica della federazione mirante ad articolare il programma politico
della mozione due in termini di azione esemplare - e un piccolo cabotaggio elettoralistico.
Con una variante peggiorativa, ovvero un'insistenza forsennata nel riproporre
la segretaria del partito come candidato in tutte le elezioni che si sono presentate.
Ossia abbiamo avuto una gestione di tipo elettoralistico personale. Una di quelle
co-se che fecero di Amadeo Bordiga, il segretario del Partito comunista d'Italia
alla sua fondazione nel 1921, un convinto assertore dell'astensionismo elettorale.
Ora, in un partito che si voglia comunista, non è accettabile che ci
siano dei compagni o delle compagne che operano al fine di piazzarsi in una
qualunque istituzione, inseguendo da un'elezione all'altra ogni can-didatura
possibile. E soprattutto non è pensabile che questo sia il fine di un'area
di partito che si vuole rivoluzionaria e alternativa alla maggioranza del PRC.
Accentramento
e piccolo autoritarismo
La gestione del partito a Savona è stata caratterizzata da metodi accentratori
e autoritari. Da questo ad usare la categoria "stalinismo" per definirla,
tuttavia, ce ne corre. Mi pare che siamo in presenza di una cosa diversa: è
ciò che avviene quando si promuove un sergente a colonnello e gli si
affidano delle operazioni militari decisive. La mancanza di competenze e di
capacità specifiche non è in sé una colpa - ma è
deleterio per sé e per gli altri non riconoscere i propri limiti e non
darsi da fare per superarli.
In ultima istanza, ad ogni modo, il problema è che le valutazioni si
compiono sulla base dei risultati, e non sulla base dei desideri espressi e
delle intenzioni più o meno pie.
A livello del savonese, per quanto attiene alle iniziative della federazione,
Rifondazione è diventata una forza politica più marginale e meno
efficace sul piano politico e sindacale.
Questo non significa che sia tale in tutte le circostanze l'idea che ci si fa
del PRC guardandolo dall'esterno, poiché ci sono stati circoli attivi
ed anche molto attivi, i quali hanno portato avanti nume-rose iniziative efficaci
e di successo.
Ma in realtà il problema è che a Savona hanno operato in realtà
più "partiti" diversi sotto la stessa eti-chetta del PRC, e
questo la dice già lunga sulla gestione provinciale.
Ora, ci sono difficoltà obiettive alle quali in realtà nessuno
può sfuggire. Ma dal 1999 ad oggi le condi-zioni nelle quali abbiamo
operato non erano proprio fra le peggiori. Abbiamo avuto due guerre, Kossovo
e Afghanistan, nelle quali l'Italia è stata impegnata direttamente, e
contro le quali il PRC ha rappresenta-to un faro nella notte delle posizioni
bi-partisan che hanno unito oscenamente centrodestra e centrosi-nistra nel mandare
i caccia-bombardieri su Belgrado e le navi da guerra nel Golfo Persico. E c'è
stata una certa opposizione popolare a queste guerre.
Ma il PRC a Savona non è stato capace di canalizzarla.
E poi c'è stato il movimento no-global, prima e dopo di Genova, ma anche
lì il fulcro dell'intervento della federazione nel Social forum savonese
è stato negli ultimi mesi il tentativo di costruire una base d'appoggio
per la candidatura a sindaco di Patrizia Turchi!
Nell'insieme il funzionamento del partito è stato davvero carente. Lo
scollamento fra mozione due al potere, e mozione uno sempre più all'opposizione,
è stato disastroso. Insomma, non si può governare una federazione
con il 55-60% dei voti senza coinvolgere il restante 35-40%. E cosa si è
fatto in quella di-rezione?
Il caso delle elezioni regionali del 2000 è una manifestazione chiara
di ottusità politica, alimentata da un'assurda fregola elettoralistica.
A Savona il PRC aveva un consigliere regionale, Franco Zunino, che è
uno dei principali esponenti della mozione uno. Nel contesto della situazione
politica locale, va detto che la mozione due ha conseguito un risultato significativo
nel conquistare l'intero partito alla posizione di non restare nella giunta
di cen-tro-sinistra al Comune di Savona. In vista delle elezioni regionali del
2000, mentre sul piano nazionale e regionale era chiara l'adesione bertinottiana
ad un'alleanza col centro-sinistra, a Savona c'erano forti reticenze, espresse
tanto da Zunino quanto da Bruno Marengo, consigliere provinciale del PRC, ed
ex-sindaco di Savona per il PCI.
In sede di discussione negli organismi dirigenti della federazione, fu formulata
la proposta che Zunino fosse il nostro candidato di punta, sostenuto unitariamente
dal partito, e che lui esprimesse un impegno a non sostenere la giunta di centro-sinistra
in caso di vittoria. Se da un lato Zunino non si espresse fa-vorevolmente, tantomeno
lo fecero Ferrando e Turchi, perché tutto il problema era presentare
la se-gretaria come candidato.
Per il meccanismo elettorale delle elezioni regionali, ciascun candidato apporta
alla lista dei voti in base al proprio prestigio politico-personale, che si
sommano per favorire quello meglio piazzato.
La campagna Turchi fu fatta con l'obiettivo, quantomai illusorio, di superare
Zunino e farsi eleggere. A tal fine fu chiesto ai compagni della mozione due
più rappresentativi di NON candidarsi per non sot-trarre voti alla Turchi,
e si preparò una lista piuttosto debole, salvo per i due capolista. Nel
corso della campagna fu data istruzione ai circoli gestiti dalla sinistra di
sabotare la candidatura Zunino, al punto che in almeno un caso si impedì
l'accesso fisico del compagno alla sede del circolo (!)
Risultato finale: Zunino 1500 voti, Turchi 300. Nell'insieme a Savona non si
raggiunge il quorum, e così passa in regione per il PRC un candidato
di La Spezia, esponente fra i più beceri della mozione uno.
Se un normale segretario fa una figura così barbina nei confronti del
leader dell'altra mozione in una campagna elettorale così fortemente
voluta, di solito si dimette. Da noi a Savona le cose vanno diver-samente. Si
fa quadrato attorno alla segretaria, la mozione uno esce dalla segreteria unitaria.
Che fa allora l'area "di sinistra" del partito? Lascia vacanti i posti,
per stimolare un ripensamento della mozione uno? Oppure, altra possibile soluzione:
utilizza la direzione provinciale, che rimane come orga-nismo a composizione
unitaria, come possibile strumento di effettivo dibattito politico, delegando
di fatto alla segreteria ristretta funzioni puramente amministrative?
Tutto il contrario: si cooptano nella segreteria persone di totale fiducia della
segretaria (leggi: compa-gni che non si permettano mai di dissentire da lei)
e si espande il ruolo di tale organismo, liquidando quasi del tutto la direzione.
Difficile leggere tali atti se non come una volontà precisa di andare
avanti per la propria strada a mò di rullo compressore. Ma per fare il
rullo compressore non bastano intento e ambizione, ci vuole anche energia e
potenza. E soprattutto, visto che parliamo di Rifondazione, ci vuole anche una
capacità di ini-ziativa politica. La scelta della gestione monocolore
è stata uno spartiacque, per quanto mi concerne, ed è stato indubbiamente
uno degli elementi che hanno pesato per determinare il risultato congressuale
odierno.
Cosa ci sarebbe
servito, allora?
Nel Congresso del 1999 era stato formulato un programma d'azione che prevedeva
una funzione diversa della federazione di Savona. Sulla base dell'esperienza
di alcuni circoli gestiti da tempo dalla sinistra del partito, in primo luogo
quello di Quiliano, un gruppo di compagni di cui facevo parte anch'io aveva
proposto di fare di Savona un punto di riferimento che aiutasse la sinistra
ad acquisire maggiore visibi-lità sul piano nazionale.
La critica che la mozione due faceva e fa alla maggioranza bertinottiana tocca
anche le questioni del partito, del suo ruolo e del suo funzionamento.
Dunque, ecco un'occasione d'oro per dimostrare nei fatti la capacità
di gestire la federazione di Savona meglio dei compagni della maggioranza nazionale.
Significava la possibilità, intanto, di operare davvero in maniera democratica
ed aperta, di dire a tutto il partito che le divergenze che si esprimono nelle
mozioni congressuali non devono essere causa di sgomento e di sconcerto, ma
al contrario possono ar-ricchire la vita del partito. Per questo era ovviamente
indispensabile una gestione del partito unitaria, per valorizzare le capacità
e le qualità di tutte le compagne e di tutti i compagni, indipendentemente
dalla loro collocazione congressuale.
E poi voleva dire costruire una direzione collettiva, dove il rispetto delle
posizioni altrui non significa astenersi dal confronto politico anche aspro.
Ma naturalmente l'obiettivo con il quale si discute è quello di conquistare
gli altri alle proprie posizioni, e dunque si ricerca il consenso più
ampio possibile.
In ogni caso una gestione del partito che pone al centro della propria attenzione
le questioni politiche fondamentali, privilegiando gli aspetti internazionali
da un lato, e le questioni del mondo del lavoro dall'altro. Ovvero quei temi
attraverso i quali i rivoluzionari possono porre l'accento sugli elementi ca-ratterizzanti
delle proprie posizioni politiche, e coi quali cercare di tirar fuori il partito
dalle sabbie mobili della ricerca delle alleanze elettorali. Si può dare
impulso all'iniziativa del partito, incoraggiando e stimolando il lavoro dei
circoli. La federazione diventa un punto d'appoggio del lavoro d'insieme, una
sede di dibattito e di idee e un centro di valorizzazione dell'azione collettiva.
I circoli della mozione uno sono aiutati ancor di più di quelli della
mozione due a portare avanti il proprio lavoro, discutendo in con-creto gli
aspetti per i quali ci sono divergenze politiche, e sempre facendo attenzione
a non apparire prevaricanti.
E anche all'interno della stessa area che ha sostenuto la mozione due si favorisce
e si stimola il dibatti-to politico, incoraggiando tutti i compagni ad esprimersi
liberamente, senza forzature e richieste di adesione acritica alla propria visione.
È stato
solo un brutto sogno
Chiunque abbia occhi per vedere può verificare che si è realizzato
esattamente il contrario. In questo l'espressione della mozione due a Savona
è stata una riproduzione in peggio di molti dei difetti che si critichano
nella gestione nazionale del partito, a cominciare dall'effettiva emarginazione
dei compagni della mozione uno in segreteria. E non solo, ma a furia di operare
con obiettivi assai poco politici, nel senso che in un partito comunista si
dà al termine, il risultato è stato l'allontanamento dal partito
di tante compagne e compagni, in buona parte sostenitori della mozione due,
e un tentativo neanche tan-to velato di emarginare e bloccare le iniziative
di quei compagni e di quei circoli della mozione due che non erano disposti
ad accettare gli imperativi provenienti dall'alto.
Abbiamo avuto una gestione personalistica e accentratrice; che non era disponibile
ad un confronto se-rio e franco con tutti i compagni; un gruppo dirigente incapace
di prestare attenzione ai problemi del mondo del lavoro; una federazione che
si è rifiutata di lavorare insieme ai circoli, laddove questi espri-mevano
una propria capacità di valutazione e di iniziativa autonoma. Insomma
non una direzione politica, bensì un embrione di apparato burocratico,
opportunista ed elettoralistico. Tutto l'opposto delle posi-zioni per le quali
si batte la sinistra del partito.
Se un metodo sbagliato fosse stato il veicolo per un programma politico molto
avanzato, la critica do-vrebbe tenerne conto. Ma non è stato così.
Nei confronti del lavoro operaio, a partire dalla Conferenza operaia di Treviso
del PRC per continuare col Congresso della CGIL, l'atteggiamento della federazione
è stato di disinteresse e/o di aperto boicottaggio. E adesso si insinua
una censura nei confronti dei com-pagni impegnati in CGIL, colpevoli forse di
battersi per le posizioni comuniste nella più grande organiz-zazione
di massa dei lavoratori di questo paese, anziché in qualche "sindacato
di base".
A qual fine?
A chi è giovato tutto ciò? Quali vantaggi ne hanno tratto il partito
nel suo insieme, e la mozione due in particolare? Perfino l'autoperpetuazione
della propria posizione di "potere", per così dire, non è
stata favorita da una conduzione così miope, così arida e così
personalistica. Sul piano politico si può echeg-giare il detective Marlowe:
"il crimine non paga",
Dirigere non consiste nell'impartire ordini a destra e a manca, e poi nello
sgridare gli esecutori più o meno maldestri delle proprie cervellotiche
direttive. Al livello più alto dirigere significa prevedere, e com'è
ovvio questa è una capacità rara. Ma a qualunque livello, per
dirigere bisogna essere in primo luogo disposti ad ascoltare gli altri, a ragionare
sulle situazioni di difficoltà e a ricercare insieme le soluzioni possibili.
Dirigere è, in buona sostanza, un lavoro collettivo, una divisione dei
compiti fra un insieme di compagne e di compagni ampio e sempre pronto ad aprirsi
a nuovi contributi. E non un nucleo chiuso e ristretto, che sarebbe composto
da "eletti" che torreggiano su un insieme di iscritti-pedine.
Tutto ciò sarebbe già molto grave se si trattasse di una deviazione
in qualche modo subita e/o tollerata dalla direzione nazionale della mozione
due. Ma le cose non stanno così. È stato lo stesso leader nazio-nale
della mozione, il compagno Marco Ferrando, che ha gestito, consigliato e aiutato
la segretaria a portare avanti questa linea. Ci sono stati molti tentativi di
convincerlo della necessità di una rettifica. In discussioni personali,
in riunioni di area, in proposte politiche concrete. Ogni volta che si è
chiesto di discutere di un bilancio del lavoro svolto, e di affrontare seriamente
i problemi della federazione, ci siamo scontrati con un muro di gomma fatto
di "si potrebbe, ma dopo", "adesso non è il momento",
"se si discute adesso si favorisce la mozione uno", e via dicendo.
In buona sostanza, il bilancio politico che il compagno Ferrando richiede (giustamente,
secondo me) per tutto il Partito, non è ammesso proprio in una federazione
gestita dalla mozione due: un modo bizzarro di concepire la vita democratica
del PRC!
E allora bisogna interrogarsi su una questione di fondo. È forse possibile
che proprio a Savona, in questi ultimi anni, la sinistra abbia perso alcuni
elementi importanti della sua natura e delle sue concezioni di fondo?
Ovvero, si può ipotizzare che si stiano in qualche modo manifestando
a Savona elementi di un processo degenerativo della sinistra del partito?
Se così fosse, si tratterebbe di un fenomeno grave. Certo, per adesso,
la cosa non trova espressione nelle posizioni politiche ufficiali della sinistra.
Il testo della mozione due è condivisibile in buona parte - specie se
lo si integra con i correttivi formulati negli emendamenti presentati dai compagni
della rivista Falcemartello - ma il problema è un altro.
C'è un divario crescente fra quanto scritto e quanto praticato. In termini
generali, è risaputo che quan-do ad una serie di formulazioni teorico-politiche
non corrisponde una pratica corrispondente, siamo in presenza di un serio problema
politico, che dovrà trovare soluzione, o nel recupero anche sul piano
con-creto delle posizioni teoriche, o in una traduzione anche in ambito teorico
degli elementi pratici che la contrastano.
Sarebbe auspicabile che portare all'attenzione di tutta la sinistra del PRC
i guasti verificatisi a Savona, ci consentisse di trovare sul piano nazionale
le forze per avviare un processo di rettifica e di correzio-ne. Ed è
questa una delle motivazioni di fondo di questo testo. Tuttavia, temiamo che
la seconda malau-gurata ipotesi di cui sopra (ovvero la "traduzione anche
in ambito teorico degli elementi pratici") sia la più probabile,
per il peso e per il ruolo che il compagno Ferrando esercita nella mozione due.
Che fare a Savona?
L'altro motivo ispiratore di questo documento è la ricerca di una via
d'uscita dallo stallo politico di Sa-vona. La mozione approvata in alcuni circoli,
e che costituirà materiale di discussione per la sessione di aprile del
Congresso provinciale, si chiude così: "In conclusione, il Congresso
del circolo esprime la necessità di un ricambio nel gruppo dirigente
della Federazione, per costruire una segreteria che sia davvero capace di unire
gli sforzi di tutto il partito, nella chiarezza delle posizioni politiche di
tutti i compagni e le compagne, e quale che sia l'appartenenza ad una delle
due mozioni congres-suali."
Ecco il compito cui tutto il partito è chiamato, in primo luogo a Savona.
Un lavoro paziente di ricucitura nei rapporti politici fra i compagni e le compagne;
l'applicazione pratica di un metodo di lavoro che aiuti a ritrovare un comune
terreno d'azione, nel pieno rispetto delle diverse posizioni. E questa non è
una conclusione scontata. Si potrà realizzare soltanto se ci sarà
la volontà di comprendere e anche di impa-rare gli uni dagli altri, e
dagli errori e dalle manchevolezze di tutti quanti. Per rilanciare un partito
che sia davvero all'altezza dello scontro sociale in atto.