Perché la sinistra ha perso la Federazione di Savona?
Un tentativo di analisi e bilancio critica verso la sinistra interna al PRC. Di Luciano Dondero. Aprile 2002.


Premessa
Vorrei fare un tentativo di analisi e di primo bilancio della situazione savonese, perché credo che in loro assenza è facile cadere in finte spiegazioni che servono solo a giustificare se stessi e non ci fanno fare un singolo passo avanti nella comprensione dei problemi.
Se dirigere è innanzitutto prevedere, come diceva Trotsky, comprendere a posteriori è imprescindibile, come minimo per cercare di non commettere gli stessi errori due volte.

Crisi di direzione
Forse partire dai principi primi non è il peggiore dei modi di cominciare questa discussione. In questo senso, cominciamo con la considerazione che un elemento chiave della situazione politica mondiale è l'assenza di una direzione politica marxista della classe operaia, capace di portare ad un cambiamen-to sociale rivoluzionario, e di iniziare così a porre le basi per la costruzione di un nuovo mondo, giusto ed equo. Qual è il significato profondo di questo concetto basilare nell'analisi trotskista? Non soltanto l'ovvia constatazione della debolezza delle forze rivoluzionarie coscienti, e l'altrettanto ovvia assenza di partiti rivoluzionari di massa. Ma anche un porre l'accento su importanti elementi di arretratezza poli-tica generale nella stessa avanguardia, in parte corrosa da decenni di stalinismo rampante (in tutte le sue varianti), in parte condizionata da un susseguirsi di sconfitte che sono rimaste senza analisi.
Dov'è una spiegazione chiara e approfondita del crollo dell'Unione Sovietica e dello smantellamento delle società di tutta l'Europa orientale? Dov'è un'analisi della Cina odierna?
La sinistra rivoluzionaria non dispone di strumenti teorici adeguati. (Naturalmente, la sinistra che non si vuole rivoluzionaria il problema non se lo pone neppure - si sono limitati a cancellare dal proprio nome la parola "comunista" e credono di aver risolto tutto).
Certo, ogni singola organizzazione ha fatto le sue brave analisi e ci sono ampie dispute su questa o quella particolare interpretazione dei fatti. Ma non ci sono delle nozioni che emergono chiaramente sullo sfondo del dibattito e attorno alle quali si cerca di giungere ad una conclusione politica chiara e, soprattutto, capace di fornire gli strumenti per l'azione ulteriore.

Il piccolo cabotaggio di Rifondazione
Negli undici anni della sua esistenza, il PRC ha indubbiamente conseguito dei risultati importanti. In primo luogo è riuscito ad esistere e ad affermare il proprio diritto a rappresentare una fetta del movi-mento operaio in Italia. Molto importante. Ma praticamente non c'è molto di più. Se poniamo Rifonda-zione in rapporto coi compiti di "rifondare il comunismo", troviamo uno iato impressionante fra gli inten-ti e le realizzazioni effettive. Il PRC nasce come risposta al distacco della maggioranza del PCI da ogni nozione di "comunismo", e quindi anche da un rigetto da parte di quel pezzo del PCI di tutta l'esperienza della rivoluzione russa. La volontà di non accettare quelle posizioni liquidatrici è stata molto importante. Ma non c'è stata la capacità di aprire al nostro interno un dibattito serio su quell'esperienza, e soprat-tutto sulle cause della sua fine miseranda. Di congresso in congresso si presentano testi che esprimono una valutazione particolare dello stalinismo, ma tutto ciò in assenza di una discussione che sia il frutto di una ricerca, di un approfondimento e di un'elaborazione marxisti.
Se dal quadro mondiale passiamo al piano politico nazionale, la situazione non è molto migliore.
Si possono indubbiamente individuare, come fanno solitamente i testi della sinistra del partito, un in-sieme di posizioni di fondo che hanno caratterizzato e caratterizzano gli orientamenti del partito in questi suoi undici anni di vita - esse non sono tuttavia il prodotto di una linea chiara e ben definita. Per contro la maggioranza dirigente evita di affrontare un bilancio serio dell'operato del partito, e dunque non contribuisce a fare chiarezza.
Perché, diciamoci la verità, Rifondazione naviga a vista, non ha tracciato una sua rotta capace di gui-darla nell'alto mare della battaglia politica di medio-lungo respito. Ci si limita al piccolo cabotaggio, sen-za mai allontanarsi dalla linea di costa rappresentata dalle posizioni del centro-sinistra e dai rapporti politici parlamentari, e soprattutto dalle incessanti ricerche di alleanze elettorali. Anche l'enfasi odier-na sul "movimento dei movimenti" non diventa il perno attorno al quale costruire una strategia autonoma - del resto, sarebbe forse difficile farlo, data l'estrema eterogeneità di quel movimento.

Anche la sinistra naviga a vista
Ecco, il guaio è proprio questo: nonostante la sinistra del PRC abbia mantenuto sulla carta un proprio orientamento strategico che è stato e resta alternativo a quello delle successive maggioranze del parti-to, in pratica la mozione due non è stata capace di fare altro se non rincorrere le posizioni ufficiali di Rifondazione. La sinistra si posiziona in base a quanto dice il segretario - e tra l'altro ha una sola posi-zione: è contro, sempre e comunque, a prescindere dai contenuti, dalle forme, dai momenti e dalle cir-costanze.
Ma manca una capacità di tracciare un orientamento autonomo - che non vuol dire separato e disgiunto dalla realtà del PRC nel suo insieme - ma sì che sia capace di uscire dalle secche dei dibattiti sterili e ripetitivi su "alleanza col centro-sinistra: SI!" e "alleanza col centro-sinistra: NO!"
Questo è un problema che abbiamo verificato in tutta la sua gravità anche a Savona.

La vittoria della sinistra a Savona nel 1999 nel quadro della storia del PRC savonese
Può aiutarci a capire qualcosa un rapido riassunto della storia di Rifondazione a Savona. Qui, come del resto avvenne a Genova, i compagni della LCR che si raccoglievano attorno ai compagni Marco Ferrando - Franco Grisolia - Piero Acquilino, e che facevano tutti parte di Democrazia Proletaria (e dell'Associazione Quarta Internazionale al suo interno), presero l'iniziativa di contribuire alla costru-zione del PRC. Come sappiamo i dirigenti AQI, da Livio Maitan a Franco Turigliatto ed altri erano abba-stanza scettici all'idea di sciogliere DP nella nuova formazione politica. Il risultato è stato, ed è tutto-ra, che il gruppo che oggi si raccoglie attorno alla rivista Proposta, ha avuto ed ha un peso maggiore nel PRC rispetto alla LCR-AQI.
A Savona, Ferrando trovò un piccolo nucleo di compagni e compagne usciti dal PCI che si misero al lavo-ro con forza e con vigore. L'elemento di spicco di questo gruppo era Paola Vottero, una di quelle rare avis che sono passate dal PCI alle posizioni rivoluzionarie del trotskismo. Il connubio Ferrando-Vottero mise in piedi e resse la federazione di Savona. Vottero fu la prima coordinatrice provinciale, e Ferrando diventò segretario al primo congresso del PRC. Nel 1993 a Savona la sinistra aveva ancora una risicata maggioranza numerica dei delegati, e si accordò con la maggioranza nazionale per una gestione unitaria, che diede il segretario di Federazione alla mozione uno e il delegato al congresso nazionale alla mozione due.
Questo fu molto importante per la proiezione su scala nazionale della costituente tendenza di sinistra, che proprio in quel congresso del 1993 si conquistò il diritto di entrare nella direzione nazionale a Roma.
Nel 1996 a Savona la mozione uno ebbe una maggioranza chiara (60%-40%). Questa situazione fu alte-rata drammaticamente dalla scissione del 1998. Il principale dirigente della mozione uno, assessore al Comune di Savona ed ex-segretario, Piero Casaccia, passò al Pdci. Con lui altri consiglieri comunali a Sa-vona e in altre località, alcuni quadri attivi, il grosso del circolo giovanile, e così via. Nel 1999 la sinistra, che sostanzialmente aveva mantenuto i voti del 1996 ebbe la maggioranza rispetto ai bertinottiani, for-temente menomati dalla scissione cossuttiana, ribaltando quasi completamente le percentuali.
La vittoria del 1999 era un'occasione d'oro per dimostrare nella pratica che la sinistra era capace di ge-stire una federazione, e portare avanti il lavoro del partito, come e meglio della maggioranza nazionale.
Savona non fu l'unica federazione conquistata dalla sinistra. C'era Vibo Valentia, già conquistata nel 1996, e dove nel 1999 la mozione due sfiorò l'80% dei consensi. Ma Vibo è nel lontano Sud, poco vista e poco considerata.
Mentre Savona è nel Nord, incide su Genova, è una città operaia con una formidabile tradizione storica e con un insediamento industriale che permane nonostante le chiusure di fabbriche e di stabilimenti; ha anche un porto in espansione. E soprattutto questa è la federazione di Marco Ferrando, e quello che la sinistra fa o non fa a Savona ha un notevole impatto sul piano nazionale.

Un programma d'azione politico o un orientamento elettoralistico?
Nel 1999 si scontrarono nell'ambito della mozione due, vittoriosa al Congresso, due orientamenti netta-mente contrapposti. Oggi, dopo tre anni di esperienza di gestione, si può vedere con maggiore chiarezza quello che allora era soltanto nell'idea di pochi: la contrapposizione era politica al 100%, fra una dire-zione politica della federazione mirante ad articolare il programma politico della mozione due in termini di azione esemplare - e un piccolo cabotaggio elettoralistico. Con una variante peggiorativa, ovvero un'insistenza forsennata nel riproporre la segretaria del partito come candidato in tutte le elezioni che si sono presentate. Ossia abbiamo avuto una gestione di tipo elettoralistico personale. Una di quelle co-se che fecero di Amadeo Bordiga, il segretario del Partito comunista d'Italia alla sua fondazione nel 1921, un convinto assertore dell'astensionismo elettorale.
Ora, in un partito che si voglia comunista, non è accettabile che ci siano dei compagni o delle compagne che operano al fine di piazzarsi in una qualunque istituzione, inseguendo da un'elezione all'altra ogni can-didatura possibile. E soprattutto non è pensabile che questo sia il fine di un'area di partito che si vuole rivoluzionaria e alternativa alla maggioranza del PRC.

Accentramento e piccolo autoritarismo
La gestione del partito a Savona è stata caratterizzata da metodi accentratori e autoritari. Da questo ad usare la categoria "stalinismo" per definirla, tuttavia, ce ne corre. Mi pare che siamo in presenza di una cosa diversa: è ciò che avviene quando si promuove un sergente a colonnello e gli si affidano delle operazioni militari decisive. La mancanza di competenze e di capacità specifiche non è in sé una colpa - ma è deleterio per sé e per gli altri non riconoscere i propri limiti e non darsi da fare per superarli.
In ultima istanza, ad ogni modo, il problema è che le valutazioni si compiono sulla base dei risultati, e non sulla base dei desideri espressi e delle intenzioni più o meno pie.
A livello del savonese, per quanto attiene alle iniziative della federazione, Rifondazione è diventata una forza politica più marginale e meno efficace sul piano politico e sindacale.
Questo non significa che sia tale in tutte le circostanze l'idea che ci si fa del PRC guardandolo dall'esterno, poiché ci sono stati circoli attivi ed anche molto attivi, i quali hanno portato avanti nume-rose iniziative efficaci e di successo.
Ma in realtà il problema è che a Savona hanno operato in realtà più "partiti" diversi sotto la stessa eti-chetta del PRC, e questo la dice già lunga sulla gestione provinciale.
Ora, ci sono difficoltà obiettive alle quali in realtà nessuno può sfuggire. Ma dal 1999 ad oggi le condi-zioni nelle quali abbiamo operato non erano proprio fra le peggiori. Abbiamo avuto due guerre, Kossovo e Afghanistan, nelle quali l'Italia è stata impegnata direttamente, e contro le quali il PRC ha rappresenta-to un faro nella notte delle posizioni bi-partisan che hanno unito oscenamente centrodestra e centrosi-nistra nel mandare i caccia-bombardieri su Belgrado e le navi da guerra nel Golfo Persico. E c'è stata una certa opposizione popolare a queste guerre.
Ma il PRC a Savona non è stato capace di canalizzarla.
E poi c'è stato il movimento no-global, prima e dopo di Genova, ma anche lì il fulcro dell'intervento della federazione nel Social forum savonese è stato negli ultimi mesi il tentativo di costruire una base d'appoggio per la candidatura a sindaco di Patrizia Turchi!
Nell'insieme il funzionamento del partito è stato davvero carente. Lo scollamento fra mozione due al potere, e mozione uno sempre più all'opposizione, è stato disastroso. Insomma, non si può governare una federazione con il 55-60% dei voti senza coinvolgere il restante 35-40%. E cosa si è fatto in quella di-rezione?
Il caso delle elezioni regionali del 2000 è una manifestazione chiara di ottusità politica, alimentata da un'assurda fregola elettoralistica.
A Savona il PRC aveva un consigliere regionale, Franco Zunino, che è uno dei principali esponenti della mozione uno. Nel contesto della situazione politica locale, va detto che la mozione due ha conseguito un risultato significativo nel conquistare l'intero partito alla posizione di non restare nella giunta di cen-tro-sinistra al Comune di Savona. In vista delle elezioni regionali del 2000, mentre sul piano nazionale e regionale era chiara l'adesione bertinottiana ad un'alleanza col centro-sinistra, a Savona c'erano forti reticenze, espresse tanto da Zunino quanto da Bruno Marengo, consigliere provinciale del PRC, ed ex-sindaco di Savona per il PCI.
In sede di discussione negli organismi dirigenti della federazione, fu formulata la proposta che Zunino fosse il nostro candidato di punta, sostenuto unitariamente dal partito, e che lui esprimesse un impegno a non sostenere la giunta di centro-sinistra in caso di vittoria. Se da un lato Zunino non si espresse fa-vorevolmente, tantomeno lo fecero Ferrando e Turchi, perché tutto il problema era presentare la se-gretaria come candidato.
Per il meccanismo elettorale delle elezioni regionali, ciascun candidato apporta alla lista dei voti in base al proprio prestigio politico-personale, che si sommano per favorire quello meglio piazzato.
La campagna Turchi fu fatta con l'obiettivo, quantomai illusorio, di superare Zunino e farsi eleggere. A tal fine fu chiesto ai compagni della mozione due più rappresentativi di NON candidarsi per non sot-trarre voti alla Turchi, e si preparò una lista piuttosto debole, salvo per i due capolista. Nel corso della campagna fu data istruzione ai circoli gestiti dalla sinistra di sabotare la candidatura Zunino, al punto che in almeno un caso si impedì l'accesso fisico del compagno alla sede del circolo (!)
Risultato finale: Zunino 1500 voti, Turchi 300. Nell'insieme a Savona non si raggiunge il quorum, e così passa in regione per il PRC un candidato di La Spezia, esponente fra i più beceri della mozione uno.
Se un normale segretario fa una figura così barbina nei confronti del leader dell'altra mozione in una campagna elettorale così fortemente voluta, di solito si dimette. Da noi a Savona le cose vanno diver-samente. Si fa quadrato attorno alla segretaria, la mozione uno esce dalla segreteria unitaria.
Che fa allora l'area "di sinistra" del partito? Lascia vacanti i posti, per stimolare un ripensamento della mozione uno? Oppure, altra possibile soluzione: utilizza la direzione provinciale, che rimane come orga-nismo a composizione unitaria, come possibile strumento di effettivo dibattito politico, delegando di fatto alla segreteria ristretta funzioni puramente amministrative?
Tutto il contrario: si cooptano nella segreteria persone di totale fiducia della segretaria (leggi: compa-gni che non si permettano mai di dissentire da lei) e si espande il ruolo di tale organismo, liquidando quasi del tutto la direzione.
Difficile leggere tali atti se non come una volontà precisa di andare avanti per la propria strada a mò di rullo compressore. Ma per fare il rullo compressore non bastano intento e ambizione, ci vuole anche energia e potenza. E soprattutto, visto che parliamo di Rifondazione, ci vuole anche una capacità di ini-ziativa politica. La scelta della gestione monocolore è stata uno spartiacque, per quanto mi concerne, ed è stato indubbiamente uno degli elementi che hanno pesato per determinare il risultato congressuale odierno.

Cosa ci sarebbe servito, allora?
Nel Congresso del 1999 era stato formulato un programma d'azione che prevedeva una funzione diversa della federazione di Savona. Sulla base dell'esperienza di alcuni circoli gestiti da tempo dalla sinistra del partito, in primo luogo quello di Quiliano, un gruppo di compagni di cui facevo parte anch'io aveva proposto di fare di Savona un punto di riferimento che aiutasse la sinistra ad acquisire maggiore visibi-lità sul piano nazionale.
La critica che la mozione due faceva e fa alla maggioranza bertinottiana tocca anche le questioni del partito, del suo ruolo e del suo funzionamento.
Dunque, ecco un'occasione d'oro per dimostrare nei fatti la capacità di gestire la federazione di Savona meglio dei compagni della maggioranza nazionale. Significava la possibilità, intanto, di operare davvero in maniera democratica ed aperta, di dire a tutto il partito che le divergenze che si esprimono nelle mozioni congressuali non devono essere causa di sgomento e di sconcerto, ma al contrario possono ar-ricchire la vita del partito. Per questo era ovviamente indispensabile una gestione del partito unitaria, per valorizzare le capacità e le qualità di tutte le compagne e di tutti i compagni, indipendentemente dalla loro collocazione congressuale.
E poi voleva dire costruire una direzione collettiva, dove il rispetto delle posizioni altrui non significa astenersi dal confronto politico anche aspro. Ma naturalmente l'obiettivo con il quale si discute è quello di conquistare gli altri alle proprie posizioni, e dunque si ricerca il consenso più ampio possibile.
In ogni caso una gestione del partito che pone al centro della propria attenzione le questioni politiche fondamentali, privilegiando gli aspetti internazionali da un lato, e le questioni del mondo del lavoro dall'altro. Ovvero quei temi attraverso i quali i rivoluzionari possono porre l'accento sugli elementi ca-ratterizzanti delle proprie posizioni politiche, e coi quali cercare di tirar fuori il partito dalle sabbie mobili della ricerca delle alleanze elettorali. Si può dare impulso all'iniziativa del partito, incoraggiando e stimolando il lavoro dei circoli. La federazione diventa un punto d'appoggio del lavoro d'insieme, una sede di dibattito e di idee e un centro di valorizzazione dell'azione collettiva. I circoli della mozione uno sono aiutati ancor di più di quelli della mozione due a portare avanti il proprio lavoro, discutendo in con-creto gli aspetti per i quali ci sono divergenze politiche, e sempre facendo attenzione a non apparire prevaricanti.
E anche all'interno della stessa area che ha sostenuto la mozione due si favorisce e si stimola il dibatti-to politico, incoraggiando tutti i compagni ad esprimersi liberamente, senza forzature e richieste di adesione acritica alla propria visione.

È stato solo un brutto sogno
Chiunque abbia occhi per vedere può verificare che si è realizzato esattamente il contrario. In questo l'espressione della mozione due a Savona è stata una riproduzione in peggio di molti dei difetti che si critichano nella gestione nazionale del partito, a cominciare dall'effettiva emarginazione dei compagni della mozione uno in segreteria. E non solo, ma a furia di operare con obiettivi assai poco politici, nel senso che in un partito comunista si dà al termine, il risultato è stato l'allontanamento dal partito di tante compagne e compagni, in buona parte sostenitori della mozione due, e un tentativo neanche tan-to velato di emarginare e bloccare le iniziative di quei compagni e di quei circoli della mozione due che non erano disposti ad accettare gli imperativi provenienti dall'alto.
Abbiamo avuto una gestione personalistica e accentratrice; che non era disponibile ad un confronto se-rio e franco con tutti i compagni; un gruppo dirigente incapace di prestare attenzione ai problemi del mondo del lavoro; una federazione che si è rifiutata di lavorare insieme ai circoli, laddove questi espri-mevano una propria capacità di valutazione e di iniziativa autonoma. Insomma non una direzione politica, bensì un embrione di apparato burocratico, opportunista ed elettoralistico. Tutto l'opposto delle posi-zioni per le quali si batte la sinistra del partito.
Se un metodo sbagliato fosse stato il veicolo per un programma politico molto avanzato, la critica do-vrebbe tenerne conto. Ma non è stato così. Nei confronti del lavoro operaio, a partire dalla Conferenza operaia di Treviso del PRC per continuare col Congresso della CGIL, l'atteggiamento della federazione è stato di disinteresse e/o di aperto boicottaggio. E adesso si insinua una censura nei confronti dei com-pagni impegnati in CGIL, colpevoli forse di battersi per le posizioni comuniste nella più grande organiz-zazione di massa dei lavoratori di questo paese, anziché in qualche "sindacato di base".

A qual fine?
A chi è giovato tutto ciò? Quali vantaggi ne hanno tratto il partito nel suo insieme, e la mozione due in particolare? Perfino l'autoperpetuazione della propria posizione di "potere", per così dire, non è stata favorita da una conduzione così miope, così arida e così personalistica. Sul piano politico si può echeg-giare il detective Marlowe: "il crimine non paga",
Dirigere non consiste nell'impartire ordini a destra e a manca, e poi nello sgridare gli esecutori più o meno maldestri delle proprie cervellotiche direttive. Al livello più alto dirigere significa prevedere, e com'è ovvio questa è una capacità rara. Ma a qualunque livello, per dirigere bisogna essere in primo luogo disposti ad ascoltare gli altri, a ragionare sulle situazioni di difficoltà e a ricercare insieme le soluzioni possibili. Dirigere è, in buona sostanza, un lavoro collettivo, una divisione dei compiti fra un insieme di compagne e di compagni ampio e sempre pronto ad aprirsi a nuovi contributi. E non un nucleo chiuso e ristretto, che sarebbe composto da "eletti" che torreggiano su un insieme di iscritti-pedine.
Tutto ciò sarebbe già molto grave se si trattasse di una deviazione in qualche modo subita e/o tollerata dalla direzione nazionale della mozione due. Ma le cose non stanno così. È stato lo stesso leader nazio-nale della mozione, il compagno Marco Ferrando, che ha gestito, consigliato e aiutato la segretaria a portare avanti questa linea. Ci sono stati molti tentativi di convincerlo della necessità di una rettifica. In discussioni personali, in riunioni di area, in proposte politiche concrete. Ogni volta che si è chiesto di discutere di un bilancio del lavoro svolto, e di affrontare seriamente i problemi della federazione, ci siamo scontrati con un muro di gomma fatto di "si potrebbe, ma dopo", "adesso non è il momento", "se si discute adesso si favorisce la mozione uno", e via dicendo.
In buona sostanza, il bilancio politico che il compagno Ferrando richiede (giustamente, secondo me) per tutto il Partito, non è ammesso proprio in una federazione gestita dalla mozione due: un modo bizzarro di concepire la vita democratica del PRC!
E allora bisogna interrogarsi su una questione di fondo. È forse possibile che proprio a Savona, in questi ultimi anni, la sinistra abbia perso alcuni elementi importanti della sua natura e delle sue concezioni di fondo?
Ovvero, si può ipotizzare che si stiano in qualche modo manifestando a Savona elementi di un processo degenerativo della sinistra del partito?
Se così fosse, si tratterebbe di un fenomeno grave. Certo, per adesso, la cosa non trova espressione nelle posizioni politiche ufficiali della sinistra. Il testo della mozione due è condivisibile in buona parte - specie se lo si integra con i correttivi formulati negli emendamenti presentati dai compagni della rivista Falcemartello - ma il problema è un altro.
C'è un divario crescente fra quanto scritto e quanto praticato. In termini generali, è risaputo che quan-do ad una serie di formulazioni teorico-politiche non corrisponde una pratica corrispondente, siamo in presenza di un serio problema politico, che dovrà trovare soluzione, o nel recupero anche sul piano con-creto delle posizioni teoriche, o in una traduzione anche in ambito teorico degli elementi pratici che la contrastano.
Sarebbe auspicabile che portare all'attenzione di tutta la sinistra del PRC i guasti verificatisi a Savona, ci consentisse di trovare sul piano nazionale le forze per avviare un processo di rettifica e di correzio-ne. Ed è questa una delle motivazioni di fondo di questo testo. Tuttavia, temiamo che la seconda malau-gurata ipotesi di cui sopra (ovvero la "traduzione anche in ambito teorico degli elementi pratici") sia la più probabile, per il peso e per il ruolo che il compagno Ferrando esercita nella mozione due.

Che fare a Savona?
L'altro motivo ispiratore di questo documento è la ricerca di una via d'uscita dallo stallo politico di Sa-vona. La mozione approvata in alcuni circoli, e che costituirà materiale di discussione per la sessione di aprile del Congresso provinciale, si chiude così: "In conclusione, il Congresso del circolo esprime la necessità di un ricambio nel gruppo dirigente della Federazione, per costruire una segreteria che sia davvero capace di unire gli sforzi di tutto il partito, nella chiarezza delle posizioni politiche di tutti i compagni e le compagne, e quale che sia l'appartenenza ad una delle due mozioni congres-suali."
Ecco il compito cui tutto il partito è chiamato, in primo luogo a Savona. Un lavoro paziente di ricucitura nei rapporti politici fra i compagni e le compagne; l'applicazione pratica di un metodo di lavoro che aiuti a ritrovare un comune terreno d'azione, nel pieno rispetto delle diverse posizioni. E questa non è una conclusione scontata. Si potrà realizzare soltanto se ci sarà la volontà di comprendere e anche di impa-rare gli uni dagli altri, e dagli errori e dalle manchevolezze di tutti quanti. Per rilanciare un partito che sia davvero all'altezza dello scontro sociale in atto.