Allende & Bertinotti: “companeros presidentes”
La rivalutazione della figura del presidente cileno morto durante il colpo di stato del 73, rientra nella strategia del gruppo dirigente bertinottiano del PRC di traghettare il partito verso la sinistra europea, la formazione socialdemocratica in cui confluirà rifondazione. Di Maurizio Attanasi. Reds - Marzo 2007


Ripensare ad Allende, costituisce senza ombra di dubbio un altro tassello nell’operazione di Bertinotti e del suo gruppo dirigente di portare Rifondazione comunista verso la socialdemocratica sezione italiana della sinistra europea.

La rivalutazione del “compagno presidente” come eroe di una via diversa da quella della violenza predicata da un altro modello (Che Guevara) si collega direttamente con le affermazioni di qualche anno fa, su potere e non violenza, che segnarono uno dei punti più alti del socialdemocratico Bertinotti: un tributo, secondo alcuni, alla borghesia volto a dimostrare la sua buona volontà “di ragazzo pronto a portare sé e il proprio partito nel governo”.
Tutta la potenza mediatica del Partito viene oggi investita in questa operazione; il Presidente della Camera in viaggio in Sudamerica viene prima intervistato dal Corriere della Sera ( 31 gennaio 2007) e poi da Liberazione, che nel numero di venerdi 2 febbraio 2007 dedica non solo un articolo sulla prima pagina, ma anche l' intera pagina dieci.

Il ragionamento sviluppato da Bertinotti, che continua ad essere il deus ex machina del partito, è semplice: Allende fù un grande uomo politico che già nel 73 sceglieva l’opzione della non violenza in un continente, quello sudamericano, in cui la lotta armata era scelta anche da membri dissidenti della chiesa; l’esempio del presidente cileno fu sottovalutato in Italia e non fu capita a pieno la sua forza e la sua grandezza.

Nell'analisi di Bertinotti, che enfatizza il mito del presidente cileno, emergono elementi che stravolgono la realtà storica, nel tentativo tutto proteso a dimostrare la grande attualità della strategia dei Allende. Proprio in rapporto al mito Allende ha scritto Aguzzi che “ gli elementi negativi vengono rimossi o attribuiti alle colpe degli avversari, mentre i sogni legati alla figura di Allende soppravivono” .(1)

Esprimere un giudizio in poche righe sull’esperienza di Unidad Popular (UP), l’alleanza che governò il Cile per tre anni con Allende presidente, è praticamente impossibile (e merita nei prossimi mesi un articolo a sé stante); tuttavia è comunque possibile dire qualcosa su alcuni aspetti dell’esperienza allendista e capire se questi, gia negli anni 70, influenzarono la politica italiana, o se, come dice Bertinotti, Allende fu veramente sottovalutato.

Anche alcuni storici critici hanno dato un giudizio positivo del primo anno di presidenza di Allende, per le importanti riforme attuate nella sanità e nell'educazione (più accesso alle scuole, il famoso litro di latte al giorno), gli aumenti dei salari, oltre al ripristino e la tutela dei diritti dei lavoratori.
Un discorso diverso va fatto a proposito degli interventi sul versante economico.
In Cile la nazionalizzazione delle miniere venne votata da tutto il parlamento (quindi dalla DC e da alcuni conservatori): si è trattato di un provvedimento di entità ridotta rispetto ai progetti iniziati dal precedente capo di stato, il dc Frei, e vennero riconosciuti comunque degli indennizzi ai proprietari. La riforma agraria fece piccolissimi passi in avanti e la linea addotata nei confronti del Fondo Monetario Internazionale non fù di denuncia delle ingiustizie di cui questo Istituto si rendeva complice nei confronti dei paesi dipendenti dall'imperialismo; il governo di UP si limitò a chiedere una moratoria del debito.

Il conflitto latente all’interno di Up, tra chi voleva accelerare e imboccare la rivoluzione e chi proseguire quella che, nei fatti, era una collaborazione con la Dc, per evitare che questa scivolasse a destra, esplode nel 1972 e si affermò i la linea del coinvolgimento della DC nell’azione di governo. In questo senso deve essere interpretata la sostituzione del ministro per l’economia Vuskovic, critico nei confronti del presidente, con un allendista.

Nel 72 iniziano gli scioperi, soprattutto dei camionisti, (appoggiati e finanziati anche dagli Usa) e le serrate padronali.
Il popolo risponde con la costituzione di organismi di base (cordones industriales, comandos municipales, JAP-giunte di approviggionamento-) che organizzano i servizi e si sostituiscono agli scioperanti, e su quest’onda emotiva vengono occupate ulteriori fabbriche.
Il rapporto che Allende ha tentato di costruire tra UP e gli organismi di base, la dice tutta su come il Governo intendeva il ruolo della Stato e il tipo di modello sociale da realizzare.

In sostanza Allende ha affermato che non aveva senso l'esistenza di centri alternativi esterni allo Stato, dal momento che lo Stato era governato da una maggioranza scelta dal popolo.

E da ciò fece seguire i fatti.
Quando ad esempio, i cordones industriales utilizzarono la forza, sia per rispondere agli attacchi delle forze paramilitari della destra, sia per intervenire e risolvere il paro (il blocco dei camionisti) a favore del popolo (ad esempio aprendo supermercati chiusi), Allende mandò l’esercito e proclamò lo stato di assedio.

Dall’inizio del proprio mandato Allende espresse la più completa fiducia nei confronti delle forze armate. E in effetti troverà validi alleati tra i generali nel corso del suo governo, anche perché Allende non prese nessuna decisione tesa a trasformare la natura e l’organizzazione dell’esercito.
La rivoluzione allendista verrà cosi ben accettata in un primo momento dall’esercito che rifiutò di intervenire militarmente nel 1970 su richiesta di politici della destra.
E quanto più il popolo che aveva sostenuto UP, spingeva sul piede della rivoluzione e la destra imboccava sempre di più la strada della guerra civile e del golpe, l’esercito diventtava sempre di più un alleato fedele e valido.
Allende lo ha fatto intervenire contro il popolo negli avvenimenti del 72 e, per poi farlo entrare a pieno titolo nel governo con diversi dicasteri tra cui uno offerto al lealista Prats, che sarà poi sostituito come capo di stato maggiore con Pinochet, per evitare malumori e dissidi tra le forze armate.

Il fallito tentativo di colpo di stato del giugno del 73 fornirà ad Allende un ulteriore occasione per esaltare il ruolo delle forze armate come garanti e custodi della democrazia cilena.
Allende morì quell’11 settembre del ’73, stretto dalle sue contradizioni come mirabilmente descritte da Gabriel Garcia Marquez (2)

Il progetto di UP fallì sotto la violenza dei militari, appoggiati dalla destra cilena (che credeva in una transizione temporanea gestita dai militari) e dagli Usa e dalle loro multinazionali (ITT in testa).
La via di Allende alla trasformazione della società si rivelò impraticabile, e nel momento dello scontro armato non ci furono forze organiche ad UP a difendere il progetto allendista.
Nel Cile del 1973, il proletariato e le sue organizzazioni politiche subirono una sconfitta, certo non unica nella storia mondiale, ma fu una sconfitta ed è inutile e dannoso cercare di vederla in maniera diversa alla luce dei ricordi e del tempo trascorso.

I fatti del Cile furono ampiamente discussi in Italia. Il PCI di Berlinguer guardava con molta attenzione la politica di Allende e vedeva nell'esperienza cilena una possibile strada da seguire, diversa da quelle fino ad allora battute (la socialdemocrazia e l’esperienza sovietica) (3) nel processo di transizione dalla società capitalista a quella socialista.
Tra botteghe oscure e la Moneda ci fu un interessante scambio epistolare.
La sconfitta di Unidad Popular in Italia portò il segretario del PCI a scrivere il celebre saggio, apparso in tre puntate su Rinascita , "Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile", in cui veniva organicamente proposto il compromesso storico; ossia un progetto alla cui base vi era l’allargamento della base sociale in Italia che avrebbe dovuto sostenere un nuovo governo del paese. Un governo sostenuto (oltre che dai comunisti, socialisti, socialdemocratici e repubblicani) anche dalla Democrazia Cristiana. “il disegno, come dice Salvatori, era quello di operare per il rinnovamento della stessa Dc, per separare l’anima conservatrice che legava questo partito ai gruppi dominanti della borghesia da quella popolare progressista”. (4)
Come corollario del compromesso storico, Berlinguer, per rendersi partner credibile agli occhi della democrazia cristiana fece atto di fede nell’atlantismo (in un intervista al corriere della sera nel 76 disse di sentirsi più tranquillo protetto dall’ombrello della Nato). (5)

La strategia del PCI trovò una sponda nella Dc in Aldo Moro, mentre fortemente critici erano i socialisti e i socialdemocratici che si vedevano schiacciati e messi fuori gioco da una simile alleanza.
Ma anche l’azione di Berlinguer come quella di Allende non fu coerente: da una parte dichiarava di voler nuove aperture e dall'altra riaffermava la validità del socialismo; mentre riaffermava la validità della tradizione (da cui diceva di volersi allentare) contestualmente proclamava l'opzione pro nato; esaltava la lotta di liberazione del proletariato internazionale guidata da Lenin senza tralasciare di celebrare senza remore i successi dell’Urss (6) e nello stesso tempo, accettando la logica del pluralismo tipico della democrazia borghese, rinunciava nei fatti al metodo leninista della presa violenta del potere.

Il compromesso storico in Italia partorì il governo della “non sfiducia” presieduto da Andreotti (luglio 1976-gennaio 1978) e quello cosiddetto della “solidarietà nazionale” (sempre presieduto da Andreotti (marzo 1978-gennaio 1979) (7). Sicuramente Berlinguer tenne ben presente l’esperienza e il percorso tracciato da Allende, spingendo ancora di più verso un accordo con la DC al cui interno si riconoscevano ampi settori popolari, ma trovavano cittadinanza anche forti interessi della borghesia e della classe dominante.

Allende e la sua via al socialismo cileno furono schiacciate dalle forze armate, che però hanno potuto agire grazie anche alla politica del governo e delle forze politiche di Up, tesa a voler mantenere lontana la partecipazione popolare e non rispondendo alle sue esigenze e le sue richieste.
Anche la strategia di Berlinguer del Compromesso Storico fu sconfitta per la sua incapacità di dare risposte alle domande che provenivano dal proletariato italiano.

Sarebbe legittimo sperare che la classe dirigente della sinistra radicale di oggi, tenesse ben presente le esperienze del passato e non le “stravolgesse” per le proprie ragioni di opportunità politica.

Note:
1 - Luciano Aguzzi, Salvador Allende l’Uomo, il leader, il mito, Ediesse
2 - La contraddizione più drammatica della sua vita fu quella di essere, contemporaneamente nemico della violenza ed appassionato rivoluzionario, e credeva di averla risolta con l’ipotesi che le condizioni del Cile consentivano una evoluzione pacifica verso il socialismo, all’interno della legalità borghese.
La sua maggiore virtù fu quella di essere conseguente, però il destino gli riservò la rara e tragica grandezza di morire difendendo con le armi l’anacronistico diritto borghese; difendendo una corte suprema che lo aveva ripudiato e che poi legittimo i suoi assassini; difese un miserevole che aveva contestato la sua legittimità e che poi fini per arrendersi ai suoi usurpatori, difendendo i partiti dell’opposizione che avevano già venduto al loro anima al fascismo; difendendo tutti gli ammennicoli di un sistema tarlato che si era impegnato ad annichilire senza sparare una sola pallottola.
3 - Franco Cangini, Storia della prima repubblica,
4 - Massimo L. Salvatori, Storia del pensiero comunista, mondatori editore pg 694-695
5 - vedi Leonardo Caponi, Rifondazione comunista- la scommessa perduta, editori riuniti.
6 - vedi Miriam Mafai, Dimenticare Berlinguer, donzelli ed roma 96
7 - vedi Massimo L. Salvatori, Storia dell’età moderna e contemporanea, vol III pg 1351-1352.