Sinistra
Critica se ne va
L'intervento
collettivo letto da Nando Simeone al CPN di Rifondazione che ha ufficialmente
rinviato di un anno il congresso e lanciato il percorso politico e elettorale
della sinistra arcobaleno. Tesseramento in primavera e liste uniche ovunque
alle amministrative di maggio. Reds - Dicembre 2007
Alle compagne e ai compagni di Rifondazione
Carissime/i,
E’con rammarico che vi scriviamo questa lettera e compiamo questo passo.
Il rammarico di chi ha costruito fin dagli inizi questo partito investendo
le proprie energie e la propria passione militante in un progetto allora affascinante
e ambizioso: la rifondazione comunista. Questo progetto non esiste più,
il patto originario che ci aveva tenuto insieme è stato spezzato e
il Prc non solo ha alle spalle un’esperienza di governo fallimentare,
che ne ha snaturato il senso e il ruolo, ma si appresta a una capriola politica
in direzione di una nuova soggettività, l’Arcobaleno che chiude
un ciclo politico e manda a casa migliaia di militanti.
Come se non bastasse, tutto questo viene realizzato con il sequestro del congresso
agli iscritti e alle iscritte in modo tale che quando verrà restituita
loro la parola le scelte principali saranno state già fatte.Noi non
ci stiamo e pensiamo che sia venuto il momento di fare altro e di disporsi
a una nuova progettualità.
Gli avvenimenti dell'ultimo anno del resto hanno confermato i peggiori timori
che molti di noi avevano colto nelle decisioni del Congresso di Venezia.
Si doveva “cambiare l’Italia” e questo obiettivo non è
più nemmeno lontanamente ipotizzato; si doveva costruire un’alleanza
con la “borghesia buona” dei Marchionne, Draghi e Padoa-Schioppa
e da questi è venuta una linea di liberismo tenace a cui il Prc si
è semplicemente subordinato; la "permeabilità" del
governo alle istanze sociali per mezzo delle nostre pressioni si è
rivelata infine impossibile.
La "relazione con i movimenti" si è rovesciata nel loro abbandono
(si pensi al voto su guerra e Dal Molin dopo soli quattro giorni dalla grande
manifestazione del 17 febbraio); non si è minimamente riusciti a incrinare
la subordinazione di questo governo al Vaticano su temi come i diritti civili,
la scuola e così via.
Se la scelta del governo è stata proposta all’insegna del “vuoi
vedere che cambia davvero” - con un errore di analisi che si è
rivelato tragico - dopo qualche mese la stessa ipotesi di una "riduzione
del danno" si è tradotta nel suo contrario, nell'accettazione
di provvedimenti persino peggiorativi rispetto a quelli adottati dal precedente
governo.
Il caso del Pacchetto Welfare e del Decreto Sicurezza ne costituiscono la
dimostrazione.
Sul Welfare, Rifondazione si è spinta fino a promuovere una grande
manifestazione il 20 ottobre che è stata vanificata dall’accettazione
piena del provvedimento siglato da governo, Confindustria e sindacati. Una
sconfitta che non sarà recuperabile a breve.
Sulla sicurezza, invece, si è abdicato persino al ruolo di “presidio
democratico” accettando un provvedimento dalla logica aberrante e, soprattutto,
restando in silenzio nei giorni in cui il paese era lasciato in pasto a una
isteria xenofoba alimentata dallo stesso Partito Democratico.
La "maggiore visibilità" del partito si è tradotta
nell'apparire ai nostri elettori come i maggiori responsabili (e i più
elettoralmente puniti) del carattere antipopolare del governo Prodi e della
sua ipocrisia di fronte al programma. Responsabilità che viene di fatto
confermata dall’impegno ribadito a sostenere questa maggioranza fino
"all'approvazione delle riforme", termine dal quale ormai si può
solo temere.
Anche questo passaggio rappresenta una torsione incredibile rispetto alla
nostra storia e al nostro ruolo.
Ci siamo vincolati a un programma di governo fortemente sbilanciato sul versante
del liberismo – si pensi al nodo dei parametri di Maastricht –
nell’ossessione del pericolo delle destre e ora lo stesso Berlusconi
viene indicato come l’architrave di una riforma necessaria, proponendo
un inedito asse con lui e Veltroni che ha Prodi come vittima sacrificale.
E tutto per ottenere una riforma elettorale in grado di realizzare la “cosa
Arcobaleno” e di reimpostare il patto con il Pd. Un esempio inedito
di cinismo politico e di spregiudicatezza tattica.
Di fronte al bilancio fallimentare dell’azione di governo il presidente
della Camera ha preferito distogliere l’attenzione chiamando in causa
il “fallimento di Prodi”.
In realtà siamo di fronte al fallimento di Rifondazione che coincide
con il suo snaturamento.
Quel partito anticapitalista, di lotta, fuori dai poli, distante dal centrodestra
e dal centrosinistra, oggi non esiste più. La logica governativa, ancora
una volta, ha travolto convinzioni forti e rigidi paletti; la logica della
mediazione ha preso la mano alla nitidezza del conflitto. In questo contesto
l’esigenza di unire la sinistra ha reso impalpabile la chiarezza programmatica
e la forza dei contenuti.Non è un caso, dunque, che per non parlare
del fallimento in atto si sposti l’attenzione su un nuovo progetto,
“la Sinistra, l’Arcobaleno”.
Quella in corso è sostanzialmente l'ipotesi di gettare il partito in
un calderone di "sinistra istituzionale" con forze che non intendono
mettere in discussione nè l'alleanza con il Pd nè l'appoggio
al governo Prodi, o che non hanno al centro delle loro preoccupazioni le condizioni
di vita dei lavoratori.
Ma soprattutto è un’ipotesi che chiude definitivamente con il
progetto della “rifondazione” cioè con il tentativo di
rinnovare e ridare senso all’opzione comunista. Non sappiamo se nella
consapevolezza dei compagni e delle compagne c’è questa constatazione:
la rifondazione è stata sempre annunciata come prossima a venire, anche
se un dibattito serio non è mai stato realizzato; è sempre stata
l’aspirazione futura che ha però dato linfa e speranza al nostro
progetto collettivo.
Oggi per la prima volta non esiste nelle prospettive di domani, essendo ormai
la “rifondazione della sinistra”, genericamente intesa, la preoccupazione
dominante.
Non amiamo la discussione sui simboli nè li consideriamo dei feticci.
Ma non è un caso che ancora una volta sia proprio il simbolo della
falce e martello la vittima sacrificale di questo rimescolamento delle carte
a sinistra. Ancora una volta si verifica uno slittamento moderato e ancora
una volta a essere rimossi sono gli unici simboli viventi della storia del
movimento operaio.
La nuova cosa Arcobaleno, dunque, si appresta a nascere dentro un orizzonte
timidamente riformista, di stampo governativo e con un azzeramento di quel
patrimonio non negoziabile rappresentato dal conflitto sociale e dalla costruzione
dei movimenti che ha caratterizzato il Prc.
Si appresta a nascere, cioè, affossando la rifondazione comunista.
E fatto ancora più grave, questa scelta non viene sottoposta ad una
verifica seria da parte dei e delle militanti, dentro il dibattito congressuale.
Si sceglie invece la strada di una “consultazione" (parola equivoca
viste le precedenti esperienze) che avverrà solo sul tema delle "condizioni
per la continuazione della partecipazione al Governo" e che espropria
le compagne e i compagni che rappresentano l’ossatura del partito della
possibilità vera di decidere: questa è la conseguenza del “colpo
di mano” rappresentato dal rinvio del Congresso alla fine del prossimo
anno, quando ormai scelte e decisioni saranno irrevocabili - e comporteranno
la scomparsa del progetto di una rifondazione comunista e rivoluzionaria (qualunque
significato si voglia dare a questo concetto).
La situazione che si è venuta a determinare, quindi, ci fa dire che
la nostra esperienza nel Prc è conclusa e che intendiamo avviare la
costruzione di un nuovo progetto politico.
Una separazione che nasce dalla presa d’atto che due progetti diversi
prendono strade diverse: da un lato Rifondazione chiude di fatto la propria
storia, sottraendo il congresso ai suoi militanti, per dare vita a un nuovo
soggetto politico, con un nuova identità, timidamente riformista e
a vocazione governativa; dall’altro, Sinistra Critica, con forze certamente
più modeste ma senza per questo rinunciare “all’utopia
concreta” e allo slancio politico delle sue compagne e dei suoi compagni,
propone di continuare a costruire una sinistra di classe, anticapitalista,
di opposizione, centrata sui movimenti e in grado di riappropriarsi dello
spazio teorico e pratico di una moderna sinistra rivoluzionaria.
Una sinistra all’opposizione, oggi, del governo Prodi.Una sinistra a
sinistra dell’Arcobaleno.
Una separazione, dunque, che nasce nel vivo di un passaggio di fase molto
importante e in un processo di rimescolamento generale della e nella sinistra.
E’ questo, dunque, a conferire valore politico e attualità alla
scelta che noi oggi compiamo.
Ma nel momento in cui la compiamo, naturalmente non possiamo e non vogliamo
dimentica la rottura che si è operata con l’espulsione del nostro
compagno Franco Turigliatto, colpevole di essersi rifiutato di votare ciò
che per anni il partito aveva contrastato. Quella scelta l’abbiamo fatta
nostra a sua tempo e oggi la rivendichiamo e se c’è una distanza
tra quell’episodio e l’atto politico di oggi, questa testimonia
della volontà di dare ancora una possibilità al dibattito interno.
Possibilità che non è maturata e che le decisioni delle ultime
settimane hanno ormai reso illusoria.
A quei compagni e quelle compagne che vi hanno creduto e che pensano sia possibile
cambiare il corso delle cose diciamo oggi di riflettere seriamente. Non vi
diciamo, semplicemente, venite con noi e seguiteci in questa scelta ma riflettete
seriamente.
Davvero, si rischia di disperdere un patrimonio militante molto importante
e si rischia di dover ricominciare con forze molto esigue. Anche per questo
abbiamo parlato di “Costituente Anticapitalista”: rivolta a forze
politiche e sociali di movimento ma rivolta anche a tutti coloro che hanno
militato o militano ancora in Rifondazione, o in altri partiti della sinistra,
e che vogliono darsi una nuova occasione.
Vi comunichiamo dunque la fine della nostra presenza nel Prc.
Lo facciamo serenamente e senza settarismi, nella nettezza della polemica
politica, che non concede sconti, ma anche nella consapevolezza che non mancheranno
momenti di collaborazione e di confronto.
Ma è tempo di ricordare che in Italia sono sempre esistite due sinistre;
una moderata e riformista e l’altra anticapitalista e rivoluzionaria.
Nel momento in cui il Partito democratico sceglie il centro, le due sinistre
sono destinate a venire alla luce.
Fraternamente
Matteo Bartolini, Sergio Bellavita, Salvatore Cannavò, Luigino Ciotti,
Lidia Cirillo, Danilo Corradi, Christian Dal Grande, Flavia D’Angeli,
Gianluigi Deiana, Nadia De Mond, Roberto Firenze, Aurelio Macciò, Elena
Majorana, Gigi Malabarba, Felice Mometti, Cinzia Nachira, Chiara Siani, Nando
Simeone, Franco Turigliatto
Roma 16 dicembre 2007