Federazione della sinistra
Riportiamo il Manifesto Politico
della neonata Federazione della Sinistra. I partiti promotori di questa iniziativa
si propongono di operare ed essere punto di riferimento, in Italia e in Europa,
per la costruzione dell'alternativa, sul piano sociale politico e culturale.
Reds - Gennaio 2010
E’ un processo aperto, avviato da Prc, Pdci, Socialismo 2000, Lavoro
- Solidarietà, rivolto a tutti i soggetti politici, le associazioni,
i movimenti e le singole persone che vogliono impegnarsi per il superamento
del capitalismo e del patriarcato.
E’ necessario infatti invertire la distruttiva tendenza alla divisione
e alla frammentazione che ha sinora caratterizzato la sinistra di alternativa.
Vogliamo costruire l’unità sulla base della chiarezza programmatica
e della piena indipendenza politica e culturale dal centro sinistra. Ci poniamo
quindi l’obiettivo di costruire la Federazione in relazione ai movimenti
e alle lotte sociali, al fine di sconfiggere il berlusconismo – moderna
espressione del sovversivismo delle classi dirigenti e della cultura reazionaria
- e di costruire l’alternativa sul piano sociale, politico e culturale.
A tal fine la Federazione riconosce e valorizza le diverse identità
politiche e culturali che sono maturate nell’ambito del movimento operaio,
del movimento socialista e comunista, del movimento pacifista e ambientalista,
del movimento femminista, GLBTQ e dei diritti civili ed in generale nelle
lotte per la libertà e giustizia che si sono espresse nel movimento
altermondialista.
La Federazione è antifascista e assume il diritto al lavoro come fondamento
della democrazia e della dignità della persona. Considera essenziale
il diritto all’istruzione e al sapere. La vita della Federazione della
sinistra si fonda sulla rappresentanza paritaria di uomini e donne, sul rispetto
del pluralismo, sulla partecipazione di esperienze individuali e collettive
e sul valore della prassi, intesa come centralità dell'azione sociale,
che va quotidianamente verificata nei luoghi del conflitto sociale, territoriale,
ambientale e culturale, dello sfruttamento e delle discriminazioni. In questi
luoghi, nasce e cresce la Federazione, si formano i nuovi dirigenti della
sinistra, si realizza la partecipazione democratica e si costruisce un nesso
fra prassi, decisione politica e democrazia.
La crisi del capitale
E’ in atto una profonda crisi del sistema capitalistico, frutto delle
contraddizioni accentuate dalla mondializzazione. La situazione attuale, nel
sommare crisi economica, finanziaria, alimentare, ambientale ed energetica,
si presenta sempre più come crisi sistemica che porta con sé
la possibilità oltre che la necessità di costruire una alternativa
complessiva.
Nel generale quadro di peggioramento della condizione dei lavoratori, in particolare
nel nostro paese, la precarietà lavorativa è diventata l’invivibile
condizione per intere generazioni di giovani a cui il presente e il futuro
vengono negati. La precarietà, che recide legami sociali, genera insicurezza,
solitudini ed individualismo, non è un fenomeno naturale ed inevitabile
ma il tratto distintivo del carattere barbarico e regressivo dell’odierno
capitalismo.
La guerra ha assunto un carattere permanente e costituente un nuovo ordine
mondiale fondato sul dominio neocolonialista e neoimperialista dei paesi ricchi.
La crisi approfondisce le contraddizioni e l’accaparramento delle materie
prime e il controllo delle aree strategiche è diventato il motore della
tendenza alla guerra di questo capitalismo. Le guerre “umanitarie”
e di occupazione, condotte dalla Nato o da alleanze a geometria variabile,
hanno prodotto e producono crescente instabilità e rischiano di alimentare
un latente conflitto di civiltà. L’Onu è stata di fatto
espropriata della funzione di mantenere la pace mondiale e di risolvere i
conflitti attraverso il dialogo negoziale e la diplomazia.
La globalizzazione si è nutrita di una enorme finanziarizzazione dell’economia
che ha avuto per anni la funzione di ritardare la crisi strutturale con l’effetto
di aumentarne oggi gli effetti devastanti. Questa finanziarizzazione ha prodotto
una oligarchia priva di ogni controllo democratico e operato una gigantesca
redistribuzione del potere e del reddito dal basso verso l’alto. Proprio
la crisi finanziaria è il segno più evidente della crisi strutturale
del modello di produzione capitalistico.
La mondializzazione ha aggravato ed allargato le diseguaglianze; nel mondo
come in Italia, il divario fra Nord e Sud, fra zone ricche e zone povere.
In questo contesto assistiamo ad una vera e propria crisi alimentare che colpisce
centinaia di milioni di persone a fronte di una politica di rapina delle risorse
del pianeta che vengono consumate sino a metterne in forse gli equilibri.
La mercificazione di ogni ambito sociale e materiale ha prodotto una drammatica
crisi ambientale in cui è messa pesantemente in discussione la sopravvivenza
stessa della specie umana. Il nomadismo per il lavoro ed una vita dignitosa
è la condizione dell’esistenza di tante donne e tanti uomini.
Parallelamente la globalizzazione ha esteso il lavoro salariato e ne ha pesantemente
aggravato lo sfruttamento. La perdita del controllo da parte dei lavoratori
delle proprie condizioni di lavoro e del rapporto con la natura è diventata
ancor più profonda. Mentre il capitalismo produce nel mondo enormi
divari territoriali, le politiche restrittive dell’immigrazione verso
i paesi ricchi e la produzione di subculture securitarie e razziste, celano
il loro vero scopo, quello di determinare radicali forme di subalternità
nell’accesso ai diritti sociali, civili e politici, realizzando un livello
intollerabile di sfruttamento fondato sull’Apartheid.
I rapporti di potere economico, sociale e simbolico fra i sessi non sono affrancati
dal peso dei tradizionali ruoli. In particolare, la ripartizione diseguale
e il disconoscimento di valore del lavoro riproduttivo, l’accumulo di
lavoro riproduttivo e lavoro retribuito, la ricaduta che su di esso hanno
il ridursi dello stato sociale e l’intreccio con la segregazione delle
lavoratrici migranti, esercitano una violenza distruttiva del genere femminile
e della sua libertà. In generale, la restaurazione capitalista si è
nutrita ed ha alimentato subculture sessiste e patriarcali finalizzate a legittimare
un assetto sociale strutturato sulla discriminazione di genere: nell’organizzazione
familiare, nella destinazione dei tagli al welfare, nelle condizioni di lavoro
e salario.
Nel mondo le politiche neoliberiste sono state accompagnate da un duro attacco
alla sovranità dei popoli ed alla democrazia politica. La manipolazione
mass mediatica, la connivenza con le organizzazioni mafiose e la riduzione
della democrazia a delega passiva sono gli elementi che caratterizzano la
crisi della democrazia a livello mondiale. In Italia questo processo è
avvenuto attraverso l’introduzione di leggi maggioritarie e la riduzione
della dialettica politica alla contrapposizione tra due poli, uniti dall’idea
di amministrare l’esistente condividendo la sostanza delle politiche
del lavoro, economiche e militari. Le istituzioni rappresentative sono state
espropriate dei loro poteri in favore degli esecutivi, il suffragio universale
e la sovranità popolare sono stati svuotati della loro forza costituzionale.
La partecipazione organizzata è stata sostituita dal rapporto plebiscitario
fra popolo e leader, i conflitti sociali e i movimenti civili sono impediti
della possibilità di incidere istituzionalmente, la politica è
degenerata e si è separata dalla società. I partiti, senza partecipazione
democratica si riducono a strumenti nelle mani di poche persone e la militanza
si è trasformata spesso in carrierismo. Con il bipolarismo la questione
morale si è aggravata. Corruzione, autoritarismo e impunità
dei potenti e dei loro conflitti di interesse, rapporto mafie-politica e clientelismo
hanno assunto una dimensione e un carattere endemico, pervasivo e centrale
nel funzionamento del sistema politico. E’ in questo contesto di bipolarismo
tra simili, di fallimento strategico della sinistra moderata, che in Italia
è nato il Berlusconismo, il quale esprime in forma estremizzata queste
tendenze generali.
Uscire dal capitalismo in crisi, costruire il socialismo del XXI secolo
La crisi capitalistica ha aggravato tutte le tendenze negative dentro una
recessione economica che viene scaricata sulle spalle dei più deboli.
Di fronte a questa crisi, a nulla servono i rattoppi che i vari G8 o G20 vengono
via via definendo e si misura concretamente il fallimento delle politiche
liberiste e delle socialdemocrazie. Il punto centrale è che la crisi
segna in modo evidente il carattere regressivo del sistema capitalistico che
non è in grado di garantire lo sviluppo sociale e civile del pianeta.
Per questo riteniamo che il problema non sia quello di uscire dalla crisi
del capitalismo ma quello di uscire dal capitalismo in crisi per costruire
quello che i popoli latinoamericani hanno chiamato il socialismo del XXI secolo.
Ci poniamo questo obiettivo a partire dall’assunzione della validità
dell’analisi marxista della società e dalla nostra scelta di
fondo di far parte del movimento mondiale contro la globalizzazione neoliberista.
In questa prospettiva i nostri principi ispiratori di fondo sono:
- La lotta per la pace. Per noi l’opposizione alla guerra, il superamento
della Nato e delle basi statunitensi in tutti i continenti, la promozione
di processi di pace e di disarmo nucleare e convenzionale, il dettato costituzionale
dell’articolo 11, sono contenuti irrinunciabili e non negoziabili.
- La difesa e l’estensione della democrazia. Riteniamo fondamentale
la difesa e l’attuazione della Costituzione a partire dal rilancio della
partecipazione come fondamento della politica. Ci battiamo pertanto per il
superamento del bipolarismo, contro ogni forma di presidenzialismo, per il
ristabilimento della natura parlamentare di tutte le istituzioni e per una
riforma elettorale proporzionale. Ci battiamo per sviluppare i processi di
democrazia partecipata e allargare la democrazia sui luoghi di lavoro, al
fine di garantire ai lavoratori il pieno esercizio dei propri diritti sindacali,
di eleggersi i propri rappresentati e di decidere sulle piattaforme e gli
accordi che li riguardano.
- La lotta per la liberazione del lavoro, per l’eguaglianza e contro
ogni forma di sfruttamento. A tal fine, partendo dalla nostra chiara scelta
di classe nella lotta contro il capitale, vogliamo operare per l’unità
del mondo del lavoro a livello nazionale e internazionale. Questo significa
oggi in primo luogo contrastare ogni forma di razzismo e di precarietà
del lavoro. La Federazione ritiene proprio compito indispensabile ricostruire
una organizzazione politica di classe dei lavoratori, per riaffermare una
autonomia culturale ed una rinnovata azione politica di lotta dei lavoratori.
Vogliamo sviluppare le pratiche di mutualismo e di solidarietà, così
come il rilancio dell’inchiesta operaia, che rappresentano utili terreni
di iniziativa per la ricostruzione dell’unità dei lavoratori
e delle lavoratrici.
- L’eguaglianza nei rapporti sociali e di produzione, nelle relazioni
fra i sessi, contro ogni razzismo o discriminazione sulla base della religione,
del genere, dell’orientamento sessuale.
- Sulla base del pensiero femminista, contrastiamo il patriarcato in ogni
sua forma e respingiamo ogni tentativo di controllo pubblico sul corpo e sulla
libertà e autodeterminazione delle donne. Riteniamo pertanto requisito
fondamentale per la Federazione la rappresentanza paritaria di donne e di
uomini.
- I principi della laicità a partire dalle ragioni dell’Illuminismo
e dei movimenti antifondamentalisti. Vogliamo l’affermazione e l’universalità
dei diritti civili e il riconoscimento ed il rispetto delle differenze degli
individui, delle differenti identità personali e orientamenti sessuali.
Difendiamo l’autodeterminazione individuale nelle scelte sessuali e
procreative.
- La lotta contro la mercificazione delle relazioni sociali e della terra,
facendo nostro il concetto di limite in un quadro di società sostenibile.
Ci battiamo contro la distruzione del welfare, per l’affermazione integrale
dei diritti sociali per tutti e per tutte. Ci battiamo contro la distruzione
dell’ambiente, contro la scelta nucleare, per una radicale riconversione
ambientale e sociale dell’economia e per l’affermazione piena
dei beni comuni. Riteniamo beni inalienabili della comunità umana:
l’ambiente, le risorse naturali, l’acqua, la sovranità
alimentare, il diritto all’abitazione, così come la salute, la
protezione sociale per la vecchiaia e per l’infanzia, i servizi pubblici,
i saperi, l’arte, il patrimonio culturale, la ricerca e l’istruzione
pubbliche. Il territorio e le aree urbane non sono beni a disposizione del
capitale e non possono essere sottratti al controllo pubblico e sociale. Lo
stato deve intervenire per salvaguardare il diritto al lavoro quando questo
è messo a rischio dall’azione economica individuale e privata.
- Il diritto alla cultura e all’istruzione pubblica per tutti e tutte
contro ogni tentativo di privatizzazione del sapere. La cultura è un
patrimonio universale, prodotto nel corso della storia dell’umanità
e ogni tentativo di privatizzarlo è del tutto arbitrario e socialmente
regressivo. Il valore sociale del sapere è quindi punto fondante la
nostra identità politica e siamo contrari a qualsiasi aziendalizzazione
o privatizzazione dell’università, della ricerca e della scuola.
La riduzione a merce di ogni aspetto della vita e delle attività sociali
si accompagna alla subordinazione della ricerca scientifica alle logiche del
capitale. Noi ci battiamo contro questa sottomissione della scienza al capitale
e riteniamo che le ragioni storiche e filosofiche della libertà della
scienza non debbano porsi in contrasto con le esigenze della collettività
e con il rispetto dell’ambiente e degli ecosistemi.
- Il rilancio dell’intervento pubblico in economia. A partire dal fallimento
del neoliberismo proponiamo un rinnovato intervento pubblico che partendo
dalla proprietà pubblica del sistema creditizio si articoli nella promozione
di politiche industriali finalizzate alla riconversione ambientale e sociale
dell’economia. Riteniamo che il punto fondamentale su cui operare sia
la costruzione di nuove forme di intervento pubblico caratterizzate dal controllo
e dall’autorganizzazione sociale. In ogni luogo del mondo ci sono comunità,
lavoratori e movimenti giovanili che difendono l’ambiente in cui vivono
e contrastano le condizioni di vita e lavoro imposte dai nuovi rapporti sociali
che il capitalismo determina. Noi scegliamo di essere parte di queste esperienze
e di impegnarci per costruire legami più solidi, progetti e lotte comuni.
- Riteniamo necessario rimettere al centro dell’iniziativa politica
la questione meridionale. Economia illegale e mafie hanno accresciuto depressione
e ostacolato lo sviluppo economico e sociale del mezzogiorno. Questa situazione
è aggravata dalla ripresa dell’emigrazione giovanile. Perciò
la Federazione assume come fondamentale la valorizzazione dei saperi e delle
risorse presenti nel mezzogiorno recuperando margini per un intervento pubblico
rispettoso del territorio e gestito attraverso un allargamento del controllo
popolare. Ciò deve coniugarsi con la costruzione di un welfare di qualità
che garantisca una pienezza di diritti sociali a tutti e tutte. Decisivo a
tal fine è il rilancio della battaglia contro le mafie e contro l’intreccio
tra economia legale e illegale che caratterizza tanta parte dei processi di
accumulazione della borghesia mafiosa. La lotta alle mafie non deve essere
interpretata come mera questione di ordine pubblico e/o giudiziaria, ma deve
avere al centro proprio la costruzione di un assetto sociale forte basato
sul diritto al lavoro e sulla certezza dei diritti sociali e civili.
- La centralità della questione morale e della riforma della politica.
Molta parte dell’attacco alle forme storiche della democrazia viene
motivata dall’evidente crisi morale delle classi dirigenti e dal distacco
tra politica e società. La Federazione è quindi impegnata ad
elaborare regole di comportamento dei propri candidati ed eletti, improntate
al rispetto di una rigorosa etica pubblica e alla ricostruzione della trasparenza
nella gestione della “cosa pubblica”.
Il nostro progetto politico assume come elementi fondanti della visione delle
relazioni internazionali la lotta contro la guerra e per la pace, l’internazionalismo
e il contrasto al neocolonialismo.
Lo scontro sociale oggi avviene anche a un livello sovranazionale e, pertanto,
il nostro progetto politico ha un naturale campo di sviluppo, l’Europa.
Riteniamo necessaria la costruzione di una dimensione europea della sinistra,
strategicamente autonoma, sia sul piano politico che culturale, dalla socialdemocrazia
europea, e dal PD a livello italiano. Per queste ragioni in Europa la Federazione
si colloca con le forze che danno vita alle esperienze del Partito della Sinistra
Europea e del GUE-NGL. Vogliamo ricomporre a livello continentale un fronte
unitario, aperto ed inclusivo nel rispetto delle diversità delle sinistre
di alternativa in Europa per costruire una battaglia politica efficace per
superare questa Europa tecnocratica e liberista, con istituzioni impermeabili
al conflitto e alle istanze democratiche, frutto dell’accordo tra centro
destra e socialisti e formalizzata nel Trattato di Lisbona.
Noi ci battiamo per un’Europa della pace che esca dalla subalternità
con gli Stati Uniti. Per un’Europa democratica fondata sulla sovranità
popolare. Per un’Europa sociale che riconosca l’eguaglianza nei
diritti e nel lavoro, il rispetto dell’ambiente, della cittadinanza
cosmopolita, delle culture, delle minoranze delle religioni.
Riconosciamo nell’Europa lo spazio politico della costruzione dell’alternativa
di società: l’alternativa per un socialismo del XXI secolo.