Comitato
Politico Federale del 26-27 maggio 2001. Documento di minoranza.
Il Comitato Politico Nazionale del 26-27 maggio 2001 si è occupato dei risultati elettorali delle politiche del 13 maggio. Ne sono usciti due documenti: uno di maggioranza ed uno di minoranza che qui sotto riproduciamo. Riportiamo anche la sintesi delle conclusioni di Fausto Bertinotti.
Il
voto del 13 maggio apre una nuova difficile stagione politica per il movimento
operaio.
Cinque anni di governo del centrosinistra e delle sue politiche liberiste hanno
consegnato l'Italia a Berlusconi. Il blocco delle grandi imprese, per cinque
anni sostegno e mandante delle politiche dell'Ulivo, ha colpito e demotivato
la base elettorale operaia e popolare del centrosinistra a tutto vantaggio del
centrodestra e del consolidamento del suo blocco sociale reazionario. Il parziale
recupero elettorale dell'ultima ora da parte dell'Ulivo in settori di elettorato
sospinti al voto dalla pericolosità sociale delle destre non poteva ribaltare
gli effetti di una legislatura e il verdetto da essa annunciato.
L'apparato dirigente dei DS porta dunque una responsabilità storica verso
i lavoratori e le lavoratrici. Lungo l'intero corso degli anni Novanta questo
apparato ha sostenuto una politica d'attacco sistematico alle conquiste sociali
delle classi subalterne. In una prima fase come organica agenzia degli interessi
borghesi tra i lavoratori garante dei loro sacrifici nella pace sociale. In
una seconda fase intraprendendo un processo di rottura con lo stesso ruolo della
socialdemocrazia e ricercando la rappresentanza politica diretta e centrale
di quelle grandi imprese con cui aveva infittito legami e relazioni. E' una
politica che a scapito dei lavoratori ha incoronato solo due beneficiari: i
profitti della grande borghesia e Silvio Berlusconi. Peraltro lo stesso apparato
DS appare oggi vittima del proprio fallimento.
Ma su un piano diverso anche il nostro partito ha il dovere di un bilancio generale.
Il risultato elettorale registra certo una positiva tenuta del PRC rispetto
alle ultime elezioni Regionali. E seppur in un quadro di forte disomogeneità
territoriale è indubbio che nel voto riportato si riflettano segnali
positivi, come si ricava dal voto del Senato. La stessa campagna elettorale
ha registrato peraltro un importante ampliamento di attenzione per il PRC, in
particolare in settori giovanili. Ma il bilancio di un partito comunista non
può ridursi alla comune soddisfazione per la tenuta elettorale. Esso
deve interrogare i risultati complessivi di una politica di lungo corso in rapporto
alla vicenda del movimento operaio. Per dieci anni una politica ispirata a "pervadere"
e "condizionare" prima il polo progressista e poi il centrosinistra
in funzione di un loro spostamento a sinistra e della lotta contro le destre
ha mancato totalmente gli obiettivi dichiarati. In particolare la legislatura
che si è chiusa è stata al riguardo emblematica. Il corso governativo
di centrosinistra che ha spianato la strada a Berlusconi ha visto per metà
dei suoi anni il sostegno del nostro partito (col nostro voto al "pacchetto
Treu", alle privatizzazioni massicce, al taglio della spesa sociale, alla
Legge Turco-Napolitano sull'immigrazione) e per l'altra metà, dall'opposizione,
un tentativo di condizionamento a sinistra dell'Ulivo. Cosìcome ha visto,
sul piano locale, la continuità delle coalizioni di governo tra PRC e
centrosinistra o la ricerca di coalizioni con esso. E' onesto riconoscere che
questa politica, rivendicata in nome del "realismo", non ha prodotto
risultati. Non li ha prodotti per il partito che esce dalla legislatura con
una forza pesantemente ridimensionata (meno 700 mila voti rispetto al '96).
Ma non li ha prodotti soprattutto per il movimento operaio condannato dal centrosinistra
alla sconfitta sociale e politica. In realtà solo la costruzione di un
riferimento politico di classe alternativo e contrapposto al centrosinistra
borghese ("terzo polo") capace di costruire un'egemonia alternativa
nel movimento operaio avrebbe potuto lavorare a sottrarre la classe lavoratrice
alla sconfitta annunciata. Per questo la rinuncia a una politica di alternativa
di classe all'Ulivo ha rappresentato un errore profondo del nostro partito.
E' necessario ora segnare, nel nuovo scenario, una svolta di indirizzo politico
che ponga al centro l'autonomia di classe del movimento operaio e la lotta per
un'altra sinistra.
Il nuovo governo Berlusconi porta il segno, rispetto al '94, di un pi robusto
insediamento sociale e politico, interno e internazionale. La previsione di
una maggiore durata e consistenza del nuovo esecutivo, combinata con la perdurante
diffidenza verso Berlusconi e il timore di nuove fratture sociali, hanno indotto
una parte dei poteri forti tradizionalmente sostenitori dell'Ulivo ad un atteggiamento
di legittimazione e apertura verso il nuovo governo e al tempo stesso di vigilanza
e controllo sulla sua composizione e le sue scelte politiche (v. il probabile
ingresso nell'Esecutivo di Ruggiero in rappresentanza diretta della FIAT e su
pressione dello stesso Ciampi). L'obiettivo è dichiarato: fare affari
per cinque anni col nuovo governo in un quadro di stabilità politica
e istituzionale e, auspicabilmente, di pace sociale. Da qui le pressioni di
settori della grande impresa su Berlusconi a favore della scelta della concertazione
e dello stesso dialogo con la burocrazia CGIL in evidente contrasto con le operazioni
di D'Amato. Ed è presumibile che lo stesso Berlusconi, volendo conquistare
una patente di affidabilità presso i poteri forti, cercherà di
evitare la rotta frontale di collisione col movimento operaio che segnò
la vicenda del '94. E tuttavia il programma governativo di giganteschi impegni
sul fronte della detassazione di alti redditi, patrimoni e profitti; le sue
promesse di nuova pesante destrutturazione del mercato del lavoro in direzione
di un ulteriore salto delle politiche di flessibilità; le pressioni forti
e incalzanti di Confindustria, indicano obiettivamente un programma di "guerra"
alle condizioni della classe operaia, dello Stato sociale, delle giovani generazioni.
Il tentativo di Berlusconi sarà quello di Aznar: avvolgere la guerra
alle condizioni del lavoro con una pratica di concertazione che inibisca la
replica di classe ed eviti lo scontro in campo aperto.
In questa operazione Berlusconi avrà obiettivamente un alleato: quello
stesso centrosinistra che gli ha regalato la vittoria. Le forze dominanti del
centrosinistra, in concorrenza tra loro, hanno infatti una sola preoccupazione:
riconsolidare il sostegno della grande borghesia, recuperare centralità
di relazione con quel mondo, e incunearsi nelle perduranti contraddizioni, reali
o possibili, tra Berlusconi e poteri forti. Il disegno della Margherita da un
lato e del grosso dell'apparato DS dall'altro continuano a concorrere (più
duramente di ieri e con rapporti di forza mutati) nella costruzione del "partito
democratico" del grande capitale, in alternativa a Forza Italia e fuori
dal solco della socialdemocrazia. Indipendentemente dalle fortune incerte delle
operazioni in corso (e dagli esiti imponderabili della gravissima crisi che
investe i DS) l'implicazione è netta: mostrare alla borghesia il volto
responsabile di chi anche dall'opposizione continua a rappresentare il suo interesse
generale e quindi a custodire la pace sociale e a garantire la stabilità
politica. Cosìdopo aver consegnato i lavoratori a Berlusconi centrosinistra
e apparato DS puntano a disarmare la loro opposizione al nuovo governo.
In alternativa al centrosinistra e all'apparato DS, il Comitato Politico Nazionale
del PRC rivendica un'opposizione di classe non ordinaria contro il governo di
Silvio Berlusconi. Gli anni Novanta dimostrano, con l'esperienza del '94, che
c'è un solo soggetto capace di battere il governo delle destre: è
il movimento operaio e la sua mobilitazione indipendente. E' l'unico soggetto
che Berlusconi teme davvero con comprensibili ragioni. Contro il governo rivendichiamo
pertanto il pi vasto fronte unico di lotta del mondo del lavoro. Facciamo appello
a tutti i lavoratori e le lavoratrici, a tutte le forze politiche e sindacali
del movimento operaio, per la costruzione di una mobilitazione unitaria indipendente
a partire dalle rivendicazioni unificanti sui temi del salario, della lotta
alla flessibilità, del salario sociale ai disoccupati, della lotta alle
privatizzazioni, della piena difesa dello Stato sociale e dei diritti contrattuali:
in una logica di vertenza generale che miri a ricomporre il blocco sociale alternativo
e ad erodere il blocco sociale delle destre. Rivendichiamo una vasta unità
d'azione a difesa dei diritti democratici, a partire dalla Legge 194, contro
ogni aggressione clericale e/o reazionaria. E con chiarezza proponiamo un obiettivo
preciso della mobilitazione unitaria: la preparazione, sugli obiettivi di classe
indicati, delle condizioni di uno sciopero generale per la cacciata del governo
Berlusconi-Bossi-Fini a favore di un'alternativa di classe. Preparare e costruire
in ogni lotta la prospettiva della cacciata del governo diventa da ora l'asse
centrale del lavoro di massa del nostro partito. Lo stesso appuntamento di Genova
contro il G8 va pienamento assunto in questo quadro: non può essere né
una semplice occasione di presenza e di immagine delle nostre "ragioni"
né tantomeno un momento di impegno dei soli Giovani Comunisti. Deve essere
invece un'occasione di dispiegamento di tutta la forza organizzata del partito
e, pi in generale, il punto di approdo di una campagna di massa che punti a
fare di Genova il momento di decollo dell'opposizione di classe al governo delle
destre.
Ma lo sviluppo dell'opposizione di classe al governo Berlusconi per la sua cacciata
deve incorporare la costruzione di un'altra sinistra italiana, di una nuova
direzione del movimento operaio. Proprio l'esperienza del '94 ha dimostrato
che cacciare Berlusconi è possibile, ma che lo sbocco politico di questo
possibile successo è determinato dai rapporti di forza nel movimento
operaio e dall'esistenza o meno di un'egemonia alternativa tra le masse. Costruire
l'egemonia tra le masse in contrapposizione al centrosinistra borghese è
allora un asse centrale di lavoro del PRC.
Il CPN respinge in questo senso la proposta della "sinistra plurale",
ossia la ricerca di una prospettiva d'incontro con l'apparato DS nella logica
di uno schieramento di governo d'alternanza. I riferimenti a Mitterand e a Jospin
che sostanziano questa proposta sono profondamente errati. Mitterand e Jospin,
in tempi e forme diversi, hanno svolto un prezioso servizio per la borghesia
francese garantendo politiche antipopolari e di guerra e coinvolgendo entrambi
il PCF in una pesante corresponsabilità fonte di una sua gravissima crisi.
Peraltro l'esperienza del Polo progressista del '94, prima espressione di "sinistra
plurale" tra PDS e PRC, ha chiarito il prezzo di una subalternità
al PDS proprio nel rapporto col movimento di massa: un movimento che il PDS
prima usò e poi tradìper spianare la strada al centrosinistra.
Per di pi una sinistra plurale coi DS oggi si configurerebbe, a differenza che
nel '94, come il blocco con una forza politica impegnata nella rottura con la
stessa socialdemocrazia da un versante liberale. In altri termini si configurerebbe
come una variante di centrosinistra.
Pertanto il CPN chiude definitivamente una lunga pagina politica segnata dalla
ricerca dell'accordo col centrosinistra e/o con l'apparato liberale DS. Cinque
anni di governo e la vittoria conseguente di Berlusconi segnano la bancarotta
politica di questo apparato. Il PRC si candida a costruire contro Berlusconi
una nuova opposizione di classe e una sua nuova direzione politica. La campagna
per il fronte unico di lotta del movimento operaio contro le destre si combina
con la rivendicazione della sua rottura con ogni forza del centro borghese e
con la costruzione del partito comunista di massa: un partito che sulla base
di un programma anticapitalista lavori nelle lotte per un'alternativa di sistema.
Per tracciare un bilancio di linea politica e varare un nuovo orientamento il
CPN sancisce da subito l'avvio del V Congresso Nazionale del partito.
MARCO FERRANDO
IVANA AGLIETTI
VITO BISCEGLIE
ANNA CEPRANO
FRANCO GRISOLIA
LUIGI IZZO
MATTEO MALERBA
FRANCESCO RICCI
MICHELE TERRA
(Direzione nazionale)