La Russia e noi.
Da
cosa viene il pervicace amore, non ricambiato, della sinistra italiana per la
Russia di oggi e l'URSS ieri? Una riflessione sulla sinistra italiana e la Russia,
tra spie del KGB, guerriglia cecena e scandali finanziari. REDS. Ottobre 1999.
Da cosa viene il
pervicace amore, non ricambiato, della sinistra italiana per la Russia di oggi
e l'URSS ieri? Non stiamo parlando della sinistra socialdemocratica, ma di quella
(di ieri e di oggi) che si definisce o definiva anticapitalista. Sino all'89
erano sostanzialmente filosovietici: il PCI, larga parte dell'Autonomia, le
Brigate Rosse e, prima che si sciogliesse, il PSIUP. Altri gruppi erano filo-qualche-altra-cosa:
c'erano i filocinesi (tutta la viariegata galassia degli m-l), ma anche i filocoreani,
ecc. Le formazioni che non erano filo-nulla come Avanguardia Operaia e poi successivamente
Democrazia Proletaria, mantenevano comunque diverse ambiguità con i "filo"
esistenti: ricordiamoci da parte di DP, a titolo d'esempio, la momentanea travolgente
passione per l'Albania di Hoxha, o quella del Manifesto per la Cina di Mao.
Oggi la sinistra antagonista, ridotta al PRC, all'area del Manifesto, e ad una
piccola sinistra esterna al partito (sostanzialmente impegnata in organizzazioni
sindacali extraconfederali), dà segni di grande nostalgia per il "filismo".
Dentro il PRC, ad esempio, ci sono costanti tentativi da parte di vari settori
di fare del partito un'organizzazione filocubana (non nel senso di una giusta
difesa di Cuba dall'imperialismo yankee, ma in quello di un codismo acritico
ed entusiasta nei confronti di Fidel Castro), tentativi che si scontrano puntualmente
con la grama realtà dell'isola, del suo eroismo ma anche delle sue miserie,
ben evidenti a chi ci va anche semplicemente in una vacanza ad occhi aperti.
Dentro e fuori il PRC, sul Manifesto, ecc. la nostalgia filista é straripata
all'improvviso a mano a mano che progrediva l'intervento imperialista della
NATO e cresceva il senso d'impotenza dei militanti di sinistra. E ha preso la
forma del filoslavismo.
Le macerie della guerra
La sinistra antagonista
italiana é stata tra le poche a livello mondiale che abbia mantenuto
compattamente (salvo qualche sporadicissima eccezione) un atteggiamento sostanzialmente
filoserbo con accenti antialbanesi che in alcuni casi rasentavano il razzismo
(cosa assai allarmante visto il ruolo imperialista che l'Italia gioca in Albania).
Negli altri paesi infatti, nella sinistra antagonista, la lotta contro l'intervento
NATO é stata quasi sempre accompagnata da una chiara opposizione a Milosevic
ed alla sua pulizia etnica, e alla difesa dei diritti degli albanesi kosovari.
Perché proprio in Italia ci ritroviamo con una sinistra testardamente
filista?
La guerra in Jugoslavia, mentre in altri Paesi ha segnato la ripresa del dibattito
storico del marxismo sulla questione nazionale, in Italia ha visto un pesante
arretramento su questo stesso terreno nella coscienza del militante medio. Molti
compagni oggi mettono in discussione la stessa giustezza del diritto all'autodeterminazione
(almeno prima si limitavano ad applicarlo selettivamente). Alcuni arrivano a
salutare con soddisfazione i cedimenti del PKK al subimperialismo turco, portandolo
ad esempio di una forza che "saggiamente" rinuncia al diritto all'autodeterminazione.
Allo stesso modo si vede con soddisfazione il pessimo "accordo di pace"
destinato ad allungare il dominio imperialista inglese sull'Irlanda del Nord,
e persino i continui tradimenti alla causa palestinese perpetuati dalla direzione
di Arafat.
Durante la guerra ne abbiamo sentite di sciocchezze. La dinamica non era quella
dell'indagine scientifica, ma della calunnia: un'argomentazione nasceva non
si sa bene dove (spesso da fonti di destra), passava di bocca in bocca, s'ingrandiva,
per poi divenire verità inoppugnabile. L'UCK che sarebbe una creatura
del narcotraffico ad esempio, quando è nata invece da un gruppo enverista.
Oppure la storia dei "corridoi" che avrebbe giustificato l'intervento
imperialista: che farci se l'unica regione dell'Est dove NON passa NESSUNO dei
dieci corridoi è proprio il Kosovo! Abbiamo sentito compagni che ignoravano
che il Kosovo non aveva fatto parte della Serbia in tutti questi ultimi cinque
secoli ed è stato da questa invaso solo nel 1913 e da allora non ha mai
cessato di battersi per l'autodeterminazione; e quando glielo si fa presente
agitano al vento, come prova di legittimità del dominio di Belgrado,
la battaglia persa dai serbi contro i turchi nel 1389 a Kosovo Polje! Con ben
maggiore legittimità i tedeschi potrebbero rivendicare Kaliningrad! Una
rivista come Limes è ormai citata continuamente a sinistra come se fosse
l'abc del marxismo. In realtà si tratta di una rivista di destra, nata
per difendere e spingere, con il linguaggio apparentemente neutro della geopolitica,
le ragioni di potenza dell'Italia. Una rivista interessante, ovviamente, come
tutte le voci dei nostri avversari, ma che si deve decifrare e certo non ci
può servire da lanterna nella notte. Nessuno s'é domandato come
mai una rivista di questo tipo sia filoserba? Come é possibile da parte
di gente di sinistra non scorgere in questa linea editoriale gli interessi dell'imperialismo
italiano che ha in Dini la sua più compiuta espressione? Dini é
antimperialista? Almeno quanto lo erano Andeotti e Craxi nella loro politica
filoaraba, disposti cioé a scontrarsi entro certi limiti con gli USA
(o con la Francia, come ci dicono le rivelazioni sul golpe che in Tunisia nel
1987 depose Burghiba) per difendere gli specifici interessi dell'imperialismo
italiano.
Quelle argomentazioni sono state utilizzate in perfetta buona fede dalla maggior
parte dei compagni, angosciati da una situazione politica generale che sembra
senza sbocchi e dallo strapotere dei nostri nemici. Ma non per questo la cosa
è meno grave, perché denuncia l'assenza di un automatismo che
per qualsiasi militante dovrebbe essere d'obbligo: saper sempre riconoscere
dove sta l'oppresso e dove l'oppressore. Cosa ha di seducente il regime serbo,
un regime che ha privatizzato alla russa (cioé con ingenti fondi stornati
a poche famiglie), che reprime i lavoratori e manganella gli studenti? Come
possiamo essere confusi con tali detriti della storia? Eppure la Serbia é
stata definita spesso a sinistra baluardo della lotta contro l'imperialismo
e l'entrata delle truppe russe a Prishtina, prima dell'arrivo di quelle NATO,
é stata salutata con gridolini di entusiamo come se si trattasse dell'entrata
dell'Amata Rossa a Berlino nel '45. Poi i poveri e sottopagati soldati russi
hanno dovuto chiedere le bottiglie d'acqua agli inglesi perché stavano
per morire di sete, ma pazienza: dettagli.
Casa Russia
Anche in quel caso
la Russia è stata vista con una funzione progressista. Ma cos'ha di progressista
il potere russo? Forse Putin e Eltsin hanno qualche cosa di sinistra? La Russia
di oggi é un baluardo antimperialista? Al contrario é un paese
capitalista e per di più imperialista. Certo, un imperialismo straccione,
ma forse anche per questo ancor più crudele. Come lo "straccione"
imperialismo italiano negli anni trenta ha fatto 600.000 morti in Etiopia, così
solo 5 anni fa la Russia ne ha fatti più di 100.000 in Cecenia (e per
la gran parte civili, russi residenti in Cecenia compresi). Quella russa é
una "prigione dei popoli" che ancora domina diverse nazionalità:
perché mai dovremmo difendere la sua integrità territoriale? Poteva
avere un senso (che comunque noi contestiamo) ai tempi in cui c'era uno stato
burocratizzato, ma pur sempre non capitalista. Ma oggi? Perché vogliamo
essere ancora più filorussi di quanto lo fossero i russi bolscevichi
prima della rivoluzione, quando rivendicavano per tutte le nazionalità
della Russia il diritto all'autodeterminazione fino alla separazione territoriale?
Loro rifiutavano la sovranità russa figlia dell'imperialismo degli zar,
e noi difendiamo quella dello zar-rapinatore Eltsin? Eppure ci tocca leggere
su Liberazione che le decine di migliaia di profughi fuggono dalla Cecenia bombardada
da Mosca ANCHE a causa dei guerriglieri islamici. Ma quelli ci sono là
da anni: perché i profughi invece scappano solo ora?
Oggi la Russia non solo é uno stato capitalista, ma per la natura della
sua transizione (che al contrario di quella cinese non é stata controllata
dall'alto cioé con una dittatura) ha assunto caratteri marcati di stato
criminale. Dove non c'é uno stato con istituzioni "forti" che
garantiscano una posizione super partes rispetto alle varie frazioni della borghesia,
allora lo stato diviene strumento di una sola di queste frazioni, ed esso stesso
si autonomizza dalla sua base sociale: si creano così i fenomeni di rapina
che stanno venendo alla luce in queste settimane. La rapina operata dalla banda
Eltsin ha qualcosa di favoloso, sensazionale, unico nella storia. Non si tratta
nemmeno di "accumulazione primitiva di capitale" (il capitalismo é
nato anche con la rapina), ma di una gigantesca fuga di ricchezze dal paese.
Ed é questo stesso paese che bombarda la popolazione civile della Cecenia,
dove i morti sotto i bombardamenti sono già per numero superiori a quelli,
criminali allo stesso modo, fatti dalla NATO in Jugoslavia. Perché ciò
non suscita sdegno nella sinistra antagonista italiana?
L'enorme scandalo finanziario russo dovrebbe porre qualche domanda ai nostri
slavofili. Se la Russia é un così grande bastione antimperialista
perché gli USA hanno continuato a premere perché venisse finanziata?
Perché pur di sorreggere il governo in carica hanno taciuto sulla corruzione,
continuando a far affluire migliaia di miliardi? Come conciliare questo aiuto
cieco alla Russia con l'idea che gli USA punterebbero a disgregarla? Come spiegare
il complice silenzio occidentale sulle stragi russe perpetrate in Cecenia?
Parte dello stesso atteggiamento slavofilo é la grande simpatia da parte
di vari settori della sinistra antagonista verso il Partito Comunista Russo.
Sentiamo a volte dire: sì da noi la sinistra va male, ma in Russia...
Con orgoglio si segnalano i successi o le potenzialità elettorali di
quel partito. Ma cos'é il PCR? Qual é la sua natura sociale? In
una situazione di transizione come quella russa, il PCR non può essere
definito un partito comunista, ed anche quella di partito socialdemocratico
é problematica, perché ancora forti sono i suoi legami con settori
statali non privatizzati. Il PCR é ancora in larga misura il partito
della vecchia burocrazia, attualmente non mette assolutamente in discussione
la transizione al mercato, ma chiede che sia fatta senza corruzione. Il suo
programma e le sue pubblicazioni in realtà sono infarcite di una sola
ideologia: il nazionalismo da grande potenza, con tutto il condimento tipico
dell'Est, per esempio l'antisemitismo. Ma noi comunisti perché dovremmo
considerare progressista il nazionalismo di una potenza imperialista che ambisce
a tornare tra le grandi?
Radici del filismo
Il filosovietismo
del PCI è stata una tragedia. Prima di tutto è stato il grimaldello
teorico che ha permesso ai dirigenti del PCI di praticare nei fatti una politica
socialdemocratica mantenendo comunque una patina di radicalità rivoluzionaria
agli occhi della propria base, rallentando in questo modo i processi di differenziazione
interna al partito. In secondo luogo è stato un freno potente ai potenziali
di crescita del partito. Non tutti infatti, e tra questi i giovani del '68 (anche
se si mostrarono disponibili ad altri miti geografici), erano disponibili a
credere che le notizie che trapelavano sul regime interno sovietico fossero
frutto esclusivo della propaganda imperialista, anche perché era un po'
difficile fare i pesci in barile quando i carri armati entravano a Praga, a
Budapest, a Berlino est schiacciando le rivolte degli studenti e degli operai.
Dunque vi fu una fascia della popolazione che si abituò a pensare che
comunista fosse sinonimo di mentitore, di doppiogiochista, di personaggi che
predicano la democrazia, ma poi preparano i golpe. Ingenuità? Ovvio.
Ma le si alimentava con un filismo che oggi appare, a leggere i panegirici prosovietici
dei dirigenti di allora (compresi gli allora giovani figiciotti che oggi ci
governano), realmente becero.
Il filismo é un potente segnale di debolezza strutturale: significa la
più totale mancanza di fiducia nelle proprie forze e delle proprie idee.
Significa consolarsi immaginando che esista un altrove (Cuba, il PCR, la Repubblica
Jugoslava che non c'è più, la Corea del Nord, Kosovo Polje), il
più lontano possibile, lontano dunque da amare verifiche e sguardi indiscreti,
che sia luogo dei nostri sogni. Ed é un atteggiamento che se una prima
volta ha provocato grandiose tragedie quando milioni di comunisti non volevano
vedere la vera natura dello stalinismo, oggi assume i contorni, in questi tempi
ombrosi, mirando gli allegri conti all'estero delle famiglie Milosevic e Eltsin,
della farsa.