Scuola pubblica.
Campagna
referendaria per la scuola pubblica come unica garanzia del diritto allo studio
per tutte e tutti, abrogando parti inaccettabili della legge di parità
scolastica. Reds. Luglio 2002.
Tra i referendum promossi da Rifondazione comunista insieme ad altri soggetti politici, sindacali, ecc. vi è quello per abrogare piccole ma sostanziali parti della legge di parità scolastica predisposta dall'allora ministro Berlinguer e approvata nel marzo 2000 dalla maggioranza di centrosinistra. (Vedi il "testo della legge", con le parti di cui si chiede l'abrogazione evidenziate in rosso). Per un'analisi critica di questo provvedimento rimandiamo a un nostro articolo del novembre 1999, "La (dis)parità scolastica".
Presentiamo il quesito referendario:
I sottoscritti cittadini italiani richiedono referendum popolare abrogativo - ai sensi dell'art.75 della Costituzione e in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 - sul seguente quesito:
"Volete voi l'abrogazione
intesa a ristabilire il rispetto della disposizione contenuta nell'articolo 33, III Comma, della Costituzione"?
I commi, o parte di essi, da abrogare sono quindi 5, perché sia ripristinato il dettato costituzionale, che ricordiamo recita: "Enti privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato".
Vediamo in dettaglio i 5 punti (in rosso le parti da abrogare).
1) Il comma 1 dell'art. 1 della legge di parità dice:
Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, comma 2 della Costituzione ["La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi" N.d.R.], è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita.
Significa istituire un sistema integrato dell'istruzione pubblica nazionale, di cui fanno parte le scuole statali, le scuole degli enti locali e le scuole private che ottengono lo status di paritarie. Abrogando le parole "e dalle scuole paritarie private" si restituisce alla scuola statale il ruolo di scuola pubblica che le compete.
Per effetto della legge di parità non potremmo definire la scuola statale semplicemente scuola pubblica, come sempre si è fatto, dal momento che ora pubblica è anche la scuola privata, poiché svolge un servizio al pubblico. Nonostante ciò in questo articolo, come in ogni occasione, preferiamo continuare a definirla scuola "pubblica", benché andrebbe chiamata più propriamente "statale".
La legge di parità è in gran parte ispirata dal principio di sussidiarietà, benché non sia certo la sua concretizzazione [secondo tale principio nel fornire un servizio lo stato deve essere di sussidio al privato, cioè intervenire solo nel caso in cui il privato non sia in grado o non abbia interesse a intervenire N.d.R.]. Comunque sia, alla scuola privata, che è scuola di parte, viene assegnato lo stesso ruolo, funzione e portata della scuola pubblica, che è, o dovrebbe essere, scuola di tutti/e e per tutti/e. In Italia scuola privata vuol dire principalmente scuola cattolica. Solo la scuola pubblica, essendo laica (non parteggiando cioè per alcuna confessione religiosa) ha la possibilità di assicurare un'educazione al pluralismo culturale, religioso, ecc. Nelle scuole dichiaratamente di parte (confessionali, confindustriali, lumbard...) i giovani si trovano nell'impossibilità di confrontarsi con culture diverse, costretti in ghetti culturali. In quelle pubbliche invece gli insegnanti non possono essere selezionati in base alle loro convinzioni religiose ed ideologiche e i programmi, i libri di testo, ecc. non possono propagandare visioni unilaterali. E in effetti nelle scuole pubbliche si vedono prof. di tutti i tipi!!!2) Il comma 5 dice:
Le istituzioni di cui ai commi 2 e 3 [le scuole paritarie, cioè le scuole private e le scuole degli enti locali che "corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia" N.d.R.] sono soggette alla valutazione dei processi e degli esiti da parte del sistema nazionale di valutazione secondo gli standard stabiliti dagli ordinamenti vigenti. Tali istituzioni, in misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive, possono avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente purché fornito di relativi titoli scientifici e professionali ovvero ricorrere anche a contratti di prestazione d'opera di personale fornito dei necessari requisiti.
In pratica significa che le scuole private possono servirsi di personale docente che lavori senza essere pagato (gratis) nella misura di un insegnante ogni quattro.
Non si sana l'anomalia per la quale i lavoratori delle private non godono di eguale trattamento dei loro colleghi statali, né sono sottoposti agli stessi vincoli (diritti, retribuzioni, reclutamento, ecc.), ma addirittura si incentiva lo sfruttamento. Infatti, grazie alle nuove normative sulle graduatorie (supplenze e immissioni in ruolo), il servizio prestato nelle scuole private può essere interamente utilizzato ai fini del reclutamento nei ruoli dello stato.
In parole povere, è del tutto lecito che i proprietari delle scuole possono facciano lavorare gratuitamente un quarto dei docenti, in cambio di quel punteggio valido per l'ingresso nella scuola pubblica.3) Il comma 9 dice:
Al fine di rendere effettivo il diritto allo studio e all'istruzione a tutti gli alunni delle scuole statali e paritarie nell'adempimento dell'obbligo scolastico e nella successiva frequenza della scuola secondaria e nell'ambito dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 12 [250 miliardi di lire per l'anno 2000 e 300 miliardi di lire annui a decorrere dall'anno 2001 N.d.R.], lo Stato adotta un piano straordinario di finanziamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano da utilizzare a sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle famiglie per l'istruzione mediante l'assegnazione di borse di studio di pari importo eventualmente differenziate per ordine e grado di istruzione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri emanato su proposta del Ministro della pubblica istruzione entro 60 giorni dall'approvazione della presente legge sono stabiliti i criteri per la ripartizione di tali somme tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e per l'individuazione dei beneficiari, in relazione alle condizioni reddituali delle famiglie da determinarsi a norma dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n.448, nonché le modalità per la fruizione dei benefici e per la indicazione del loro utilizzo.
Significa in pratica l'istituzione del buono scuola (su questo argomento vedi "Gli studenti contro il buono scuola di Formigoni. E il sindacato?").
La proposta di introduzione del "buono scuola" è stata tradizionalmente sostenuta dalla destra (vedi ad esempio "Il progetto di scuola di Forza Italia giovani") e da ampi settori del mondo cattolico, ma trova una prima e concreta possibilità di attuazione in questa legge del centrosinistra. La legge infatti prevede che lo Stato stanzi fondi pubblici assegnati alle Regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano per sostenere le famiglie che mandano i figli nelle scuole private.
L'istituzione del buono-scuola ha come vero scopo quello di potenziare la scuola privata, ovvero quello di venire incontro alle esigenze di un ceto relativamente benestante che, volendo mandare i propri figli presso scuole non statali, desidera spendere il meno possibile.
Sono oramai cinque le Regioni, tra cui Lombardia e Lazio, che hanno istituito il buono-scuola con i quali si pagano le rette che le famiglie dei più abbienti devono versare alle scuole private, ma pressoché tutte le Regioni hanno delle proposte di legge per estendere in tutta Italia il finanziamento indiretto delle scuole private, prevedendo anche la detrazione dalle tasse delle spese effettuate per la frequenza a tali scuole. In questo modo, la legge ha consentito l'aggiramento del dettato costituzionale che consente l'attività delle scuole private ma "senza oneri per lo Stato".
Uno dei principali argomenti a sostegno del finanziamento alle scuole private è che ci sarebbe un risparmio da parte dello Stato che dovrebbe "mantenere" meno studenti nelle proprie strutture. Si tratta in realtà di un ragionamento al termine del quale c'è la fine dello stato sociale, del contratto cioè secondo il quale, almeno in teoria, alcuni servizi e diritti essenziali (tra cui l'istruzione) sono assicurati a tutti nella stessa misura e qualità. Nel campo della scuola quella dinamica porta alla situazione statunitense dove alla scuola pubblica sono state destinate sempre meno risorse, e ci si ritrova oggi con il mondo della scuola diviso in due: le scuole private, costosissime, per le classi agiate, e quelle pubbliche, disastrate, per i figli dei lavoratori (vedi "Stati Uniti - L'impresa privata all'assalto della scuola pubblica"). Certo in questo modo lo Stato spende meno, ma le famiglie della classe media spendono di più e quelle della classe lavoratrice hanno una scuola allo sfascio.
I cittadini italiani pagano le tasse. Queste vanno ad integrare le disponibilità finanziarie dello Stato, un patrimonio, almeno in teoria, di tutti. Perché mai questi soldi dovrebbero andare a sostenere attività che non riguardano tutti? In soldoni: chi ama tanto le scuole private, se le paghi!4) Il comma 13 dice:
A decorrere dall'esercizio finanziario successivo all'entrata in vigore della presente legge gli stanziamenti iscritti nelle unità previsionali di base 3.1.2.1 e 10.1.2.1 dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione sono incrementati, rispettivamente, della somma di lire 60 miliardi per contributi per il mantenimento delle scuole elementari parificate e della somma di lire 280 miliardi per spese di partecipazione alla realizzazione del sistema prescolastico integrato.
Significa che a partire dal 2001 lo Stato aumenterà i suoi contributi alle elementari e alle materne private rispettivamente di 60 miliardi e 280 miliardi di lire, per un totale di 340 miliardi di lire.
Lo Stato italiano infatti già concorre, mediante disposizioni di legge e regi decreti, a finanziare le istituzioni scolastiche private. Nel 1998 ad esempio il Ministero della Pubblica Istruzione ha finanziato le scuole private per un totale di oltre 346 miliardi di lire, di cui circa 168 miliardi destinati alle materne e 149 miliardi alle elementari. Tra il 1990 e il 1998 questi stanziamenti sono quasi triplicati (vedi Tabella 7 del Bilancio dello Stato, riportata in "La nostra idea di scuola"). Nel 2001 quindi la cifra complessiva è salita a 922 miliardi, ai quali vanno aggiunti i 260 promessi dal governo per il 2002, arrivando così a 1.200 miliardi di lire complessivi (circa 620 milioni di euro).5) Il comma 15 dice:
All'onere complessivo di lire 347 miliardi derivanti dai commi 13 e 14 si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2000 e 2001 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1999, allo scopo parzialmente utilizzando quanto a lire 327 miliardi l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione e quanto a lire 20 miliardi l'accantonamento relativo al Ministero dei trasporti.
Significa che per reperire i 340 miliardi per aumentare i contributi a elementari e materne private (gli 7 miliardi vanno a finanziare il sostegno all'handicap previsto dal comma 14) si deve far ricorso ricorso agli accantonamenti dei Ministeri dell'istruzione (per 320 miliardi) e dei Trasporti (per 20 miliardi).
Ciò di cui si chiede l'abrogazione riguarda ovviamente il finanziamento a materne ed elementari private, non al sostegno all'handicap.In conclusione, il quesito referendario cancella: