Rifinanziare
le missioni di pace o andare via?
Pubblichiamo
un contributo di Michele Basso sull'importante questione della presenza del
contigente italiano nei scenari di guerra, ora che il PRC ha incarichi di governo.
Interessanti anche i riferimenti storici citati. Reds - Maggio 2006
Prima
del disastro
La storia non si ripete mai nelle stesse forme, ma ci sono problemi che si
riproducono, sia pure in contesti diversi. Bisogna essere in grado di riconoscere
la comune radice politica e di classe che avvicina situazioni diversissime,
per imparare dalla storia del passato ed evitare errori con effetti irreversibili.
Sembra un’assurdità paragonare la socialdemocrazia tedesca del
4 agosto 1914 con Rifondazione Comunista. La SPD era un’organizzazione
molto forte, con una disciplina ferrea, modello di tutti i partiti dell’Internazionale,
di fronte a una guerra che coinvolgeva il mondo; il PRC è un partito
piccolo e privo di una robusta organizzazione, di fronte a una guerra coloniale
mascherata da una cortina di fumo rappresentata dal “Via libera”
dell’ONU e della Nato, e dalla retorica della conquista della democrazia
(dei signori della guerra, con norme che esigono la condanna a morte di chi
si converte al cristianesimo, salvo salvataggi in extremis per pressioni internazionali).
Eppure, se Rifondazione voterà per la continuazione della spedizione
in Afghanistan, commetterà lo stesso tradimento, nei confronti dei
lavoratori, compiuto dalla socialdemocrazia tedesca nel 1914. Anche se i nomi
sono cambiati - non si parla più di crediti di guerra, ma di rifinanziamento
di una spedizione di pace - non è cambiata la sostanza. Se ci sarà
il voto a favore del finanziamento, sarà il 4 agosto di Rifondazione
Comunista.
Non c’è ancora il fatto compiuto, ma tutto fa pensare che ciò
avverrà, a giudicare da come è stato respinto un ordine del
giorno che si pronunciava per il ritiro del contingente italiano dall'Afghanistan
e impegnava i gruppi parlamentari a non votare il rinnovo del finanziamento
delle missioni militari italiane in Iraq, Afghanistan, Bosnia e Kossovo.
E’ vero che alcuni parlamentari scalpitano. Salvatore Cannavò,
che aveva posto il problema del ritiro dall’Afghanistan, si è
sentito rispondere da Bertinotti: “E che facciamo cadere il governo?”.
Eppure, all'inizio delle operazioni militari in Kossovo, proprio Bertinotti
aveva detto a Verdi e PCDI, che subivano la guerra per non far cadere il governo:
“Se non cade sulla guerra un governo su cosa deve cadere?”.
L’Ernesto pubblica un articolo di Grassi, intitolato "Urgente ritirare
le truppe dall'Iraq e dall'Afghanistan" (del 05/05/2006), dove si legge:
“Sia in Iraq che in Afghanistan le truppe militari italiane sono
state inviate dopo guerre atroci e sbagliate, che hanno provocato decine di
migliaia di morti di civili innocenti. Due paesi, al contrario di quanto avevano
promesso gli Usa e i loro alleati, sono stati gettati nel caos e nella guerra
civile”.
Ci chiediamo allora: perché Grassi ha votato con Bertinotti contro
l’ordine del giorno che proponeva il ritiro da tutti i teatri di guerra?
Si può essere rivoluzionari su “l’Ernesto” e conservatori
nel Comitato politico nazionale?
Nell'intervento pronunciato a Montecitorio (il 7 novembre 2001), Bertinotti
diceva: “Oggi con questo voto della Camera l'Italia entra in guerra.
Ieri un'autorevole editorialista di uno dei più importanti giornali
italiani ha scritto: “l'Italia è impegnata in una guerra senza
quartiere quale non abbiamo più combattuto dopo il 1945”. Penso
che si fatichi persino ad accettare questo dato di novità, forse proprio
perché è così inquietante”.
“Questa guerra è ingiusta ed inefficace. Ingiusta, come testimoniano
i morti incolpevoli, le popolazioni afgane che fuggono la morte, i talebani,
ed ora anche le bombe; come testimonia chi, di questa nostra società,
tende a testimoniare la sua umanità in Afghanistan, come le donne e
gli uomini di Emergency. Questa guerra è ingiusta ma è inefficace:
ormai è più di un mese e tutti gli obiettivi dichiarati sono
stati falliti, falsificati, contraddetti; non un solo terrorista è
stato preso; al contrario, il fondamentalismo e il fanatismo sono cresciuti
in aree a rischio nel mondo”.
Forse l’intervento parlamentare più completo, che più
organicamente espose le posizioni della Rifondazione di allora, fu quello
di Elettra Deiana, il 25 ottobre 2002.
Per una piena comprensione, sono indispensabili citazioni molto lunghe, anche
per dimostrare che le parole pronunciate allora condannano inesorabilmente
il comportamento della Rifondazione d’oggi.
“Per avanzare una richiesta come quella dell'invio degli alpini
in Afghanistan bisogna innanzitutto celare la verità, camuffare la
partita che là, in quel paese, si sta giocando e nascondere il contesto
in cui quella partita si inserisce ... Non è la lotta al terrorismo
il contesto che giustifica la guerra. Al contrario, ciò che sta avvenendo
non farà che alimentare il terrorismo, l'odio tra i popoli, la distanza
tra paesi ricchi e paesi poveri. Il contesto è, invece, the national
security strategy of the United States, vale a dire la nuova dottrina statunitense
in materia di difesa, imperniata sull'idea, veramente imperiale, e per noi
di Rifondazione comunista veramente insopportabile, di impedire la nascita
di qualsiasi potenziale rivale, grande o piccolo, di difendere, preventivamente
- lo ripeto - preventivamente, anche con la guerra, gli interessi della nazione
statunitense ed, in subordine e nella misura della fedeltà, i suoi
alleati.”
“È irresponsabile - il giudizio è rivolto al
ministro Martino - far finta di credere e voler far credere a noi che
non vi sia collegamento tra l'Afghanistan e l'Iraq... Che vi sia uno stretto
collegamento lo dicono i fatti, gli esperti di questioni geopolitiche, i documenti
ed i generali del Pentagono e lo ha affermato ossessivamente il presidente
Bush. Dobbiamo perlomeno dare atto al presidente americano del fatto che dice
e ripete le cose con estrema chiarezza”.
Gli alpini italiani - spiega, sono destinati a Kost, un luogo infido, dominato
dal signore della guerra Padshah Khan Zadran, che ha fornito agli Stati Uniti
d'America centinaia di soldati mercenari per far fuori la resistenza dei taliban,
ma ora è impegnato in un conflitto sanguinoso con le forze governative
di Karzai. Dopo aver parlato dei signori della guerra, ovvero dello strapotere
dei capi delle tribù dell'alleanza del nord, utilizzando una dichiarazione
del tenente generale dell'esercito statunitense Dan McNeil, aggiunge che i
signori della guerra hanno fornito un aiuto essenziale nell'operazione Enduring
Freedom. Sono dei collaboratori essenziali nella guerra sul campo che, senza
di loro, non può essere vinta.
E continua: “La retorica della pacificazione viene usata per far
accettare la guerra, così come ieri veniva usata quella dei diritti
civili... A Kost si svolge gran parte di quella guerra sporca che ha fatto
seguito ai bombardamenti di un anno fa sulla popolazione civile e su tutte
le infrastrutture, quelle pochissime di cui era in possesso quel disgraziatissimo
paese; sul territorio, nelle montagne e nelle grotte, la guerra, dopo il bombardamento,
è condotta metro per metro sui territori, senza risparmio d’inganni,
tradimenti, violenze senza limiti, l'utilizzazione degli scontri tribali da
parte degli angloamericani per eliminare le sacche di resistenza dei taliban
e dei loro sostenitori.... Mi chiedo se non dica niente alla vostra coscienza
il crimine di Mazar-el-Sharif consumato nel silenzio con la complicità,
per diretta ispirazione - non lo sappiamo e ci chiediamo quando sarà
possibile - delle forze occidentali. Non vi fa echeggiare quell'orrore dello
sterminio dei prigionieri nei campi che così radicalmente è
entrato nella coscienza europea, dopo il dramma della seconda guerra mondiale?
... Kost è un posto maledetto, tra i più pericolosi dell'Afghanistan,
dove l'operazione Enduring Freedom si manifesta per quello che è, una
guerra per imporre il dominio degli Stati Uniti d'America, combattuta con
tutti i mezzi per imporre nel paese un governo amico, che, ... potrà
domani non essere più tale, per decreto degli Stati Uniti , e per costruire,
con la forza militare, nuovi assetti politici nell'intero e cruciale territorio
dell'Asia centrale. Il terrorismo c'entra soltanto perché offre una
copertura alla guerra. Se si legge la stampa statunitense libera - e ce n'è
tanta - tutto questo viene fuori con estrema chiarezza. I militari italiani
non vanno a portare la pace, come si compiace di affermare il ministro Martino.
Come potrebbero, d'altra parte, in una zona così endemicamente coinvolta
nella guerra? Non è nelle loro mani né in loro potere. La guerra
ha abbattuto il regime dei taleban a prezzo di un nuovo disastro storico-politico
nel paese, aprendo voragini chissà quando ricomponibili nel tessuto
sociale, sostituendo il fondamentalismo degli uni con quello degli altri...
Che cosa vanno a fare, dunque, i nostri alpini nel sud est dell'Afghanistan?
Vanno a continuare il lavoro sporco lasciato indietro dai royal marines...
...e da quelli statunitensi pronti a partire per l'Iraq?”.
Non erano parole di circostanza.
E ora, invece? I parlamentari di Rifondazione voteranno per il rinnovo del
finanziamento della spedizione in Afghanistan con Prodi, Casini e Berlusconi?
L’aperta opposizione alla guerra del partito in quel periodo, non poteva
certo far dimenticare ai lavoratori e ai comunisti gli errori, gli opportunismi,
la debolezza teorica e organizzativa di Rifondazione, ma costituiva una speranza
che fosse possibile una lotta per superare quei limiti. Se ora cede sulla
guerra in Afghanistan, se nessun deputato, rompendo una cadaverica disciplina,
si dissocia apertamente e prende nelle sue mani il vessillo di Liebknecht
dell’antimilitarismo conseguente, o se la base non si ribella a questa
“svolta”, cosa rimane di Rifondazione? Nulla. Si trasforma nella
coda del governo Prodi.
Michele Basso
16 maggio 2006