Rifondazione alla prova del governo
Il gruppo dirigente di Rifondazione ha attuato la linea governista uscita vincente al congresso di Venezia dello scorso marzo. I primi strappi, una scissione, il caso Ferrando, mentre prende corpo l'alleanza tra la corrente del Segretario e i compagni de "L'Ernesto". L'invito di "Falce e martello" a non abbandonare il Partito in questo difficile momento, ma a lottare al suo interno. Reds - Maggio 2006



La linea strategica di Bertinotti era da anni, nei fatti, incanalata nella prospettiva di un'alleanza organica con il centro sinistra.
Questa scelta ha preso materialmente corpo nei due CPN pre-elettorali di gennaio e marzo; nel primo sono stati accuratamente scelti i senatori e deputati funzionali alla causa, mentre il secondo (con il caso Ferrando) è servito a far capire che si stava fecendo sul serio e pertanto non c'era spazio per "colpi di testa".

Qualche cenno sull’argomento Ferrando.
La designazione di Ferrando a senatore aveva prodotto come primo effetto di seminare scompiglio tra i compagni dell’area della ex mozione tre, (denominatasi poi "Progetto comunista"). Ricci e altri avevano attaccato sia il segretario che Ferrando, accusandoli in pratica di un accordo diretto tra loro, senza nessun coinvolgimento dei compagni che fanno riferimento alla area Ferrando - Ricci.
In seguito, l’uscita pubblica di Ferrando, a cui la stampa ha dato prontamente un forte rilievo, sui soldati italiani morti a Nassiria, ha spinto Bertinotti, per salvare la sua credibilità filogovernista, a cancellare dalle liste il nome di Ferrando e a sostituirlo con un'altra compagna (una indipendente)!

Questo provvedimento preso da Bertinotti, il quale da tempo conosce le posizioni di Ferrando, ampiamente manifestatesi in tutte le istanze di dibattito del Partito, è del tutto ingiustificato. Tanto più che, con sfumature varie, il giudizio critico sulla questione della presenza e della funzione delle truppe italiane in Iraq e a Nassiria, è stato espresso non solo da tutte le opposizioni interne al partito ma anche all'interno della stessa corrente maggioritaria.
Evidentemente dovremo abituarci nel futuro prossimo a un modo di intendere il confronto nel partito fato di dibattiti interni in cui ci si può dire di tutto, e di dibattiti esterni dove le cose che si dicono non devono far storcere il naso o sconvolgere gli alleati di governo. Come dire: "..al nostro interno facciamo pure i chiaccheroni, ma all'esterno facciamo vedere che siamo persone serie..".

La reazione all’interno del partito ovviamente c’è stata, con in prima fila tutte le anime non bertinottiane a criticare il segretario (tranne il gruppo di Ricci), ma queste non hanno minimamente sclafito il dato di fatto incontestabile: da una parte Rifondazione ha accettato un dicktat esterno, dall'altra le opposizioni interne hanno perso un rappresentante in parlamento a favore di una indipendente scelta dal segretario e quindi a lui vicina.

Le elezioni di aprile
Il senato ha visto una rifondazione con un buon risultato, ma alla camera il traguardo delle europee(6,00%) non è stato raggiunto.
Nella Direzione nazionale tenutasi subito dopo le elezioni è stato approvato un documento in cui viene affermato che:
a) la destra è sconfitta,
b) non ha senso pensare ad una grosse koalitione, sia perché tradirebbe la volontà popolare, sia perché violerebbe le aspettative del popolo dell’unione
c) l'Unione deve assumersi le responsabilità di governo sulla base del programma e “della costruzione di una relazione intensa, di una vera alleanza con quella che possiamo considerare la costituzione materiale dell’unione, le associazioni, i movimenti il popolo della pace”.

Pertanto “l’azione di governo deve caratterizzarsi per una vera discontinuità con le destre. La base politica di quest’azione è nell’attuazione del programma per la pace con il conseguente ritiro delle nostre truppe dall’Iraq e dall’avvio di una politica riformatrice nel campo della politica economica e sociale. Per questo la Dn dà mandato alla Segreteria per avviare le consultazioni con gli altri partiti per la formazione del governo.
Si afferma inoltre che il Governo dovrà caratterizzare la sua azione mettendo in luce il carattere alternativo alle destre delle sue scelte, anche se la gravità della crisi economica, sociale e di civiltà, permeata della politica neoliberista non porta meccanicamente ad una uscita a sinistra.

Sul risultato elettorale (buono al Senato ma sotto le aspettative alla Camera
) i firmatari del documento, hanno proposto di indagare sul differenziale di consenso tra le due camere.
Per quanto riguarda la questione del ruolo dei gruppi parlamentari viene affermata una questione di metodo, secondo cui i gruppi sono autonomi ma mantengono il vincolo di mandato, mentre nel merito, il lavoro da svolgere in parlamento deve vedere in evidenza le questioni della pace , dei diritti, della crisi economica e della situazione sociale.

Sinistra Critica (mozione 4) ha espresso un atteggiamento preoccupato per la vitalità del berlusconismo che ha conquistato metà elettorato. “Questo comporta che l’Unione si trovi in “minorità sociale” e quindi fortemente attratta da una politica neocentrista”.
L’Unione, tutta protesa al dialogo con la Confindustria, non ha scalfito il blocco sociale e culturale che si è formato nell'ambito del berlusconismo, pertanto il governo Prodi, se non sarà in grado di esprimere una linea radicale, potrebbe invece aprire la strada alla grande coalizione.
Quindi, solo dando centralità ai contenuti sociali il prc può sperare di reggere alla pressione durissima che imporrà il vincolo di coalizione e il ricatto del ritorno delle destre.

Per il documento presentato da Ferrando, di Progetto Comunista-Sinistra del prc, la politica di Prodi ha consentito la tenuta di Berlusconi; il voto di aprile ha certamente messo a nudo la crisi del berlusconismo, ma anche l’incapacità di valorizzare il successo da parte dell’Unione. E ciò è dovuto alla scelta di Prodi di lanciare messaggi precisi a Confindustria (Vicenza) e messaggi molto confusi all'elettorato sulla politica fiscale del futuro governo.
Almeno sul piano elettorale, l’alleanza con il centro dell’Unione e quindi col capitale finanziario che lo sostiene non ha pagato.
In campagna elettorale è emersa l’incompatibilità tra le ragioni dei poteri forti, sostenute dai settori liberisti della coalizione e le ragioni dei lavoratori, sostenute dalla sinistra radicale.
A sostenere il carattere antioperaio e antipopolare del centro dell’Unione ci hanno pensato gli esponenti liberali della coalizione che, non solo hanno espresso sostegno a Israele, ma hanno anche prospettato un appoggio a un possibile attacco, anche sotto l'egida dell’Onu, all’Iran; oltre che a esprimere la volontà di fare semplicemente dei ritocchi alla legge 30, e di contenere la spesa pubblica, con il conseguente taglio dello stato sociale ,

La subordinazione al centro liberale costringe le sinistre in un vicolo cieco. L’alleanza della sinistra con il centro liberale, come ha già dimostrato in passato, produrrà effetti negativi che si tradurrano nel contenimento e nella dispersione della stagione dei movimenti del 2001 2003.

Bisogna che le sinistre si riscattino dalla sudditanza al centro con un programma che parta dalle necessità sociali più urgenti (abolizione della legge 30 e pacchetto Treu, aumento dei salari e salario sociale ai disocuppati, nazionalizzazione delle banche e delle aziende in crisi) “per ricondurle ad una prospettiva di alternativa anticapitalistica”.
L’alternativa deve essere costruita dalla forza autonoma delle masse lavoratrici.
La crisi sociale si risolve con la messa in discussione dell’ordine capitalistico, ma le responsabilità di governo con partiti filo-capitalistici impedisce politiche riformatrici , come la realtà francese dimostra.

Il documento presentato da Ferrando termina affermando la necessità di “una verifica del corpo militante del partito sul programma dell’Unione e la collocazione di classe del prc nel nuovo scenario prodotto. L’opposizione di sinistra in Italia non può essere sciolta in un nuovo soggetto “ chiamato ad assemblare e dissolvere l’autonomia formale di comunisti entro una sorta di rifondazione socialdemocratica”.

Nel Comitato Politico di aprile, quello che concretamente ha preparato l'ingresso di Rifondazione al governo, è stato votato il documento proposto dal segretario Bertinotti, appoggiato anche dall’area de “l’Ernesto” , con 29 voti contrari.
Nel documento Bertinotti viene sottolineata “la validità della linea politica sulla quale il partito ha investito”, che ha determinato la fine di un ciclo politico anche se la vittoria è stata risicata.
Occorre però conquistare l’egemonia nella sfera sociale “ Il tema è quella della costruzione di un popolo. L’Unione non può fare come le destre: un impianto riformatore non può essere imposto dall’alto ma deve essere costruito dal basso e dall’alto.” Occorre superare il pericolo della grande coalizione, che rappresenta la vera minaccia per una politica di alternativa.
Secondo la maggioranza occorre abbattere il vecchio concetto del governo come stanza dei bottoni e introdurre il concetto di governo “allargato e coinvolgente”. “La sfida del governo richiede una azione determinata per la coerente applicazione del programma, a partire dall’opzione per la pace e quindi dall’annuncio immediato del ritiro delle truppe dall’Iraq e dall’applicazione del principio affermato con nettezza del rifiuto della politica dei due tempi nel campo delle politiche economiche e sociali. In questo senso, il tema centrale che emerge è quello della lotta a fondo alla precarietà.
Punto centrale, poi, nel progetto bertinottiano è la costituzione della sezione italiana della Sinistra Europea che si realizza “attraverso una costruzione a rete che rifiuti le scorciatoie di assemblaggio dei ceti politici ma che parli di forze reali della politica, sociali, di movimenti, di associazioni, di singoli”, anche se per l’oggi e per il domani Rifondazione continuerà ad esistere cosi come non viene messa in discussione l’autonomia dei soggetti che entreranno nella sezione italiana della SE né della stessa Rifondazione.

Il documento di Progetto Comunista- sinistra prc (respinto con 7 voti a favore) ribadisce le argomentazioni illustrate da Ferrando nella Direzione Nazionale di qualche giorno prima sottolineando che nei fatti “le sinistre e il prc si candidano alla classica funzione di una socialdemocrazia: fare gli ammortizzatori sociali e politici delle misure controriformatrici dei liberali”, rischiando di far fare alle sinistre il lavoro sporco nel risanamento per essere poi scaricate. “La linea di subordinazione delle sinistre al centro dell’Unione - portata avanti in questi anni dai gruppi dirigenti di tutta la sinistra italiana - ha ottenuto un solo risultato: contenere e disperdere le grandi potenzialità di una stagione di lotta, a scapito di un’alternativa e a vantaggio di Berlusconi.”
I fatti di Francia hanno dimostrato che l’opposizione di massa può conseguire risultasti a differenza delle illusorie promesse di conquista fatte da governi con i liberali.
A proposito della sinistra europea Progetto comunista ritiene che la svolta abbia una carattere storico sancisce la dissoluzione di un’opposizione di sinistra in Italia impegnado il Prc in un governo, per la prima volta nella sua storia politica, attorno a un patto di legislatura.
Si combina l’avvio della dissoluzione organizzativa e simbolica del Prc entro un “nuovo soggetto” dichiaratamente non comunista e segnato da un profilo politico e culturale socialdemocratico progressista.
Nella parte finale, Ferrando ribadisce che l’ingresso al governo, anche alla luce del bluff delle primarie di programma, abbinato al rifiuto di una verifica democratica all’interno del partito, sarebbe incomprensibile per una gran parte del partito.

La vittoria dell’unione non giustifica, secondo i compagni di Sinistra Critica i trionfalismi dell’Unione; in sintesi Berlusconi è stato sconfitto, ma il berlusconismo come “biografia di un paese” è ancora forte e presente.
Le elezioni hanno di fatto, con la risicata maggioranza, dimostrato la debolezza di Prodi e la sua vita difficile per il futuro, con una campagna elettorale fatta all'insegna della moderazione e con l'occhio e l'orecchio costantemente attenti ai poteri forti.
Rifondazione ha avuto un risultato buono al Senato ma deludente alla Camera, con la buona affermazione dell'Ulivo, percepito come il soggetto politico più moderno e più in grado di rispondere alle aspettative della gente.
L’appello al senso di responsabilità e il richiamo forte al vincolo di coalizione produrranno una coercizione sul Prc costretto a rispettare l’alleanza per non permettere una rivincita delle destre. Questo può tradursi nella somministrazione di misure indigeribili.” Secondo sinistra critica non esistono oggi le condizioni per una presenza organica del Prc al governo del Paese: né per i contenuti dell’alleanza, né per la qualità della coalizione.
Altra cosa è un sostegno esterno, che permetta la nascita del governo, vincolato alla realizzazione di alcune misure indispensabili. Sarebbe questo il contributo più efficace per permettere al governo Prodi di intraprendere l’unica strada che ha a disposizione, "quella di una reale discontinuità con le politiche liberiste e di guerra dei governi precedenti, compresi i governi di centrosinistra.”
Il documento , respinto con 13 voti a favore, si conclude chiedendo una riforma del partito, con una richiesta di gestione collegiale dello stesso ribadendo la necessità dell’autonomia del partito dal governo.

Il documento che ha tra i primi firmatari Claudio Bellotti per Falce e martello, si apre con considerazioni sulla crisi economica che viviamo, accentuata in misura maggiore in un paese con una economia debole, come quella italiana, che si trasforma in terra di conquista da parte dei capitalisti dei paesi più forti.
Berlusconi ha riproposto, proprio lui, il conflitto di classe dicendo che chi aveva dei privilegi doveva votare lui per continuare ad averli; ha detto che i figli dei professionisti non devono essere uguali a quelli degli operai, ma implicitamente ha detto anche ai proletari che votando lui li avrebbe difesi da chi li minaccia (vedi immigrati). In questo contesto l’arruolamento dei fascisti di varia denominazione non ha avuto solo l’obbiettivo di raccogliere più voti, ma anche di dare legittimità alla lotta contro tutti i diversi.
Critica forte viene espressa nei confronti del concetto lanciato dai bertinottiani e, appoggiato dall’area dell’Ernesto, di governo allargato, “di partecipazione” avendo dimostrato con la formulazione del programma dell’Unione cosa il centro sinistra intende con il termine "partecipazione" .
Certamente Prodi non è disponibile ad operazioni di Grande Coalizione che significherebbero la fine del suo governo. Questo non significa tuttavia che queste operazioni siano impossibili in futuro, al contrario. Per questo il partito non può assumere la posizione di incatenarsi a Prodi e al suo governo, una linea che equivale a restare disarmati di fronte all’inevitabile esplodere delle contraddizioni interne alla coalizione.
Anche i compagni di Falce e martello ritengono indispensabile una svolta nell’orientamento del PRC.
Una svolta profonda come quella che è necessaria non può essere improvvisata in pochi giorni; tuttavia possiamo e dobbiamo sottoporre al partito e alla nostra base di riferimento un bilancio trasparente di questa campagna elettorale: la collaborazione di classe, incarnata dall’alleanza con l’Unione, si è dimostrata incapace di dare il colpo decisivo alla destra perché non può aggredirne le basi sociali e di consenso, che non possono essere distrutte solo con le argomentazioni di tipo democratico (conflitto d’interessi, il “ritorno alla normalità”, ecc.) ma solo attraverso un riscatto dei lavoratori e di tutti i settori sfruttati che rompano le compatibilità imposte da questo sistema e da decenni accettate dalla sinistra e dal sindacato.”

L’ultimo documento che riportiamo è quello presentato dai compagni Benni, D’Angelo, Manocchio,Rancati,Trapassi dell’Area Ottobre, per i quali la vittoria dell’Unione segna una sconfitta di Berlusconi ma non del berlusconismo.
La cacciata di Berlusconi non è di per se sufficiente per sanare i guasti sul terreno sociale e democratico. “La necessità per il Prc di fare la propria parte a garanzia della definitiva “cacciata delle destre” non può essere confusa o resa alternativa alla parallela esigenza di riscontrare, con coerenza ed effettività, l’indirizzo e l’ipoteca connessi con le aspettative di quella parte dell’elettorato, non residuale, che ha identificato nel Prc un riferimento per la prioritaria difesa degli interessi dei ceti non parassitari e per far fare un passo in avanti alla prospettiva dell’alternativa di sistema al capitalismo.” Il futuro impegno di governo potrebbe minare la base dell’autonomia del partito, con le deviazioni che il sottobosco governativo possono creare. I compagni dell’area Ottobre definiscono “spregiudicata la linea seguita fin qui dal gruppo dirigente che potrebbe far ritrovare il partito in un cul de sac, con margini di ritorno sempre più assottigliati, se non addirittura in un rovesciamento di collocazione nello scontro di classe ….. E’ obbligo pregiudiziale salvaguardare il Prc come strumento di classe, rafforzarlo e immunizzarlo dalle conseguenze delle strettoie governiste, mantenere aperti e visibili il carattere e il suo orientamento alternativo al capitalismo; orientamento che rappresenta l’elemento fondante di una presenza effettivamente comunista…….. Rilanciare concretamente l’indirizzo della partecipazione popolare determinante si faccia aspetto che qualifica l’azione per far maturare, dal basso, indirizzi che facciano avanzare la tensione verso l’alternativa di società, si pongano come elementi di sostanziamento della democrazia e di difesa della sua agibilità, risultino un effettivo ed efficace antidoto contro il pericolo delle spinte populistiche”.

In merito agli ordini del giorno presentati nel Cpn di fine aprile merita attenzione non tanto quelli approvati all’unanimità ( su scala mobile, e su silvia baraldini) ma quello proposto da Ferrando, e respinto con i soli voti a favore di Progetto comunista, in cui si chiedeva un assise dei delegati del partito e “avente potere deliberante, sul rapporto tra il nostro partito e l’Unione, il suo programma e il suo governo”.
Progetto Comunista- sinistra del Prc già dopo la direzione nazionale di aprile aveva affermato che non avrebbe appoggiato la deriva governista del gruppo dirigente bertinottiano né si sarebbe rassegnata ad una testimonianza “critica”.
“Ma persino questa proposta democratica elementare è stata respinta dal voto congiunto (!)di Bertinotti, Grassi, Cannavò” nella direzione nazionale. Una loro dichiarazione, tratta da http://www.progettocomunista.it ribadiva la volontà di ripresentare tale richiesta al Cpn ma senza illusioni.
Se il gruppo dirigente del PRC, con l’avallo di Ernesto e Sinistra Critica, manterrà la propria scelta governista e la sottrarrà ad una verifica democratica, procedendo per “fatto compiuto”, Progetto Comunista prenderà a maggio le sue decisioni in connessione con la formazione del nuovo Governo. E le prenderà non “per proprio conto”, non in una logica separata di piccola setta, ma facendo appello a tutti i sinceri comunisti del Partito, ovunque collocati, e a tutti i sinceri comunisti fuori del Partito, per un impegno collettivo comune. Convocando una Assemblea Nazionale a Roma che avvierà il percorso di una Rifondazione Comunista Rivoluzionaria e del suo Partito. Alla Costituente socialdemocratica della Sinistra Europea si contrapporrà così la Costituente Rivoluzionaria dei Comunisti.”

Ferrando aveva chiesto, anche nel Cpn, che almeno su questo punto i compagni de L’Ernesto e di Sinistra critica lo appoggiassero su questa questione di democrazia, ma l’invito non è stato accolto. Ferrando ha poi fatto una dichiarazione in cui di fatto prospettava una scissione, in considerazione che ”siamo nati quindici anni fa come cuore dell’opposizione, contro l’Europa di Maastricht, contro l’alternanza, contro la concertazione. Non possiamo approdare quindici anni dopo, con un paio di ministri, nel governo di Prodi, dei massimi sacerdoti di Maastricht, dei massimi paladini della concertazione. O meglio, possiamo farlo ma non nel nome della Rifondazione comunista. Non nel nostro nome.”

Negli stessi giorni in cui si teneva il Cpn a Roma si consumava la scissione dei compagni che facevano parte, prima, di Progetto comunista.
L’appello alla scissione e alla costituente di un nuovo partito comunista è stato promosso da Francesco Ricci (membro dell’Esecutivo nazionale del Prc) e da dieci membri del Comitato Politico Nazionale del Prc.
Progetto comunista- rifondare l’opposizione dei lavoratori (ROL),nata dalla fuoriuscita di militanti dell’area di Ferrando, nei giorni precedenti la scissione, affermava che“l’imminente ingresso del Prc nel governo Prodi segnerebbe la conclusione del ciclo di Rifondazione come “cuore dell’opposizione” alle politiche padronali e il suo scioglimento di fatto come partito comunista. Il governo che si prepara, infatti, è un governo anti-operaio, con il sostegno della Confindustria. Prodotto di una vittoria elettorale effimera che non ha sconfitto il radicamento reale del centrodestra: a dimostrazione che non si battono i liberali reazionari in alleanza con i liberali confindustriali. La destra si batte nelle lotte, nell'autonomia di classe del mondo del lavoro: come dimostra la grande lezione francese.”
Progetto comunista- rifondare l’opposizione dei lavoratori (ROL) chiedeva ai parlamentari eletti per il Prc di non votare la fiducia al governo Prodi, di non permettere la nascita di un altro governo basato su un programma “lacrime e sangue”, affermando che se il Prc non avesse dichiarato esplicitamente che "nonsosterrà in alcun modo il governo Prodi, la sinistra di Rifondazione promuoverà la scissione da Rifondazione comunista, per garantire l’opposizione dei lavoratori.” fonte http://www.progettocomunista.org

Di fronte alle accuse mosse agli scissionisti Progetto comunista – ROL risponde sostenendo che “oggi non ha più senso fare opposizione all'interno di un partito ormai incatenato alle politiche padronali. Non ha più senso lottare in un partito che ha perso del tutto le sue ragioni di classe, che cancella la storia del movimento operaio. Con questo non diciamo che la maggioranza degli iscritti al Prc non difenda delle ragioni di classe. Ma diciamo anzi che la politica del Prc, la sua collocazione governista, rappresenta una scelta strategica irreversibile. L'unica scelta davvero irresponsabile sarebbe dunque quella di essere consapevoli di questo e continuare imperterriti a restare ancora dentro al Prc a difendere un dibattito inesistente: mentre un sempre maggior numero di militanti, mentre milioni di lavoratori e di studenti assisteranno impotenti e delusi ad una nuova stagione di imbarbarimento sociale, di cui anche il Prc sarà responsabile nei confronti delle classi lavoratrici. E mentre i dirigenti delle "aree critiche" sembrano interessati essenzialmente a concordare con Bertinotti la redistribuzione di posti e incarichi di governo e limitrofi: l'ultima riunione della Direzione nazionale del Prc ha discusso prevalentemente di come ridefinire incarichi e poltrone, nel momento in cui stanno per aprirsi per il gruppo dirigente ampi spazi... ministeri, sotto-ministeri, parlamentari, incarichi vari; e le "aree critiche" - l'area di Grassi in testa- hanno salutato con soddisfazione le "aperture" di Bertinotti su questo terreno.

In precedenza si sono verificati altri casi isolati (un consigliere comunale a San Donà di Piave che abbandona il prc per la sua linea governista continuando la sua attività in un collettivo politico-culturale) , ma che forse hanno anticipato la situazione che vivrà rifondazione nel prossimo lustro se il governo dell’unione reggerà tanto: di fronte ad un partito di governo e fortemente legato alle istituzioni il dissenso non riesce ad essere gestito dallo stesso soggetto all’interno del partito (la famosa teoria del partito di lotta e di governo di leghista memoria) ma esploderà con scissioni più o meno numerose che daranno vita a soggetti che si muoveranno sul terreno locale.

Importante è a tale proposito un invito fatto da Falce e martello.
Claudio Bellotti in un articolo intitolato “Rifondazione dopo il voto, La sinistra europea, il dibattito interno, l’errore scissionista” ricorda che “Ci sono compagni che pongono la questione se questo processo non sia ormai irreversibile, ossia, per dirlo apertamente, se non sia meglio abbandonare Rifondazione e proporsi di costruire una nuova forza comunista all’esterno del Prc. Non è sorprendente che queste posizioni stiano prendendo piede all’interno di Progetto comunista, dal quale si stacca un pezzo che annuncia una scissione dal Prc.
Il problema però non si limita al gruppo di Ricci e Stefanoni. Su questo tema lo stesso Ferrando mantiene, almeno fino ad ora, un silenzio assordante, che ci pare tanto più irresponsabile alla luce del fatto che la tentazione scissionista è ben presente anche nella sua area.
Vogliamo rivolgere un appello chiaro in particolare a quei compagni delle minoranze che sono oggi attraversati dal dubbio se restare o meno nel partito. Uscire dal Prc è un grave errore, una scelta che sottrae forze militanti a un partito che inevitabilmente sarà attraversato da forti dibattiti nei prossimi anni. Questo è tanto più vero considerato che la crisi di prospettiva coinvolge anche le altre minoranze interne al Prc, l’Ernesto ed Erre. Entrambe, infatti, si trovano in una situazione fortemente contraddittoria, chiamate inevitabilmente a gestire le scelte dell’Unione (considerata la loro presenza nei gruppi parlamentari), ma soprattutto messe in difficoltà da un problema di fondo: passato ormai da tempo il congresso, passate anche le elezioni, non è più il momento dei distinguo tattici o delle proclamazioni generali: la linea decisa al congresso di Venezia non solo è maggioritaria, ma è pienamente operante: si può accettarla, magari tentando di condizionare questa o quella sfumatura; oppure si può contrastarla, come noi riteniamo si debba fare, proponendone una alternativa; le vie di mezzo condannano al rischio della confusione politica e dello sfilacciamento organizzativo.
Il voto ha dimostrato come il Prc rimanga un punto di riferimento importante a sinistra, e non poteva essere altrimenti. Proprio le speranze che hanno spinto tanti a votare il partito domani saranno la leva per rimettere in discussione l’attuale corso governista e l’abbraccio, potenzialmente devastante per il partito e per le nostre ragioni, al governo Prodi.
Non è questo il momento di andarsene, questo è il momento in cui più che mai bisogna essere presenti, nel partito e nelle lotte, lavorare con tenacia affinché quelle migliaia di militanti che rimarranno inevitabilmente delusi dall’esperienza governativa possano un domani trovare una proposta differente.
Un’alternativa alla posizione di Bertinotti è certo più che mai necessaria; ma questa alternativa può maturare solo in connessione con la lotta di classe, con l’esperienza che migliaia di compagni faranno nella prossima fase.
Questo non significa che il nostro compito sia di attendere passivamente lo sviluppo degli avvenimenti. Dobbiamo al contrario proporci con sistemacità nel partito e fuori come punti di riferimento per un dibattito che non tarderà a cominciare. Prodi finora può essere prodigo di belle parole e di qualche gesto dal costo limitato, compreso il ritiro delle truppe dall’Iraq, che era comunque stato messo in conto anche dalla destra. Ma ben presto arriveranno i bocconi amari, e allora cominceremo a sentir dire “non è per questo che abbiamo votato contro Berlusconi
”, le mobilitazioni oggi temporaneamente messe in ombra dal processo elettorale, ricominceranno. È quello il terreno sul quale potranno avanzare le posizioni critiche che abbiamo fin qui sostenuto e che indubbiamente troveranno ascolto in fasce sempre più ampie del partito e fra gli attivisti della sinistra in generale.
Sappiamo che la strada che proponiamo non è rettilinea; d’altra parte, quando mai la lotta di classe lo è stata? Ma siamo sicuri che è l’unica sulla quale si può costruire un dialogo fecondo con le forze migliori del Prc e del movimento operaio e far crescere l’alternativa rivoluzionaria.

Intanto come era nelle previsioni Fausto Bertinotti è stato eletto alla presidenza di Montecitorio, dopo aver superato il presidente dei ds D’Alema.
Subito dopo le elezioni anche un democristiano doc, come Clemente Mastella, gli aveva garantito il suo appoggio e quindi del suo personalissimo partito. Fausto è l’uomo giusto per la presidenza della camera, aveva sentenziato Mastella tranne poi scagliarsi contro il metodo dopo le ore di tensioni sui nomi D'alema, Bertinotti.

A proposito di elezioni isituzionali: tra le voci diffusesi dopo i giorni critici per l’elezione di Marini al senato, c’era anche quella che tra i franchi tiratori alla camera ci potessero essere i membri delle minoranze del prc. Ricordando che su questo come su molti altri temi la sentenza sarà dei posteri, cosa faranno i parlamentari di minoranza del prc? Ubbidiranno sempre o cercheranno di mettere qualche sassolino nelle scarpe del gruppo dirigente di Rifondazione?

La nomina istituzionale di Bertinotti ha avuto delle conseguenze inevitabili sul partito.
Già negli incontri degli organi dirigenti di metà aprile si è proceduto ad un sondaggio (LIBERAZIONE DEL 21/04/06) in cui il nome papabile a segretario è quello di Franco Giordano, fino ad ora presidente dei deputati del PRC. Uomo di fiducia di Bertinotti e suo fedele esecutore, la scelta del nuovo “provvisorio” segretario è tutta interna all’establishment bertinottiano.
Non poche fonti , interne ed esterne al partito parlano di Giordano in termini provvisori, in quanto già dai tempi del congresso di Venezia il segretario del dopo Bertinotti ha un altro volto.
Il candidato è un giovane di belle speranze (!), già responsabile degli esteri per il prc, ora anche deputato: l’autorevole membro della mozione I Gennaro Migliore poco più che trentenne.
Ed infatti il cpn del 7 maggio ha eletto Franco Giordano , dopo 12 anni di Bertinotti, come segretario del Partito con il 68,81 % dei voti (cds 8/5/06). Secondo il Corriere anche con qualche voto delle altre mozioni, mentre ufficialmente Progetto comunista ha votato per Ferrando e le altre si sono astenute, lo stesso cpn ha eletto come capogruppo alla camera il compagno Gennaro Migliore.

8 maggio 2006