Rifondazione
alla prova del governo
Il
gruppo dirigente di Rifondazione ha attuato la linea governista uscita vincente
al congresso di Venezia dello scorso marzo. I primi strappi, una scissione,
il caso Ferrando, mentre prende corpo l'alleanza tra la corrente del Segretario
e i compagni de "L'Ernesto". L'invito di "Falce e martello"
a non abbandonare il Partito in questo difficile momento, ma a lottare al suo
interno. Reds - Maggio 2006
La linea strategica di Bertinotti era da anni, nei fatti, incanalata nella
prospettiva di un'alleanza organica con il centro sinistra.
Questa scelta ha preso materialmente corpo nei due CPN pre-elettorali di gennaio
e marzo; nel primo sono stati accuratamente scelti i senatori e deputati funzionali
alla causa, mentre il secondo (con il caso Ferrando) è servito a far
capire che si stava fecendo sul serio e pertanto non c'era spazio per "colpi
di testa".
Qualche cenno sull’argomento Ferrando.
La designazione di Ferrando a senatore aveva prodotto come primo effetto di
seminare scompiglio tra i compagni dell’area della ex mozione tre, (denominatasi
poi "Progetto comunista"). Ricci e altri avevano attaccato sia il
segretario che Ferrando, accusandoli in pratica di un accordo diretto tra
loro, senza nessun coinvolgimento dei compagni che fanno riferimento alla
area Ferrando - Ricci.
In seguito, l’uscita pubblica di Ferrando, a cui la stampa ha dato prontamente
un forte rilievo, sui soldati italiani morti a Nassiria, ha spinto Bertinotti,
per salvare la sua credibilità filogovernista, a cancellare dalle liste
il nome di Ferrando e a sostituirlo con un'altra compagna (una indipendente)!
Questo provvedimento preso da Bertinotti, il quale da tempo conosce le posizioni
di Ferrando, ampiamente manifestatesi in tutte le istanze di dibattito del
Partito, è del tutto ingiustificato. Tanto più che, con sfumature
varie, il giudizio critico sulla questione della presenza e della funzione
delle truppe italiane in Iraq e a Nassiria, è stato espresso non solo
da tutte le opposizioni interne al partito ma anche all'interno della stessa
corrente maggioritaria.
Evidentemente dovremo abituarci nel futuro prossimo a un modo di intendere
il confronto nel partito fato di dibattiti interni in cui ci si può
dire di tutto, e di dibattiti esterni dove le cose che si dicono non devono
far storcere il naso o sconvolgere gli alleati di governo. Come dire: "..al
nostro interno facciamo pure i chiaccheroni, ma all'esterno facciamo vedere
che siamo persone serie..".
La reazione all’interno del partito ovviamente c’è stata,
con in prima fila tutte le anime non bertinottiane a criticare il segretario
(tranne il gruppo di Ricci), ma queste non hanno minimamente sclafito il dato
di fatto incontestabile: da una parte Rifondazione ha accettato un dicktat
esterno, dall'altra le opposizioni interne hanno perso un rappresentante in
parlamento a favore di una indipendente scelta dal segretario e quindi a lui
vicina.
Le elezioni di aprile
Il senato ha visto una rifondazione con un buon risultato, ma alla camera
il traguardo delle europee(6,00%) non è stato raggiunto.
Nella Direzione nazionale tenutasi subito dopo le elezioni è stato
approvato un documento in cui viene affermato che:
a) la destra è sconfitta,
b) non ha senso pensare ad una grosse koalitione, sia perché tradirebbe
la volontà popolare, sia perché violerebbe le aspettative del
popolo dell’unione
c) l'Unione deve assumersi le responsabilità di governo sulla base
del programma e “della costruzione di una relazione intensa, di
una vera alleanza con quella che possiamo considerare la costituzione materiale
dell’unione, le associazioni, i movimenti il popolo della pace”.
Pertanto “l’azione di governo deve caratterizzarsi per una
vera discontinuità con le destre. La base politica di quest’azione
è nell’attuazione del programma per la pace con il conseguente
ritiro delle nostre truppe dall’Iraq e dall’avvio di una politica
riformatrice nel campo della politica economica e sociale. Per questo la Dn
dà mandato alla Segreteria per avviare le consultazioni con gli altri
partiti per la formazione del governo.”
Si afferma inoltre che il Governo dovrà caratterizzare la sua azione
mettendo in luce il carattere alternativo alle destre delle sue scelte, anche
se la gravità della crisi economica, sociale e di civiltà, permeata
della politica neoliberista non porta meccanicamente ad una uscita a sinistra.
Sul risultato elettorale (buono al Senato ma sotto le aspettative alla Camera)
i firmatari del documento, hanno proposto di indagare sul differenziale di
consenso tra le due camere.
Per quanto riguarda la questione del ruolo dei gruppi parlamentari viene affermata
una questione di metodo, secondo cui i gruppi sono autonomi ma mantengono
il vincolo di mandato, mentre nel merito, il lavoro da svolgere in parlamento
deve vedere in evidenza le questioni della pace , dei diritti, della crisi
economica e della situazione sociale.
Sinistra Critica (mozione 4) ha espresso un atteggiamento
preoccupato per la vitalità del berlusconismo che ha conquistato metà
elettorato. “Questo comporta che l’Unione si trovi in “minorità
sociale” e quindi fortemente attratta da una politica neocentrista”.
L’Unione, tutta protesa al dialogo con la Confindustria, non ha scalfito
il blocco sociale e culturale che si è formato nell'ambito del berlusconismo,
pertanto il governo Prodi, se non sarà in grado di esprimere una linea
radicale, potrebbe invece aprire la strada alla grande coalizione.
Quindi, solo dando centralità ai contenuti sociali il prc può
sperare di reggere alla pressione durissima che imporrà il vincolo
di coalizione e il ricatto del ritorno delle destre.
Per il documento presentato da Ferrando, di Progetto Comunista-Sinistra
del prc, la politica di Prodi ha consentito la tenuta di Berlusconi;
il voto di aprile ha certamente messo a nudo la crisi del berlusconismo, ma
anche l’incapacità di valorizzare il successo da parte dell’Unione.
E ciò è dovuto alla scelta di Prodi di lanciare messaggi precisi
a Confindustria (Vicenza) e messaggi molto confusi all'elettorato sulla politica
fiscale del futuro governo.
Almeno sul piano elettorale, l’alleanza con il centro dell’Unione
e quindi col capitale finanziario che lo sostiene non ha pagato.
In campagna elettorale è emersa l’incompatibilità tra
le ragioni dei poteri forti, sostenute dai settori liberisti della coalizione
e le ragioni dei lavoratori, sostenute dalla sinistra radicale.
A sostenere il carattere antioperaio e antipopolare del centro dell’Unione
ci hanno pensato gli esponenti liberali della coalizione che, non solo hanno
espresso sostegno a Israele, ma hanno anche prospettato un appoggio a un possibile
attacco, anche sotto l'egida dell’Onu, all’Iran; oltre che a esprimere
la volontà di fare semplicemente dei ritocchi alla legge 30, e di contenere
la spesa pubblica, con il conseguente taglio dello stato sociale ,
La subordinazione al centro liberale costringe le sinistre in un vicolo cieco.
L’alleanza della sinistra con il centro liberale, come ha già
dimostrato in passato, produrrà effetti negativi che si tradurrano
nel contenimento e nella dispersione della stagione dei movimenti del 2001
2003.
Bisogna che le sinistre si riscattino dalla sudditanza al centro con un programma
che parta dalle necessità sociali più urgenti (abolizione della
legge 30 e pacchetto Treu, aumento dei salari e salario sociale ai disocuppati,
nazionalizzazione delle banche e delle aziende in crisi) “per ricondurle
ad una prospettiva di alternativa anticapitalistica”.
L’alternativa deve essere costruita dalla forza autonoma delle masse
lavoratrici.
La crisi sociale si risolve con la messa in discussione dell’ordine
capitalistico, ma le responsabilità di governo con partiti filo-capitalistici
impedisce politiche riformatrici , come la realtà francese dimostra.
Il documento
presentato da Ferrando termina affermando la necessità di “una
verifica del corpo militante del partito sul programma dell’Unione e
la collocazione di classe del prc nel nuovo scenario prodotto. L’opposizione
di sinistra in Italia non può essere sciolta in un nuovo soggetto “
chiamato ad assemblare e dissolvere l’autonomia formale di comunisti
entro una sorta di rifondazione socialdemocratica”.
Nel Comitato Politico di aprile, quello che concretamente
ha preparato l'ingresso di Rifondazione al governo, è stato votato
il documento proposto dal segretario Bertinotti, appoggiato anche dall’area
de “l’Ernesto” , con 29 voti contrari.
Nel documento Bertinotti viene sottolineata “la validità
della linea politica sulla quale il partito ha investito”, che
ha determinato la fine di un ciclo politico anche se la vittoria è
stata risicata.
Occorre però conquistare l’egemonia nella sfera sociale “
Il tema è quella della costruzione di un popolo. L’Unione
non può fare come le destre: un impianto riformatore non può
essere imposto dall’alto ma deve essere costruito dal basso e dall’alto.”
Occorre superare il pericolo della grande coalizione, che rappresenta la vera
minaccia per una politica di alternativa.
Secondo la maggioranza occorre abbattere il vecchio concetto del governo come
stanza dei bottoni e introdurre il concetto di governo “allargato
e coinvolgente”. “La sfida del governo richiede una azione
determinata per la coerente applicazione del programma, a partire dall’opzione
per la pace e quindi dall’annuncio immediato del ritiro delle truppe
dall’Iraq e dall’applicazione del principio affermato con nettezza
del rifiuto della politica dei due tempi nel campo delle politiche economiche
e sociali. In questo senso, il tema centrale che emerge è quello della
lotta a fondo alla precarietà.“
Punto centrale, poi, nel progetto bertinottiano è la costituzione della
sezione italiana della Sinistra Europea che si realizza “attraverso
una costruzione a rete che rifiuti le scorciatoie di assemblaggio dei ceti
politici ma che parli di forze reali della politica, sociali, di movimenti,
di associazioni, di singoli”, anche se per l’oggi e per il
domani Rifondazione continuerà ad esistere cosi come non viene messa
in discussione l’autonomia dei soggetti che entreranno nella sezione
italiana della SE né della stessa Rifondazione.
Il documento di Progetto Comunista- sinistra prc (respinto con 7 voti a favore)
ribadisce le argomentazioni illustrate da Ferrando nella Direzione Nazionale
di qualche giorno prima sottolineando che nei fatti “le sinistre
e il prc si candidano alla classica funzione di una socialdemocrazia: fare
gli ammortizzatori sociali e politici delle misure controriformatrici dei
liberali”, rischiando di far fare alle sinistre il lavoro sporco
nel risanamento per essere poi scaricate. “La linea di subordinazione
delle sinistre al centro dell’Unione - portata avanti in questi anni
dai gruppi dirigenti di tutta la sinistra italiana - ha ottenuto un solo risultato:
contenere e disperdere le grandi potenzialità di una stagione di lotta,
a scapito di un’alternativa e a vantaggio di Berlusconi.”
I fatti di Francia hanno dimostrato che l’opposizione di massa può
conseguire risultasti a differenza delle illusorie promesse di conquista fatte
da governi con i liberali.
A proposito della sinistra europea Progetto comunista ritiene che la svolta
abbia una carattere storico sancisce la dissoluzione di un’opposizione
di sinistra in Italia impegnado il Prc in un governo, per la prima volta nella
sua storia politica, attorno a un patto di legislatura.
Si combina l’avvio della dissoluzione organizzativa e simbolica del
Prc entro un “nuovo soggetto” dichiaratamente non comunista
e segnato da un profilo politico e culturale socialdemocratico progressista.
Nella parte finale, Ferrando ribadisce che l’ingresso al governo, anche
alla luce del bluff delle primarie di programma, abbinato al rifiuto di una
verifica democratica all’interno del partito, sarebbe incomprensibile
per una gran parte del partito.
La vittoria dell’unione non giustifica, secondo i compagni di Sinistra
Critica i trionfalismi dell’Unione; in sintesi Berlusconi è
stato sconfitto, ma il berlusconismo come “biografia di un paese”
è ancora forte e presente.
Le elezioni hanno di fatto, con la risicata maggioranza, dimostrato la debolezza
di Prodi e la sua vita difficile per il futuro, con una campagna elettorale
fatta all'insegna della moderazione e con l'occhio e l'orecchio costantemente
attenti ai poteri forti.
Rifondazione ha avuto un risultato buono al Senato ma deludente alla Camera,
con la buona affermazione dell'Ulivo, percepito come il soggetto politico
più moderno e più in grado di rispondere alle aspettative della
gente.
“L’appello al senso di responsabilità e il richiamo
forte al vincolo di coalizione produrranno una coercizione sul Prc costretto
a rispettare l’alleanza per non permettere una rivincita delle destre.
Questo può tradursi nella somministrazione di misure indigeribili.”
Secondo sinistra critica non esistono oggi le condizioni per una presenza
organica del Prc al governo del Paese: né per i contenuti dell’alleanza,
né per la qualità della coalizione.
Altra cosa è un sostegno esterno, che permetta la nascita del governo,
vincolato alla realizzazione di alcune misure indispensabili. Sarebbe questo
il contributo più efficace per permettere al governo Prodi di intraprendere
l’unica strada che ha a disposizione, "quella di una reale
discontinuità con le politiche liberiste e di guerra dei governi precedenti,
compresi i governi di centrosinistra.”
Il documento , respinto con 13 voti a favore, si conclude chiedendo una riforma
del partito, con una richiesta di gestione collegiale dello stesso ribadendo
la necessità dell’autonomia del partito dal governo.
Il documento che ha tra i primi firmatari Claudio Bellotti per Falce
e martello, si apre con considerazioni sulla crisi economica che
viviamo, accentuata in misura maggiore in un paese con una economia debole,
come quella italiana, che si trasforma in terra di conquista da parte dei
capitalisti dei paesi più forti.
Berlusconi ha riproposto, proprio lui, il conflitto di classe dicendo che
chi aveva dei privilegi doveva votare lui per continuare ad averli; ha detto
che i figli dei professionisti non devono essere uguali a quelli degli operai,
ma implicitamente ha detto anche ai proletari che votando lui li avrebbe difesi
da chi li minaccia (vedi immigrati). In questo contesto l’arruolamento
dei fascisti di varia denominazione non ha avuto solo l’obbiettivo di
raccogliere più voti, ma anche di dare legittimità alla lotta
contro tutti i diversi.
Critica forte viene espressa nei confronti del concetto lanciato dai bertinottiani
e, appoggiato dall’area dell’Ernesto, di governo allargato, “di
partecipazione” avendo dimostrato con la formulazione del programma
dell’Unione cosa il centro sinistra intende con il termine "partecipazione"
.
“Certamente Prodi non è disponibile ad operazioni di Grande
Coalizione che significherebbero la fine del suo governo. Questo non significa
tuttavia che queste operazioni siano impossibili in futuro, al contrario.
Per questo il partito non può assumere la posizione di incatenarsi
a Prodi e al suo governo, una linea che equivale a restare disarmati di fronte
all’inevitabile esplodere delle contraddizioni interne alla coalizione.”
Anche i compagni di Falce e martello ritengono indispensabile una svolta nell’orientamento
del PRC.
” Una svolta profonda come quella che è necessaria non può
essere improvvisata in pochi giorni; tuttavia possiamo e dobbiamo sottoporre
al partito e alla nostra base di riferimento un bilancio trasparente di questa
campagna elettorale: la collaborazione di classe, incarnata dall’alleanza
con l’Unione, si è dimostrata incapace di dare il colpo decisivo
alla destra perché non può aggredirne le basi sociali e di consenso,
che non possono essere distrutte solo con le argomentazioni di tipo democratico
(conflitto d’interessi, il “ritorno alla normalità”,
ecc.) ma solo attraverso un riscatto dei lavoratori e di tutti i settori sfruttati
che rompano le compatibilità imposte da questo sistema e da decenni
accettate dalla sinistra e dal sindacato.”
L’ultimo documento che riportiamo è quello presentato dai compagni
Benni, D’Angelo, Manocchio,Rancati,Trapassi dell’Area
Ottobre, per i quali la vittoria dell’Unione segna una sconfitta
di Berlusconi ma non del berlusconismo.
La cacciata di Berlusconi non è di per se sufficiente per sanare i
guasti sul terreno sociale e democratico. “La necessità per
il Prc di fare la propria parte a garanzia della definitiva “cacciata
delle destre” non può essere confusa o resa alternativa alla
parallela esigenza di riscontrare, con coerenza ed effettività, l’indirizzo
e l’ipoteca connessi con le aspettative di quella parte dell’elettorato,
non residuale, che ha identificato nel Prc un riferimento per la prioritaria
difesa degli interessi dei ceti non parassitari e per far fare un passo in
avanti alla prospettiva dell’alternativa di sistema al capitalismo.”
Il futuro impegno di governo potrebbe minare la base dell’autonomia
del partito, con le deviazioni che il sottobosco governativo possono creare.
I compagni dell’area Ottobre definiscono “spregiudicata la
linea seguita fin qui dal gruppo dirigente che potrebbe far ritrovare il partito
in un cul de sac, con margini di ritorno sempre più assottigliati,
se non addirittura in un rovesciamento di collocazione nello scontro di classe
….. E’ obbligo pregiudiziale salvaguardare il Prc come strumento
di classe, rafforzarlo e immunizzarlo dalle conseguenze delle strettoie governiste,
mantenere aperti e visibili il carattere e il suo orientamento alternativo
al capitalismo; orientamento che rappresenta l’elemento fondante di
una presenza effettivamente comunista…….. Rilanciare concretamente
l’indirizzo della partecipazione popolare determinante si faccia aspetto
che qualifica l’azione per far maturare, dal basso, indirizzi che facciano
avanzare la tensione verso l’alternativa di società, si pongano
come elementi di sostanziamento della democrazia e di difesa della sua agibilità,
risultino un effettivo ed efficace antidoto contro il pericolo delle spinte
populistiche”.
In merito agli ordini del giorno presentati nel Cpn di fine aprile merita
attenzione non tanto quelli approvati all’unanimità ( su scala
mobile, e su silvia baraldini) ma quello proposto da Ferrando, e respinto
con i soli voti a favore di Progetto comunista, in cui si chiedeva un assise
dei delegati del partito e “avente potere deliberante, sul rapporto
tra il nostro partito e l’Unione, il suo programma e il suo governo”.
Progetto Comunista- sinistra del Prc già dopo la direzione nazionale
di aprile aveva affermato che non avrebbe appoggiato la deriva governista
del gruppo dirigente bertinottiano né si sarebbe rassegnata ad una
testimonianza “critica”.
“Ma persino questa proposta democratica elementare è stata respinta
dal voto congiunto (!)di Bertinotti, Grassi, Cannavò” nella direzione
nazionale. Una loro dichiarazione, tratta da http://www.progettocomunista.it
ribadiva la volontà di ripresentare tale richiesta al Cpn ma senza
illusioni.
“Se il gruppo dirigente del PRC, con l’avallo di Ernesto e
Sinistra Critica, manterrà la propria scelta governista e la sottrarrà
ad una verifica democratica, procedendo per “fatto compiuto”,
Progetto Comunista prenderà a maggio le sue decisioni in connessione
con la formazione del nuovo Governo. E le prenderà non “per proprio
conto”, non in una logica separata di piccola setta, ma facendo appello
a tutti i sinceri comunisti del Partito, ovunque collocati, e a tutti i sinceri
comunisti fuori del Partito, per un impegno collettivo comune. Convocando
una Assemblea Nazionale a Roma che avvierà il percorso di una Rifondazione
Comunista Rivoluzionaria e del suo Partito. Alla Costituente socialdemocratica
della Sinistra Europea si contrapporrà così la Costituente Rivoluzionaria
dei Comunisti.”
Ferrando aveva chiesto, anche nel Cpn, che almeno su questo punto i compagni
de L’Ernesto e di Sinistra critica lo appoggiassero su questa questione
di democrazia, ma l’invito non è stato accolto. Ferrando ha poi
fatto una dichiarazione in cui di fatto prospettava una scissione, in considerazione
che ”siamo nati quindici anni fa come cuore dell’opposizione,
contro l’Europa di Maastricht, contro l’alternanza, contro la
concertazione. Non possiamo approdare quindici anni dopo, con un paio di ministri,
nel governo di Prodi, dei massimi sacerdoti di Maastricht, dei massimi paladini
della concertazione. O meglio, possiamo farlo ma non nel nome della Rifondazione
comunista. Non nel nostro nome.”
Negli stessi giorni in cui si teneva il Cpn a Roma si consumava la scissione
dei compagni che facevano parte, prima, di Progetto comunista.
L’appello alla scissione e alla costituente di un nuovo partito comunista
è stato promosso da Francesco Ricci (membro dell’Esecutivo nazionale
del Prc) e da dieci membri del Comitato Politico Nazionale del Prc.
Progetto comunista- rifondare l’opposizione dei lavoratori
(ROL),nata dalla fuoriuscita di militanti dell’area di Ferrando, nei
giorni precedenti la scissione, affermava che“l’imminente
ingresso del Prc nel governo Prodi segnerebbe la conclusione del ciclo di
Rifondazione come “cuore dell’opposizione” alle politiche
padronali e il suo scioglimento di fatto come partito comunista. Il governo
che si prepara, infatti, è un governo anti-operaio, con il sostegno
della Confindustria. Prodotto di una vittoria elettorale effimera che non
ha sconfitto il radicamento reale del centrodestra: a dimostrazione che non
si battono i liberali reazionari in alleanza con i liberali confindustriali.
La destra si batte nelle lotte, nell'autonomia di classe del mondo del lavoro:
come dimostra la grande lezione francese.”
Progetto comunista- rifondare l’opposizione dei lavoratori (ROL) chiedeva
ai parlamentari eletti per il Prc di non votare la fiducia al governo Prodi,
di non permettere la nascita di un altro governo basato su un programma “lacrime
e sangue”, affermando che se il Prc non avesse dichiarato esplicitamente
che "nonsosterrà in alcun modo il governo Prodi, la sinistra
di Rifondazione promuoverà la scissione da Rifondazione comunista,
per garantire l’opposizione dei lavoratori.” fonte http://www.progettocomunista.org
Di fronte alle accuse mosse agli scissionisti Progetto comunista – ROL
risponde sostenendo che “oggi non ha più senso fare opposizione
all'interno di un partito ormai incatenato alle politiche padronali. Non ha
più senso lottare in un partito che ha perso del tutto le sue ragioni
di classe, che cancella la storia del movimento operaio. Con questo non diciamo
che la maggioranza degli iscritti al Prc non difenda delle ragioni di classe.
Ma diciamo anzi che la politica del Prc, la sua collocazione governista, rappresenta
una scelta strategica irreversibile. L'unica scelta davvero irresponsabile
sarebbe dunque quella di essere consapevoli di questo e continuare imperterriti
a restare ancora dentro al Prc a difendere un dibattito inesistente: mentre
un sempre maggior numero di militanti, mentre milioni di lavoratori e di studenti
assisteranno impotenti e delusi ad una nuova stagione di imbarbarimento sociale,
di cui anche il Prc sarà responsabile nei confronti delle classi lavoratrici.
E mentre i dirigenti delle "aree critiche" sembrano interessati
essenzialmente a concordare con Bertinotti la redistribuzione di posti e incarichi
di governo e limitrofi: l'ultima riunione della Direzione nazionale del Prc
ha discusso prevalentemente di come ridefinire incarichi e poltrone, nel momento
in cui stanno per aprirsi per il gruppo dirigente ampi spazi... ministeri,
sotto-ministeri, parlamentari, incarichi vari; e le "aree critiche"
- l'area di Grassi in testa- hanno salutato con soddisfazione le "aperture"
di Bertinotti su questo terreno.”
In precedenza si sono verificati altri casi isolati (un consigliere comunale
a San Donà di Piave che abbandona il prc per la sua linea governista
continuando la sua attività in un collettivo politico-culturale) ,
ma che forse hanno anticipato la situazione che vivrà rifondazione
nel prossimo lustro se il governo dell’unione reggerà tanto:
di fronte ad un partito di governo e fortemente legato alle istituzioni il
dissenso non riesce ad essere gestito dallo stesso soggetto all’interno
del partito (la famosa teoria del partito di lotta e di governo di leghista
memoria) ma esploderà con scissioni più o meno numerose che
daranno vita a soggetti che si muoveranno sul terreno locale.
Importante è a tale proposito un invito fatto da Falce e martello.
Claudio Bellotti in un articolo intitolato “Rifondazione dopo il
voto, La sinistra europea, il dibattito interno, l’errore scissionista”
ricorda che “Ci sono compagni che pongono la questione se questo processo
non sia ormai irreversibile, ossia, per dirlo apertamente, se non sia meglio
abbandonare Rifondazione e proporsi di costruire una nuova forza comunista
all’esterno del Prc. Non è sorprendente che queste posizioni
stiano prendendo piede all’interno di Progetto comunista, dal quale
si stacca un pezzo che annuncia una scissione dal Prc.
Il problema però non si limita al gruppo di Ricci e Stefanoni. Su questo
tema lo stesso Ferrando mantiene, almeno fino ad ora, un silenzio assordante,
che ci pare tanto più irresponsabile alla luce del fatto che la tentazione
scissionista è ben presente anche nella sua area.
Vogliamo rivolgere un appello chiaro in particolare a quei compagni delle
minoranze che sono oggi attraversati dal dubbio se restare o meno nel partito.
Uscire dal Prc è un grave errore, una scelta che sottrae forze militanti
a un partito che inevitabilmente sarà attraversato da forti dibattiti
nei prossimi anni. Questo è tanto più vero considerato che la
crisi di prospettiva coinvolge anche le altre minoranze interne al Prc, l’Ernesto
ed Erre. Entrambe, infatti, si trovano in una situazione fortemente contraddittoria,
chiamate inevitabilmente a gestire le scelte dell’Unione (considerata
la loro presenza nei gruppi parlamentari), ma soprattutto messe in difficoltà
da un problema di fondo: passato ormai da tempo il congresso, passate anche
le elezioni, non è più il momento dei distinguo tattici o delle
proclamazioni generali: la linea decisa al congresso di Venezia non solo è
maggioritaria, ma è pienamente operante: si può accettarla,
magari tentando di condizionare questa o quella sfumatura; oppure si può
contrastarla, come noi riteniamo si debba fare, proponendone una alternativa;
le vie di mezzo condannano al rischio della confusione politica e dello sfilacciamento
organizzativo.
Il voto ha dimostrato come il Prc rimanga un punto di riferimento importante
a sinistra, e non poteva essere altrimenti. Proprio le speranze che hanno
spinto tanti a votare il partito domani saranno la leva per rimettere in discussione
l’attuale corso governista e l’abbraccio, potenzialmente devastante
per il partito e per le nostre ragioni, al governo Prodi.
Non è questo il momento di andarsene, questo è il momento in
cui più che mai bisogna essere presenti, nel partito e nelle lotte,
lavorare con tenacia affinché quelle migliaia di militanti che rimarranno
inevitabilmente delusi dall’esperienza governativa possano un domani
trovare una proposta differente.
Un’alternativa alla posizione di Bertinotti è certo più
che mai necessaria; ma questa alternativa può maturare solo in connessione
con la lotta di classe, con l’esperienza che migliaia di compagni faranno
nella prossima fase.
Questo non significa che il nostro compito sia di attendere passivamente lo
sviluppo degli avvenimenti. Dobbiamo al contrario proporci con sistemacità
nel partito e fuori come punti di riferimento per un dibattito che non tarderà
a cominciare. Prodi finora può essere prodigo di belle parole e di
qualche gesto dal costo limitato, compreso il ritiro delle truppe dall’Iraq,
che era comunque stato messo in conto anche dalla destra. Ma ben presto arriveranno
i bocconi amari, e allora cominceremo a sentir dire “non è per
questo che abbiamo votato contro Berlusconi”, le mobilitazioni
oggi temporaneamente messe in ombra dal processo elettorale, ricominceranno.
È quello il terreno sul quale potranno avanzare le posizioni critiche
che abbiamo fin qui sostenuto e che indubbiamente troveranno ascolto in fasce
sempre più ampie del partito e fra gli attivisti della sinistra in
generale.
Sappiamo che la strada che proponiamo non è rettilinea; d’altra
parte, quando mai la lotta di classe lo è stata? Ma siamo sicuri che
è l’unica sulla quale si può costruire un dialogo fecondo
con le forze migliori del Prc e del movimento operaio e far crescere l’alternativa
rivoluzionaria.
Intanto come era nelle previsioni Fausto Bertinotti è stato eletto
alla presidenza di Montecitorio, dopo aver superato il presidente dei ds D’Alema.
Subito dopo le elezioni anche un democristiano doc, come Clemente Mastella,
gli aveva garantito il suo appoggio e quindi del suo personalissimo partito.
Fausto è l’uomo giusto per la presidenza della camera, aveva
sentenziato Mastella tranne poi scagliarsi contro il metodo dopo le ore di
tensioni sui nomi D'alema, Bertinotti.
A proposito di elezioni isituzionali: tra le voci diffusesi dopo i giorni
critici per l’elezione di Marini al senato, c’era anche quella
che tra i franchi tiratori alla camera ci potessero essere i membri delle
minoranze del prc. Ricordando che su questo come su molti altri temi la sentenza
sarà dei posteri, cosa faranno i parlamentari di minoranza del prc?
Ubbidiranno sempre o cercheranno di mettere qualche sassolino nelle scarpe
del gruppo dirigente di Rifondazione?
La nomina istituzionale di Bertinotti ha avuto delle conseguenze inevitabili
sul partito.
Già negli incontri degli organi dirigenti di metà aprile si
è proceduto ad un sondaggio (LIBERAZIONE DEL 21/04/06) in cui il nome
papabile a segretario è quello di Franco Giordano, fino ad ora presidente
dei deputati del PRC. Uomo di fiducia di Bertinotti e suo fedele esecutore,
la scelta del nuovo “provvisorio” segretario è tutta interna
all’establishment bertinottiano.
Non poche fonti , interne ed esterne al partito parlano di Giordano in termini
provvisori, in quanto già dai tempi del congresso di Venezia il segretario
del dopo Bertinotti ha un altro volto.
Il candidato è un giovane di belle speranze (!), già responsabile
degli esteri per il prc, ora anche deputato: l’autorevole membro della
mozione I Gennaro Migliore poco più che trentenne.
Ed infatti il cpn del 7 maggio ha eletto Franco Giordano , dopo 12 anni di
Bertinotti, come segretario del Partito con il 68,81 % dei voti (cds 8/5/06).
Secondo il Corriere anche con qualche voto delle altre mozioni, mentre ufficialmente
Progetto comunista ha votato per Ferrando e le altre si sono astenute, lo
stesso cpn ha eletto come capogruppo alla camera il compagno Gennaro Migliore.
8 maggio 2006