Ancora su l'unità a sinistra
Un interessante articolo su questa importante questione che in questo momento sembra essere centrale nel dibattito interno alla sinistra. Di Marco Ferrando(da Liberazione 23/6/09). Reds - Giugno 2009


Imbrogli burocratici o fronte unico di lotta?
La sincera domanda di unità a sinistra si esprime in milioni di lavoratori ed elettori merita un rispetto profondo. Proprio per questo non può essere usata , strumentalmente, dai gruppi dirigenti delle sinistre come leva di una propria autoassoluzione; men che meno come arma impropria di una loro(ennesima) guerra interna “per bande”, a prescindere dal merito politico delle posizioni, dei bilanci, delle prospettive.

Un ciclo politico si è chiuso col fallimento dei gruppi dirigenti della sinistra.
Dopo 15 anni un ciclo politico si è chiuso a sinistra. Quel patrimonio grande di ragioni sociali, energie, aspettative che si era raccolto negli anni 90 attorno al PRC è stato prima colpito dai governi di centro-sinistra – con la corresponsabilità di tutte le sinistre- e poi privato di ogni rappresentanza istituzionale in sede nazionale ed europea. L’ “ unità delle sinistre” non è affatto mancata quando Diliberto, Salvi, Ferrero votavano uniti come un sol uomo missioni di guerra, regalie alle banche, precarizzazione del lavoro. E’ mancata quando gli stessi gruppi dirigenti dovevano contendersi, gli uni contro gli altri, il controllo dei rispettivi partiti e la propria sopravvivenza istituzionale. Non è mancata l’unità quando si trattava di colpire la propria base sociale; è mancata quando si trattava di difenderla. In questa semplice verità sta la radice del disastro politico compiuto, e l’anagrafe impietosa delle responsabilità storiche, incancellabili, degli stati maggiori della sinistra.

Nel nome dell'unità, solo ingegnerie di autoconservazione.
Chiedo: possono oggi candidarsi a ricostruire la sinistra quei gruppi dirigenti che l’hanno distrutta? Tutte le vecchie o nuove formule organizzative e politiche che oggi vengono avanzate , nel nome dell’ ”unità “( “ federazioni, “ costituenti” ecc) hanno un punto comune singolare : la permanenza al posto di comando di tutti i responsabili della disfatta. Di più: ogni formula è confezionata si misura, al di là delle chiacchere, attorno alla sopravvivenza di ruolo, o alle nuove ambizioni, di chi la propugna. In una guerra di tutti contro tutti. La cosiddetta “ federazione” della sinistra alternativa allude alla centralità inamovibile della segreteria Ferrero nel Prc, in perfetto bilanciamento tra minoranze bertinottiane, aree togliattiane ed eventuali “sinistre critiche”. L’ “ unità dei comunisti” allude ad una nuova leadership Diliberto-Grassi a scapito dei Ferreriani. La “ costituente della sinistra” propone la leadership di Vendola-Fava su un nuovo soggetto che rompa il PRC e scalzi Ferrero/Diliberto… Il tutto senza alcun bilancio autentico delle proprie responsabilità verso i lavoratori e senza alcuna svolta strategica di prospettiva e di proposta. Laddove la cosiddetta “ autonomia dal Pd” evocata da Ferrero convive con la continuità inossidabile della propria permanenza nelle giunte più impresentabili di centro-sinistra. E la cosiddetta “Sinistra innovativa” sbandierata da Vendola si candida a negoziare l’ennesimo “ nuovo centrosinistra” con l’atteso D’Alema.

Il PCL non si subordina ai generali della disfatta.
Il Partito Comunista dei Lavoratori non è interessato a queste ingegnerie burocratiche perché ne contesta il presupposto: non ci sarà nessuna via di uscita dalla crisi storica della sinistra senza una svolta radicale di posizioni, programmi, gruppi dirigenti; senza una radicale rottura con la cultura sedimentata del governismo, nazionale e locale; senza il recupero di un programma anticapitalista e rivoluzionario che assuma come unico vincolo l’interesse generale dei lavoratori e del movimento reale, non l’interesse particolare della propria autoconservazione di ceto. Il nostro piccolo partito è nato , in controtendenza, con questa precisa ispirazione di svolta. Per questo non solo non è disponibile subordinarsi ai gruppi dirigenti fallimentari della sinistra , ma assume il cambio radicale di direzione della sinistra italiana come asse centrale del proprio impegno e della propria costruzione indipendente. Anche a partire dall’allargamento, in tutta Italia, delle proprie radici sociali e territoriali.

La nostra battaglia per l'unità di lotta dei lavoratori e delle sinistre.
Significa forse che non ci interessa l’”unità”? Al contrario. Significa che rispondiamo alla domanda unitaria del popolo della sinistra non dal versante del “nostro” interesse di Partito, ma dal versante dell’interesse generale dei lavoratori. In primo luogo – e non da oggi- siamo noi a sfidare all’unità di lotta tutte le sinistre politiche e sindacali di questo paese. Perché non lavorare insieme ad una proposta di unificazione e radicalizzazione della lotta sociale, a partire dalle aziende in crisi? Perché non batterci insieme in una campagna per la nazionalizzazione , senza indennizzo e sotto controllo operaio, delle banche e delle aziende che licenziano o che causano omicidi bianchi? Perché non promuovere insieme sul territorio, a partire dal Nord, strutture unitarie di vigilanza e di controllo operaio e popolare contro il dilagante rondismo xenofobo e la criminalità quotidiana del capitale( sfruttamento del lavoro nero, evasione fiscale, crimini ambientali…) ? Abbiamo avanzato pubblicamente queste e altre proposte unitarie ben prima dell’ultima campagna elettorale, con ripetute lettere aperte e numerosi appelli. Ma nè “ i federatori”, nè i “ costituenti” , nè i retori dell’ “unità comunista” hanno sentito il bisogno di aprire un confronto di merito. Forse che l’unità d’ azione dei lavoratori e delle sinistre nella lotta di classe è meno importante delle sofisticate alchimie del proprio risiko organizzativo?

La nostra proposta di "Parlamento dei lavoratori e delle sinistre".
In secondo luogo, rilanciamo con forza la nostra proposta di Parlamento dei lavoratori e delle sinistre, già avanzata pubblicamente un anno fa, e oggi più attuale di ieri. Se tutte le sinistre sono estromesse da ogni parlamento, perché non lavorare insieme ad un” Parlamento delle sinistre”, quale pubblica tribuna di libero confronto e sede naturale dell’unità d’azione? Un “Parlamento delle sinistre”, come noi li intendiamo, salvaguarderebbe la piena autonomia di ogni sua componente; si baserebbe su una rappresentanza rigorosamente proporzionale dei diversi soggetti politici della sinistra , e sul coinvolgimento attivo del loro popolo, a partire da un elezione democratica, dal basso, delle sue rappresentanze; consentirebbe un dibattito trasparente nella sinistra italiana ove ciascuno si assumerebbe pubblicamente le responsabilità delle proprie posizioni, fuori dalla logica dei cenacoli ristretti e della diplomazia segreta di corridoio; favorirebbe la promozione del fronte unico d’azione, su obiettivi comuni, nel movimento reale delle lotte: e anche per questo dovrebbe aprirsi alla partecipazione piena di tutte le rappresentanze del sindacalismo di classe, dei movimenti di lotta, dell’ associazionismo popolare anti-fascista e anti-razzista… Questa proposta, come si vede, ha una caratteristica molto semplice: non precostituisce egemonie burocratiche a favore di nessuno, nè tutela alcuna rendita di posizione. Muove unicamente dall’esigenza generale di un confronto vero e largo nel popolo della sinistra, e dalla necessità della massima unità di lotta contro il governo Berlusconi e la Confindustria. Il Pcl è disponibile ad essere minoranza in questo parlamento delle sinistre, impegnandosi al contempo in una aperta battaglia per le proprie idee Le altre sinistre sono disponibili a mettersi in gioco in un confronto vero, senza bilancini prefabbricati e reti protettive, rispettando la democrazia del proprio popolo? In conclusione. Il Pcl non ha rendite burocratiche, da difendere ha solo un programma per cui battersi: quello del governo dei lavoratori. Per questo la piena autonomia politica del nostro partito convive con la battaglia per l’unità dei lavoratori. Ciò che non accetteremo mai è la subordinazione del nostro programma , e quindi del nostro partito, al programma di autoconservazione degli stati maggiori della sinistra italiana. Anche quando si maschera , furbescamente, dietro la parola “ unità”.