Unità
a sinistra
Il
lavoro concreto di Rifondazione Comunista per l'unità a Sinistra.
Di Raul Mordenti (da Liberazione 18/6/09). Reds - Giugno 2009
Il mancato raggiungimento del 4% alle elezioni europee ha positivamente riaperto
il dibattito sull'unità a sinistra, ma mi sembra che tale dibattito
rischi di essere inconcludente, e anzi truccato, se non si procede a una preliminare
operazione di pulizia concettuale e, direi, perfino terminologica a cominciare
dalle parole che usiamo, come "sinistra" e "unità".
Ad esempio: la discussione sul voto (e probabilmente anche il risultato elettorale)
avrebbe assunto forme diverse se i compagni Vendola e Bertinotti avessero
detto con chiarezza prima del voto ciò che invece hanno detto solo
dopo, il primo accettando senz'altro la proposta del Pd di Soro di aprire
un tavolo di discussione che escludesse però preliminarmente i comunisti,
il secondo spingendosi addirittura a proporrre un nuovo partito-contenitore
senza riferimenti ideali né di classe, insomma un nuovo Pd (o una corrente
interna/esterna dello stesso Pd). Non per caso il compagno Migliore definisce
"vecchia" e "superata" l'idea delle "due sinistre".
Dunque - pare di capire - per questi compagni di "Sinistra e Libertà"
c'è una sinistra sola, e il Pd di Binetti, Colaninno e Parisi ne fa
parte; ma chi altri oltre al Pd? Anche su questo ora (e solo ora) è
chiarissimo Riccardo Nencini «interprete di tutti i leader delle forze
politiche che hanno dato vita a Sinistra e Libertà» (il virgolettato
è del manifesto , 14 giugno, pagina 8): Ferrero non riceverà
l'invito a discutere dell'unità della sinistra da "Sinistra e
Libertà", anzi afferma Nencini più brutalmente: «Ferrero
è duro d'orecchie: il no a un'ammucchiata indistinta con la sinistra
radicale e antagonista è totale». Sarà invece invitato
d'onore a questa "sinistra" Marco Pannella, ultra-atlantico e ultra-liberista.
Ancora una volta: buono a sapersi, anche se sarebbe stato più onesto
dirlo agli elettori prima del voto europeo. Dunque è con costoro che
si pone il tema dell'unità, ripreso assai polemicamente da Luigi Ferrajoli
su Liberazione dell'11 giugno («non ci sono giustificazioni", "non
è giustificabile", "si sono presentate insensatamente divise»,
e così via) e all'indomani del voto con particolare asprezza da Rossana
Rossanda, entrambi facendo riferimento ad un loro appello di marzo per una
"lista unica". E' il caso di ricordare agli immemori e ai distratti
che quella proposta di "lista unica" (respinta peraltro unanimente
da tutti i destinatari della proposta, non solo dal Prc) prefigurava una sorta
di "Lista Di Pietro" senza Di Pietro, essa cioè avrebbe dovuto
essere priva di simboli, priva di qualsiasi programma elettorale che non fosse
l'opposizione a Berlusconi, priva perfino di riferimenti al futuro schieramento
nel Parlamento europeo, e in essa i partiti non avrebbero dovuto mettere bocca
neanche sui candidati; tutto ciò sarebbe spettato forse a qualche "comitato
di saggi" auto-eletto in quanto espressione della pura e incorrotta "società
civile"; invece ai corrotti partiti e ai loro impuri militanti sarebbe
spettato attaccare i manifesti, distribuire i volantini e disciplinatamente
votare (in verità io vedo proprio in quella proposta quel "sostanziale
disprezzo" del ceto politico per la base militante e l'elettorato che
Luigi Ferrajoli rimprovera invece su Liberazione ad altri). E il manifesto
, sempre specialista nel fare l'autocritica degli altri, non sembra avere
ancora avviato alcuna autocritica seria in ordine ai danni enormi che ha arrecato
a tutti il suo flirtare con il non-voto, la sua proposta di "saltare
un giro" (che conviveva però con il suo sostegno, neanche tanto
implicito, alla lista di Vendola).
Così i comunisti rischiano di essere - come si dice a Roma - cornuti
e mazziati, da una parte essi hanno subìto una scissione irresponsabile,
che guardava al Pd e che, sostenuta apertamente dai suoi media, si poneva
l'obiettivo tattico intermedio il far mancare il quorum alla lista comunista
e anticapitalista, e dall'altra, al tempo stesso, essi sono accusati anche
del catastrofico risultato di quella separazione! Lo stimato compagno Ferrajoli
neppure si pone il problema che forse non era così facile per noi unirci
(per salvare il quorum) con una forza politica che nasceva proprio per separarsi
da noi (e per farci mancare il quorum). Meno che mai questi critici esprimono
un qualche apprezzamento per il processo ricompositivo reale che abbiamo invece
avviato a sinistra con la lista comunista e anticapitalista, prefigurando
un polo politico plurale e unitario ma decisamente autonomo dal Pd, che presentava
assieme Prc, Pdci, i socialisti di Salvi e i Consumatori, e comprendeva anche
autorevoli compagni della "mozione Vendola" rimasti nel Prc, ma
soprattutto tanti indipendenti (circa il 50% dei candidati). La sciocca accusa-ritornello
di essere "identitari" e "vetero-comunisti" sostituisce
qualsiasi analisi seria di ciò che Rifondazione sta tentando di fare
fra immense difficoltà, che risalgono alla fase storica ma anche ai
gravi errori commessi negli anni del sostegno a Prodi.
E allora ecco un altro concetto che va chiarito: avviare un processo di unità
a sinistra (anzi, io credo, un processo da estendere anche all'Italia dei
Valori) e ricercare ostinatamente forme di unità d'azione è
una cosa, lo scioglimento è altra cosa, del tutto diversa.
Allo scioglimento per confluire, prima o poi, nel Pd (che era la vera sostanza
della proposta di Vendola al Congresso) Rifondazione ha detto di no, all'unità
a sinistra sta invece concretamente lavorando. Sì, lo ammetto, siamo
gente un po' strana, gente che pensa che il Pd non sia affatto il partito-guida
della sinistra a cui guardare (magari in cambio di qualche assessorato), gente
che crede che il riferimento alla lotta di classe e alla storia del movimento
operaio sia il fondamento stesso del nostro fare politica (questo significano
per noi la bandiera rossa e la falce e il martello), gente convinta che l'internazionalismo,
la lotta per la pace, per l'ambiente e per la laicità, la lotta attualissima
contro il razzismo, l'omofobia e il fascismo siano i contorni di una identità
politica non solo utile ma più che mai necessaria per contrastare il
micidiale vuoto di senso in cui il berlusconismo si afferma. Chi è
interessato a fare esperienze di unità con noi deve partire da queste
nostre - chiamiamole così - "stranezze" e accettare di camminare
insieme per un cammino lungo di reciproca contaminazione; al contrario, bacchettarci
perché non accettiamo di smettere di essere comunisti non ha nulla
a che fare con l'unità, anzi è il suo contrario, e può
portare solo a nuovi inganni e a nuove divisioni.