COMUNISTI E SINDACATO
DOCUMENTO
FONDATIVO DI REDS SULLA NATURA DEI SINDACATI E IL RUOLO CHE I
COMUNISTI DEVONO SVOLGERVI
gennaio 2001, REDS
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IL PIANO POLITICO E QUELLO SINDACALE
1. Il sindacato è una forma di organizzazione che le lavoratrici e i lavoratori storicamente si sono dati per difendere i propri interessi elementari. Le lotte di carattere salariale sono quelle più tipiche e che più frequentemente vedono protagonisti i sindacati. Seguono nell'ordine quelle contro i licenziamenti, che suppongono un livello di coscienza sindacale più avanzato (sono tipiche in Europa, ma non negli USA). In alcuni periodi di ascesa e radicalizzazione si allarga il numero degli interessi elementari che i lavoratori spingono i sindacati a difendere, ed ecco così apparire le lotte per la riduzione dell'orario di lavoro, e quelle per la previdenza.
2. La necessità di costruire un sindacato appare come un'esigenza appena vi è un gruppo di lavoratori che decide di organizzarsi per difendere i propri interessi elementari. Per questo le classi lavoratrici di tutto il mondo in ogni Paese e in ogni tempo hanno teso a costruire strutture sindacali là dove non esistevano. Si tratta di un comportamento semispontaneo e indipendente dall'orientamento politico maggioritario di quel determinato gruppo di lavoratori. La massa dei lavoratori si aspetta che i sindacati facciano il proprio mestiere, cioè tutelare il salario, il posto di lavoro, la pensione, ecc. Ciò non toglie che la gran parte delle volte i sindacati non rispettino affatto questo mandato o lo portino avanti in maniera del tutto insoddisfacente. I comunisti devono lottare nei sindacati perché questi svolgano sino in fondo i compiti che la massa dei lavoratori si aspetta da loro.
3. Il piano dell'attività sindacale dunque si colloca ad un livello distinto da quello politico. L'attività politica dei lavoratori, normalmente all'interno dei partiti, si pone l'obiettivo strategico della conquista del potere politico. A seconda dell'orientamento del partito, questa conquista può prendere la forma di sempre più consistenti risultati elettorali nella prospettiva di partecipare al governo (partiti riformisti) o del rovesciamento del potere statale (partiti rivoluzionari). Anche i partiti che fanno riferimento alla classe lavoratrice difendono ovviamente gli interessi elementari dei lavoratori (o dovrebbero farlo), ma ciò si inscrive in una strategia di conquista del potere, un fine che invece è escluso dai compiti dei sindacati. Dato che i loro obiettivi sono più limitati, le persone che aderiscono ai sindacati sono sempre più numerose di quelle che militano nei partiti. Un lavoratore può essere assolutamente favorevole a difendere il proprio salario con lo sciopero ma, per quanto contraddittorio ciò possa sembrare, può allo stesso tempo votare politicamente per un partito moderato. E' ovvio comunque che le lotte sindacali, specie se di massa, sono portatrici, indipendentemente dalla volontà dei protagonisti, di una "oggettiva" carica politica: modificano i rapporti di forza tra le classi, e ciò non manca mai di sortire effetti anche sul piano del politico.
4. E'accaduto alcune volte nella storia del movimento operaio che nascessero sindacati che programmaticamente si proponevano di trascendere l'ambito sindacale per invadere quello del politico. E' il caso del sindacalismo anarchico e del sindacalismo rivoluzionario di inizio secolo (consistenti in Francia, Italia, Spagna e America Latina). E' il caso oggi di una parte del sindacalismo di base in Italia. Si tratta di soggetti sindacali che si proponevano e si propongono come soggetti politici concorrenti alla conquista del potere politico (o di spazi su quel piano). Negli anni venti abbiamo avuto il sindacalismo anarchico latinoamericano che organizzava vere e proprie insurrezioni; oggi abbiamo raggruppamenti sindacali che si presentano alle elezioni con programmi politici molto radicali. E' una tendenza dovuta ad un deficit di rappresentanza dei partiti politici, e dunque alcune formazioni sindacali finiscono per svolgere un ruolo di supplenza nel rispondere ad una domanda di radicalità sociale che non trova espressione nei partiti esistenti. Questo ad esempio è quanto è accaduto negli anni venti di fronte alle insufficienze dei partiti socialisti e quando ancora non erano sorti ovunque i partiti comunisti.
5. Lo sconfinamento del sindacato nell'ambito del politico provoca una serie di conseguenze negative. Dato che la gran parte della gente aderisce ad un sindacato, anche fortemente "politicizzato", non per ragioni politiche ma per difendere i propri interessi elementari, lo sconfinamento nel politico da parte dei dirigenti di queste formazioni ci appare qualcosa di forzato e tendenzialmente antidemocratico, in buona sostanza una strumentalizzazione delle richieste che vengono dalla base. Inoltre una "politicizzazione" dei sindacati porta ad un restringimento della loro base, dato che molti lavoratori non accettano di essere strumentalizzati e sono da ciò indotti ad allontanarsi, a volte, anche dall'impegno di carattere sindacale. Infine, quello sindacale si è sempre rivelato un pessimo strumento per far politica. I sindacati che hanno scelto questa strada sono spariti molto in fretta dal palcoscenico della storia, travolti dalla loro intima contraddizione.
6. I comunisti dunque devono lottare in maniera instancabile perché i sindacati portino avanti in maniera radicale e conseguente i compiti che le masse hanno affidato loro, cioè la difesa degli interessi elementari, che i sindacati stessi la gran parte delle volte disattendono. Ma sono contrari ad una loro forzosa politicizzazione che esca dal controllo della base. Sono dunque contrari alla costituzione di sindacati "comunisti" o "rossi", considerandoli delle contraddizioni in termini, in quanto comunista è una categoria politica e non sindacale. Infatti vi è già o dovrebbe esservi un partito che rappresenti i comunisti. Creare sindacati di questo tipo significa solo isolare i comunisti nei propri sindacati e precludere loro nei fatti un contatto quotidiano coi lavoratori di altro orientamento politico. Nei periodi di ascesa, quando a volte nei sindacati si riversa una domanda di rappresentanza politica, i comunisti devono dare a questa domanda una giusta espressione, sullo stesso piano, o facendo sì che il proprio partito sia in grado di dare risposta a queste nuove esigenze espresse dalle masse, o creando uno strumento politico nuovo. Ciò è avvenuto ad esempio alla fine degli anni settanta in Brasile quando i quadri sindacali che diedero poi vita alla CUT, formarono il Partido dos Trabalhadores. Tale decisione non fu presa invece a suo tempo da Solidarnosc, con conseguenze che il movimento operaio polacco sta ancora pagando.
7. Sindacati e partiti devono essere reciprocamente autonomi, e i comunisti devono difendere questa autonomia con forza, coerenza e sincerità, anche nei confronti del proprio stesso partito. Se non viene garantita l'autonomia accadrà nei fatti che le basi dei sindacati saranno usate dai vertici politici del partito. In sostanza i lavoratori dei sindacati saranno espropriati della possibilità di decidere da strutture che non hanno mai eletto né legittimato. Allo stesso modo e per le stesse ragioni un partito non può essere condizionato da un sindacato, perché la base di quel partito ha diritto di decidere e di non essere espropriata in questo diritto da una dirigenza sindacale. Dunque i comunisti devono essere favorevoli a tutte le misure (ad esempio clausole di incompatibilità) che tendono a rafforzare la reciproca autonomia tra il politico e il sindacale, anche quando la mancanza di autonomia potrebbe prendere coloriture "di sinistra".
8. Perché dunque i comunisti devono militare nei sindacati? Essi devono battersi con fermezza e determinazione perché i sindacati assolvano sino in fondo il proprio ruolo, che è di difendere gli interessi elementari della classe lavoratrice. Lotte di questo tipo e l'esistenza di sindacati radicali, creano un clima propizio per la modifica dei rapporti di forza anche sul piano politico nei confronti dei nostri avversari di classe. Una classe sindacalmente attiva guadagna spazio, visibilità, fiducia in se stessa, e crea oggettivamente le migliori condizioni per la crescita dei comunisti. Del resto, la coscienza sindacale, la volontà cioè del lavoratore di difendere collettivamente posto e salario, costituisce il primo gradino necessario, ma non sufficiente, per una presa di coscienza politica: la comprensione che nella società capitalista la lotta per difendere lavoro e salario non avrà mai fine e che dunque occorre lottare per una società nuova. Da una massa di lavoratori privi di coscienza sindacale non ci si può aspettare in alcun modo una coscienza di carattere politico. Un lavoratore che non sa difendere neppure il proprio salario, non sarà certo pronto alla conquista del potere politico. Dunque i comunisti non devono militare nei sindacati con fini nascosti e clandestini agli occhi dei lavoratori e dovrebbero rifiutarsi di usare le lotte di carattere sindacale o le posizioni nei sindacati per fini di tattica politica, essi lavorano semplicemente perché i sindacati facciano sino in fondo il proprio mestiere e devono distinguersi per coloro che con più abnegazione perseguono questo fine. Inoltre militare nei sindacati di massa è utile ai comunisti per "tenere i piedi per terra", per rendersi conto in ogni istante degli umori della propria classe, accorgendosi anche dell'eventuale sua arretratezza ideologica e politica.
9. In tutti i sindacati i comunisti devono lottare per formare aggregazioni non connotate politicamente e autonome da qualsiasi soggetto politico, che si incarichino di portare avanti la battaglia per una linea sindacale coerente con la linea di difesa degli interessi elementari dei lavoratori. Chiamiamo queste aggregazioni "opposizioni sindacali".
10. Il capitalismo, quando può, distrugge i sindacati, anche se sono moderati. E' accaduto in Gran Bretagna ai tempi della Thatcher e negli USA di Reagan. I capitalisti infatti tendono a combattere ogni organizzazione indipendente dei lavoratori, seppure apparentemente inoffensiva. Di propria iniziativa costituiscono sindacati solo se si tratta di contrastare il dominio di altri considerati più radicali (una politica attuata dalla FIAT in Italia con il FISMIC, oppure in tutto il mondo nel dopoguerra con la costituzione di sindacati cattolici), oppure come un ramo dell'apparato statale (come è accaduto in Brasile sino al 1979, o in Italia sotto il fascismo). Di fronte però al successo di massa di sindacati di questo tipo (come fu il caso ad esempio della CISL) i comunisti devono entrare in rapporto con i lavoratori militanti e simpatizzanti di queste organizzazioni, per condurre unitariamente la lotta in difesa degli interessi materiali di classe. I sindacati creati in Russia dalla polizia zarista per contrastare l'ascesa della sinistra divennero il canale del malcontento operaio, e non a caso si tratta dell'esempio più citato da Lenin per argomentare la necessità di lavorare anche in seno ai sindacati reazionari.
I comunisti lottano contro ogni limitazione della libertà di organizzazione sindacale, contro ogni tutela e controllo da parte dello Stato, dei capitalisti, della Chiesa e dei partiti. Inoltre considerano una priorità assoluta costruire sindacati in tutti quei settori della classe lavoratrice che ne sono privi e si impegnano a ricostruirli dalla base quando questi vengono distrutti.11. I sindacati devono esistere anche dopo la conquista del potere da parte dei lavoratori. La libertà sindacale, la possibilità cioè di dar vita a strutture sindacali libere da tutele statali o di partito, è l'indice più sicuro per determinare la sostanza "comunista" di una certa società. Il comunismo non si definisce solo in senso economico (proprietà collettiva dei mezzi di produzione), ma anche in senso politico (autogoverno dei produttori). La politica di un governo che si autoproclama "della classe operaia" può entrare in contraddizione con le esigenze elementari delle masse (nei fatti ciò è sistematicamente accaduto), e queste hanno dunque il diritto di organizzarsi e protestare. Nei fatti in una serie di Paesi che hanno realizzato una rivoluzione che ha espropriato la classe dominante, i sindacati sono (o sono stati) veri e propri apparati dello stato nei quali i lavoratori non hanno la benché minima possibilità di influenza. I comunisti devono dunque difendere in maniera incondizionata il diritto dei lavoratori cubani, cinesi, coreani, vietnamiti a organizzare propri sindacati indipendenti dallo stato.
12. Negli apparati dirigenti dei sindacati grandi e piccoli, si registra sempre una netta prevalenza dei rappresentanti delle etnie dominanti, dei maschi, degli adulti e degli eterosessuali. Troppo spesso ad esempio vediamo categorie composte in maniera assolutamente prevalente da donne ma con direzioni composte da uomini. I comunisti devono battersi perché i sindacati stimolino al loro interno il coordinamento e l'autorganizzazione delle donne, dei giovani, delle etnie oppresse e degli omosessuali. . Le categorie a prevalente composizione femminile (come la scuola ad esempio) hanno il diritto di vedere le donne in maggioranza negli organismi dirigenti. Devono essere garantite negli organismi dirigenti di tutte le categorie quote proporzionali al numero di donne alla base. Queste dirigenti devono essere scelte dalle stesse donne in assemblee apposite, altrimenti c'è il rischio che le donne dirigenti siano scelte in ultima istanza dai maschi e che a questi debbano rendere conto.
LA BUROCRAZIA SINDACALE
13. Il problema prevalente nei sindacati comunque non è certo l'eccesso di politicizzazione, ma il fatto che essi solitamente non svolgono nemmeno il loro compito di difesa minima degli interessi elementari dei lavoratori. L'origine di ciò risiede nel fenomeno della burocratizzazione: nei sindacati si radicano potenti apparati che funzionano coltivando una separatezza dalla base più o meno forte a seconda del contesto. Questo processo si manifesta nei piccoli sindacati in maniera embrionale, non attraverso la presenza di una gran quantità di funzionari che la struttura non potrebbe mantenere, ma con il dominio di un piccolo ceto di leader carismatici inamovibili. Con l'ingrandirsi del sindacato il ceto evolve in burocrazia. Nei sindacati clandestini o comunque perseguitati, data la difficoltà di consolidare un apparato, il problema burocratico o non esiste o è molto ridotto.
14. La burocrazia è costituita tipicamente da un corpo di funzionari distaccatisi dal lavoro. Il distacco dal lavoro comporta una serie di privilegi, quali non essere sottoposti alla routine lavorativa quotidiana alla stregua degli altri lavoratori, rivestire ruoli di prestigio, di responsabilità e di potere per quanto piccoli possano essere, gestire le quote sociali e i fondi dell'organizzazione. I burocrati finiscono così per acquisire interessi propri, separati da (e spesso contrapposti a) quelli della base che dovrebbero rappresentare: loro finalità prioritaria non sarà più quella di difenderne gli interessi, ma salvaguardare le proprie posizioni, i propri privilegi, piccoli o grandi che siano. La burocrazia sindacale si sposta a sinistra, assume cioè posizioni più forti, quando i lavoratori attraversano periodi di radicalizzazione: in questo caso "cavalca la tigre" per non perdere il controllo del movimento. Se non compie queste riconversioni abbastanza in fretta perde larghe fette di consenso a beneficio di nuove burocrazie in ascesa con un profilo più radicale. Nei periodi di riflusso invece la burocrazia può concedersi i peggiori cedimenti nei confronti della controparte, poiché non paga per questo prezzi eccessivi in una base che è passivizzata e dunque non in grado di creare delle alternative. In ogni caso la burocrazia, sia nei periodi di ascesa che nei periodi di riflusso, cerca sempre di evitare uno scontro troppo duro con l'avversario di classe: la sua prospettiva è quella di vivere all'interno di questa società. Teme i sommovimenti, le rivoluzioni e in generale qualsiasi situazione confusa che potenzialmente possa mettere in pericolo la sua sopravvivenza. Quella che i burocrati sindacali amano è un'atmosfera di collaborazione di classe pacata e non conflittuale.
15. Dunque la linea di un sindacato può produrre un effetto positivo per la sinistra non in virtù di una qualche battaglia interna agli apparati, ma grazie al movimento di massa che si produce al di fuori dell'organizzazione e del quale una eventuale opposizione interna può farsi espressione. Nessun sindacato per quanto burocratico è immune dall'influenza di una radicalizzazione di massa. Questa ha persino scardinato il sistema corporativo populista in Brasile alla fine degli anni settanta, ed ha spostato alla sinistra dei sindacati ad egemonia comunista i sindacati gialli costituiti con finanziamenti USA nell'immediato secondo dopoguerra. Per questo nell'attività sindacale i comunisti devono ritenere prioritario l'intervento nella massa, alla base, rispetto a quello interno agli apparati burocratici.
16. La burocrazia costituisce un fenomeno materiale, non ideologico. Quando i lavoratori contestano la moderazione sindacale solitamente la imputano ad una cattiva linea sindacale, ma in questo modo si preparano opposizioni alternative che, una volta conquistata la direzione dell'apparato, riprodurranno gli stessi meccanismi. Le linee sindacali fallimentari sono infatti il frutto dei privilegi che i burocrati posseggono rispetto ai lavoratori e non viceversa. Un burocrate cacciato da un apparato sarebbe costretto a tornare a svolgere un mestiere che gli piace poco, sfruttato e senza potere. Dunque farà di tutto per rimanere attaccato alla sua poltrona. In molte situazioni la burocrazia riceve gratificazioni anche economiche superiori a quelle del lavoratore. In altri casi ancora i burocrati usufruiscono dei dividendi della corruzione statale e padronale. Il legame con i partiti si configura spesso come un'alleanza tra burocrazie con dividendi reciproci: i burocrati "politici" si comprano un po' di pace sociale, quelli sindacali hanno sempre davanti come possibilità la carriera più redditizia e prestigiosa di dirigente politico, amministratore, deputato o ministro. Solo in condizioni di clandestinità l'essere sindacalista è una condizione assai meno privilegiata di quella di lavoratore.
17. La burocrazia è un fenomeno interno alla classe lavoratrice. Non si tratta di "agenti della borghesia" infiltrati nelle file del movimento operaio: tale concezione disarma i lavoratori di fronte ai pericoli della burocratizzazione. Il burocrate nasce sul posto di lavoro, quando i lavoratori delegano uno di loro a svolgere funzioni di rappresentanza. Se questo delegato comincia a non essere mai sostituito e a nutrirsi dei piccoli privilegi dell'attività sindacale e delle soddisfazioni psicologiche che derivano a volte da questa attività, potrà trovarsi in ottime condizioni per ascendere nella gerarchia burocratica sino al distacco completo dal posto di lavoro.
18. Per far funzionare un sindacato di massa del resto occorrono delle persone che se ne occupino professionalmente, che siano cioè distaccate dal lavoro. Non sarebbe altrimenti possibile seguire delle vertenze, spostarsi nelle fabbriche, produrre nuova sindacalizzazione, acquisire la competenza necessaria per affrontare i padroni. I piccoli sindacati che non hanno funzionari vedono in realtà un attivismo forsennato da parte di una ben definita categoria di individui: maschi, senza figli e scarsamente propensi a dividersi con la propria compagna i compiti domestici. Oltre a costoro, se non ci fossero funzionari, alla lunga finirebbero per occuparsi di sindacato i licenziati, i pensionati, gli intellettuali, i figli di gente con soldi. Abbiamo però visto che il fenomeno della burocrazia poggia sull'esistenza di funzionari: come risolvere questa contraddizione? Attraverso una serie di misure antiburocratiche, in ordine di importanza: 1) la rotazione (un funzionario deve tornare a lavorare dopo un certo periodo di tempo), 2) la diffusione dei semidistacchi (metà tempo a lavorare e l'altra metà a fare il sindacalista), 3) la separazione tra ruoli politici e tecnici (i funzionari non devono far parte dei direttivi), 4) salari uguali al livello più basso della categoria che si intende rappresentare.
19. I comunisti devono dare il buon esempio. Devono applicare su di sé, in prima persona, queste misure antiburocratiche anche quando il loro esempio non è seguito dal resto della burocrazia. Un comunista che è da anni ai vertici di un sindacato e/o funzionario a vita è una contraddizione in termini. Quando si contribuisce a creare correnti sindacali radicali nei sindacati burocratizzati, si deve far sì che queste si presentino non solo con proposte di cambiamento della linea sindacale, ma anche con posizioni e una pratica caratterizzate in senso antiburocratico.
20. I sindacati di massa burocratizzati non sono riformabili. Per lo meno questo è ciò che ci insegna la storia. Anche sindacati molto radicali (come la CNT spagnola degli anni trenta) avevano un ceto dirigente inamovibile e non contemplavano alcuna rotazione degli incarichi. I piccoli sindacati hanno un minor grado di burocratizzazione e a volte sono così piccoli che non hanno funzionari. Nessuno di loro comunque fa a meno di un ceto dirigente fisso e di leader carismatici. Sindacati scarsamente burocratizzati, una volta cresciuti, hanno acquisito gli stessi difetti di quelli più grandi e antichi. La storia, a questo proposito, non conosce eccezioni. Deve ancora nascere il sindacato infatti fondato sulla rotazione degli incarichi, unica misura che potrebbe evitare con il tempo la burocratizzazione e dunque l'adozione di linee sindacali moderate. Una linea sindacale radicale non basta ad affermare che vi è assenza di burocrazia. La burocrazia la si riconosce quando vi è un corpo di dirigenti che non accetta di tornare a lavorare se è distaccato o di tornare alla base se è dirigente.
21. Il fatto che non siano riformabili, non significa certo che tutti i sindacati o direzioni sindacali siano uguali. I comunisti devono apprezzare ogni piccolo cambiamento che vada nella direzione di minare il potere burocratico e dunque di avvicinare i sindacati al ruolo che i lavoratori hanno loro affidato, e combattono per questi cambiamenti, facendo sempre presente alla massa quale sindacato sarebbe realmente desiderabile. La lotta dei comunisti dunque all'interno dei sindacati deve essere animata da un profondo scetticismo. Questo scetticismo deve essere comunicato ai lavoratori, perché si rendano conto che, nonostante qualsiasi cambiamento si riesca ad imporre nei sindacati, i lavoratori dovranno sempre e comunque sorvegliare e combattere lo spirito di delega, perché la tendenza alla burocratizzazione pende come una spada di Damocle sui destini dei sindacati. Ciò che è vitale dunque non è la vana attesa di un sindacato "perfetto", ma la lotta stessa per raggiungere questo fine. E' nella lotta antiburocratica che si forgiano i buoni quadri sindacali, ed anche i quadri comunisti. La lotta antiburocratica costituisce per i lavoratori una formidabile scuola di lotta per una società senza oppressori, compresi quelli che pretendono di parlare a nome dei lavoratori. Ne discende anche che i comunisti non dovranno mai essere protagonisti di scissioni organizzative motivate da una linea sindacale moderata. Il problema della scissione si pone solo quando la moderazione delle organizzazioni esistenti non venendo incontro ad un movimento in ascesa minaccia di impedire una sindacalizzazione di massa.
22. L'asse dell'intervento dei comunisti nei sindacati piccoli e grandi dunque deve essere la lotta antiburocratica (o contro i pericoli di burocratizzazione nel caso dei piccoli sindacati). Questa lotta deve essere condotta rifiutando un'esistenza di oppositori totalmente interni agli apparati, e dunque di utili idioti dei burocrati. I comunisti devono spingere perché l'opposizione interna ai sindacati sia fatta non solo all'interno degli apparati burocratici, ma direttamente facendo appello alla base, coinvolgendola, e organizzandola contro l'apparato. I comunisti devono rifiutare compromessi disonorevoli con la burocrazia tesi a guadagnare spazio nell'apparato a scapito della coerenza della propria linea. I comunisti per primi dovranno dare il buon esempio vietandosi i giochi di corridoio, l'inseguimento di posti di direzione non guadagnati nel fuoco della lotta antiburocratica, il quieto vivere e il "rispetto" per i gruppi dirigenti maggioritari. I comunisti devono vietarsi di usare il linguaggio criptico che la burocrazia, come qualsiasi gruppo dominante, adotta per intimorire i lavoratori e nascondere i propri veri obiettivi di autoconservazione. I comunisti devono parlare in maniera chiara, spigolosa e sincera.
LA COLLOCAZIONE DEI COMUNISTI
23. Le vicende della lotta di classe hanno fatto sì che si sedimentassero in ogni Paese diverse organizzazioni sindacali. La frammentazione è particolarmente accentuata in Italia. In queste condizioni si pone il problema di quale organizzazione i comunisti debbano scegliere per investire le proprie energie. I criteri di scelta non devono in alcun modo dipendere dalla giustezza o meno della linea di un sindacato rispetto a un altro. Come abbiamo visto la linea sindacale dipende largamente dallo stato delle masse. I comunisti devono scegliere il sindacato che a partire dal proprio posto di lavoro, poi dalla propria categoria e quindi dall'insieme della classe lavoratrice, permette loro di stare più a contatto con le larghe masse. Ciò può significare in molti casi militare in sindacati apertamente reazionari, se questi raccolgono la massa dei lavoratori di una certa fabbrica, o categoria, o classe. I sindacati devono essere considerati alla stregua di autobus sui quali si sale, ma dai quali si può anche scendere. A noi interessano autobus colmi di gente, perché abbiamo così la speranza di condurre più lavoratori nella giusta direzione, e, se è il caso, di disporre della massa d'urto necessaria per espellere il conducente. Gli autobus sfavillanti e con un conducente davvero in gamba ma dove non c'è sopra nessuno, ci interessano poco: andranno pure nella giusta direzione, ma la cosa non coinvolgerà molto la massa dei passeggeri che, su altri autobus, continuerà ad andare nella direzione sbagliata.
24. Ne deriva che i comunisti non devono coltivare alcuna adesione "politica" o identificazione sentimentale con il sindacato al quale appartengono. Non alimenteranno in alcun modo lo spirito di corpo, il patriottismo organizzativo, ed altri deleteri sentimenti che non fanno altro che aumentare il settarismo tra sindacati. Il settarismo tra sindacati serve solo a compattare le rispettive basi intorno alla propria burocrazia. L'identificazione dei comunisti con un certo sindacato è frutto del disorientamento e della perdita incipiente di identità politica. Si tratta di una degenerazione e come tale deve essere combattuta. I comunisti devono sempre essere pronti a contrastare e addirittura abbandonare il proprio sindacato se ciò è utile agli interessi della classe lavoratrice, non sacrificheranno mai l'interesse della propria classe per salvaguardare gli spazi o il buon nome della propria organizzazione.
25. I comunisti devono lottare instancabilmente per l'unità della classe lavoratrice. Questa lotta può prendere varie forme a seconda della congiuntura e delle condizioni ambientali. All'interno del posto di lavoro significa privilegiare sempre l'azione degli organismi di rappresentanza eletti dai lavoratori (in Italia le RSU) rispetto alle rappresentanze sindacali aziendali. Nella categoria significa ricercare instancabilmente occasioni di lotta unitaria tra sigle diverse rifiutandosi di avallare scelte suicide come l'indizione di scioperi in date diverse per la stessa vertenza. E' meglio un'unica manifestazione con piattaforme diverse che diverse manifestazioni, perché questo solo fatto disorienta e demoralizza i lavoratori e ringalluzzisce i nostri avversari di classe. Quando la frammentazione non è all'interno del proprio posto di lavoro ma tra una categoria e l'altra, i comunisti devono battersi per superare i confini di categoria e fondare camere del lavoro dove siano rappresentati tutti i lavori. A livello dell'intera classe i comunisti devono lottare per l'unificazione di tutte le organizzazioni sindacali. Più linee sindacali possono convivere all'interno della stessa sigla sindacale e confrontarsi liberamente dividendo gli spazi in maniera proporzionale al consenso raccolto presso la base. La divisione organizzativa in più sigle sindacali è solo utile alle diverse burocrazie che temono con l'unificazione di non vedere più salvaguardati il proprio spazio e il proprio potere. Se a livello politico per i comunisti può essere corretto provocare o favorire scissioni qualora il partito nel quale si trovano non risponde più a esigenze complesse come è quella della definizione di una strategia per la conquista del potere, a livello sindacale le cose sono diverse. Non vi è alcuna ragione perché esistano organizzazioni diverse per difendere interessi elementari. Pertanto in campo sindacale i comunisti si devono battere per l'unità nell'azione e per l'unità organizzativa, mentre sul piano politico si devono battere per l'unità della sinistra attraverso la separatezza organizzativa da socialdemocratici ed altri.
26. In presenza di una divisione sindacale come è nella realtà, i comunisti possono decidere anche di militare in sindacati diversi, portando avanti però la stessa pratica e gli stessi principi, volti innanzitutto alla ricerca dell'unità d'azione e d'organizzazione. Se i comunisti condivideranno questi principi non potrà accadere ciò che invece accade quando la politica è debole: che a dettare la linea sindacale del partito siano i rapporti di forza tra le diverse appartenenze sindacali. I comunisti apprezzano le opposizioni in tutti i sindacati esistenti anche quelle non animate da loro e cercano con queste unità nell'azione. Lottano in ogni sindacato per realizzare nell'azione e nell'organizzazione l'unità della classe lavoratrice.
27. I comunisti lottano nel proprio posto di lavoro per combattere lo spirito di delega che alberga nei lavoratori. Nel posto di lavoro il comunista subordinerà questa lotta a qualsiasi altro fine. Per questo farà in modo di non essere un delegato a vita, organizzerà le assemblee in modo che non siano passerelle ma vedano la partecipazione attiva dei lavoratori, si preoccuperà che crescano le loro competenze e la loro voglia di partecipazione, stimolerà la rotazione degli incarichi dando per primo l'esempio.
28. Nei periodi di ascesa accade spesso che la voglia di contare da parte delle masse è tale che i sindacati non riescono più ad essere un canale anche di semplice partecipazione e si presentano invece come una sorta di "collo di bottiglia" rispetto al movimento. Dato che il nostro fine è il protagonismo delle masse, i comunisti dovranno senz'altro dare priorità assoluta alla fondazione e alla gestione di canali ampi di partecipazione (movimenti di Consigli di Fabbrica, assemblee cittadine di lavoratori, comitati di lavoratori, o altro ancora) e porteranno le istanze di questi movimenti all'interno delle strutture sindacali organizzando intorno a queste la propria battaglia politica.
formazione sindacale