Viaggio
all’interno del regime iracheno 1968:
in Iraq il Baath prende il potere. I dirigenti di allora erano
traumatizzati dalle divisioni del corpo degli ufficiali che avevano
provocato dal 1958, una serie di colpi di stato riusciti o abortiti. Nel
1974 c’è stato l’ottavo
congresso del partito, durante il quale sono stati inquadrati due
obiettivi centrali: -
la
subordinazione dell’esercito al controllo del partito, così da ridurre
all’impotenza gli elementi inaffidabili e al contempo indottrinarli; -
ristrutturarlo, modernizzarlo, ampliarlo, in una parola realizzare
la baathizzazione dell’esercito, che è stata necessaria ma non
sufficiente. È per questo che per garantire una maggiore lealtà sono
stati introdotti gruppi
familiari o clanici, secondo uno schema doppio, ossia il partito
controllava l’esercito, il clan controllava il partito, il partito
forniva gli uomini necessari al controllo, il clan garantiva la fedeltà. Sono
stati creati, oltre allo Stato Maggiore, tre centri di controllo:
l’ufficio militare del partito, l’ufficio della Sicurezza Nazionale (
addetto soprattutto all ’ informazione) e reti familiari informali. Grazie
a questa complessa struttura Saddam Hussein ha ottenuto un potere
supplementare sulla gestione e sul controllo della politica interna,
potendo scavalcare la struttura verticale del comando
ed esercitare controllo diretto su qualsiasi settore
dell’esercito. Con
Saddam Hussein l’esercito ha perso il suo ruolo politico. Il
primo Consiglio del comando della rivoluzione (Ccr), che s’era
impadronito del potere nel 1968, era costituito interamente da militari.
Nel 1979, quando Saddam ha concentrato tutto il potere nelle proprie mani,
nel Consiglio non c’erano più ufficiali. Ma
questi cambiamenti strutturali sono stati accompagnati da un profondo
rivolgimento quantitativo. In poco più di due anni le forze armate
vennero decuplicate così da portare il rapporto numerico con la
popolazione dal 6 al 31%. Ma
questa crescita impressionante, che dava al regime tanta stabilità, ha
subito un drammatico arresto durante la guerra con l’Iran. Il paese è
riuscito a riprendersi grazie alla ricchezza derivante dal petrolio e
all’appoggio internazionale e regionale, ma anche grazie all’intreccio
tra patriottismo popolare e nazionalismo ufficiale. Tuttavia questi
fattori non sono riusciti a sanare le difficoltà economiche e la nascente
frammentazione all’interno del regime. Le reti del partito e dei clan si
stavano allentando. L’invasione
del Kuwait, che doveva essere soprattutto una soluzione per questi
problemi interni, risultò, invece , un ulteriore questione a cui far
fronte. La sconfitta e le perdite umane, aumentarono la disgregazione e
favorirono l’ammutinamento. Le rivolte del 1991 (kurda nel nord e sciita
nel sud) segnarono il punto d’inizio della disgregazione
dell’esercito. Ma
come mai un esercito, che era stato ristrutturato in modo tale da dover
essere l’affidabilissimo braccio armato del dittatore, in men che non si
dica si sfaldò? I
soldati erano sfiniti dalla guerra combattuta con l’Iran e non sentivano
appartenergli quella contro il Kuwait. Le reti familiari inviate erano
poco numerose nelle truppe inviate in Kuwait, per cui il controllo del
partito e del clan era minimo. Inoltre,
i bombardamenti alleati sulle truppe del sud, che avrebbero potuto
ribellarsi al regime, finirono per fiaccarli ulteriormente. Mentre
non fu distrutta la Guardia repubblicana per il timore statunitense di una
possibile intromissione iraniana negli affari iracheni. L’unica
sezione dell’esercito, che rimase compatta e fedele al regime , fu
quella che era stanziata al centro del paese: la Guardia repubblicana e
l’alto comando, forze che non essendo state attaccate, riuscirono ad
assicurare la difesa del paese e del regime. La
sconfitta del 1991 porta con sé una crisi strutturale cronica, che investì
vari settori. Tra questi l’esercito, che fu ridotto in modo drastico,
così da dimezzare le spese e rafforzare la fedeltà clanica; il controllo
ideologico realizzato dal Baath si era indebolito; le sanzioni economiche
privavano il governo dell’enorme rendita petrolifera di cui godeva in
passato. Si
venne a creare un nuovo equilibrio tra lo stato e la società, in cui
quest’ultimo non deteneva più
il monopolio del potere economico, essendo venuta meno la rendita
petrolifera che in passato sorreggeva l’economia pianificata. Inoltre vi
fu il declino della classe media salariata, (che rappresentava il grosso
dei sostenitori del Baath ) a
causa dell’iperinflazione che li aveva privati dei loro guadagni e che
li aveva ridotti a vivere con introiti precari. Infine la “legittimità
rivoluzionaria”- che giustificava l’esistenza dei partiti unici e
delle economie statalizzate- subì
un duro colpo dopo il crollo dell’Unione sovietica e degli altri modelli
di partito unico dell’Est europeo e dagli effetti della nascente
liberalizzazione in corso in Medioriente. Conseguenze
furono la spaccatura tra patriottismo popolare e nazionalismo ufficiale,
che scatenarono una dissidenza di massa. Le
risposte del regime, nel giro di dieci anni, furono: riportare l’ordine
nel clan principale, ristrutturare l’esercito, cercare di utilizzare le
tribù di tutto il paese per sostituirle alle organizzazioni del partito,
rinfrescare l’arsenale ideologico e creare nuovi strumenti di controllo
economico. Il
sistema del tribalismo di stato, che integra nell’apparato dello stato i
gruppi tribali per rafforzare il potere di un elité dirigente fragile, fu
integrato dal tribalismo sociale, che consiste nel manipolare o inventare
strutture tribali a partire dal tessuto connettivo di valori parentali,
che sussistono negli ambienti dell’immigrazione rurale e tra gli
abitanti delle città di provincia. Le tribù vengono esonerate dal
servizio militare e ricevono in dotazione armamenti leggeri e mezzi di
trasporto e di comunicazione, funzionando come un’estensione degli
ingranaggi dello stato. Il tribalismo di stato e quello sociale sono
integrati da altri strumenti di mobilitazione e di controllo, tra cui
fondamentale è il rinnovamento ideologico. Il patriottismo iracheno, si
fonde con quello arabo arrivando ad includere anche quello di etnie non
arabe. L’ideologia del parentado è posta al centro dell’arabismo,
facendo derivare il patriottismo arabo dall’elemento ereditario. Un
ultimo elemento che ha contribuito, però, in modo forte alla
sopravvivenza del regime, paradossalmente, sono state le sanzioni. Il
controllo del programma “oil for food” (petrolio contro cibo) e il
conseguente razionamento, ha consentito di trasformare le tessere
annonarie in strumenti di manipolazione e mobilitazione. Alle elezioni
presidenziali del 1995 la partecipazione al voto era la condizione per
poter ottenere la tessera annonaria, che veniva negata ai dissidenti,
reali o presunti. Questa strategia, definita “politica della fame”
diede al regime un potere di controllo sociale infinitamente grande, che
gli ha permesso di arrivare sino alla vigilia dell’invasione
statunitense mantenendo un equilibrio apparentemente saldo, che non è
riuscito a resistere come nel 1991a causa delle differenze con la
precedente guerra. Allora gli Stati Uniti non erano intenzionati a
rovesciare Saddam, gli obiettivi politici e le modalità dello scontro
erano diversi. |