Il libro bianco del lavoro nero

Qualche settimana fa è stato presentato dal Ministro Maroni il cosiddetto "libro bianco" sul lavoro. Ahe!!!! Apriti cielo.

La filosofia di questo libro è la stessa di Confindustria, in altre parole quella della deregolamentazione generale del mercato del lavoro e della marginalizzazione di qualsiasi possibilità dei lavoratori di opporsi a tali politiche.

Lo scopo del libro è quello di mettere in chiaro su quali direttrici il Governo intende muoversi per aiutare il capitalismo italiano di competere nell'ambito dell'UE e con il resto del mondo.

E giù con le loro proposte su come abbattere i costi del lavoro, ovvero abbassare i salari o le tasse ai padroni, su come permettere al padronato di “liberarsi da lacci e lacciuoli”, il che vuol dire precariato generalizzato, libertà di assunzione alle peggiori condizioni e di licenziamento.

Le proposte sono quelle di promuovere una società “attiva” (leggi “schiava”) e un lavoro di qualità (scadente). La parola qualità è molto usata nel documento insieme ad un'altra: flessibilità.

Nell'analisi del mercato del lavoro si sottolinea particolarmente la disoccupazione di lunga durata, la bassa occupazione femminile, le difficoltà per i giovani di inserirsi nel mercato del lavoro e più in generale la difficile situazione al sud (senza però analizzare le cause di questa situazione). Quindi ci dà la soluzione a tutti questi problemi (CHE INTELIGGENTONI). Una delle indicazioni nel libro bianco è quella di superare lo schema della contrattazione nazionale (“dividi et impera”)  e il superamento della concertazione considerato uno strumento obsoleto e troppo pesante in rapporto alla necessità che i grandi affaristi hanno in questa fase, cioè quella di prendere decisioni rapide ( la globalizzazione): d'ora in avanti, sostiene il ministro del governo Berlusconi, gli accordi si fanno con chi ci sta (“il gioco è mio e si fa come dico io”), con buona pace delle dirigenze dei sindacati confederali che dopo esser state usate per far passare accordi sempre peggiori per i lavoratori in cambio di qualche poltrona, ora vengono scaricati come scarpe vecchie.

Si propone il superamento dello statuto dei lavoratori con lo statuto dei lavori (il che vuol dire che quel che conta è solo la funzione non la persona).

Viene poi previsto un ricorso sempre più massiccio all'arbitrato (ovvero alla filosofia del “A cà cummand io!”) per ridurre al minimo il ricorso alla magistratura in caso di licenziamenti: in sostanza si profila una profonda revisione del mercato del lavoro e del suo ordine giuridico.

Sulla flessibilità del rapporto di lavoro il libro bianco è chiaro: i contratti atipici del centro sinistra, che già facevano schifo, sono serviti da apripista, ma adesso sono roba vecchia e si propone di sostituirli con:

Lavoro intermittente: prevede un compenso minimo da dare al lavoratore semplicemente sulla base della sua disponibilità a farsi chiamare al lavoro qualora il padrone ne avesse necessità. La retribuzione reale sarà percepita solo quando si “lavora effettivamente”. Il principio del lavoro intermittente è chiarissimo: consentire al padrone di tenere il

lavoratore sul posto di lavoro solo nel momento in cui è possibile esercitare su di lui il massimo dello sfruttamento per poi dargli un'elemosina quando non serve (come na lampadina de natale);

Lavoro a progetto: una sorta di lavoro autonomo parasubordinato in cui si concordano individualmente tempi e qualità della prestazione e in base al loro raggiungimento si è pagati. Si tratta di un peggioramento dei contratti a termine in cui comunque, anche se solo sulla carta, delle tutele sono previste (malattia, ferie, ecc.). Ridotti a puro strumento di lavoro, insomma come un martello;

Contratti individuali: vengono spacciati come un elemento di affermazione della libertà individuale che oggi sarebbe gravemente ingabbiata dal peso della contrattazione collettiva e dallo strapotere dei sindacati. Maroni però fa finta di dimenticare che oggi i contratti individuali sono già possibili, tant'è che in sede individuale si può tranquillamente derogare al contratto collettivo, ma lo si può fare solo in una direzione, cioè verso l'alto, con regole più favorevoli ai lavoratori di quelle poste dal contratto collettivo. Quello che si vuole quindi è che i contratti individuali possano peggiorare le condizioni stabilite in sede collettiva. Insomma si vuol far si che i lavoratori si vendano all’asta al peggior offerente;

Staf leasing: una modalità di gestione del personale che non esiste in nessun paese dell'Europa continentale, ma solo negli USA. È una forma dilatata e peggiorata di lavoro interinale: il lavoro interinale consente di dare in affitto un lavoratore da parte di un'agenzia specializzata per un tempo circoscritto, viceversa con lo staf leasing si potrebbero affittare in blocco interi gruppi di lavoratori (caporalato), al limite anche tutto il personale di un'impresa, e non per esigenze di carattere temporaneo, bensì a tempo indeterminato ( il precariato infinito). Se ad esempio un imprenditore decide di mettere in piedi un'impresa di consistenti dimensioni, deve mettere in conto il rispetto della legislazione del lavoro. Ricorrendo invece al sistema dello staf leasing, potrebbe permettersi di assumere 4 o 5 lavoratori e poi affittarne 500 rimanendo titolare del rapporto di lavoro solo con quei 4 o 5 e avendo mano libera di lasciare a casa ognuno degli altri non essendo questi suoi dipendenti. Lo statuto dei lavoratori verrebbe in questo modo trasformato in carta straccia.

Pertanto l'azione sindacale in questa impresa sarebbe impossibile in quanto il titolare non è titolare dei dipendenti che lavorano in quella azienda. In questo modo anche se il padrone ti frustasse tu manco alla Madonna puoi andare a chiedere aiuto;

Part time: altro strumento proposto nel libro bianco di Maroni per agevolare i padroni ad avere a disposizione i lavoratori a basso costo e per il “tempo strettamente essenziale”. Di che cosa si tratta? Se si viene assunti a tempo parziale ora potrebbe essere possibile essere impiegati con una modalità oraria variabile, ad esempio: lunedì, martedì, mercoledì, e la settimana successiva il giovedì, venerdì e sabato. Questo è un accordo tra le parti e si chiama clausola elastica. Questa clausola poteva però essere ritirata dal lavoratore con la legge vecchia, la nuova abolisce questa possibilità. Ma qui nasce il problema: c'è la situazione soprattutto delle donne che non sono in grado di offrire una disponibilità di lavoro così ampia, per delle ragioni fin troppo note, e pertanto resterebbe per loro preclusa la possibilità del lavoro. Per queste infatti non si pone proprio il problema del rivendicare il diritto di ripensamento, poiché con questo brutale allargamento della clausole di elasticità diventa impraticabile l'inserimento nel mondo del lavoro.

Appare evidente la contraddizione con lo scopo proclamato nel libro bianco di voler favorire l'occupazione femminile.

Vi è da dire inoltre che con questo decreto sul lavoro a termine non ha più senso la difesa dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che può benissimo essere mantenuto, visto che nei fatti l'imprenditore può utilizzare il contratto a tempo determinato a oltranza e ha quasi tre anni di tempo per capire se il dipendente è o non è utile all'azienda.

Non avendo quindi la forza di toccare l'articolo 18 per la via diretta lo si colpisce per la via traversa.

Ma parliamo dello statuto dei lavoratori, per il quale abbiamo buttato il sangue. Maroni, senza dirlo chiaramente intende superare nei fatti la legge 300. Il Ministro si è chiesto: “Come faccio ad estendere i diritti a tutti i lavoratori?”( che ipocrita!) e il Berlusca: “Semplice livella verso il basso tutte le tutele a tutti I lavoratori!”.

Si dice infatti che si vogliono dare tutele a chi non ne ha, ma naturalmente in cambio bisognerebbe "rimodulare" cioè abbassare le tutele di chi ce le ha: mai che si facesse una parificazione verso l’alto!

Una particolare attenzione merita inoltre l'artificio che sta per essere partorito per velocizzare le cause che hanno al centro il reintegro dei lavoratori ingiustamente licenziati. Insomma le questioni dell'articolo 18 e dell'arbitrato. Non si vuole toccare formalmente la norma dell'articolo 18 ma la si vuole sterilizzare sul piano del diritto processuale, rimettendo le eventuali controversie in materia di licenziamento non più ad un giudice ma ad un arbitro (che in realtà si tratta di un collegio composto non si sa bene da chi) consentendo all'arbitro nel caso in cui si è accertato che quel licenziamento non è giustificato di condannare l'impresa non al reintegro del lavoratore ma a corrispondergli un risarcimento. Oltre tutto questo risarcimento non sarebbe commisurato secondo i criteri del diritto comune (in misura adeguata al danno patito) ma secondo criteri “forfetari”. Se anche il tutto finisse in questo modo (cioè coabitazione dell'articolo 18 con gli arbitri) l'articolo 18 sarà sempre meno difendibile perché oggettivamente la legislazione sarà sempre più flessibile e quindi cresceranno le possibilità date al datore di lavoro di giocare molto su quelle che sono le condizioni del rapporto di lavoro, e chiaramente, dall'altra parte, diventerà molto più complicato per il lavoratore riuscire a tutelare in sede di contenzioso i suoi diritti. Si ridurrà drasticamente, quindi il ricorso alla magistratura da parte del lavoratore licenziato che avrà la netta sensazione di essere sconfitto in partenza. Il lavoratore sarà spinto non a chiedere il rispetto di un suo diritto quanto invece a cercare di recuperare quanto più possibile sotto forma di denaro; cioè l’ennesimo mercato nero.

Ci sono tutte le premesse per uno scontro tra  lavoratori e  padroni, restarne fuori sarebbe uno sbaglio. Un primo grande segnale è già arrivato dalla imponente manifestazione del 16 novembre a Roma dove 300000 operai metalmeccanici sono scesi in piazza per il rinnovo del contratto e “il rispetto della loro dignità”. La Fiom-Cgil ne è stata promotrice; il futuro ci dirà se si tratta di un cambio di rotta o di un modo di salvare la faccia. 

Il passo successivo sarà quello di sviluppare l’autorganizzazione sindacale e la coordinazione con le lotte di studenti medi e universitari, disoccupati, precari per aprire una grande stagione di lotte, autonoma da beghe concertative e partitiche, che ponga con forza la necessità di un reddito d’esistenza garantito per tutti/e slegato dal salario e ad esso cumulabile… chi paga? Chi in questi anni ha accumulato profitti da favola… un tempo si diceva i padroni.

NO ALLE DELEGHE! SI AL SINDACALISMO DAL BASSO!

LAVORO O NON LAVORO  REDDITO GARANTITO

  Risorse Umane Kontro Ogni Logica Alienante

 

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