SVILUPPO E DISOBBEDIENZA

Da Porto Alegre due temi per il dibattito

Agli inizi di Febbraio si è svolto a Porto Alegre, in Brasile, il secondo Forum Sociale Mondiale: uno straordinario momento di dibattito, contaminazione, scontro e incontro che ha visto la partecipazione di 50000 persone appartenenti ad associazioni e gruppi che, in tutto il mondo, si oppongono alla globalizzazione neoliberista e all'Impero. Di seguito pubblichiamo stralci di un'intervista di Jason Nardi, tratta da "Unimondo", a Serge Latouche, intellettuale critico francese presente a Porto Alegre, che espone il suo punto di vista sul Forum e sulle prospettive del "movimento dei movimenti".

Il secondo Forum sociale mondiale di Porto Alegre ha mostrato l'esplodere di presenze e iniziative oltre ogni ottimistica previsione. E' segno della maturazione dei movimenti mondiali? Quali sono le tue impressioni? 

L'esplosione è evidente e molto soddisfacente, perché questo vuol dire che molte persone si oppongono alla mondializzazione liberista… Abbiamo anche parlato di sviluppo e sottosviluppo, c'è un consenso contro la mondializzazione liberista, c'è una crescente coscienza delle ineguaglianze, della povertà, della distruzione ambientale, ecc.causate dalla globalizzazione, ma nelle discussioni sembra che pochi ricordino che anche prima della globalizzazione, che è un processo recente, lo "sviluppo" ha causato gravi ineguaglianze e povertà diffusa. Dunque, si pensa che la soluzione sia di tornare allo sviluppo dei paesi impoveriti, quando invece dovremmo fare una severa analisi critica del concetto stesso di sviluppo, e anche di quello che chiamano "sviluppo sostenibile", per rimettere in questioni le ragioni profonde della mondializzazione liberista e non per sostituirla con una globalizzazione un po' meno selvaggia. 

Naomi Klein, nel suo intervento, ha affermato che bisogna smettere di usare la parola "società civile" e utilizzare invece "disobbedienza civile", segnalando con ciò una chiamata all'azione e la fine della "pazienza" dei movimenti sociali: questa sarebbe la novità. Sei d'accordo? 

Si, sono d'accordo, e metterei comunque sempre "società civile" tra virgolette, e ancor di più "società civile mondiale". Spesso gli avversari, ossia i rappresentanti della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale, dell'Organizzazione del commercio Mondiale, ecc, dicono: "Questi gruppi pretendono di rappresentare la società civile ma non rappresentano nessuno, non sono stati eletti" (In verità neanche loro! N.d.R.). Noi non pretendiamo niente di tutto ciò, e una cosa è certa: non abbiamo il potere. Se si è potuto dire che siamo la società civile è nella misura in cui, di fronte la potere, ci sono dei movimenti che sono l'emanazione della "società civile", delle organizzazioni non governative. Chi contesta il potere non ha necessariamente bisogno di legittimazione. Chi detiene il potere, sì. Davanti alla dittatura del mercato, al totalitarismo di questo sistema economico mondiale, occorre trovare forme di contestazione che possiamo chiamare disobbedienza civile (dopo Genova in Italia si direbbe disobbedienza sociale N.d.R.). 

Queste forme d i contestazione possono essere non violente e legali, e allo stesso tempo considerate "disobbedienza"? 

Alcune volte bisogna uscire fuori dalla legalità, quando questa è profondamente ingiusta e illegittima, perché una cosa è la legalità, un'altra la legittimità. Per esempio, il comportamento di Josè Bovè durante il Forum mondiale dell'anno scorso, quando ha distrutto una coltivazione geneticamente modificata, è illegale, ma le piante geneticamente modificate ci sono imposte in maniera illegittima, e dunque si trattava di contestare la loro legalità. E' vero che non bisogna fare giustizia per conto proprio, ma penso che Bovè abbia avuto ragione di farlo perché è stato violentemente non violento… bisogna andare fino al limite estremo della contestazione, perché una contestazione troppo rispettosa finisce per non essere una contestazione… bisogna dimostrare una certa forza nella resistenza. Quindi quest'idea di disobbedienza civile è valida ma bisogna capire esattamente e concretamente cosa si può fare e con quali mezzi.

 

Per approfondire segnaliamo i seguenti siti: 

www.ecn.org            www.carta.org              www.sherwood.it

e il libro "I naufraghi dello sviluppo", Serge Latouche, Bollati Boringhieri.

 

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