projekt:
valerio bindi
francesca iovino
danijela madacky
joaquìn
marìn màrquez
Sarajevo.
La città è in una conca. Tutt’intorno colline, postazioni
ottimali per un controllo dall’alto, oltre che per case basse, magari
con giardino, che si disperdono con l’aumentare della pendenza. Prima
di raggiungere Sarajevo, molti agglomerati sparsi nella cfampagna e tra
le colline. Praticamente fantasmi di piccoli paesi, con le case ridotte
ormai a scheletri di soli muri, tutti senza tetti, infissi, porte e finestre.
Un paesaggio svuotato, abbandonato, sottratto, che circonda e sui avvicina
alla grande città.
E lì
dentro, ancora molti segni.
I palazzi traforati
e rintonacati, le finestre con i vetri nuovi e quelle che sono ancora
coperte con teli di plastica. Mentre i vuoti, quelli provocati, programmati,
sono squarci nella città, spazi di pericolo potenziale e allo stesso
tempo, aree di riflessione per prossime possibili evoluzioni. Comunque,
territori da attraversare con attenzione. Tanto che al vuoto fisico, concreto,
corrisponde l’abbandono di questi luoghi, come la delimitazione di zone
pericolose al semplice passaggio. Tanto che si preferisce l’asfalto per
sostare, camminare, giocare nella città. Perché è
la parte più sicura, quella più percorsa, quella vissuta
ancora una volta.
Più
luoghi. Sarajevo 1000 giorni di assedio. La
resistenza degli spazi, la resistenza della vita, della forza di recuperare
il proprio ambiente e i propri tempi. Una città che deve essere
'raggiunta' ancora, trasformata e svelata nelle sue molteplici identità.
Per creare una
nuova compenetrazione tra i corpi e gli edifici, le strade e i giardini
che la compongono.
Una deriva intorno
ai percorsi ai mercati ai palazzi. Mentre c'è chi racconta che
la guerra finiva quando la città veniva attraversata un'altra volta,
senza paure. Quando i viali e i ponti erano i passaggi di sempre, quando
lo spazio urbano veniva riposseduto, rioccupato. Una città segnata
ora, dai solchi che perforano l’asfalto, dai buchi che segnano gli edifici,
dai vuoti tra le case e denrto i palazzi. Vuoti presenti, perdite che
sono ora inevitabilmente mancanze. Zone di resistenza e luoghi resistenti
in cui riconoscere ambiti di ricostruzione, di riedificazione, ma soprattutto,
spazi per definire nuovi frammenti urbani. Aree da riempire o da lasciare
libere, verso la costituzione concreta di nuove identità spaziali
per ridefinire e svelare una città che riprende il suo flusso.
Nuove interpretazioni
quindi, e nuove singolarità, emergenze, tracce, da inserire e sviluppare
non soltanto per stabilire presneze o immagini diverse, ma soprattutto
per sottolineare un concreto coinvolgimento e riappropriazione degli ambiti,
dei luoghi, degli attraversamenti e delle ‘mancanze’ che compongono questa
struttura urbana.
Così
si sente il bisogno di agire diretti e visibili tra questi edifici e questi
percorsi.
Mostplaces
- un parco giochi.
La maggior parte
dei luoghi ed anche i luoghi del ponte.Un
parco giochi in mezzo alla città. Un piccolo spazio di divertimento,
di suoni colori parole immagini. Di corpi che dondolano dalle altalene
mentre altri si immergono nella sabbia, di figure che scalano le strutture
bianche d'acciaio lanciando suoni e richiami a chi, in basso si agita
tra i colori. Non c'è nessun limite per partecipare. Tutti possono
essere coinvolti, tutti possono intervenire. I giochi sono semplici, basta
afferrarli, muoversi con loro, lasciare libera la propria espressione.
Ci sono pennelli per i colori e per la scrittura, carta e stoffa su cui
dipingere e proiettare, suoni per immergersi. Alla ricerca di una interazione
continua tra diverse espressioni, diverse forme e differenti modi per
abitare cambiare e riconquistare la città.
MOSTPLACES
Many places.
Any place can be occupied, any space has to be lived. All the city belongs
to who lives it, to who laughs plays moves, goes through its streets.
By tracking little continous furrows, sudden and indistinct signs of a
daily crossing or of a temporary exploration.
Most of places. It's necessary to take possession of unlimited spaces, feel everywhere, be able to change the ordinary vision of a place for spreading the opportunities of interpretation and imagination. I'm here that dwell this place and my own staying or my own crossing conditions the perimeter, the drawing and most of all the appearance of this city. It's not a question of a particular zone on which intervene, on which leave an ended mark, as if what happens it is part of an only border, within an only image in a unique time.
Sarajevo. The resistance of the spaces, the resistance of the life, of the strenght for recovering its own environment and its own times. A city that has to be reached again, transformed and revealed in its manifold identities. To create a new penetration among bodies and buildings, streets and gardens, that form it. A drift around the paths the markets the blocks. While there is who tells that the war ended when the city was crossing one more time, without frights. When the alleys and the bridges were the usual passages, when the urban space was re-possessed, re-occupied. So one feels the necessity to act directly and visibly among these buildings and these paths.
The places of the bridge. It is the passage of the river from a side to the other. They are the artificial links that mark the immediate route, that is transversal, but also the most exposed, in which the shelter is unthinkable and the escape is difficult. This is the space for an enstranging image, for making a stay that means appropriation or re-seizing. That defines the abiding as the unlimited possibility to transform for being able to leave its own trace and for suggesting different directions of change, as a rite for a possible reconstruction.
Mostplaces - a game park. Most of places and also the places of the bridge. A game park in the middle of the city. A small amusement space, with sounds colors words images. With bodies that swing from the swings while others are sunk in the sand, with people that climbs the white iron structures throwing sounds and calls to whom down, fiddles among the colors. There isn't any restriction for joining. Everyone can be involved, everyone can intervene. The games are simple, it's enough to catch it, move with them, let free your own expression. There are brushes for the colors e for the writing, paper and cloth on which painting and showing, sounds for submerging. In search of a continous interaction among different expressions, various forms and different ways for dwelling changing and reconquering the city.