Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Scrivo
sulla violenza contro una donna a Bologna all’uscita
dalla Festa dell’Unità, il 26/8/06.
Violenza – e ripeto che violenza, non tentata violenza, bisogna
chiamarla – contro una donna che ha esposto denuncia
contro sconosciuto e che sta conducendo con eccezionale determinazione
una
battaglia di giustizia contro l’aggressore che è stato
trovato e si trova attualmente agli arresti domiciliari.
Siccome sono vicina alla donna, la mia urgenza di scrivere questa
volta è più forte.
Ma forte sarebbe comunque, perché anch’io mi muovo normalmente
senza un uomo al mio fianco, anch’io mi accuccio a fare la
pipì quando non ci sono bagni nei dintorni, anch’io
vado nei parchi, viaggio, sono curiosa del mondo e di me stessa -
cerco insomma di non pensare che in verità la maggior parte
di questo mondo è stato fatto in modo che io non possa esplorarlo
né viverlo pienamente, se non accompagnata da un uomo, possibilmente
alto, bianco, ben vestito, ed eterosessuale, che giustifichi la mia
presenza lì e che segnali agli altri maschi che io grazie,
sono già a posto così.
La violenza di Via Stalingrado a Bologna è una violenza e
non una tentata violenza. La mia amica è stata aggredita,
strangolata fino a toglierle il respiro. L’aggressore si è interrotto
solo perché al passaggio di qualcuno, ha lasciato un po’ la
presa al collo, lei è riuscita a gridare, e i passanti sono
intervenuti. Lei è stata trovata spogliata, piena di lividi,
di tracce pesantissime sul collo ancora visibili in fotografie fattele
una settimana dopo. E no, non c’è stata penetrazione
- forse è questo quello a cui state pensando. Ma questa non è la
domanda giusta da porsi, neanche di nascosto. Occorre cambiare registro,
perché stiamo parlando di violenza, e non di pornografia.
Ora, ci sono tanti motivi per cui le persone vengono aggredite con
violenza.
A volte mi aggredisci perché vuoi i miei soldi, solo quelli,
e fai il minimo necessario per prenderli.
In alcuni casi però l’odio (o il piacere, a seconda
di come la si guardi) con cui mi aggredisci è perché tifo
per un’altra squadra, a volte perché sono scuro di pelle,
a volte perché ho un handicap, a volte perché sono
lesbica.
Queste si chiamano violenza da stadio, violenza razziale, violenza
contro i disabili, violenza omofoba.
Detto questo, a volte vorresti picchiarmi anche perché sono
ricco da fare schifo. Eppure non lo puoi fare.
A ben guardare la violenza, e l’odio (o piacere) della violenza
si concentrano su gruppi di persone che vengono denigrate da tanti,
per cui solo pochissimi le difenderebbero.
I cosiddetti mostri che aggrediscono non sono figli di un altro
pianeta, sono nati e cresciuti nelle società di questo mondo, che in
questo si assomigliano tutte. È ben vero che hanno dei raptus,
ma aggrediscono sempre persone che sanno di poter aggredire, rendendosi
cosi’ servi di logiche anche molto più potenti di
loro.
Questa società e tante altre nel mondo, attraverso giornali,
sentenze, luoghi comuni di tutti i tipi, hanno dato al nostro mostro
tante buone ragioni per credere se sei maschio, aggredire sessualmente
una donna è facile - ed è probabile che lui l’avesse
già fatto, vista la determinazione agghiacciante delle sue
azioni in Via Stalingrado.
Gli hanno dato anche messaggi più precisi. Il primo è che è ancora
più facile aggredire una donna se è straniera non Europea,
e sta vendendo sesso. Il secondo è che la facilità con
cui puoi aggredire una donna aumenta ancora se sei cittadino europeo,
bianco, e se sei in una coppia eterosessuale con figli.
L'aggressore è infatti un cittadino italiano di Avellino, è autotrasportatore
e vive con una compagna e una figlia di due anni.
Dunque, punto uno, è chiaro a me e a tutte quelle e quelli
che sono vicini a questa storia, che uqesto uomo voleva aggredire
una donna (nonostante abbia detto in varie versioni tra loro diverse
che volesse invece soccorrere una persona di cui non sapeva il sesso,
che cercasse sesso a pagamento, e altre bugie). E le donne
si aggrediscono tradizionalmente attraverso il sesso, oltre che
strozzandole. Questa è violenza
sessuale. La motivazione dell’odio (o del piacere) è che
sia una donna, che sia una donna che non sta al “proprio posto” (in
poche parole non sta con un uomo, e sempre lo stesso) e il modo dell’aggressione è il
sesso. Questo tipo di violenza intendeva compiere l'aggressore, e
ci è riuscito, anche se è stato interrotto prima
di fare tutto quello che voleva fare, forse uccidere.
Punto due, sembra chiaro dalla situazione che l'aggressore è andato
a cercare una donna da aggredire, stuprare e forse uccidere,in
un posto particolare, via Stalingrado, dove si vende e compra sesso.
Cercava di aggredire e forse uccidere una donna che nessuno avrebbe
difeso, né sul momento né successivamente in una denuncia,
perché forse lavoratrice del sesso, forse straniera e perciò privata
dei diritti fondamentali, forse transessuale, forse povera in risorse
economiche, culturali, relazionali, politiche in questo territorio.
Questo confermano le parole di uno degli avvocati dell’aggressore, “Restiamo
convinti che si sia trattato di una brutta disavventura: il comportamento
della donna ha indotto il mio assistito a ritenere che si trattasse
di una persona diversa da quella che in realtà si è poi
dimostrata” (citato da Gianluca Rotondi, il Domani, Domenica
3 settembre 2006, p.7).
In questo senso però la violenza di Via Stalingrado ci dice
che gli aggressori a volte sbagliano almeno in parte, e colpiscono
chi non è così facile colpire.
Questo uomo ha avuto la sfortuna che il suo target fosse una donna
invece ricca in relazioni, senso critico e politico. Una donna
che non è ulteriormente attaccabile per la sua nazionalità né per
il colore della sua pelle, perché è bianca e italiana,
e che non fa un mestiere che la discrimina come la prostituzione.
Questa donna sta reagendo alla violenza conducendo con
eccezionale forza un percorso di denuncia di quest’uomo.
Allora quando gli aggressori hanno la sfortuna, diciamo così,
di aggredire donne che reagiscono e che possono reagire, è importantissimo
che la sentenza, così come la discussione sui giornali, e
il dibattito nostro e di tutti, non si basi né sulla sfortuna
di lui, né sulla forza di lei.
È
importantissimo che non si rafforzi implicitamente l’idea dell’impunità di
certe categorie di persone (maschi, bianchi, italiani, sposati con
figli, incensurati) e dell’attaccabilità di altri gruppi
(donne, che non stanno “al loro posto”, che non stanno
a casa, che non stanno nel proprio paese di origine, che cercano
l’indipendenza economica e di altro tipo). Il messaggio che
deve passare è che nessun’uomo, di qualunque colore,
nazionalità, mestiere, status di famiglia, orientamento sessuale, è autorizzato
ad attaccare nessuna donna, qualunque sia il suo colore, nazionalità,
mestiere, sessualità.
Una nota finale: non si sopporta più questo parlare di istinti
sessuali per un violentatore. Dire che lui aveva degli impulsi sessuali
(è stato detto che non riesce a controllarli) significa sottointendere
che avrebbe potuto incanalarli con la sua compagna, o con una lavoratrice
del sesso, o in un incontro allegro magari proprio alla Festa dell’Unità da
cui la mia amica stava uscendo.
Ma uno che ti salta addosso e ti strozza è perché vuole
aggredirti, non è perché ha degli istinti sessuali,
magari di per sé innocui, simpatici, o addirittura naturali!
amicacontroviolenza