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C
Forse anche tu come noi / Betty*?
Stai allenando il tuo corpo al desiderio, stai giocando
nei luoghi pubblici e privati della tua vita per riappropriarti di una
più alta qualità delle relazioni, stai sperimentando un
modo più significativo e più divertente, seducente e,
perché no, anche provocatorio per incidere sul mondo.
Anche tu come noi hai fatto la gelataia, la barista, la commessa, la
telefonista in un call center e l'hostess al Motor Show per pagare l'affitto,
le bollette, le tasse universitarie e l'aperitivo, aspettando di occupare
il tempo rimasto con attività ben più desiderabili anche
se per niente redditizie.
Eppure anche tu come noi, credi che questa femminilizzazione
del lavoro non sia solo una sfiga ma anche una possibilità.
E' innegabile, infatti, che nella tua come nella nostra vita tutto sia
precario e flessibile, che il tempo di lavoro e quello del non lavoro
si confondano fino ad invaderne ogni momento, che quella somma di diritti
sindacali delle "nostre mamme" non c'entrano poi molto con
noi donne CoCoCo.
Anche tu come noi non hai abbastanza certezze, sia in termini economici
sia in termini di stabilità del posto di lavoro, per pianificare
la tua vita a lungo termine e per fare scelte importanti come ad esempio
quella di avere un figlio.
Ma non è solo questo. Grazie al cielo o grazie alle femmine!
E' anche vero che lavorare ad orari strani e fare cose molto diverse
tra loro forse permette a te come a noi di sperimentarci secondo la
nostra creatività e di valorizzare attraverso percorsi lavorativi
non canonici i nostri desideri e le nostre capacità.
Forse questo benedetto farsi donna del lavoro apre allora anche degli
spazi di agibilità e di relazione nei quali è più
bello lavorare, dove la cooperazione e le relazioni trasversali sono
saperi da mettere a valore e in grado di ridefinire il potere, sottraendone
il carattere di arbitrarietà che gli è proprio, dove si
possono creare modi altri per mettere in discussione e decostruire il
contesto socio-economico e politico di cui fai parte. Spazi in cui si
può ripensare il conflitto.
Forse anche tu come noi hai questa percezione della realtà perché,
per onestà intellettuale, sai di non appartenere ad una fascia
sociale disagiata, di essere inserita in quanto cittadin@ italian@ nat@
o diventat@ e di avere avuto il tempo e il modo di acquisire saperi
ed esperienze messi in gioco in una serie di relazioni significative
vissute in luoghi densi di stimoli.
Forse anche tu come noi, hai avuto il coraggio di farti autodidatta
e di crearti delle professionalità attraverso un paziente patchwork
di competenze, realizzato un po' qua e un po' là, dai lavori
precari passando attraverso le attività negli spazi sociali.
E per questo, anche tu come noi, puoi guardare allo stato attuale del
mondo del lavoro oltre la prima necessità e da qui vuoi ripartire
per dare vita a strategie di liberazione.
Noi abbiamo "liberato" il nostro tempo immaginando e creando
un sexy shop, e non a caso. Ci siamo guardate attorno e abbiamo scoperto
che un vibratore ci rappresentava più degli zoccoli e delle gonne
a fiori, simboli del femminismo anni '70.
E poi che eravamo più interessate a praticare delle dinamiche
di rete trasversali che ad assumere quelle "orizzontali",
spesso solo ostentate e non realizzate, che appartengono al movimento
di cui facciamo parte.
L'interfaccia tra noi e questo movimento, i femminismi, il mondo
tutto, è un divano di peluche circondato da oggetti desiderabili.
Abbiamo voluto "liberare" farfalle, palline, vibratori e dildi
dalla carica negativa che è stata loro cucita addosso; abbiamo
pensato che in un ambito colorato e fantasioso gli oggetti "del
piacere" potessero essere finalmente agiti anche dalle donne e
da tutt@ quell@ che decidono di arricchire il loro immaginario.
Questa esperienza ha rappresentato per noi lo strumento attraverso cui
abbiamo fatto nostra la storia dei femminismi ed elaborato un percorso
nuovo che valorizza le varie soggettività e che fa del desiderio
il centro delle sue relazioni e dei suoi progetti poiché siamo
convinte che non ci sia nulla di cui non si possa parlare e che non
si possa esibire.
Abbiamo espresso questo desiderio connettendo e confondendo linguaggi
diversi, la musica e la cioccolata per lanciare una campagna contro
la violenza sulle donne, il rhum e i trucchi per presentare un libro
sulla realtà trans, le creme per i massaggi e il cibo afrodisiaco
per un convegno sulla prostituzione, i video proiettati su teli di tulle
per parlare di biotech, la grafica e il colore per difendere il diritto
all'aborto, creando situazioni che stimolano il senso critico e il gioco,
l'appetito e il buonumore!!!
La nostra parola d'ordine è contaminazione e "LA NOSTRA
LEGGE E' IL DESIDERIO"**.
Non l'hai forse fatto anche tu? Non ti sei fatta anche tu trascinare
dal desiderio? Non senti anche tu che il corpo è teso al piacere?
E non pensi che soddisfarlo significa sia sperimentare e sperimentarsi
nell'assoluto rispetto di sé e dell@ altr@ ma anche diffonderlo
affinché tutti possano goderne?
Anche tu come noi credi che sia sui corpi che oggi si giocano
le battaglie politiche che più stringono le maglie delle libertà
personali e collettive.
Il corpo è quell'elemento fondamentale che mette in contatto
l'uomo e la donna con il mondo costruendo attorno a sé una fitta
rete di relazioni. Sono queste relazioni che raccontano la storia delle
persone. Eppure c'è molta gente che ancora ricollega
l'espressione della vita alla foto di un embrione: e pensare che nessuno
l'ha mai incontrato per strada!
Anche tu come noi pensi che le Tecniche di Riproduzione Assistita o
l'aborto sono o dovrebbero essere degli strumenti medici e scientifici
al servizio del desiderio di maternità delle donne "reali"
e che le leggi dovrebbero regolamentarne l'utilizzo, permetterne il
più ampio accesso tramite la difesa della sanità pubblica
e non trasformarsi in una guerra contro il diritto all'autodeterminazione
delle donne. In gioco ci sono il diritto ad una maternità consapevole
e la messa in discussione della legge italiana sull'aborto (194) che
pure giudichiamo non perfetta.
Anche tu come noi pensi che non esistono "donne per bene"
e "donne per male", madri "nate" e donne che abortiscono,
caste e pure verginelle e donne dedite al piacere, donne "sane"
e donne "malate", donne che consumano le loro relazioni sessuali
solo all'interno della famiglia e donne che fanno del rapporto sessuale
anche una merce di scambio.
Non esiste in natura una linea di confine che separa così nettamente
il lecito dall'illecito, solo esistono leggi che giuridificano questa
distinzione e che vi associano un valore morale.
Pensi allora che la nuova legge sulla prostituzione, che pianifica gli
eros centers e limita le "zone" urbane in cui sia possibile
esercitarla, attua una rigida restrizione del diritto a prostituirsi
liberamente, sancito in Italia dalla legge Merlin, e che è un
atto di inciviltà costringere le lucciole alla reclusione in
erosmarket ed al check in sanitario coatto. Inoltre, questa legge che
si fregia di una particolare attenzione verso i problemi legati alla
prostituzione coatta in realtà, togliendo le prostitute e i prostituti
dalle strade, fa un favore alla criminalità organizzata che ne
gestisce il mercato, permettendole di garantirsi i proventi senza incappare
in "fastidiosi" operatori sociali.
Allo stesso modo pensi che la riesumazione dell'art.85, "travestitismo",
ossia mascheramento della propria identità punibile col ritiro
del passaporto, ecc., che più volte in questi mesi transgender
italian@ si sono vist@ applicare nonostante le battaglie vinte in vent'anni
di lotte, è un tuffo nel passato.
Pensi, infatti, che se le persone vogliono travestirsi e ricercare così
la propria identità, al di là di ogni rigida definizione,
impedire che esse lo facciano o criminalizzarle è una violenza
ingiustificata.
Il senso comune che ha portato alla formulazione ˆ compiacente
ˆ di questa legge è lo stesso che si limita a guardare all'apparenza
delle cose, al cosiddetto degrado di un paio di tette al vento, e non
sa guardare in faccia alla violenza che tutti i giorni si consuma nelle
strade e nelle case.
*Betty ha tante identità e nessuna e per questo
non può essere rappresentata, non ha genere perché love
tutt@, Betty non ha colore perché ama il melange (anche se ha
qualche inclinazione per il rosa), Betty è poliglotta, Betty
è nomade, Betty non ha bisogno di documenti di soggiorno perché
ha avuto la fortuna (finora) di essere cittadina.
Betty è il nome collettivo delle donne del sexy shock.
**(thank's to A/MATRIX).