RITORNO AD ELEUSI
Gilberto Camilla Psicoanalista, Direttore Scientifico di Altrove
L'autore analizza le strutture sciamaniche relative ai Matses, popolazione
indigena del Perù nord-orientale, alla cui base si trova l'uso rituale di
piante allucinogene. Particolarmente interessante è la descrizione
dell'esperienza visionaria vissuta da Gorman stesso e la sua testimonianza
diretta della vita in un villaggio Matses.
Ad Albert Hofmann, perché possa veder realizzato il suo sogno di una
Eleusi contemporanea, per un ?mondo migliore senza guerre né catastrofi
ambientali, per un mondo abitato da uomini più felici?
Eleusi ieri ed oggi
Eleusi (l’attuale Elefsina), distante da Atene una ventina di chilometri in
direzione Ovest, fu fino al IV secolo dell’era cristiana la sede del culto
misterico più famoso e più importante di tutto il mondo antico. Oggi però
chi visita il suo santuario trova solo un ammasso di rovine appartenenti a
periodi diversi, e tra queste gli è difficile immaginare l’antico
splendore: dove un tempo si innalzavano i canti di gioia e di stupore degli
iniziati oggi regna silenzio e desolazione.
Ogni anno, in Settembre, migliaia di persone percorrevano la Via Sacra che
collegava Atene ad Eleusi, allo scopo di venire iniziati ai Misteri di
Demetra e Persefone e di avere la visione procurata dal kykeon, la
misteriosa bevanda sacra.
Oggi questa via non esiste più, cancellata dalla superstrada che collega
Atene con Corinto, nascosta agli occhi dei pochi turisti che osano
avventurarsi in questo tratto costiero, uno dei più deturpati di tutta la
Grecia, soffocato dalle raffinerie e dagli impianti industriali.
Dagli scavi che hanno portato alla luce ciò che rimane delle antiche pietre
che segnavano la strada per Eleusi, sappiamo che la Via Sacra lasciava
Atene attraverso la Porta Sacra, per salire sulla collinetta sede di un
tempio dedicato ad Apollo, immerso nell’ombra di un boschetto di alloro che
dava ieri come oggi il nome alla collina. Dove un tempo gli iniziandi si
fermavano per una breve sosta, oggi sorge il monastero cristiano di Dafni,
costruito per cancellare la memoria degli antichi splendori pagani.
Scendendo lungo la strada che porta ad Eleusi, si attraversa poi quella che
fu una delle più fertili pianure della Grecia antica, oggi sommersa dalla
speculazione edilizia più selvaggia, per giungere al golfo che fronteggia
l’isola di Salamina, golfo che è oggi congestionato dalle petroliere in
attesa delle operazioni di scarico del greggio, che rendono l’aria
irrespirabile, golfo che vide la vittoria di Atene contro la flotta
persiana in una delle più grandi battaglie navali dell’antichità. Durante
gli scontri, si narra, accadde un miracolo direttamente associato ai riti
eleusini: “...una gran luce s’accese, dicono, dalle parti di Eleusi, e si
udirono voci riempire la pianura Triasia fino al mare; sembrava che molti
uomini adunati insieme cantassero l’inno mistico di Iacco. Poi parve che
dalla folla dei salmodianti si levasse nell’aria una nube, e dalla
terraferma, quando scese di nuovo, venisse a posarsi sulle triremi. Ad
alcuni sembrò di vedere apparizioni e figure di uomini” (Plutarco, Vita di
Temistocle, XV).
I “salmodianti” altri non erano che gli iniziandi diretti ad Eleusi, che
invocavano Iacco, identificabile con Dioniso, il dio dell’estasi.
Chi oggi percorre la superstrada, a malapena si accorge di stare
percorrendo la zona delle paludi salmastre che un tempo erano laghi
costieri alimentati dai torrenti montani ormai prosciugati. La zona era
miticamente il confine fra il mondo dei vivi e il regno dei morti,
considerati i dispensatori della fertilità alla adiacente pianura Raria. In
questi laghetti solo ai sacerdoti di Eleusi era consentito bagnarsi o
pescare (Pausania, Guida alla Grecia, I,38,1).
Ed infine, dopo una lunga processione, ecco finalmente il santuario
protetto dagli sguardi profani da un muro fortificato.
Oggi le mura non ci sono più, e il turista è libero di aggirarsi in quello
che un tempo era il “territorio proibito”, distrutto si dal tempo e dalle
numerose invasioni straniere, ma anche (e soprattutto) dalla furia dei
Cristiani, che videro nei Misteri la più forte concorrenza al dominio della
nuova religione.
Il Cristianesimo, infatti, prototipo della religione dogmatica, basandosi
su concetti di speranza e di fede, è una religione anti-visionaria per
eccellenza, antitesi totale dell’esperienza estatica eleusina che
permetteva di “vedere” la divinità e un contatto diretto con essa.
Eleusi non possedeva nessun dogma, non poneva limiti di classe, di origine
o di sesso; tutti potevano accedere ai suoi Misteri: ricchi e poveri,
padroni e schiavi, uomini e donne, adulti e bambini. La “religiosità”
eleusina non presupponeva la rinuncia a nessun credo politico o religioso,
e lasciava l’iniziato libero di partecipare a qualunque altro rito, a
qualunque fede religiosa. Uniche condizioni indispensabili per essere
iniziati erano quelle di non essersi macchiati la coscienza di omicidio e
l’obbligo di accettare e di sottomettersi alle regole iniziatiche, prima
fra tutte quella del vincolo della segretezza. Filosofia di vita ben
diversa dall’arroganza dei Cristiani che, non contenti di aver proibito le
celebrazioni dei Misteri (Editto di Teodosio, 391 d.C.), di aver distrutto
e raso al suolo il santuario, hanno voluto costruire sopra le rovine del
telesterion, come supremo e definitivo oltraggio, una cappella dedicata
alla Madonna.
Eleusi propugnava l’armonia fra l’uomo e la natura, l’unità fra mondo
materiale e mondo divino, fra vita e morte. Filosofia ben diversa dalla
miopia capitalistica che è riuscita soltanto a trasformare un luogo dove un
tempo “la bellezza brillava allora in tutta la sua luce, quando nella
beata schiera ne godevamo la beatifica visione ... ed eravamo iniziati a
quella iniziazione che si può ben dire la più beatifica di tutte; e la
celebravamo ... in mistica contemplazione di integre e semplici, immobili e
venerabili forme, immersi in una luce pura, noi stessi puri” (Platone,
Fedro, 250b,c), in uno scempio industriale ed edilizio, nel quale non c’è
più spazio per gli antichi dei, scacciati, uccisi o violentati al pari
della natura.
Il sito archeologico e il santuario
La zona in cui sorge il santuario eleusino era abitato fin dal Medio
Elladico (XVIII-XVII secolo a.C.), e già in epoca micenea vi sorgeva un
santuario; tuttavia, non si conosce con precisione quando venne introdotto
il culto di Demetra e Persefone, presumibilmente sotto il regno di Eretteo,
intorno al 1400 a.C.
Eleusi venne assoggettata da Atene alla fine dell’VIII secolo a.C. e
divenne, insieme a Delphi, il centro religioso più importante di tutto il
mondo pan-ellenico. Nel 295 a.C., l’abitato fu conquistato da Demetrio
Poliorcete e liberato successivamente da Democore. Nel 255 a.C. fu
restituito ad Atene da Antigono Gonatha. Eleusi venne devastata nel 170
d.C. dai Sarmati, ma immediatamente riconquistata da Marco Aurelio.
In epoca romana Atene riuscì a conservare la propria autonomia religiosa
proprio grazie al suo stretto legame con Eleusi. Lo stesso Cicerone (Leggi,
II,36) parlava dell’humanitas che Atene donava al mondo intero attraverso i
Misteri. Anche numerosi imperatori romani si fecero iniziare ai Misteri,
come Gallieno che, nel 254 d.C., in segno di devozione a Demetra e
Persefone, fece coniare monete in cui si denominò con il nome al femminile
(Galliena Augusta).
Eleusi fu definitivamente chiusa nel 391 d.C., con l’editto dell’imperatore
cristiano Teodosio; nel 395 infine, fu rasa completamente al suolo dai
Visigoti di Alarico, e solo nel XVIII secolo il luogo venne nuovamente abitato.
L’antica Eleusi era costituita da una città cinta di mura, da un’acropoli e
dal santuario vero e proprio. La Via Sacra che collegava Atene ad Eleusi
giungeva alla Porta Nord, dove vi era un ampio spiazzo in cui si riunivano
gli iniziandi per i riti preliminari di purificazione. A destra
dell’ingresso si possono ancora osservare i resti delle fondamenta del
tempio di Artemide e di Zeus, la cui prima edificazione risale al VI secolo
a.C. L’accesso al santuario vero e proprio avveniva attraverso i Grandi
Propilei, simili a quelli dell’Acropoli di Atene.
All’angolo dei Grandi Propilei è ancora visibile il Pozzo di Callicoro,
presso il quale il mito vuole abbia sostato Demetra e abbiano danzato le
vergini di Eleusi nel vano tentativo di rincuorarla.
Dal Pozzo di Callicoro si giunge ai Piccoli Propilei, costruiti attorno al
40 a.C. da Appio Claudio Fulcro, sostenuti da colonne corinze e decorati da
protomi di leoni alati; sempre decorazioni dei Piccoli Propilei, ma
risalenti al I secolo d.C. sono le cariatidi, delle quali è possibile
vedere ancora nel museo di Eleusi i resti di un esemplare.
Attraverso i Piccoli Propilei si giungeva nel recinto sacro delle
iniziazioni, il cui accesso era consentito soltanto agli inziandi, pena la
morte. Livio (XXXI,14) ci riporta che due stranieri furono trovati
all’interno del santuario e, poiché non erano mai stati iniziati, furono
giustiziati seduta stante.
Si narra che anche quando non era la giustizia terrena a punire il profano
e il sacrilego, interveniva direttamente la giustizia soprannaturale. Come
nell’episodio narrato da Pausania (X,32,17), secondo il quale un tale si
introdusse furtivamente nel santuario durante la celebrazione dei Misteri,
e morì terrorizzato dall’apparizione dei fantasmi e degli spiriti dei morti.
A lato dei Piccoli Propilei, nella roccia del fianco dell’acropoli,
troviamo la Grotta dell’Ade, o Ploutonion, attraverso la quale il mito
vuole che Ade, signore degli Inferi, trascinasse Persefone nell’Oltretomba,
e dalla quale la figlia di Demetra facesse ritorno nel regno dei vivi.
Da qui una via lastricata di tarda epoca romana conduce al telesterion o
Stanza dei Misteri, in cui si svolgeva il rito misterico e in cui i fedeli
sperimentavano la visione di “luce splendente”.
La sua più antica costruzione risale alla seconda metà del II millennio, ed
era costituita da una semplice casa con portico a due colonne. Nel periodo
1100-700 a.C. venne costruito un terrazzamento, e la prima “casa di
Demetra” fu sostituita da una struttura circolare; all’inizio del VI secolo
a.C. questa venne a sua volta rimpiazzata da una sala oblunga più grande.
Verso la fine dello stesso secolo, nel corso di successivi ampliamenti che
consentivano l’accesso ad un numero sempre maggiori di iniziandi -
ampliamenti da associare a Pisistrato - la sala fu ricostruita in pietra
pregiata e in forma quadrata. Il tutto era sostenuto da una ventina di
colonne; intorno a tre lati furono collocate file di sedili e nell’angolo
sud-occidentale vi era un magazzino per le relique sacre. Questo
telesterion fu distrutto durante le invasioni persiane. Le testimonianze
archeologiche confermano la tradizione secondo cui Cimone diede inizio alla
costruzione di una nuova sala ancora più grande; dopo l’ostracismo di
costui, nel 461, Pericle intraprese il lavoro di quella che può essere
considerata la forma definitiva del telesterion, costituita da un grande
quadrato di 52 metri di lato con una copertura sostenuta da sei fila di
sette colonne ciascuna. Il centro, illuminato da un lucernaio, era occupato
da una piccola stanza riservata ai sacerdoti, l’anaktoron.
A Sud del telesterion, tra le cinta di mura di Pericle e quelle di Licurgo,
si possono ancora intravedere i resti di varie costruzioni, tra cui un
bouleterion semicircolare con un lungo colonnato di funzione ignota.
Uscendo dalla porta Sud troviamo una Casa Sacra, risalente all’VIII secolo
a.C. e probabilmente sede del culto di un eroe (Eracle?).
L’acropoli occupa la collina Ovest del santuario. Sin dal 2000 a.C. il
luogo fu abitato da uno stanziamento miceneo, nel quale sono stati
rinvenuti i resti di una ricca necropoli che copre un arco cronologico che
va dalla preistoria al periodo romano.
L’inno a Demetra e i Misteri Eleusini
La storia mitica di Eleusi e dei suoi Misteri è narrata nell’Inno a
Demetra, risalente al VII secolo a.C. e appartenente alla raccolta dei
cosiddetti Inni Omerici. Dall’inno a Demetra veniamo a sapere che
Persefone, figlia di Demetra, stava raccogliendo fiori nei prati di Nysa in
compagnia delle figlie di Oceano quando Ade, signore degli Inferi, la rapì
per farla sua sposa, con l’implicito assenso del fratello Zeus. La madre,
venuta a sapere del rapimento, iniziò a vagabondare disperata alla ricerca
della figlia, finché giunse, sotto le spoglie di una comune mortale, ad
Eleusi, dove si fermò a riposare presso il Pozzo di Callicoro. Interrogata
dalle figlie del re Celeo, la dea disse di chiamarsi Deso, e venne quindi
condotta al palazzo reale, dove ricevette cordiale ospitalità.
Ma anche a corte Demetra rimase assorta nel suo dolore, silenziosamente
seduta su uno sgabello, il viso coperto da un velo, fino a che l’anziana
Iambe non riuscì a farla ridere con i suoi scherzi grossolanamente erotici.
Rifiutò la coppa di vino rosso che le venne offerta, e chiese invece le
venisse portato il kykeon, che tanta importanza avrà nelle cerimonie
iniziatiche. Dopo aver rilevato la propria natura divina, come
ringraziamento dell’ospitalità ricevuta, Demetra fondò ad Eleusi un tempio,
nel quale si ritirò consumata dalla nostalgia per la figlia.
Per punire gli dei olimpici, responsabili del rapimento di Persefone,
Demetra provocò una terribile siccità che fece morire tutte le piante della
terra, e l’umanità intera fu minacciata di estinzione. Vanamente pregata
dai messi di Zeus perché desistesse dal suo terribile proponimento e
facesse ritorno sull’Olimpo, Demetra rispose che non sarebbe mai più
tornata fra gli dei e che non avrebbe mai più lasciato crescere neppure un
filo d’erba se non avesse rivisto Persefone.
Zeus fu così costretto a chiedere al fratello Ade di restituire Persefone
alla madre. Egli acconsentì, a patto che la figlia di Demetra facesse
ritorno per un terzo dell’anno nel regno dell’Oltretomba. Durante questo
periodo, sulla terra sarebbe allora comparso l’inverno, poi, per il resto
dell’anno, con la riapparizione di Persefone in primavera, il mondo
vegetale si sarebbe risvegliato a nuova fioritura.
Prima di far ritorno sull’Olimpo, Demetra rivelò i suoi Misteri, ed insegnò
a Celeo e ai suoi figli la celebrazione dei riti sacri.
Numerose sono le testimonianze anche letterarie che ci permettono di
delineare i tratti caratteristici dei Misteri, ad eccezione di ciò che
avveniva nell’oscurità del telesterion, apoteosi che possiamo soltanto
immaginare.
I Misteri si articolavano su due livelli, il primo dei quali, chiamato
Piccoli Misteri, veniva celebrato ad Agrai, sulle sponde del fiume Ilisso,
alla periferia meridionale di Atene, durante il mese di anthesterion (“mese
dei fiori”), corrispondente al nostro periodo di febbraio-marzo, epoca in
cui la Grecia si ricopre di fiori selvatici. I Piccoli Misteri consistevano
essenzialmente in una preparazione per gli iniziandi che si sottoponevano a
cerimonie di purificazione, digiuni, sacrifici compiuti sotto la direzione
di un mistagogo. Durante questa preparazione gli iniziandi venivano anche
istruiti sui miti che narravano le vicessitudini di Demetra e di Persefone,
ed è presumibile che i miti venissero riattualizzati dagli aspiranti
all’iniziazione.
Il secondo livello, o Grandi Misteri, aveva luogo in autunno e durava otto
giorni. Il primo giorno le celebrazioni si svolgevano nell’eleusinion di
Atene, dove precedentemente erano stati trasportati gli oggetti sacri, o
hiera. Il secondo giorno vedeva i partecipanti dirigersi verso il mare:
ogni iniziando, accompagnato da un tutore cerimoniale, portava con sé un
maialino che lavava nelle acque e che sacrificava al ritorno ad Atene.
All’alba del quinto giorno iniziava l’enorme processione che portava gli
iniziandi a Eleusi, lungo la Via Sacra. Migliaia e migliaia di persone, i
neofiti e i loro tutori, sacerdoti e sacerdotesse di Eleusi con gli hiera,
una moltitudine di semplici curiosi si metteva in marcia sul cammino cui
ogni tappa ricordava un aspetto del mito.
Nel tardo pomeriggio la processione raggiungeva uno stretto ponte sul fiume
Kephysios, ponte che oggi è a malapena visibile, sommerso dalle acque
palustri che dividevano i territori di Atene e di Eleusi. Il corteo mistico
attraversava qui simbolicamente le frontiere fra il mondo dei vivi e quello
dei morti, e qui i pellegrini erano raccolti da uomini mascherati e
pesantemente e volgarmente insultati. Il significato di questi “scherzi”
(gephyrismoi) è alquanto controverso, ma probabilmente erano collegati a
quella parte del mito in cui Iambe intrattiene Demetra con scherzi osceni.
Il corteo approdava ad Eleusi al calar della sera, e, alla luce delle
fiaccole, gli iniziandi entravano nel cortile esterno del santuario e si
mettevano a danzare vorticosamente attorno al pozzo che la tradizione vuole
fosse quello presso il quale si fermò Demetra. La sosta al pozzo era un
momento di intensa partecipazione emotiva: ritroviamo quell’antica
esultanza in un passo del grande Euripide: “Quando danza anche l’etere /
punteggiato di stelle, / danzano la luna / e le cinquanta Nereidi, / che
nel mare aperto, / nei vortici di acque perenni / guizzano per la vergine /
incoronata d’oro” (Euripide, Ione, 1078-86).
Cosa accadesse dopo la sosta al pozzo, all’interno del recinto iniziatico,
non è riportato da alcun documento, ma tutte le fonti letterarie concordano
col fatto che “qualcosa” veniva “visto”, qualcosa che, al di là della
proibizione, non poteva venire descritto a parole. L’esperienza era
indubbiamente una visione, attraverso la quale il fedele diventava un
epoptes, “colui che ha visto”. Quello che si “vedeva” ha da sempre
rappresentato il “mistero” dentro i Misteri, ma non c’è il minimo dubbio
che qualcosa fosse “visto”. In assenza di una qualsiasi documentazione in
merito, gli studiosi sono stati liberi di fantasticare ciò che era visto:
ad esempio, secondo qualcuno venivano mostrati gli hiera, le relique sacre,
simboli fallici custoditi in un reliquario aperto per l’occasione dallo
ierofante, e che, in mezzo ad una forte luce, creata ad arte, li mostrasse
ai presenti. Questo poteva ovviamente anche avvenire, ma pochi iniziandi
avrebbero potuto vedere quegli oggetti, perché il telesterion era
assolutamente inadatto a rappresentazioni teatrali. Quello a cui il neofita
assisteva non era né una normale cerimonia religiosa né un dramma teatrale,
ma un phasmata, in particolare l’apparizione dello spirito di Persefone che
ritornava dal regno dei morti. I Greci erano avezzi alle rappresentazioni
teatrali nei contesti religiosi, ed è assolutamente impossibile che
potessero venire ingannati da qualche effetto speciale, e ciò vale ancora
di più per persone colte come Pindaro, Sofocle o Platone, tutti iniziati ai
Misteri.
Il telesterion era una costruzione rettilinea edificata attorno ad una
costruzione più piccola quadrangolare, l’anaktoron, provvisto di una porta.
Accanto a questa vi era il trono dello ierofante: solo egli poteva varcare
la porta della “dimora divina”. Il perimetro interno del telesterion
consisteva in una scalinata a gradini che s’innalzava fino al muro, e su
questi gradini si sedevano gli iniziandi. La vista in questo modo era
ostruita da molte angolazioni: con le colonne che sostenevano l’intera
struttura, con l’alto schienale del trono dello ierofante, con la stessa
struttura centrale dell’anaktoron, era assolutamente impossibile che tutti
i presenti potessero vedere cosa stava facendo il sacerdote al momento
della “visione”.
La danza presso il Pozzo di Callicoro, la natura allucinata dell’universo
danzante descritto da Euripide, era soltanto il preludio a ciò che sarebbe
avvenuto nel telesterion, perché qui, ammucchiati nel buio più completo,
gli iniziandi vedevano qualcosa che convalidava la credenza nella vita
oltre la vita, la “fine della vita come pure l’inizio divinamente
assicurato”, come scrisse il poeta Pindaro.
Il “gran finale” era rappresentato dalla distribuzione, dopo averlo ben
mescolaté, del kykeon, la bevanda sacra a Demetra, che l’Inno Omerico
descrive composta da menta (bléchon), acqua e farina d’orzo (Inno a
Demetra, 209). Poi, improvvisamente, una luce abbagliante, mentre i confini
del mondo terreno esplodevano e il tempio intero veniva inondato dal
“mistero” e dalla presenza di fantasmi che si aggiravano nel recinto sacro.
La preparazione del kykeon era, ovviamente, segreta, ma non ci possono
essere dubbi che la bevanda fosse allucinogena e che alla menta e all’orzo
fosse aggiunta una qualche pianta psicoattiva.
Quale allucinogeno?
L’esperienza eleusina era tutto meno che una cerimonia simbolica o rituale:
era una vera e propria esperienza visionaria ed iniziatica, attraverso la
quale l’iniziato diveniva “appartenente al novero degli dei”.
Poiché questa visione poteva essere offerta ogni anno anche a migliaia di
persone contemporaneamente, è evidente che poteva essere garantita soltanto
da un potente allucinogeno.
Uno dei primi autori che ipotizzò che il kykeon contenesse un enteogeno è
stato Robert Graves, che lo identificò con il fungo Amanita muscaria della
tradizione vedica o con qualche fungo psilocibinico. Riprendendo un’antica
tecnica dei bardi irlandesi usata per nascondere una parola segreta
(ogham), Graves scoprì che le lettere iniziali dei nomi degli ingredienti
del kykeon formano il vocabolo myka (minthaion, udor, kukomeon, alphitois),
forma accusativa arcaica per “fungo”.
Non ci è dato sapere se l’Amanita muscaria cresceva, duemila anni fa, nella
zona di Eleusi, ma ne dubitiamo, essendo una specie tipicamente nordica.
Neppure sappiamo quali altri funghi psicoattivi potevano essere disponibili
nella fascia costiera ateniese, ma l’ipotesi fungina ci lascia alquanto
perplessi.
E ciò non tanto per il tipo di sostanza, anzi, è molto probabile che i
funghi allucinogeni abbiano avuto un ruolo tutt’altro che marginale nella
storia della cultura greca (cf. Samorini & Camilla, 1995), ma per il
semplice fatto che ai sacerdoti eleusini sarebbe stato abbastanza difficile
procurarsi ogni anno e in modo regolare e costante le dosi necessarie per
2000-3000 nuovi iniziandi. Inoltre, il quadro clinico degli effetti
prodotti dall’Amanita muscaria non sembra corrispondere a quanto sappiamo
dell’esperienza eleusina.
L’ipotesi a tutt’oggi più attendibile rimane quella avanzata da Wasson,
Hofmann e Ruck, presentata nel libro The Road to Eleusis. Unveiling the
Secret of the Mysteries, pubblicato nel 1978, e che rivolge l’attenzione
sull’orzo e su altre graminacee facilmente infestabili da funghi inferiori
del genere Claviceps (ergot) che producono ergina, ergonovina e altri
alcaloidi psicoattivi.
Questi funghi parassiti sono stati anche responsabili di intossicazioni
alimentari a carattere neurotossico conosciute come ergotismo, “fuoco
sacro” o “fuoco di Sant’Antonio”, che causarono durante il medioevo
soltanto in Europa centinaia di migliaia di vittime (Camilla & Spertino,
1995; Samorini, 1991).
Da alcune parti (McKenna, 1992) si è voluto mettere in dubbio questa
ipotesi, sostenendo che se il kykeon avesse contenuto delle Claviceps,
difficilmente avrebbe potuto essere assunto per quasi duemila anni senza
che la tradizione tenesse conto degli effetti tossici del parassita.
Ma Albert Hofmann, il padre dell’LSD, ci dimostra come gli antichi Greci
fossero perfettamente in grado di preparare una pozione allucinogena non
tossica partendo dall’ergot. Gli alcaloidi di questo minuscolo fungo si
possono infatti dividere grossolanamente in due gruppi: quelli non solubili
in acqua, peptidici, ad elevata tossicità, e quelli idrosolubili, derivati
dall’acido lisergico, a bassa tossicità ed elevata psicoattività. Tra
questi ultimi troviamo l’ergina (amide dell’acido d-lisergico), alcaloide
presente anche nell’ololiuhqui, pianta sacra degli Aztechi.
I greci, o per lo meno la classe sacerdotale di Eleusi, non avrebbero
perciò incontrato grosse difficoltà a preparare una bevanda altamente
allucinogena con una soluzione acquosa di Claviceps, separando così gli
alcaloidi idrosolubili (psicoattivi) da quelli non solubili in acqua
(tossici), o addirittura ad utilizzare una specie di Claviceps che
contenesse soltanto, al pari dell’ololihuqui, alcaloidi psicoattivi, come
la Claviceps paspalii, parassita del Paspalum distichum, graminacea
comunissima in Grecia.
Una nostra recente ricerca sul campo (Luglio 1995) ha evidenziato
all’interno dell’area sacra di Eleusi e nelle zone adiacenti la presenza di
numerose graminacee di cui è in corso la determinazione tassonomica.
L’ipotesi di Albert Hofmann è attendibile: la “visione” nel buio del
telesterion era preceduta, sembra, da tutta una serie di sintomi fisici
ascrivibili all’intossicazione ergotica: sudorazione fredda, tremiti,
nausea, ansia, vertigini.
Un’ulteriore considerazione che avvalora l’ipotesi che il kykeon fosse
realmente ottenuto dalle Claviceps è il ricorrente simbolismo cerealicolo
dei Misteri, simbolismo che non può essere spiegato come corpus mitico
dell’introduzione dell’agricoltura, in quanto, come argutamente afferma
Graves (1964), i cereali erano coltivati presumibilmente fin dal VII
millennio a.C. e quindi il segreto che Demetra affidò a Trittolemo (epoca
minoico-micenea) doveva riguardare qualcosa di ben diverso dalla
coltivazione dell’orzo...
I Misteri sembrano contemplare l’uso di due piante simboliche, l’orzo e la
menta, e di un allucinogeno, la Claviceps dell’orzo o di qualche altra
graminacea. Secondo Hofmann, l’orzo avrebbe potuto essere solo un estratto
nutriente, e la menta servire come stomachico (gli alcaloidi dell’ergot
provocano nausea) e facilitare l’assorbimento del kykeon (Valencic,
1994:328). I Greci credevano che l’orzo, se coltivato in maniera non
appropriata, potesse convertirsi in quella che era ritenuta la sua forma
primordiale, l’aira (Lolium temulentum), che cresce fra le messi coltivate
e facilmente infestabile dall’ergot, da molti Autori considerato anch’esso
blandamente psicoattivo.
L’accativante tesi di Wasson, Hofmann & Ruck sembra trovare conferma anche
nel fatto che il termine greco per indicare il loglio (erysiphe), era anche
un comune epiteto per Demetra, e dal fatto che il rosso porpora, colore
delle Claviceps, era anche il colore della dea.
Infine, soltanto l’ergot avrebbe potuto garantire un approvvigionamento
costante annuo per oltre 2000 iniziandi, potendo essere raccolto in
abbondanza sia nei campi coltivati della adiacente pianura Raria, sia sulle
graminacee spontanee che crescevano nella zona di Eleusi ieri come oggi.
L’associazione fra il cereale, divinizzato, e il minuscolo fungo parassita,
immediata manifestazione della divinità, è fondamentale per poter
comprendere in profondità il simbolismo eleusino. Al pari di Trittolemo, i
“mangiatori d’orzo” non potranno mai raggiungere l’immortalità, prerogativa
questa degli dei, ma attraverso il “dono” di Demetra - l’ergot - gli
iniziati potranno “vedere” il segreto dell’alternarsi di vita e di morte.
Attraverso l’esperienza di “morte e rinascita” all’antico Greco si
schiudeva l’esperienza assoluta dell’idea di vita o di morte. La terra non
è soltanto la dimora dei morti, ma è anche la riserva inestinguibile di
cibo; Eleusi rendeva partecipe l’iniziato dello stretto rapporto fra vita e
morte, il cui campo di estensione è rappresentato dalla natura.
Ritorno ad Eleusi
Eleusi può essere considerata la sede del maggior culto “psichedelico”
dell’antichità, sia per la sua portata culturale sia per il numero di
persone coinvolte. Esperienza unica nel suo genere, che faceva apparire il
dionisismo (altro culto misterico alla cui base v’era l’assunzione di una
bevanda psicoattiva) una religione per “pochi intimi”.
La lunga preparazione e i minuziosi rituali che precedevano la “visione”
nel buio del telesterion e che durava mesi e mesi, avevano come obiettivo
quello di evitare che si affrontasse l’esperienza eleusina con leggerezza,
affinché essa diventasse un’occasione di scoperta di sé e della divinità,
esperienza che una volta avuta avrebbe potuto trasformare la vita intera
dell’iniziato. Allo stesso modo il rigoroso silenzio mai infranto aveva
come finalità quella di impedire che persone senza adeguata preparazione
potessero procurarsi la stessa esperienza al di fuori di un contesto
sacramentale.
Eschilo venne quasi linciato solo perché sospettato di aver rivelato
qualcosa circa i Misteri. Plutarco (Vita di Alcibiade, XIX) ci ricorda che
Alcibiade venne condannato a morte in contumacia per aver profanato i riti,
mutilando le statue sacre e scimmiottando i Misteri in compagnia di amici
in stato di ubriachezza. Aristofane, in una sua famosa commedia (Nuvole)
sembra implicitamente accusare addirittura Socrate di aver tentato di
profanare i Misteri, e Carl A.P. Ruck mette in relazione la condanna a
morte del grande filosofo non alle sue supposte simpatie per Sparta, bensì
proprio al sacrilegio di cui si sarebbe macchiato (Ruck, in Wasson et al.,
1986:150-160).
Ma il ricordo della “visione” di Eleusi, il suo messaggio misterico,
sopravvivono nelle pagine dei grandi Maestri greci, primo fra tutti
Platone. Non ci interessa qui entrare in merito alla filosofia di Platone,
ma soltanto alla sua possibile figura di iniziato, anche se nessuno può
sapere se egli fosse realmente stato un epoptes eleusino: nessuna fonte lo
smentisce, ma nessuna fonte lo conferma, anche se essendo egli Ateniese, è
abbastanza normale che lo fosse stato. Certo è che Platone, per descrivere
la saggezza filosofica e la sua maturazione, fa riferimento all’iniziazione
eleusina, in cui si distinguevano visione temporanea (myesis), definitiva
(telete) e suprema (epoptia). Le visioni avute sotto effetto del kykeon
potrebbero essersi trasformate nella teoria delle “forme” o delle “idee”,
che secondo il filosofo contraddistinguerebbero ogni singolo uomo, al pari
del suo volto e della sua fisiognomia. Queste “forme” sono descritte come
al di fuori del tempo e dello spazio, esistenti in un “altrove” che forma
gli archetipi di ogni cosa (Wasson et al., 1986:41).
Albert Hofmann, in una relazione tenuta al I Congresso Internazionale sugli
Stati Modificati di Coscienza tenutosi nel 1992 a Göttingen e pubblicata in
Italia da Stampa Alternativa (1993), osservava come i Misteri eleusini
abbiano ancora molto da insegnare al mondo contemporaneo, sia nel loro
messaggio intrinseco sia per le condizioni (set e setting) in cui avveniva
quello che oggi chiamiamo “viaggio”.
Ad Eleusi, come presso gli Indiani che ancora oggi usano le piante sacre,
preparazione e cerimonie preliminari determinavano le condizioni essenziali
per un proficuo utilizzo di queste sostanze. Con una preparazione adeguata,
queste sostanze, capaci di modificare la coscienza ordinaria, possono
portare ricchi benefici (Hofmann, 1993:15); senza di esse crisi o crolli
psicotici anche permanenti possono accompagnare la regressione psichedelica.
La psichiatria classica ha spesso messo in relazione la sintomatologia
prodotta da una sostanza psichedelica con la sintomatologia psicotica in
generale e schizofrenica in particolare, traendo dalla innegabile
somiglianza un pretestuoso e moralistico verdetto di condanna.
Ma la regressione psichedelica è totalmente diversa dalla regressione
patologica riscontrabile nelle psicosi e nelle forme più gravi di nevrosi:
la regressione psichedelica è una regressione “creativa”, compiuta sotto il
controllo dell’Io e al suo servizio, mentre quella psicotica è, per non
entrare in un discorso troppo tecnico, indice di disintegrazione dell’Io.
E’ comunque chiaro che una regressione “creativa” è possibile solo in un
individuo con un Io sufficientemente stabile ed elastico, e se le stesse
condizioni di stabilità ed elasticità sono garantite, anche l’ambiente
esterno, che permette così l’abbandono del controllo della realtà senza
grossi rischi. Ecco perché l’uso delle piante sacre è sempre associato, in
tutte le culture tradizionali, ad una ritualizzazione dell’esperienza che
permetteva di convogliare e integrare l’esperienza stessa in dimensioni
psichicamente innocue, globalmente sicure e collettivamente benefiche
(Camilla, 1993:17). Situazione anche questa ben differente da quella
attuale, che vede, da un lato i consumatori di simili sostanze utilizzarle
in maniera spesso alienata ed alienante, senza una adeguata preparazione,
dall’altro una società che criminalizza il loro uso e che in esso vi vede
un pericolo sociale.
Ma i Misteri di Eleusi ci trasmettono un altro grande insegnamento: al pari
del Dionisismo, il culto di Demetra e Persefone ci ribadisce che l’uomo,
consapevole o meno, è indissolubilmente legato alla natura; i Misteri
rappresentano l’insieme degli sforzi dell’uomo per capire la natura,
armonizzarsi con essa, penetrarne i segreti, identificarsi con essa.
E’ anche significativo che i culti misterici abbiano sempre conosciuto una
particolare fioritura in tempi di crisi, quando maggiore è
l’insoddisfazione per il modello di vita e di pensiero tradizionali, quando
più fortemente ci si pone interrogativi esistenziali a cui le istituzioni
ufficiali non sanno rispondere.
Nella religione olimpica, quella di Omero tanto per intenderci, gli dei
così lontani dagli uomini non erano in grado di soddisfare le domande
intrinseche nella natura umana: Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Che
cos’è la morte? Omero descriveva l’aldilà come un luogo triste, buio, dove
i defunti si aggiravano come ombre; è chiaro che un uomo, indipendentemente
dall’epoca storica, dal suo bagaglio culturale e dal suo credo “politico”,
non può accontentarsi di una prospettiva così squallida. Similmente il
Cristianesimo, con un Dio che troneggia in cielo, distante (e in qualche
modo estraneo) dalle vicende umane, che non si “vede” ma al quale si deve
credere, non può che alimentare e sfruttare il costante senso di impotenza
e il bisogno di protezione insito nell’uomo, in una sorta di relazione
edipica (Freud, 1927; 1934-38).
Al contrario Eleusi spingeva l’individuo ad una visione unitaria
dell’esistenza, ad una trasformazione dall’interno del singolo individuo,
trasformazione che faceva di questo un “iniziato”, un epoptes, e
rappresentava l’eredità e la trasmissione di esperienze accumulate dalle
origini dell’umanità, il bisogno di superare gli angusti confini della
coscienza ordinaria obbedendo a quello che molti Autori hanno chiamato
“bisogno d’estasi”.
Il messaggio che Eleusi sembra trasmettere anche nella nostra società è ben
riassunto dalle parole di Hofmann: “Ancor oggi si pone lo stesso problema
della trasformazione di ciascun individuo. Il cambiamento necessario in
direzione di una consapevolezza totale, come condizione per il superamento
del materialismo e per un nuovo rapporto con la natura, non può essere
delegato alla società o allo stato; il cambiamento deve e può aver luogo
soltanto dentro ciascun essere umano (..) Sul modello eleusino si
potrebbero istituire centri in grado di riunire e rafforzare le molteplici
correnti spirituali del nostro tempo che mirano allo stesso traguardo,
consistente nel creare i presupposti, tramite una trasformazione di
coscienza in ogni singolo individuo, per un mondo migliore senza guerre né
catastrofi ambientali, per un mondo abitato da uomini più felici” (Hofmann,
1993:16).
Bollettino d’Informazione SISSC
è il nuovo Bollettino d’informazione della Società Italiana per lo Studio
degli Stati di Coscienza, con uscita quadrimestrale. Sono riportati
articoli divulgativi e informazioni riguardanti il campo di ricerca
multidisciplinare degli stati modificati di coscienza, con particolare
attenzione a quelli indotti da vegetali e composti psicoattivi, con
informazioni provenienti da tutto il mondo, recensioni, novità
bibliografiche, annunci. In ogni numero è presente una “scheda psicoattiva”
e una rubrica di musica psichedelica.
Dall’indice del numero 1 (Maggio 1995, 44 pp.): Albert Hofmann, Riflessioni
sul nuovo Bollettino della SISSC # James Callaway, Ayahuasca, a volte #
Pierangelo Garzia, Emilio Servadio e gli stati di coscienza # Nesher,
L’ortensia è # Giorgio Samorini, Uso tradizionale di funghi psicoattivi in
Costa d’Avorio? # Giorgio Samorini & Francesco Festi, Il Congresso di
Lèrida (Spagna) # Scheda Psicoattiva I: Acorus calamus (calamo aromatico) #
Gino dal Soler, Songlines (Entheogenic Sound Map).
Dall’indice del numero 2 (Settembre 1995, 44 pp.): Franco Landriscina, MDMA
e stati di coscienza # Gilberto Camilla, I funghi allucinogeni in Cina e
Giappone. Sopravvivenze mitologiche, folkloriche e linguistiche. I° parte #
Giorgio Samorini, Paolo Mantegazza (1831-1910): pioniere italiano degli
studi sulle droghe # Nesher, L’isola # James Callaway, Ayahuasca: una
correzione # Francesco Festi & Giorgio Samorini, Scheda Psicoattiva II:
Carpobrotus edulis (Fico degli Ottentotto) # Songlines # Gino dal Soler,
L’ultimo viaggio di Jerry “Captain Trip” Garcia.