Sono trascorsi venti anni
da quel tragico 23 novembre del 1980.
Sono trascorsi venti anni
di corruzione, di furti e sperpero di denaro pubblico.
Sono trascorsi venti anni
per una ricostruzione che non è ancora finita e che probabilmente
non avrà mai fine: le smisurate mega-infrastrutture, gli insediamenti
industriali fantasma, le opere pubbliche eternamente incompiute, lo sventramento
del territorio, questi sono i risultati tangibili di una politica selvaggia
di “arraffamento” del denaro pubblico.
E dopo venti anni intere
famiglie, anziani, bambini sono costretti a vivere ancora nei prefabbricati,
quei prefabbricati costruiti con l’amianto, quei prefabbricati che diventano
un forno d’estate e un frigorifero d’inferno.
Questa è la storia
del dopo terremoto, una storia tragica ma tuttora attuale e che quindi
non ha bisogno di commemorazioni e rievocazioni.
La storia di una ricostruzione
infinita su cui si sono basati i clientelismi e le correnti di partito
che hanno affossato il nostro territorio, rendendolo schiavo e succube
di politici e imprenditori senza scrupoli.
La storia di un terremoto
“grazie” al quale i ricchi sono diventati ancor più ricchi e
i poveri ancor più poveri.
Dobbiamo denunciare in
modo forte questa situazione, chiamando in causa in primo luogo quella
classe politica e imprenditoriale che ha avuto il “coraggio” di lucrare
sulla pelle e sulle disgrazie della gente, e che non ha mai rinunciato
(come non rinuncia tuttora) al sistema delle tangenti, alle collusioni
con la camorra, al clientelismo più becero, pur di preservare e
aumentare il proprio potere, la propria ricchezza.
Per loro l’ultimo dei
problemi è lo sviluppo dei nostri territori, perché fondano
il proprio potere sullo stato di sottosviluppo in cui siamo costretti a
vivere, sul tasso scandaloso di disoccupazione giovanile, sul ricatto permanente
della precarietà e della mancanza di reddito, sul basso livello
di istruzione.
Solo attraverso l’autorganizzazione
sociale e la mobilitazione dal basso, a partire dai propri bisogni negati,
è possibile riconquistare quei diritti fondamentali (casa, lavoro,
servizi sociali) che sono e restano diritti collettivi e non favori individuali.
Centri sociali autogestiti della Campania