23 Novembre 1980 : la terra trema ! In 90 terribili secondi si consuma una drammatica scossa sismica che causa oltre 3.000 morti e parecchie decine di migliaia di sfollati. Nella provincia di Avellino e in quella di Salerno interi paesi scompaiono sotto le rovine ( nella sola Laviano rimangono uccisi quasi il 50% degli abitanti); a Napoli crolla la torre di via Stadera : farà da sola circa 100 morti…
Mai catastrofe naturale é veramente solo una catastrofe naturale e il terremoto in Campania ha prodotto effetti tanto terribili anche per l'inesistenza di qualunque politica di prevenzione in una zona sismica come la nostra, sventrata piuttosto dalla speculazione edilizia. Ma il terremoto del 1980 mette anche drammaticamente in luce un altro dramma : il dramma sociale della società meridionale !
Una catastrofe con tanti nomi : sottosviluppo, disoccupazione endemica, senzatetto, clientelismo, speculazione, sfruttamento e depauperamento del territorio. L'incrocio fra la potenza devastante del sisma e i nodi sociali della cosiddetta "questione meridionale" fanno del 23 novembre '80 un crocevia decisivo nelle vicende politiche e sociali della regione e dell'intero paese. Nei mesi seguenti un duro scontro si aprirà tra la tensione di migliaia di proletari ad autorganizzarsi per conquistarsi diritti fondamentali e la prepotenza con cui le strutture di potere rinsalderanno il controllo politico per garantirsi i profitti.
Ma andiamo con ordine :
nelle 48 ore seguenti al sisma gli apparati di potere della democrazia
cristiana nelle province interne risultano anch'essi "fisicamente terremotati"…
Molti sindaci, spaventati, letteralmente scappano via mentre la stessa
prefettura di Salerno si dimostrerà incapace di fronteggiare la
situazione e il prefetto sarà rimosso dopo poco.
La cultura di un ceto politico
da sempre intento a curare solo i propri interessi pare inadeguata a fronteggiare
la drammaticità della situazione. In quelle stesse ore, spinto anche
dalla tragedia, pian piano il protagonismo popolare riempie il vuoto
istituzionale con la propria iniziativa. La rabbia verso uno stato "nemico"
anche nel ritardo dei soccorsi si mescola con la solidarietà fra
chi ha perso tutto. Le famiglie sono in molti casi materialmente distrutte
e tanti paesi sperimentano fin dalle primissime ore un nuovo modo di essere
comunità
Ci si organizza per scavare i
morti, per recuperare i feriti, per occupare i comuni e sostituire amministrazioni
dissolte nel rilascio di certificati e documenti, finanche per garantire
il cibo a tutti. Quando il giorno seguente il presidente Pertini arriva
a Laviano semidistrutta, è identificato dalla rabbia popolare come
simbolo di quello stato lontano e colpevole ed un militante comunista
lo colpisce con una sassata. Tornato a Roma Pertini avrà una durissima
sortita televisiva contro il malgoverno democristiano e i drammatici ritardi
nell'organizzare i soccorsi.
Il giorno seguente il Pci annuncerà
la definitiva chiusura della fase del "compromesso storico" con la Dc ritenendo
indispensabile una "alternativa di sinistra". Nei fatti il processo
di corrompimento politico del partito andrà avanti e la gestione
consociativa con la democrazia cristiana continuerà anche nelle
successive vicende "dell'affare terremoto". La Dc reagisce al possibile
disfacimento del suo controllo con la nomina di Zamberletti quale "commissario
straordinario per il terremoto".
Si apre così la pratica
dei commissariamenti (formalmente provvisori ma dureranno un decennio)
: come negli anni '70 si era risposto alle istanze di libertà e
di emancipazione con le leggi dell'emergenza, ora la cultura emergenziale
si trasferiva anche al campo amministrativo. Zamberletti costituirà
così un potere superiore ad ogni organo democratico e agli stessi
prefetti, disponendo senza alcuna trasparenza degli uomini, dei mezzi e
delle ingentissime risorse finanziarie che saranno stanziate. Con l'alibi
dell'efficienza si colmava il vuoto di potere in chiave autoritaria "commissariando"
la già precaria vita democratica della Campania per garantire gli
interessi forti dalle possibili insidie dell'iniziativa popolare.
In molti paesi colpiti dell'Irpinia e del Salernitano cominciano intanto ad organizzarsi i "comitati popolari" che avranno un punto di riferimento in Rocco Falivena, militante di Lotta Continua passato poi al Pci. Inizialmente partiti come esperienza di supporto ai soccorsi, i comitati cominciarono ad assumere l'iniziativa politica rappresentando gli interessi calpestati delle popolazioni locali. C'era una premessa importante a questo moto di organizzazione popolare ed erano le lotte dei braccianti : nella piana del Sele già da qualche anno decine di migliaia di braccianti si erano mobilitati per l'avviamento pubblico al lavoro, per il funzionamento degli uffici di collocamento contro il caporalato, che invece era diffusissimo e consentiva ai padroncini del ciclo del pomodoro, delle fragole ecc. di risparmiare fino al 70% dei salari minimi previsti per la categoria ! Le lotte erano continuate anche con episodi come l'occupazione di terre ( ad es. nel '79 a Persano le terre furono sottratte alla gestione dei militari dopo un duro scontro).
L'afflusso dei volontari (30.000 da tutta Italia) completò l'opera : erano i giovani politicizzati degli anni '70, in molti casi aderenti a organizzazioni della sinistra extraparlamentare, che entrarono subito in contatto con la popolazione locale contaminandosi reciprocamente. Ben presto Zamberletti mostrerà insofferenza a questa presenza tentando a più riprese di "ripulirla" almeno dei soggetti più radicali.
A metà dicembre
del 1980 si riuniva per la prima volta dopo il terremoto (era passato un
mese !) il consiglio regionale e l'irruzione al suo interno dei comitati
popolari rappresentò il primo momento di grande visibilità
del movimento. I comitati vogliono prendere parola su tutto, dalla gestione
dei finanziamenti al riallocamento dei paesi ricostruiti, rappresentando
la rabbia di migliaia di persone costrette poi per anni a vivere nei containers.
Una partita decisiva si gioca
anche nel Pci sul ruolo dei comitati popolari : la sinistra interna vuole
farne un movimento autonomo, garante degli interessi delle popolazioni
colpite nei confronti della controparte istituzionale, per impedire che
la ricostruzione diventi solo occasione di contrattazione tra burocrazie
partitiche e comitati di interesse.
Il punto cruciale dello scontro sarà la legge 219 sulla ricostruzione. Viene concepita senza interloquire con i movimenti, come strumento per l'assalto ai fondi pubblici, attorno al quale si riorganizzerà il rapporto tra ceto politico, lobbies dei costruttori e capitale extralegale (mafia…).Insieme ai provvedimenti successivi (legge 80 per le grandi opere ecc.) la 219 distribuirà una pioggia di miliardi (oggi sarebbero 60.000 considerando l'inflazione !), ma non produrrà sviluppo, divenendo solo occasione di spartizione e di enormi profitti. La 219 ha anch'essa una concezione "emergenziale", giustificata formalmente dalla velocizzazione dei tempi, ma nei fatti questo servirà solo a togliere ogni trasparenza nella gestione delle risorse. Esemplare l'istituto della "concessione" che attribuiva all'azienda deputata alla realizzazione di un'opera funzioni solitamente pubbliche (compreso l'esproprio delle terre) e le consegnava a scatola chiusa il 25% del finanziamento per l'opera. Niente di più semplice che la società "concessionaria" subappaltasse ad una ditta disposta a fare il lavoro col 75% dei soldi grazie all'uso di materiali di scarto , intascandosi il 25%…
La concessione veniva data a consorzi "accreditati", la qual cosa normalmente è avvenuta attraverso un generale meccanismo di corrompimento del corpo politico-istituzionale. Singolare che molti considerino poi la 219 un enorme investimento per l'economia meridionale. In realtà la gran parte delle ditte appaltatrici erano settentrionali ( per i containers ad es. al Sud veniva fatto solo l'assemblaggio).
Soltanto a Napoli le grandi aziende edili del nord dovettero contrattare coi costruttori locali (do you remember Ferlaino?!) ed i "consorzi concessionari" rappresentarono proprio il meccanismo per la composizione percentuale di questi interessi. L'ultimo tentativo del movimento dei comitati popolari di farsi ascoltare ci sarà il 24 aprile 1981 con l'occupazione di un giorno della stazione di Salerno e dell'importante svincolo autostradale di Eboli, ma il 29 aprile la 219 passava alla commissione della camera con l'astensione del Pci che fino alla sera prima aveva promesso fiera opposizione ! Quando pochi giorni dopo, al congresso promosso dalla CGIL sulla ricostruzione, il segretario Lama rifiutò di far parlare Rocco Falivena, il movimento capì quanta poca simpatia evocasse nella sinistra istituzionale…
In realtà il partito comunista
doveva tutelare gli interessi dell'amministrazione Valenzi : quadro politico
di formazione stalinista Valenzi era diventato sindaco di Napoli ma aveva
solo 40 voti su 80 in consiglio e su tutte le scelte importanti era vincolato
al voto democristiano, coi quali era portato quindi a "consociarsi"… Mentre
la Democrazia Cristiana spadroneggiava in tutta la Campania, facendo estendere
la definizione di aree di crisi (interessate perciò ai finanziamenti)
persino ad alcune province del foggiano, Valenzi strinse un accordo
coi costruttori napoletani ed al pci toccò la gestione del "commissariato"
deputato alla ricostruzione per l'aria di Napoli ( Ponticelli e Pianura
fra le aree più investite da questo processo). Il piano di
ricostruzione divenne anche il primo passo verso una deportazione di massa
dei proletari napoletani verso le periferie, cosa che sta continuando con
l'ultimo piano regolatore e i 2.000 sfratti previsti oggi ai danni delle
fasce deboli. Del resto in quel commissariato per l'area di Napoli giocarono
un ruolo chiave Vezio De Lucia e Giannini, figure centrali nelle scelte
urbanistiche della stessa amministrazione Bassolino…
Tra le scelte politiche di quei
giorni è da segnalare quella di affidare ai privati la gestione
dell'ingente patrimonio pubblico (conseguenza della ricostruzione). Cresce
così la "Romeo costruzioni", oggi E.R., agenzia immobiliare e blocco
di potere affaristico che gestisce attualmente il patrimonio immobiliare
pubblico napoletano e di molte altre città.
Intanto nel 1980 pure a Napoli,
dove accanto ai terremotati si pone la questione numericamente soverchiante
dei senzatetto, si sviluppa un fortissimo movimento proletario intorno
alle vicende del lavoro e della casa L'epicentro di queste lotte
erano le organizzazioni dei disoccupati, nate nel '75 intorno all'esperienza
di Vico Cinquesanti e cresciute vertiginosamente grazie alle capacità
organizzaive del gruppo dei "Banchi Nuovi" (sede storica del movimento).
Già in quegli anni i Disoccupati Organizzati dimostrano grande capacità
di radicamento e di alleanze, come quando il 6 ottobre 1978 prendono parola
durante un'assemblea con Pietro Ingrao all' Alfa Sud di Pomigliano : insieme
agli studenti, per denunciare le condizioni di lavoro all'Alfa e l'abuso
degli straordinari, bloccano le merci in entrata e in uscita piantando
le tende davanti a cinque delle portinerie della fabbrica. Respingeranno
un primo tentativo di sgombero della polizia grazie all'aiuto degli operai…
Quando il 19 febbraio del '79
i D.O. occuperanno per una settimana la sede della CGIL, malgrado l'avversione
dei burocrati sindacali saranno protetti dalla solidarietà dei consigli
di fabbrica ! Dopo il 23 novembre 1980 perciò il proletariato precario
risponderà con la lotta e con un'imponente ripresa dell'organizzazione.
Da questa data a Napoli è un susseguirsi di occupazioni di case
(circa 2500 !), alberghi, quartieri Icap, conventi, in un ininterrotto
accavallarsi di blocchi stradali, cortei, rivolte, per lottare contro disoccupazione,
impoverimento e mancanza degli alloggi alternativi a quelli fatti sgomberare
con la forza nel dopo-terremoto.
Pure in questa circostanza l'amministrazione di sinistra, in coerenza con le scelte fatte negli anni '70, avversa i proletari organizzati per i propri diritti e Valenzi definisce i D.O. "untori" della sovversione. Si prepara così il terreno alla repressione che colpirà puntualmente : il 19 febbraio 1981 c'è un corteo unitario promosso da Banchi Nuovi contro Zamberletti, il 24 febbraio in una grande assemblea al cinema Meropolitan i D.O. lanciano la parola d'ordine dell'occupazione delle case private… La sera stessa scattano 5 mandati per "associazione sovversiva" verso i compagni di riferimento del movimento. I D.O. risponderanno il 28 febbraio con un corteo di 10.000 persone (disoccupati e studenti) aperto da uno striscione su cui era scritto : " Organizzati e uniti occupiamo le case, lottiamo per il salario e il lavoro. SIAMO TUTTI SOVVERSIVI ! ". Il 27 aprile viene rapito dalle BR Ciro Cirillo, assessore regionale DC, doroteo, cassiere napoletano di Gava e Piccoli. Le BR chiedono immediatamente la chiusura della rulottopoli sita nella Mostra d'Oltremare e la requisizione delle case sfitte per i senzatetto. Il 20 maggio in 4.000, fra D.O. e senzatetto, attraversano la città in corteo fin sotto palazzo San Giacomo. Polizia e Carabinieri, di fronte alla mobilitazione di massa, non possono che lasciar loro la strada, nonostante il divieto imposto il 5 marzo (accordo Foschi) e rinsaldato dopo il sequestro Cirillo. Si confermava insomma l'esistenza di una società duale in cui gli interessi proletari tendono a darsi un'organizzazione propria per non essere più calpestati mentre le istituzioni tendono a soffocare questi propositi per riportar tutto nella letale mediazione mafioso-democristiana. "Anche di fronte al sisma la città si é divisa in classi" scriveva con rabbia il foglio di Banchi Nuovi sintetizzando la consapevolezza di un movimento, che dai disoccupati organizzati di Napoli ai comitati popolari dell'Irpinia e del Salernitano, seppe rappresentare speranza di riscatto. Quel movimento seppe interpretare pienamente la centralità di quell'evento tragico dentro la storia sociale e politica italiana, prefigurare i processi attraverso cui si ridefiniva la forma stato e i rapporti tra i poteri nella nostra regione a partire dalla gestione delle enormi risorse della 219. Come ospiti indesiderati il protagonismo, le lotte e l'autonomia dei proletari giocarono le loro carte sul tavolo dei destini sociali di quest'area.
Le ragioni di quelle lotte sono più vive che mai : le conseguenze delle scelte politico-istituzionali del 1980 si sono sviluppate nel ventennio seguente ed oggi il ritardo nello sviluppo dalle regioni settentrionali è pressochè raddoppiato con la disoccupazione giovanile al 52% (…!).
La scuola-azienda sembra costruita
appositamente per cancellare qualunque memoria critica e costruire "forza
lavoro" su misura per un futuro di precarietà e flessibilità;
il ricatto della clandestinità è usato per costringere gli
immigrati al lavoro nero, mentre il potere locale é impegnato oggi
come ieri a stendere lucrosi patti con i costruttori, con i capitali
legali e con quelli "extralegali"...
Continua la deportazione dei
proletari in periferie abbandonate e le migliaia di sfratti esecutivi
ai danni delle fasce deboli sono altri dati della catastrofe sociale in
corso. Per questo il 23 novembre saremo in piazza, perché sia occasione
della ripresa di un dialogo delle forze della sinistra antagonista, perché
attorno ad una piattaforma che parla di salario per i disoccupati, di diritto
alla casa e allo studio, di riqualificazione sociale e ambientale dei territori
ci si organizzi per una ripresa delle lotte, per costruire una nuova possibilità
di riscatto.
CSOA Officina 99
Lab.occupato SKA
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