Da "Umanità Nova" n.17 del 1/6/97.
Intrecci giudiziari, rivelazioni giornalistiche, strani ritrovamenti fanno da contorno alle quotidiane convulsioni del governo Prodi. Da una parte c'è l'indagine sulla strage di P.zza Fontana partita nel gennaio 1989 dal giudice milanese Salvini e successivamente affidata (aprile 1995) alla P.M. Grazia Pradella, pare (la cautela è d'obbligo in questa vicenda) arrivata in dirittura d'arrivo, inchiodando nazisti come Delfo Zorzi, oggi miliardario in Giappone, e agenti dei servizi italiani e americani, alle loro responsabilità. Dall'altra il ritrovamento degli archivi "dimenticati" nel deposito della Circonvallazione Appia a Roma, ha evidenziato la presenza di una polizia speciale, parallela e nascosta, che faceva capo a Federico Umberto d'Amato, vera mente dei tanti "misteri" d'Italia, cui le autorità atlantiche han voluto dedicare un'importante sala riunioni nella loro sede centrale, evidentemente per i servizi loro resi da questo illustre manovratore dell'occulto (ma non troppo). A questo d'Amato avrebbe fatto riferimento anche Enrico Rovelli - nome in codice "Anna Bolena" - frequentatore nel passato del Circolo anarchico "Ponte della Ghisolfa" di Milano, e i cui archivi polizieschi risulterebbero dalle carte ritrovate a Roma. La concomitanza degli avvenimenti non poteva che richiamare l'attenzione dei media (La Repubblica e RAI-TG3 in testa). Quell'attenzione che non ci fu né nel periodo precedente alla strage del 12 dicembre quando gli editoriali del Bollettino edito dalla Croce Nera Anarchica mettevano sull'avviso i compagni riguardo le manovre poliziesche (Calabresi in primis) intorno alle bombe fasciste del 25 aprile 1969 e a quelle sui treni dell'agosto dello stesso anno; e nemmeno il 17 dicembre '69 quando la stampa irrise alla conferenza stampa degli anarchici che denunciavano la matrice statale della strage; e neppure il 12 luglio 1975 quando su "umanità Nova" apparve in evidenza, con tanto di foto, un trafiletto che denunciava il Rovelli come informatore dell'Ufficio Politico della Questura di Milano. Ma quelli erano altri tempi. Tempi di attacco ultrautoritario ai movimenti sovversivi e di contestazione prima e di compromesso storico poi. Tempi che permettevano che si gridasse al mostro anarchico prima (se ne sarà mai vergognato Bruno Vespa, ad esempio?) e che si inventasse quella sentenza pilatesca sull'assassinio di Giuseppe Pinelli, poi. E giù botte a chi non era d'accordo. Oggi i tempi sono diversi. Oggi si parla di beatificare Calabresi per la sua vita esemplare di padre e di funzionario, e un gruppazzo di ex di Lotta Continua, tra i quali Guido Viale, si pente amaramente di aver condotto una battaglia per la giustizia e la verità su una strage infame e su un assassinio di un inerme. Sì, i tempi sono veramente diversi. Speriamo solo di non dover registrare anche l'utilizzo di quella spia di Rovelli per prospettare l'ipotesi che Pinelli si sarebbe potuto trovare in difficoltà, a quel quarto piano, grazie alle sue note informative, come già su "La Repubblica" ci è parso di leggere. Sarebbe certo un'operazione logica, funzionale a chi vuole accentuare i propri distinguo da un'epoca di lotta appassionata per facilitare l'opera in corso di pacificazione generale (il paese normale ovvero la normalizzazione del paese), e che conterrebbe in sé una visione del conflitto sociale come qualcosa di ambiguo, ove la lotta per la liberazione umana si confonde con quella in difesa dell'ordine gerarchico. Ove anarchici, comunisti, fascisti, poliziotti, politici ecc. sono solo marionette sullo scenario del qualunquismo conformista, ricercata base d'appoggio per ogni regime. Non sarebbe una novità, ma per fortuna i tempi sono diversi... M.V. |