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Da "Umanità Nova" n. 23 de; 27/7/97

NOTE SUL LAVORO STAGIONALE IN VERSILIA

Versilia, luogo di vacanza, posto di villeggiatura. Rinomato, ambito, caro. Ma qual'è il prezzo di chi l'estate, in Versilia, è costretto a lavorare per tirar su un po' di soldi per vivere? Quanto vale il lavoro dello "stagionale" che suda in un albergo, sgobba in una gelateria o in un fottuto stabilimento balneare? Niente.

Ore e ore di lavoro, di "servizio" a qualche privilegiato che "viene giù a Forte (dei Marmi)" a spendere in un giorno quello che noi guadagnamo in mesi di fatica. Ore e ore su e giù, a destra e a sinistra, di qua e di là, senza fermarsi, per due lire. Per ritrovarsi le briciole che avanzano dalla torta del padrone che ci sfrutta. Quel padrone che ti assume secondo "le norme previste dal vigente Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro", con la "retribuzione prevista dal C.C.N.L." e poi ti spreme come un limone. Infatti in tutta la Versilia pochissimi sono i lavoratori stagionali che si vedono riconosciuto il diritto al giorno di riposo settimanale previsto dal contratto per le aziende del settore; e nella maggioranza dei casi tale giornata, che dovrebbe essere di riposo ma diventa lavorativa come le altre, non è neppure pagata. L'orario di lavoro, sempre secondo il C.C.N.L., è di 6 ore e 40 minuti, ma poi ne fai 8 o 10 (quando ti va bene) ogni giorno, per due o tre mesi mentre la paga in busta è quella "prevista dal C.C.N.L.", cioè 6 ore per 40. In queste attività lavorative la flessibilità salariale non hanno bisogno di introdurla...

Per non parlare di un altro aspetto del lavoro stagionale: non c'è datore di lavoro che non la meni con la vecchia e lagnosa storia della "crisi che quest'anno ci butta a terra", delle "tasse che ci massacrano", dei sindacati "che non ci fanno lavorare". Una vera e propria propaganda padronale diretta a creare una massa di dipendenti ricattabili, malleabili e rassegnati a più ore di lavoro, a paghe più basse ed a ulteriori sacrifici. Purtroppo, come in diverse altre realtà del mondo del lavoro, questa azione di parte padronale sembra avere la meglio, a giudicare dal pressoché inesistente livello di sindacalizzazione tra i lavoratori stagionali e dalla assenza di iniziative di difesa o denuncia delle condizioni di lavoro.

Si tratta quindi di negare e rifiutare innanzitutto questa idea del "siamo tutti nella stessa barca": padroni e lavoratori dipendenti sulla stessa barca non lo sono mai stati e non lo saranno mai. Perché da una parte c'è la miseria di migliaia di persone che lavorano perdendo giorno dopo giorno ogni minima garanzia, ogni diritto precedentemente acquisito; e dall'altra c'è il profitto di coloro che, con la crisi o senza, con le tasse o senza, con i sindacati o senza, sfruttano e dispongono della nostra vita.

Chi, in questa società, non riesce a vedere classi, individui, gruppi sociali con interessi e bisogni opposti e contrastanti, faccia un salto in Versilia d'estate. Con i suoi occhi vedrà il lusso squallido di tanti ricconi in vacanza, le ipocrite lacrime di coccodrillo di datori di lavoro anch'essi agiati e lo sfruttamento continuo di quelli che stanno sotto.

Giovanni



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