Dal Bollettino "Arcipelago" 1998 [Umanitý Nova del 19 luglio 1998]
Alcuni genitori hanno messo in piedi un asilo autogestito. In seguito, hanno
pensato bene di evitare ai loro figli di finire formattati - massificati
e classificati - come lo Stato impone attraverso la scuola pubblica, che
seleziona ed esclude. Questa esclusione ne comporta un'altra, di ordine
culturale: il bambino escluso è consegnato ad un rango inferiore della
gerarchia sociale.
La critica del sistema scolare si sviluppa dunque in critica dell'educazione,
dequalificante per la maggioranza della popolazione. Al di là
dell'educazione, la cultura conforta l'ordine esistente e distrugge il legame
sociale: come l'esercito, la scuola, mentre viene reputata di favorire la
socializzazione dei giovani, in realtà li accultura. E questa cultura
perverte la loro socializzazione.
Questo ragionamento è universale: nessuno sarà libero fintanto
che tutti non lo saranno. Esigere che un tal bambino sviluppi liberamente le
sue capacità equivale ad esigere un servizio sociale educativo nel senso
più ampio del termine: Bonaventure reclama dalla società la
realizzazione integrale del programma rimasto lettera morta sui frontali delle
scuole pubbliche: libertà, eguaglianza, fraternità.
Da qui la specificità di Bonaventure, la sua apertura sociale: la scuola
è gratuita; l'esclusione economica è respinta; e culturale:
Bonaventure è laica, rifiuta l'insegnamento autoritario ereditato dalla
Chiesa e sempre praticato dallo Stato sotto una forma vagamente sbattezzata.
Da qui anche la sua chiusura: al capitale, al padronato, alle imprese, agli
sponsorizzatori; ed egualmente la sua chiusura allo Stato, dal quale non
accetta né sovvenzioni né ispezioni; e, infine, la sua chiusura
ai contributi diretti delle famiglie, incompatibili con la gratuità. Di
conseguenza, Bonaventure si autofinanzia. Come riesce: con una rete di
sostegno, i ragazzi, gli insegnanti, gli animatori e le famiglie (redazione e
vendita di pubblicazioni, organizzazione di feste, vendita di prodotti
artistici...). L'organizzazione è cooperativa e comunitaria - co-gestita
da questi diversi gruppi e autogestita dai bambini: in consiglio, decidono le
loro attività. La pedagogia adottata (quella di Freinet) è
autogestionaria.
...che produce sempre i suoi effetti
Ne risultano delle tensioni ma anche una quantità di aperture di porte e
finestre sul mondo.
Bonaventure rifiuta l'esclusione e si fa carico dei casi difficili (bambini non
scolarizzabili o giovani in difficoltà). Ma non è il caso di
confinarli in un'isola di eccezione.
Questo modo di funzionamento assorbe molto tempo. Ciò che non va nel
socialismo, diceva Oscar Wilde, è che prende troppe serate. A
maggiormente ancora l'autogestione.
Le famiglie non pagano per la scolarità. In cambio prestano del tempo
loro - come gli insegnanti e gli animatori, d'altra parte modestamente pagati -
per i trasporti, l'intrattenimento, le pulizie, la cucina, le riunioni multiple
che il funzionamento consensuale implica.
Se Bonaventure sopravvive, è a forza di restare un luogo di educazione
vivo, un laboratorio di esperienze e di ricerche. Una associazione di sostegno
fornisce al progetto la sua base materiale: tanto che Bonaventure porta questa
speranza molto più grande di lei. Si moltiplicano dunque le conferenze,
i contatti.
Anche i genitori si trasformano. Diventano genitori non-consumatori di scuole,
come gli insegnanti. Questi, a loro volta, cessano di concepirsi come dei
produttori di scuola: tanti rapporti del tutto nuovi, meno da imparare che da
inventare. Perché non si tratta più di collaborazione ma di
co-educazione, meglio: di co-liberazione.
Tutto ciò non è facile: è appassionante e generalmente
molto conviviale: dei rapporti sono stretti e intrattenuti con un numero di
organizzazioni libertarie, di ricercatori pedagogici, di collettivi di
disoccupati, col SEL (sistemi di scambi locali, fuori commercio), di scuole e
istituzioni alternative, come la LAP (liceo autogestito di Parigi), il liceo
sperimentale di Saint-Nazaire, la scuola Altra, la scuola Vitruve, la nuova
comunità di apprendisti di Mèze, delle scuole autogestite in
Senegal, l'associazione dei Segadors d'Artigues (Ariège), dei gruppi di
solidarietà col terzo mondo.
Condannati ad andare sempre oltre, abbiamo sempre più progetti. Ma
vediamo anche l'assemblarsi di minacce.
Ci mancano sempre i soldi, il tempo, gli effettivi.
Il discredito nel quale sempre più decade la scuola di Stato non ci ha
apportato un maggior afflusso di bambini: disarmate, le famiglie involvono su
se stesse e si rivolgono piuttosto verso il pagante che verso il comunitario:
più il liberalismo è avanzato, più è atavico. Un
numero di famiglie, perciò, ritirano puramente e semplicemente i loro
figli da ogni tipo di scuola; l'onda montante della descolarizzazione inquieta
lo Stato. Prendendo pretesto da qualche setta mistico-religiosa, il governo
prepara una legge restrittiva della libertà delle famiglie in materia di
educazione: fino ad oggi in Francia era obbligatoria l'istruzione, non la
scuola.
Ora, sebbene i nostri insegnanti siano meglio qualificati della maggior parte
di quelli delle scuole ufficiali e che i nostri bambini siano meglio
sviluppati, può darsi che ci vedremo trascinati in una procedura in tal
senso con esito incerto.
Nel frattempo, progettiamo di estendere le attività dell'Associazione
Bonaventure: il giornale si trasforma per prendere più parte
all'informazione e alla ricerca in materia educativa.
Progettiamo di mettere in piedi un'associazione internazionale alternativa, di
organizzare un seminario regionale di pedagogia alternativa, un festival di
cinema sui problemi scolari e l'educazione.
E ancora, siamo associati ad un progetto universitario alternativo italiano
(!!!!!il testo recita: il vostro commento sarebbe benvenuto!!!!!) Fine
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