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Dal Bollettino "Arcipelago" 1998 [Umanitý Nova del 19 luglio 1998]

Sanità e salute: siamo sempre allo stesso punto?

Da molti anni ormai si cerca un orientamento nel groviglio costituito dalla Sanità. Il problema si pone in generale, per chiunque usufruisca di un Servizio Sanitario Nazionale in gravi difficoltà sia dal punto di vista amministrativo, sia dal punto di vista burocratico. E, dato che c'è di mezzo uno Stato, non c'è troppo di che stupirsi...

Già in altre occasioni mi sono soffermato sull'idea che Sanità e Salute non sono la stessa cosa; che la prima è da intendersi nel modo più limitato, dunque in senso appunto burocratico e statale; e che la seconda costituisce il concetto invece a cui bisognerebbe fare riferimento, e che non v'è alcun dubbio che un riferimento di questo genere non può non portare a una più ampia critica di questo modo di organizzare il vivere umano, critica che va anche ben oltre l'aspetto squisitamente tecnico. Ecco dunque l'interesse di proporre una questione che ci riguarda tutti così da vicino in un contesto di dibattito sul municipalismo.

D'altro canto è anche vero e reale che, non essendo cambiate le cose gran ché (e in contesti del genere ciò non può che assumere il significato di un peggioramento), non mi sarà possibile certo enunciare soluzioni nuove rispetto a quanto già detto. Dunque, con buona pace di chi legge, cercherò "semplicemente" di mettere un poco di ordine e di fare il punto della situazione.

Per prima cosa mi pare che tutta la confusione destata dal caso Di Bella non faccia altro che dimostrare lo stato di precarietà e disordine in cui versa la Sanità non solo nella sua concretezza, ma anche nel suo "essere pensata". Avevo già scritto a tal proposito all'inizio dell'anno, e, come allora, non posso fare a meno di rilevare come l'interesse della problematica non fosse tanto e solo nell'aspetto tecnico, ma soprattutto nel fatto che gli accadimenti (e il modo nel quale sono stati gestiti dai mass media) hanno evidenziato molto bene lo stato di confusione e anche, diciamolo, di impotenza in cui versa certa dirigenza. Si parlò di decine di migliaia di miliardi spesi per quella terapia, poi ci si corresse, e si disse che si trattava "solo" di qualche migliaio di miliardi, si tuonò, si trattò, si arrivò a una sperimentazione secondo me fessa già in partenza, da qualsiasi punto di vista la si volesse vedere (per conto mio non sono entusiasta di Di Bella, l'ho già detto, ma tra questo e le proverbiali fette di salame sugli occhi...). A distanza di mesi ciò risulta ancora più chiaro; ci si accorgerebbe proprio in questi giorni che la terapia proposta dal Professore non porta alcun vantaggio, e proprio esaminando le cartelle da egli stesso fornite ! Non mi pare questa la sede per mettere in discussione la fondatezza o la strumentalità di tali "scoperte", ma mi sorge spontanea una domanda, dettata non certo dall'accademismo, ma solo dal semplice buon senso : erano proprio necessari tutti questi mesi, per accorgersene ?

Ma è inutile dilungarsi troppo : l'abbiamo già detto, riteniamo che lo Stato sia attualmente il modo più confuso e pasticcione per organizzarsi da parte di una società, che cosa ci potremmo mai aspettare, oltre tutto in un Paese come il nostro in cui si fa fatica a far funzionare bene persino i pasticci ?

Per il resto non si può fare a meno di notare che laddove le cose funzionano un po' meglio, ciò avviene solo grazie alla libera iniziativa di qualche privato cittadino, il quale, o per buona volontà, o per mania di precisione, o per coscienza, o per quant'altro, ci mette del suo, spesso gratis, e riesce a andare oltre le poco intelligenti pastoie proposte dai soliti noti. Tuttavia in quel "quant'altro" ci sono dei pericoli. Capita che qualche volta ci siano degli interessi precisi e mirati a screditare la pubblica sanità, al fine di dimostrare la sua inefficienza totale e dunque la necessità di passare a strutture di assistenza private. Ho già evidenziato in altra sede il pericolo, peraltro palese, di un fatto del genere, e questo è il motivo che mi porta, malgrado tutte le considerazioni che ho fatto e che farò, a difendere anche e persino l'attuale Servizio Sanitario Nazionale.

Ciò non toglie che sia necessario continuare a pensare quale tipo di soluzione dare a una situazione che stupisce per quanto riesca a continuare; non bisognerà essere colti di sorpresa quando, un giorno o l'altro, ci verrà di fatto tolta questa assistenza. Per aprire e chiudere subito una parentesi : la mia impressione sempre più netta è che non verrà a breve scadenza tolto l'attuale sistema di assistenza sanitaria, così, di netto; ciò implicherebbe prese di posizione troppo nette da una parte e dall'altra, e questo non converrebbe a nessuno; ciò che a mio parere è più probabile che succeda (e che mi sembra sia già in movimento in tal senso), è che piano piano, in modo indolore, o quanto meno appena percettibile, il Servizio Sanitario Nazionale sia reso un contenitore vuoto, che i suoi principi vengano resi inefficienti in modo indolore, e che alla fine, se non si provvede per tempo, ci si possa trovare completamente spiazzati (e soprattutto in balìa delle compagnie di assicurazione).

Mi pare evidente a questo punto di come non abbia un senso pensare a un modo per autoorganizzare l'assistenza sanitaria, senza pensare anche a come autoorganizzarsi anche il resto dell'esistenza. In altre parole è chiaro di come pensare a modi per sopperire alle inefficienze dello stato senza darsi in pasto ai pescicani non possa non implicare altre sfere del vivere quotidiano. Ma si può anche concepire che sia proprio partendo da situazioni concrete e attuali come la salute (ma non è l'unico aspetto importante nel vivere), si possa poi "risalire" a più generali criteri per esistere senza opprimere il prossimo. In realtà qualche piccola situazione a cui in qualche modo fare riferimento, con tutti i limiti e le riflessioni che un'operazione del genere può comportare, esiste. E anche la critica di ciò che già esiste può essere utile, per fare tesoro di un'esperienza senza subirne i limiti. In fondo è un compito che non deve spaventare chi ha deciso che il mondo così com'è non gli va bene e che ritiene che l'Umanità si meriti di più...

Paolo Bruno



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