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Dal Bollettino "Arcipelago" 1998 [Umanitý Nova del 19 luglio 1998]
Esigiamo dai governanti statali e federali rispetto per le forme di governo
di tutti i popoli; se abbiamo un municipio autonomo è perché
questa è la forma per governarci che noi riteniamo
migliore"(1).
La repressione da parte del governo messicano in Chiapas si è diretta
negli ultimi mesi all'occupazione, saccheggio e tentativo di smantellamento
manu militari dei Municipi Autonomi zapatisti, la cui creazione da parte
dell'EZLN e delle bases de apoyo zapatiste ha ricevuto un impulso in
particolar modo dopo l'approvazione degli accordi di San Andrés del 16
febbraio 1996, firmati ma mai ratificati o applicati dal Governo, che
prevedevano fra le altre cose proprio la creazione di Municipi secondo il modo
di gestione della politica tipico della tradizione india.
È possibile stabilire un rapporto fra questa politica "municipale"
zapatista e la concezione e la pratica che si sono venute definendo in questi
anni come "municipalismo libertario", oppure le similitudini si fermano
all'assonanza verbale? È quello che tenteremo di capire analizzando
alcuni aspetti del municipalismo della Selva, ma è bene sgomberare
subito il campo da un possibile equivoco. Gli zapatisti non hanno di certo
letto Bookchin, né Bookchin ha praticato un tirocinio preventivo nel
fango della Selva: le due politiche hanno radici territoriali, culturali e
storiche diverse ma ciò non impedisce lo sviluppo parallelo di pratiche
ed analisi sorprendentemente simili rispetto alla gestione della
comunità da parte della comunità stessa.
Se vogliamo andare a rintracciare nella storia qualche possibile filo
sotterraneo dobbiamo risalire alla Rivoluzione messicana di inizio secolo ed in
particolare all'opera di Ricardo Flores Magón e degli anarchici
messicani, che furono un ponte di contatto fra le concezioni autogestionarie e
municipaliste da sempre insite nell'anarchismo bianco ed europeo e la
tradizionale pratica autogestionaria degli indios.(2) Non è
un caso che uno dei municipi autonomi, inaugurato il 10 aprile scorso e
sgomberato dall'esercito all'alba del giorno successivo, portasse il nome
dell'anarchico messicano.
La comunità india
Base e fonte della "nuova politica" zapatista è la pratica di
autogoverno delle comunità indie: "Quando c'è un problema la
gente convoca l' assemblea, si riuniscono tutti gli abitanti della
comunità: uomini, donne, bambini. Nominano in quel momento una
"presidenza" dell'assemblea, che raccoglie e riporta tutte le opinioni
possibili. Se l'assemblea non permette che tutti parlino perché
c'è tanta gente o perché c'è qualcuno che ha vergogna, si
divide in piccoli gruppi di lavoro che discutono e prendono accordi che
riportano nuovamente all'assemblea plenaria. Sarà questa decisione, che
si chiama accordo, che verrà realizzata."(3) Le
modalità variano a volte da comunità a comunità, le
decisioni possono essere prese per consenso e unanimità oppure a
maggioranza e minoranza, in comunità chiuse il Consiglio degli anziani
può avere più peso che in comunità più aperte, ma
lo schema generale vale un po' dappertutto: "Non soltanto in Chiapas ma anche
in Guatemala, Yucatan, Tabasco... le comunità praticano una specie di
autogoverno così democratico che non si prende nessun tipo di decisione
se non a livello collettivo."(4) Avviene allo stesso modo, ad
esempio, nelle comunità magoniste della Sierra Mazateca(5).
C'è stato chi ha messo in dubbio la "genuinità" di questa pratica
assembleare(6), ma numerose testimonianze dirette sembrano smentire
queste perplessità, confermando che le assemblee si svolgono liberamente
ed in un regime paritario esente da manipolazioni. Ascoltiamone una "dal vivo":
"Nella Realidad (...) la mattina di Domenica 27 suonò il corno varie
volte. Erano le sette in punto, il sole non aveva ancora diradato la bruma
della stagione delle piogge. Il corno chiamava tutta la gente a concentrarsi
nel piazzale, di fronte alla casa ejidale. In breve, uomini e donne (...)
tirarono fuori le panche dall'umile baracca di legno che serve da chiesa e le
misero in modo che tutti gli adulti del villaggio si potessero sedere
ordinatamente. Cominciava l'assemblea. Si dovevano votare una per una le sei
domande dell'E.Z.L.N. La discussione di ogni punto, la traduzione di tutti i
termini, la spiegazione del significato ed il dibattito avevano occupato due
giorni interi. Nella Selva, la Consulta era presa come un avvenimento di
vitale importanza che non poteva essere deciso senza metterci tutto l'impegno
per comprenderla ed analizzare le conseguenze di tutte le possibili risposte. I
Tojolabales fecero assemblee di uomini e donne, poi di donne con donne e di
uomini con uomini, e poi un'altra volta tutti assieme, affinché nessuno
rimanesse con dubbi, senza aver compreso qualcosa o senza un'opinione.
Così per la Domenica c'era un consenso. (...) Alla domanda 1 tutti
risposero "Sì": alzarono il pugno, non la mano. (...) Quando
arrivò la quinta domanda, se l'E.Z.L.N. debba convertirsi in una forza
politica unendosi ad altre forze, nessuno alzò il pugno. Allora chi
teneva i conti disse: "Che alzino la mano quelli che non sono d'accordo", ma
nessuno lo assecondò: alzare il pugno per loro era affermare. Al suo
posto ci furono urla e proteste: "Non ci conviene, non siamo
d'accordo!".(7)
Se questo può essere un caso eccezionale, un "referendum" di particolare
importanza, possiamo però cercare di capire come sia la gestione
quotidiana degli affari pubblici della comunità. L'unico documento di
cui disponiamo, al di là di racconti e testimonianze, è il testo
delle "Leggi dell'ejido di Morelia", comunità zapatista del Municipio di
Altamirano, in Chiapas, approvate il 10 Aprile del 1994, nella prima fase dopo
l'insurrezione zapatista. Così come per altri aspetti della politica
zapatista (l'utilizzo della bandiera nazionale, la denominazione di "Esercito",
...) anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un utilizzo di forme che
ricalcano quelle di tipo statuale: leggi, autorità, agenti municipali e
via di questo passo, cosa che a prima vista risulta sicuramente ostica ad uno
sguardo libertario. Senza perderci nella ricerca delle cause di questo
utilizzo, che ci porterebbe troppo lontano, occorre però andare a vedere
che meccanismi concreti si celano dietro le forme. Leggiamo: "Dalle stesse
tradizioni, costumi e altre forme di vita dei nostri antenati, oggi viene
riscattato il buon rispetto alla vita comunitaria, intorno al quale ruotava,
nei buoni tempi di organizzazione e comprensione, il rispetto a tutti i diritti
degli esseri viventi. Oggi è il momento di tornare a riprendere alcune
importanti idee, forme e modi di convivere per tornare nuovamente alla vita
organizzativa della comunità. E debitamente, dare soluzione ai problemi
che sorgono ogni giorno in questa comunità, per esempio quello di
perdere il rispetto, non obbedire alle autorità, non partecipare alle
riunioni o alle celebrazioni della Domenica ed altri. Le molte sbronze, i
furti, il comportamento irrequieto della gioventù, l'egoismo, e tanti
altri mali causano danno alla comunità e contemporaneamente le
permettono di continuare ad essere disorganizzata, divisa, fino ad arrivare, a
volte, a tradirsi al proprio interno. Per questo, la comunità si vede
obbligata nuovamente a mettere ordine e, con un'autorità, correggere
queste dolorose pene e ferite che ha sofferto. Il coordinamento
dell'organizzazione, dell'analisi, della riflessione, della scoperta, fa
nuovamente che la Comunità torni alla sua unità. (...) Occorre
segnalare che riguardo a tutti gli accordi che siano presi in questa
Assemblea(8), sarà la stessa Assemblea che
determinerà la sua forma di compimento e li farà compiere."
Questo è il punto essenziale: ogni decisione sulla vita della
comunità viene presa in assemblea e le autorità nominate per i
vari compiti (Consiglio degli anziani, Commissariato ejidale, Consiglio di
vigilanza, Agente municipale, Comitato di educazione, Lavoratori della chiesa,
Promotori di salute, nel caso di Morelia) sono di tipo esecutivo e di controllo
e rispondono del loro operato direttamente all'assemblea, dalla quale possono
venire destituiti in qualsiasi momento: "Ogni persona che sia nominata per un
qualsiasi servizio, meriterà l'incarico fintantoché lo compia
fedelmente, presenti una buona disciplina ed un buon comportamento nei lavori
collettivi, negli accordi, nelle decisioni ed in tutto il resto". Questo
è quello che si chiama il "Mandar obedeciendo", il "Comandare
obbedendo". Per quanto riguarda il diritto di proprietà: "Nessuno
sarà proprietario di terra in maggiore quantità degli altri, se
non per ciò che decretino l'Assemblea e le Autorità di questo
Ejido. La terra sarà lavorata in forma collettiva (...). Nessuna persona
avrà il diritto di occupare o accaparrarsi altri spazi dentro l'Ejido, e
nemmeno appropriarsi di essi anche quando siano appartenuti ad un familiare,
fino a non essere autorizzati dall'Assemblea, e se così lo merita." Sui
rapporti con l'esterno: "Nessuna persona estranea, autorità o governi
fuori da questa realtà, avranno il diritto di togliere o aggregare
articoli o parole che non siano stati analizzati ed approvati dal Consiglio
degli anziani, e tantomeno imporre cose che non abbiano carattere di
unità e di dare vita alla propria Comunità." Se esiste un certo
"autoritarismo" da parte della comunità nei confronti del singolo (ma il
rapporto fra "comunità" e "singolo" ha per gli indios un significato
diverso rispetto a quello che vi diamo noi) bisogna riconoscere comunque che si
dà in un clima di fortissima repressione esterna e che comunque il
sistema "giudiziario" delle comunità è in genere molto meno
aggressivo di quello occidentale: la punizione dai delitti più gravi
è spesso il semplice allontanamento dalla comunità.(9)
E' da escludere anche il rischio di una mitizzazione della comunità
tradizionale Maya: nel caso degli zapatisti della Selva Lacandona non si tratta
di comunità ancestrali rimaste intatte da secoli, ma di un processo di
riappropriazione del sentire comunitario nei suoi migliori aspetti. Sono
comunità formatesi in seguito alla cospicua immigrazione nella Selva di
indios/contadini senza terra soprattutto dagli anni '50 e presentano quindi un
discreto quoziente di dinamicità interna, ulteriormente aumentato dalla
formazione dell'EZLN e dall'irruzione nello scenario politico dopo il 1deg.
gennaio 1994(10): si pensi, ad esempio, alle radicali modifiche per
quello che riguarda il ruolo ed il peso della donna, impensabili in una
comunità tradizionalista.
Il "mandar obedeciendo"
"Chi è delegato per essere dirigente, è dirigente perché
rappresenta la parola della comunità intera. (...) Tale funzione
è considerata un'enorme fatica (una "carga"). Già nella
cultura maya preispanica la "carga" è un servizio che il
dirigente fa alla comunità, senza per altro essere concepita come una
gerarchia che opprime la gente. E' invece l'assemblea che `opprime' il
rappresentante, per il tempo in cui è in carica."(11) Il
rappresentante non viene retribuito ma continua il suo lavoro quotidiano come
gli altri membri della comunità.
"Provo a spiegar loro [agli indigeni]: voi potete fare così (risolvere
attraverso il consenso) perché avete una vita comunale. Quando arrivate
ad una assemblea, vi conoscete, arrivate a risolvere un problema comune. Ma in
altri posti non è così, gli dico. La gente vive separatamente e
usa l'assemblea per altre cose, non per risolvere il problema. E loro dicono
che no, che per loro invece funziona. Ed in effetti funziona, risolvono il
problema. E questo metodo lo propongono per la nazione e per il mondo. Il mondo
deve organizzarsi così. Questo è ciò che essi chiamano il
"comandare obbedendo". Chi non funziona viene tolto e non ci sono troppi
problemi. Il Commissario ejidale quando si sbaglia lo tolgono e ritorna a far
parte dell'assemblea. Noi abbiamo insistito sul fatto che quello che propone
l'EZLN non è la democrazia rappresentativa, quella dei partiti politici.
(...) E' necessaria una forza politica che cerchi questo e non che cerchi il
potere. I partiti politici arrivano e dicono: "Chi sarà il Commissario
ejidale?". I compagni dicono: "Il problema non è chi sarà il
Commissario ejidale, ma che questo commissario faccia ciò che dice la
comunità". Allora, è necessaria una forza politica che organizzi
la comunità per esigere al Commissario ejidale, al presidente
municipale, al governatore, al Presidente della Repubblica, al Congresso, che
serva la comunità e la nazione... So che sto delirando...
- E onestamente crede che questo possa funzionare per la nazione?
So che l'altro non funziona. Ciò che c'è adesso non funziona.
- Questo che proponete non è il braccio politico di una
guerriglia?
No. E' un nuovo mondo. Semplicemente. (12)
"Da un lato il progetto di paese che ha il potere (...) Dall'altro lato il
progetto della transizione alla democrazia, non una transizione patteggiata con
il potere che simuli un cambiamento perché rimanga tutto uguale, ma la
transizione alla democrazia come il progetto di ricostruzione del paese; la
difesa della sovranità nazionale; la giustizia e speranza come aneliti;
la verità e il comandare obbedendo come guide di chi sia messo alla
testa; la stabilità e la sicurezza che danno la democrazia e la
libertà; il dialogo, la tolleranza e l'inclusione come nuova forma di
fare politica."(13)
Chi e come deve essere il protagonista di questa "transizione alla democrazia"?
Da sottolineare è innanzitutto il chiaro antiavanguardismo dell'EZLN:
"Questo progetto si sta per fare e corrisponderà non ad una forza
politica egemonica o alla genialità di un individuo ma ad un ampio
movimento oppositore che raccolga i sentimenti della nazione. (...) L'EZLN
è stato una parte, non il tutto e nemmeno l'avanguardia, nello sforzo
per la transizione alla democrazia."(14)
La società civile e la sua autorganizzazione
Il soggetto di questa trasformazione deve essere per gli zapatisti la
"società civile". Per società civile intendono i soggetti sociali
che subiscono un'oppressione: "gli operai (...), i lavoratori della campagna e
della città, gli indigeni, i coloni, i maestri e gli studenti, le donne
messicane, i giovani di tutto il paese, gli artisti e gli intellettuali onesti,
i religiosi conseguenti, tutti i cittadini messicani che vogliono non il potere
ma la democrazia, la libertà e la giustizia per noi e i nostri
figli".(15) Spetta alla società civile di organizzarsi in
maniera autonoma e decentrata in una forza politica che lotti per la creazione
di uno spazio politico in cui le varie opzioni possano essere scelte in modo
veramente libero dai cittadini: "...[Stiamo proponendo] l'anticamera di un
nuovo Messico. In questo senso, questa rivoluzione non si concluderà con
una nuova classe, frazione di classe o gruppo al potere, ma in uno "spazio"
libero e democratico di lotta politica. Questo "spazio" libero e democratico
nascerà sul cadavere maleodorante del sistema di partito di Stato e del
presidenzialismo. Nascerà una relazione politica nuova. Una nuova
politica la cui base non sia un confronto fra organizzazioni politiche in
sé, ma il confronto delle loro proposte politiche. (...) Le varie
proposte (...) dovranno convincere la maggioranza della Nazione che la loro
proposta è la migliore per il paese. Ma non solo questo, si vedranno
anche "vigilati" dal paese che conducono di modo che saranno obbligati a render
conto al dettame della Nazione rispetto alla loro permanenza nella
titolarità del potere o alla loro rimozione.(16)
Il Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale, fondato nel settembre del 1997
con un congresso a cui hanno partecipato 2600 persone, con origine nei Comitati
Civili di Dialogo, nati in tutto il Messico per discutere e sostenere le
proposte dell'EZLN durante il dialogo con il Governo a San Andrés,
è questa forza politica "che non sia un partito politico e che pertanto
non aspiri alla presa del potere, ma che lotti per la democrazia nel senso che
chi comanda, comandi obbedendo. (...) Una forza i cui membri non abbiano
né aspirino ad avere cariche elettorali o posti di governo."
(17) Nel "Frente" le decisioni importanti devono raggiungere
un consenso minimo del 66,6%, un tentativo di minimizzare i rischi del
principio di maggioranza/minoranza secco tipico di organismi di massa di
carattere nazionale.
Il comportamento degli zapatisti rispetto al voto nelle elezioni non è
rigido: nel '94 diedero indicazione di voto "contro il partito di Stato",
quindi indirettamente per il PRD, ma da allora le cose sono cambiate, tanto che
nelle elezioni del luglio '97 dichiararono apertamente che non avrebbero votato
e vi furono casi di sabotaggio ai seggi elettorali.
Concludendo, lo zapatismo è in effetti "un mondo che contiene molti
mondi". Volendo essere "includente e non escludente", contiene al suo interno
posizioni differenziate. Del "nuovo modo di fare politica" zapatista sono
sicuramente possibili due interpretazioni, una "moderata", che può
pensare il processo di democratizzazione con una riforma del sistema obsoleto
del partito di Stato senza mettere in discussione le forme tradizionali della
rappresentanza democratica in senso occidentale, ed una "radicale" che invece
vede la democratizzazione nel senso di sostituire agli attuali meccanismi di
potere il modello organizzativo delle comunità; ma a ben vedere è
il processo che conta, sono le realizzazioni concrete, e di queste per ora si
può solo dire che vanno nel senso di una radicale alternativa alla
politica esistente.
Municipalismo e zapatismo
Se riportiamo quanto detto finora alle categorie con cui siamo soliti definire
il progetto municipalista libertario, non possiamo non notare una serie di
interessanti analogie. Scopo del progetto municipalista libertario è
quello di sviluppare una gestione diretta della politica da parte dei cittadini
di un polis che si contrapponga al potere attraverso forme organizzative
orizzontali ed assembleari (le Federazioni Municipali di Base come quella di
Spezzano Albanese, ad esempio) che veicolino contenuti antagonisti rispetto al
sistema statale e capitalista. Nelle comunità indie zapatiste la
gestione quotidiana della politica secondo la formula della democrazia diretta
"faccia a faccia" è una realtà concreta, quotidiana, che si
esprime nell'assemblea della comunità e nel "comandare obbedendo". La
costituzione di Municipi autonomi nelle zone zapatiste è il tentativo di
estendere a livello formale l'autogoverno delle comunità in federazioni:
un Municipio, infatti, contiene più comunità e nuclei abitativi.
L'autogoverno non è poi un dato di fatto "inerte" ma un processo
affermato tramite l'azione diretta (quella che gli indios chiamano "autonomia
di fatto") e quindi conflittuale: abbiamo la riprova che una pratica
municipalista libertaria diffusa non può fare a meno di sviluppare
conflitto con le forme del potere. Il progetto di autogoverno si fa proposta
politica di tipo generale attraverso la creazione di una
organizzazione/movimento che non partecipa alle elezioni(18) ma che
costituisce una specie di parallelo politico di quello che è il
sindacato autogestionario sul piano economico: uno strumento di lotta e di
difesa che si prepara a promuovere la gestione diretta della società.
In questo senso l'esperienza zapatista in Chiapas è preziosa e va
aiutata, difesa e diffusa; in questo senso, e non nella retorica della sinistra
orfana di miti, è un segnale importante per le lotte del 2000, un ponte
indispensabile fra passato e futuro.
Andrea Dilemmi
NOTE:
1) Da un comunicato del Municipio autonomo "Tierra y Libertad", occupato
dall'esercito e dalla polizia il 1deg. maggio 1998.
2) Vedi: Una passione libertaria: il Messico di Magón,
prossimamente sul ndeg.78 di "Germinal, giornale anarchico di Trieste,
Friuli, Veneto e...", settembre 1998.
3) Dall'intervista all'antropologo messicano Antonio García De
Leòn, in: "Umanità Nova" ndeg.25, 17/9/1995.
4) Ibid.
5) Vedi: Una passione libertaria: le comunità magoniste oggi,
prossimamente sul ndeg.79 di "Germinal", dicembre 1998.
6) Vedi Silvye Deneuve & Charles Reeve: Al di là del
passamontagna del Sud-Est messicano, in: "Bollettino internazionale a
cura della Commissione relazioni internazionali della F.A.I.", ndeg.4,
ottobre 1996, ora anche edito in forma di opuscolo per le edizioni NN, gennaio
1998.
7) Da: Guiomar Rovira: La consulta indígena, in: "Tierra y
libertad, boletín informativo del col.lectiu de solidaritat amb la
rebel.lió zapatista", ndeg.2, nov. 1995.
8) Sottolineato nel testo.
9) Per la concezione india della Giustizia si veda ad esempio il volume Io,
Marcos, a cura di Marta Duran De Huerta, Feltrinelli 1995.
10) Per questo aspetto: Antonio Garcìa De León:
Identidades, in: "La Jornada semanal", 21 sett. 1997 o dello
stesso autore l'introduzione a: EZLN. Documenti e comunicati dal Chiapas
insorto", I vol.., BFS 1996.
11) Dall'intervista all'antropologo messicano Antonio García De
Leòn, in: "Umanità Nova" ndeg.25, 17/9/1995.
12) Da un'intervista al Subcomandante Marcos, in: "Brecha", 27 ott.
1995.
13) E.Z.L.N.: Quarta dichiarazione della Selva Lacandona, 1 gennaio
1995, in: "EZLN. Documenti e comunicati del Chiapas insorto", cit.
14) E.Z.L.N.: Quarta dichiarazione..., cit.
15) Ibid.
16) E.Z.L.N.: Seconda dichiarazione della Selva Lacandona, Giugno 1994,
ora in: EZLN. Documenti e comunicati..., cit.
E' singolare l'analogia, fatte alcune debite proporzioni, di questa concezione
"strategica" della lotta con la concezione malatestiana del ruolo degli
anarchici nella fase di transizione di un processo rivoluzionario: "L'anarchia
non si fa per forza. Il comunismo anarchico (...) non è possibile se non
quando grandi masse di popolo (...) lo comprendano e lo vogliano. (...) Nostro
compito dopo aver concorso ad abbattere il regime attuale è quello di
impedire, o di cercare di impedire, che si costituisca un nuovo governo; o non
riuscendovi, lottare almeno perché il nuovo governo non sia unico, non
accentri nelle sue mani tutto il potere sociale, resti debole e vacillante,
(...) La costituzione di una società di liberi non può essere che
l'effetto della libera evoluzione, Ed alla libertà dell'evoluzione ,
continuamente minacciata fino a che esisterà negli uomini sete di
dominio e di privilegio, gli anarchici devono vegliare". "In tutti i casi
reclamare ed esigere, magari colla forza, la nostra piena autonomia e il
diritto ed i mezzi per organizzarci a modo nostro ed esperimentare i metodi
nostri.": Errico Malatesta, in: Pagine di lotta quotidiana: scritti 2deg.
vol., pp. 182,184 e 185 ed in: Pensiero e volontà: scritti 3deg.
vol., p.197.
17) Da un volantino dell'FZLN
18) Per quanto riguarda questo aspetto la pratica zapatista si caratterizza per
una maggior radicalità rispetto alle ipotesi Bookchiniane, che sappiamo
non essere comunque le uniche.
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