![]() Da "Umanità Nova" n. 23 del 28/6/98 Marghera: Il ruolo del sindacatoConnivenza potrebbe essere la parola giusta. Ma certo non sufficiente a spiegare l'intricata vicenda che ha coinvolto negli anni le forze sindacali presenti all'interno del Petrolchimico di Porto Marghera. Chi conosce anche appena sufficientemente l'ambiente lavorativo Enichem sa che a reggere le sorti degli operai all'interno dello stabilimento è stata sempre storicamente chiamata la CGIL. Fin dai tempi dei Consigli di Fabbrica , la politica del Partito Comunista faceva sentire la sua presenza maggioritaria. Del resto i Sacri Testi del marxismo recitavano una litania ben nota: gli operai rappresentavano la punta di diamante dell'offensiva che nelle fabbriche avrebbe riscattato definitivamente il proletariato sottomesso alla legge dei padroni. Sappiamo che non è andata così e che, anzi, la diffusa miopia dei dirigenti comunisti ha segnato, nel tempo della fabbrica che si trasformava, le tappe del progressivo impoverimento della capacità di contrattazione del Sindacato. Fino quasi, in più di un'occasione, all'allineamento strategico con gli interessi della stessa Azienda. L'antico ritornello dal lavoro a qualsiasi costo, purché lavoro, ha svelato le ragioni di una politica quarantennale che ha condotto il PCI alla sconfitta definitiva. Dentro a questo principio dell'inviolabilità del diritto all'occupazione, sacrosanto naturalmente ma non bastevole a dar conto di importanti processi di trasformazione e ristrutturazione gestiti sulla pelle dei lavoratori salariati, si innesta anche la questione della sicurezza negli ambienti di lavoro e dell'inquinamento provocato dai cicli produttivi - davvero intensi perlomeno nei primi vent'anni di vita del Petrolchimico. Di conseguenza, per molto tempo, la posizione sindacale predominante, quella espressa in anni recenti da Bruno Filippini e dalla Filcea, si arroccava sulla negazione esplicita degli effetti inquinanti dello stabilimento veneziano. Lo stesso Bortolozzo, l'operaio che ha dedicato buona parte della propria vita al disvelamento delle tragiche vicende occorse a molti compagni di lavoro, aveva nel Sindacato di fabbrica un feroce nemico. La negazione sistematica di qualsiasi responsabilità delle morti bianche, più tardi diventate addirittura processo per omicidio colposo, ha caratterizzato la posizione delle rappresentanze sindacali interne al petrolchimico. Non di tutte, comunque. Se c'è stato bisogno di costituire l'Associazione Lavoratori e Lavoratrici Chimica e Affini (ALLCA), qualcosa evidentemente non deve aver funzionato nell'omologazione voluta dalla Filcea. L'Allca ha combattuto duramente, in particolare negli ultimi anni, le ambigue manovre orchestrate da certa dirigenza sindacale con l'intera intellighenzia dell'Azienda. Si è trattato di conflitti aspri per i quali nessuna mediazione è stata possibile; l'opinione dei lavoratori è stata comunque sempre, ed infaticabilmente, surrogata dal settore CGIL che ha esercitato ed esercita ancora il suo controllo in fabbrica. Le conseguenze del complessivo arretramento sindacale successivo agli inizi dell'ultimo decennio si è fatto sentire forte a Marghera. Le spaccature in seno alla stessa CGIL, nazionale e locale, hanno davvero determinato la caporetto del sistema che avrebbero dovuto essere poste ad argine del selvaggio e indiscriminato investimento produttivo di Enichem. Una strategia d'impresa dispiegata a coprire una geografia di interessi politici ed economici che non ha badato a spese, nemmeno quando si è trattato della salute dei lavoratori e della salvaguardia dell'ambiente circostante. Attualmente, e con ciò intendo davvero l'altroieri, la Filcea, portando compiutamente a termine il proprio ruolo di alleata dell'Azienda, ammette che fino ad oggi, è vero, si è inquinato ed è dunque necessario, meglio indispensabile, affrontare il tema del risanamento dell'intera area. Altra pioggia di investimenti, altri appalti miliardari, altro denaro che fluirà copioso dalle casse dello Stato. Gli operai, dopo lo scontro con gli ambientalisti, capeggiati dai Verdi locali, Gianfranco Bettin in testa, alla ricerca di una personale bonifica morale che li risospinga nel grande gioco della politica comunale e regionale in qualità di vincitori, manifestano ed attendono prove convincenti, da parte del Governo soprattutto, a garanzia del posto di lavoro. Il lavoro è lavoro, si sa, anche se costa la vita. Mario Coglitore
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