![]() Da "Umanità Nova" n. 24 del 19/7/98 Un'altra uno bianca?Quando a Bologna fu scoperta la banda dei fratelli Savi, i poliziotti della Uno Bianca, qualcuno scrisse che storie del genere non sarebbero potute verificarsi fra i Carabinieri, dove sia per fedeltà al dovere che per l'alto livello di professionalità erano da escludersi simili comportamenti devianti; il nostro scetticismo foucaultiano di allora su tale opinione sembra adesso essere in qualche modo premiato. Il caso del benemerito generale Delfino, implicato in stragi di stato e sequestri di persona, certo aveva già dato pochi mesi fa un duro colpo alla credibilità dell'Arma, tanto che le più alte istituzioni dello stato hanno cercato in ogni modo di sollevarne le sorti; ma quanto sta emergendo nelle indagini relative ad un agguato ai danni di una pattuglia di PS, avvenuto nel 1995 a Mestre , fa intravedere scenari ancora più inquietanti. Il fatto risale ad una notte di settembre di tre anni fa, quando un'auto della Polizia di Frontiera fermò un'Alfetta "sospetta" nella zona industriale di Marghera, proprio davanti alla caserma della Guardia di Finanza. In pochi istanti i tre poliziotti vennero colpiti da raffiche di mitraglietta Skorpion sparate con estrema precisione dai tipi - sembra due - dell'auto che si dileguarono nelle tenebre. Le successive indagini portarono subito in carcere tre nomadi rom, riconosciuti come gli autori della sparatoria anche da uno dei tre poliziotti feriti rimasto paralizzato; la magistratura però, tra polemiche e accuse di connivenza da parte dei sindacati di polizia, li dovette assolvere anche perché non fu trovata l'ombra di un movente credibile per una reazione a fuoco di quel livello. Ora però stanno venendo a galla un'altra verità e un altro scenario. A bordo di quell'Alfetta vi era un carico d'armi, comprendente anche lanciagranate e bombe chimiche, provenienti dalla Croazia e destinate ad armare un gruppo paramilitare al servizio degli "interessi di un gruppo economico" non meglio individuato, guidato da un carabiniere - tale Paolo Cecchetti - che adesso sta "collaborando" con gli inquirenti, dopo essere stato arrestato per i crimini compiuti in Lombardia. Secondo tali rivelazioni, un capannone a Trento era la base operativa della banda che, come quella della Uno Bianca, era dedita anche alla criminalità comune -soprattutto traffico di armi e stupefacenti- e forniva buttafuori per la "security" di locali e discoteche che, a loro volta, controllavano lo spaccio di cocaina, ecstasy, etc. Si sa che per imporsi sul territorio della malavita organizzata, il gruppo si rese responsabile di attentati e di vari assassini, come quello di due ragazzi (uno era figlio di un boss della `ndrangheta) davanti alla discoteca milanese Scream; ma restano ancora da conoscere molte cose e non è da escludersi che alcuni delitti rimasti inspiegabili possano essere ricondotti a questa struttura. Altra-Comunicazone
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