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Da "Umanità Nova" n. 24 del 19/7/98

Né dio né maestro

Rifiutando le forme tradizionali di autorità, il liceo autogestito di Parigi ignora i consigli disciplinari e la gerarchia. Da quindici anni l'assemblea generale, che comprende insegnanti e studenti, è unica sovrana e istanze originali regolano i tipici conflitti di ogni istituto di insegnamento

Alla riapertura del 1982, secondo anno della sinistra al potere, il liceo autogestito di Parigi (Lap) accoglie i primi studenti in un sotterraneo del liceo "François Villon". Il pugno di docenti che accompagna il fondatore, Jean Lévi (deceduto successivamente), hanno in comune il rifiuto di un sistema educativo fondato sulla costrizione, sull'autorità e su quell'<<obbligo scolastico>> che, se pure ha reso fiera la repubblica, indispone gli studenti che vogliono liberarsi dai vincoli.

Con altri tre istituti - a Saint Nazaire, a Saint Georges d'Oléron e a Hérouville Saint Clair - il Lap possiede uno statuto sperimentale. Esso deve <<reinserire adolescenti in difficoltà nel sistema tradizionale>>, valutare gli effetti dell'autonomia e del lavoro in équipe dei docenti e contribuire a individuare le tensioni su cui funziona il sistema educativo.

Né dio né maestro, né prof né studenti. Scuola <<libertoide>>, come dice Jean-Luc Roubier, docente di biologia da tre anni, il Lap respinge la divisione tradizionale dei ruoli: i liceali sono gli <<utenti>> e gli insegnanti gli <<operatori>>. Lévi, specie di Antonin Artaud pedagogo (zazzera bruna, occhio nero, nervi a fiore di pelle), allevato al libertarismo scandinavo, non intende imporre nulla: nessun obbligo di frequenza, gli studenti scelgono i loro corsi, le decisioni sono prese in assemblee generali in cui vale <<1 prof = 1 studente = 1 voto>>.

Dopo quindici anni, l'esperienza continua e il Lap esiste tuttora. Adesso ha locali propri in rue de Vaugirard, Paris XV, a fianco del centro di collegamento dell'istruzione e dei mezzi di informazione (Clemi), altra istituzione nata sotto il ministero di Alain Savary quando la sinistra voleva sconvolgere una istruzione nazionale decrepita. La frizione quotidiana con quel che Roubier, anarchico, sindacalista della CNT, chiama dopo Freud <<principio di realtà>> mostra sino a che punto siano talvolta complicate l'autogestione e la messa sotto accusa dell'autorità.

il Lap, infatti, non sfugge ai problemi cui vanno incontro tutti gli istituti di istruzione superiore. <<anche se accettiamo giovani di cui supponiamo una loro adesione al nostro progetto - spiega Bernard Elman, docente di fisica e di chimica, un pioniere dell'autogestione liceale - vediamo arrivare ragazzi disorientati che si sono sganciati dal sistema ufficiale e che portano con loro comportamenti acquisiti in esso>>. L'assenteismo, le canne, la violenza (di tanto in tanto il racket) non risparmia i <<lapisti>>, ponendo in tal modo l'interrogativo dei confini e dei limiti, del tollerato e dell'intollerabile.

Dallo statuto sperimentale di cui è dotato, l'istituto trae un vantaggio: i prof che lavorano in esso vengono cooptati dai colleghi (gli studenti non hanno diritto di parola) e, prima di essere accettati, gli studenti vengono selezionati in base a una procedura complessa. Dalla <<commissione di iscrizione>> alla decisione finale, il candidato viene valutato e giudicato nel corso di uno stage a cui partecipano insegnanti e studenti. Malgrado tutto, superano gli ostacoli alcuni <<spargimerda>>, come li definisce un <<lapista>>, maggiormente interessati a una iscrizione qualsiasi, a ogni costo, che non al progetto autogestionario.

Di colpo, la specificità del Lap si sfalda un po'. <<il nostro grande problema - rileva senza mezzi termini Anne-Marie Bonnisseau, insegnante di matematica, quindici anni di anzianità autogestionaria e un buon umore intatto - è l'assenteismo>>. Nel corso degli anni, la comunità dei <<lapisti>> ha cercato una difesa, e all'affermazione secondo cui <<gli studenti non sono costretti all'obbligo di frequenza>> è succeduto il principio della <<libera frequenza delle attività>>. Sottigliezza. Se i liceali possono scegliere entro la gamma di attività proposte, l'assiduità è obbligatoria nei <<gruppi di base>>, che comprendono due-tre docenti con una ventina di studenti decidendo orientamenti e politiche dell'istituto. Le assenze reiterate valgono come rottura del tacito impegno preso varcando la soglia di rue Vaugirard, venendo sanzionato con la <<cancellazione>> dello studente.

L'autogestione possiede un proprio linguaggio: una volta decodificato, il termine significa, né più né meno, che il giovane è escluso dal Lap. La sanzione non è frequente e un franco chiarimento può consentire il rientro. <<i conflitti si regolano infatti attraverso la discussione. Una parola può essere più efficace di una sanzione>>, spiega Bernard Elman. Angelicità? Forse no. Gli studenti sentono di appartenere a una comunità privilegiata e la maggior parte cerca di preservarla. <<non abbiamo alcuna voglia di farci rovinare la vita dagli stronzi - spiega uno di loro - le serrature rotte e la droga, e va bene, ma se questo deve portare alla chiusura della scuola finiremo tutti nella merda>>.

In equilibrio precario, il Lap tenta di venire a patti con problemi che non gli sono specifici. <<con quale diritto dovremmo far casino per uno spinello quando la droga gira per tutti i licei, persino all'"Enrico IV"?>>, Si chiede un altro studente. Al Lap, la droga è la trasgressione maggiore, contrastata dagli insegnanti al pari della violenza, dei furti e del degrado del bene comune (locali e altro). Di fronte alla crescita dei rischi, prof e studenti hanno deciso di creare una nuova struttura che si sovrapponga a un complesso istituzionale già articolato. Nel marzo scorso, l'assemblea generale ha deliberato di istituire una <<commissione giustizia>>, <<con l'obiettivo di comporre i conflitti e pronunciarsi sulle sanzioni>>. Sorridendo Anne-Marie Bonnisseau nota che <<se avessimo dato retta agli studenti, saremmo andati verso una direzione ben più repressiva di quanto non volessero gli insegnanti>>.

La pedagogia antiautoritaria non è certo il percorso più agevole ma, sia quel che sia, i <<lapisti>> non se la passano granché male. Situato in un vecchio convento, il liceo autogestito è gradevole da un punto di vista architettonico. A mezzogiorno, in giardino, gli studenti prendono taboulé e salsicce in piatti di carta insieme ai professori. L'atmosfera è serena, e Jean Luc Roubier si chiede: <<in fin dei conti, non è l'autorità a implicare la violenza?>>. L'interrogativo merita quanto meno di essere ascoltato, in un momento in cui tensioni inedite mettono in pericolo la coesione di ogni nostro sistema di insegnamento.

marc coutty

Per saperne di più sul lap, cfr. Patrick Boumard - Ahmed Lamihi (a cura di), Les pédagogies autogestionnaires, ediz. Ivan Davy, 1995. Testo tratto da <<Le monde de l'education>>, maggio 1998, dossier <<L'autorité>>.



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