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Da "Umanità Nova" n. 25 del 1/9/98

L'uomo che sparò a san Carlo

Intervista a uno degli editori

Nel corso dell'estate è stato pubblicato un volumetto intitolato "Gerolamo Donato detto Il Farina, l'uomo che sparò a san Carlo". Ne parliamo con un compagno della Cooperativa Tipolitografica di Carrara, che ne ha curato l'edizione insieme ai compagni ticinesi delle Edizioni La Baronata.

D.: Perché tanta importanza ad una fucilata, oltretutto non andata a segno, anzi che produsse l'effetto contrario?

R.: Innanzitutto è abbastanza singolare il mezzo utilizzato per l'attentato: le armi da fuoco, in particolare quelle portatili, erano state introdotte soltanto da qualche decennio. Il Farina dunque si rivolse ad uno strumento all'avanguardia della tecnologia del momento. Senonché, proprio per il fatto che non è che andavi dall'armaiolo e compravi gli ingredienti necessari, la combinazione delle polveri probabilmente non ha sortito l'effetto voluto. In quei tempi il salnitro e il piretro erano pestati in un mortaio con dell'urina per amalgamarli, per cui, in particolare in un piccolo quantitativo, era facile sbagliare le dosi.

La voce popolare, quando ero ragazzo, diceva che il cardinale era protetto da un cilicio: oggi si chiamerebbe giubbotto antiproiettile.

La chiesa invece, per costruire il mito del Borromeo e farne un santo, da allora sostiene essere stata la mano di dio a parare il colpo. Dico da allora, perché la visita del papa nell'84 alle sue spoglie nel duomo di Milano vuole proprio avere il significato di riconfermare nella sua interezza, roghi compresi, l'operato di san Carlo.

D.: Ma se la Chiesa si appresta a chiedere perdono, come per Galileo, per Giordano Bruno e per le streghe...

R.: C'è un piccolo particolare - forse molti non l'hanno colto - che qualifica questa operazione, facilmente definibile ipocrita e di facciata: quando nel cinquecento, e nei lunghi secoli in cui la chiesa cattolica romana consumava i suoi crimini individualmente, contro gli uomini le donne vecchi e bambini (per non parlare dei massacri collettivi delle guerre di religione), la condanna ha quasi sempre comportato la confisca del patrimonio. Che senso può avere, a distanza di venti, trenta generazioni, pretendere di farsi perdonare senza restituire il maltolto? E a chi restituirlo se i supposti eretici venivano sterminati, neonati compresi?

E ancora, perché chiedere perdono alle streghe di quattro, cinque, seicento anni fa quando ad ogni sortita pubblica la donna è ancora considerata esattamente come allora? Le frasi stampate sul retro della copertina del libro sono di san Carlo, ma sono in tutto corrispondenti con quanto potrebbe dire - anzi dice - oggi Wojtyla.

D.: Dunque starebbe in questo l'attualità...

R.: Gli sforzi individuali e collettivi per liberarsi dall'oscurantismo religioso sono sempre di attualità. Negli ambienti di "sinistra" spesso si sente dire che battersi contro le chiese e le religioni ha sapore ottocentesco, demodé. Invece è vero il contrario: non riusciremo mai a liberarci dalla schiavitù economica e dal giogo dello Stato se non mettiamo innanzitutto in discussione in principio di autorità. E l'autorità per eccellenza è quella immateriale, incontrollata, che alcuni uomini pretendono sovrumana, per costringere il resto ad uniformarsi, e... camparci sopra.

D.: Però in fondo anche l'attentatore era un frate, forse l'ha fatto per prendere il suo posto.

R.: Fra i particolari interessanti emersi dalla ricerca storica di Clizio ve ne sono due meritevoli di segnalazione: intanto, gli Umiliati, al cui interno erano anche le donne con le quali avevano dei figli, erano in prevalenza degli artigiani specializzati, in gran parte dunque gente che viveva del proprio lavoro. Secondariamente, non risultano appartenenti a quell'ordine comparsi come testimoni o delatori in processi di fede. E già solo questo basta ad attribuir loro una statura morale.

Per concludere, sarebbe interessante riuscire a gettare lo sguardo sulle carte dell'epoca custodite gelosamente dal Vaticano: quelle relative all'istruttoria e al processo non sono mai state rese accessibili, neppure agli studiosi: forse soltanto così sarebbe possibile riportare in piena luce gli avvenimenti di quel tempo. Intanto questo è un passo avanti.

Alf Obel



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