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Da "Umanità Nova" n. 26 del 13/9/98
Che la "questione giustizia", fra le tante questioni ancora non affrontate dal
governo Prodi e dall'intero comparto istituzionale della tanto pubblicizzata
Seconda Repubblica, rappresenti dopotutto la vera, l'unica, "questione di
potere" (nel senso di controllo e gestione di interessi privati in campo
pubblico) è ormai cosa assodata. E non tanto perché il leader
dell'opposizione abbia lunghi e spigolosi contenziosi con i tribunali di mezza
Italia, quanto piuttosto per il fatto che la Giustizia in questo Belpaese ha
rappresentato e rappresenta il ponte che collega l'illegalità di Stato
con l'illegalità dei Grandi Privati più o meno organizzati in
associazioni mafiose, trust industriali, sette massoniche, ordini religiosi.
La vicenda della liberazione di Alessandra Sgarella, così come l'affaire
Lombardini, hanno reso evidente ed esplicito come all'interno di uno dei sette
paesi più industrializzati del mondo non é tanto il governo e
l'apparato politico-istituzionale a dettare le leggi per il controllo e la
gestione del territorio nazionale, quanto piuttosto il potere occulto (molto
più che il "potere separato") ad imporre le proprie regole che
amministrano il dentro ed il fuori delle istituzioni economico-politiche. Con
buona pace dei parametri di Maastricht e di tutte le teorie della
globalizzazione economica che vorrebbero il mondo governato e guidato dalla
mano invisibile del libero mercato.
Non è certo cosa nuova. Quello che sembra apparire diverso è il
fatto che gli "scambi" fra potere legittimo e potere occulto non vedono
più la Magistratura svolgere il ruolo di cuscinetto ammortizzatore delle
pur ovvie differenze di interessi fra le parti; come se l'abituale costume di
mediatore/aggiustatore della classe giudicante sia diventato stretto. Troppo
stretto. Soprattutto per quanto riguarda gli interessi economici "illeciti" che
dall'usura, ai sequestri di persona, al mercato della droga, delle armi e degli
immigrati da sempre hanno arricchito sia gli uni che gli altri.
Per l'appunto il suicidio del giudice Lombardini e la liberazione di Alessandra
Sgarella (senza peraltro dimenticare l'intermezzo clericale del cardinale di
Napoli, Michele Giordano) sono i segnali trasversali che dal tempo del
sequestro Cirillo e del successivo rapimento di Aldo Moro non venivano
così chiaramente esplicitati. Quasi a voler dire, anzi ribadire:
ricordatevi chi comanda!
Non certo il potere istituzionale nelle sue funzioni legislative ed esecutive,
poiché i voti e i consensi vengono e vanno...ma soprattutto si comprano.
Non certo il potere giuridico, che semmai può avere la funzione di
"pulire i panni sporchi" ogni qual volta a furia di indossarli dalle stesse
persone emanano olezzi fin troppo sgradevoli tanto da incutere il sospetto che
un'intera classe politica non è più "pulita". Non certo i
"tecnici" quelli che prendono servizio in seno alla Banca Mondiale e al Fondo
Monetario Internazionale, perché se è vero che gli indicatori
economici governano e sovrastano i valori politici, a prendere le decisioni --
qui in Italia, ma non solo, come dimostra la crisi russa -- sono coloro che i
soldi li hanno, li maneggiano, li investono...in azioni. Quelle più
redditizie, che non temono inflazioni, cali di produzione, crisi politiche. E
quali sono queste azioni se non quelle criminali?
Per questo si scende a patti. Lo si può fare in via del tutto privata
(Lombardini) organizzando e gestendo fondi "personali", oppure istituzionale
(Sgarella) utilizzando articoli di legge -- il 630, quello della dissociazione
e del pentitismo -- che meglio si prestano ad accordi di sottobanco. Che poi la
vita dei sequestrati torni in libertà è un dettaglio aggiuntivo,
non certo lo scopo principale. Come la medicina che cura i malati, ma non li
guarisce. Sequestrati e malati sono innanzitutto una lucrosa fonte di interessi
economici e rappresentano un potere per chi li gestisce. E allora
perché, in un acceso furore neoliberista, non pensare ad una
privatizzazione dei sequestri con compartecipazione di azioni pubbliche.
Dopotutto siamo sotto un governo di centro-sinistra.
Jules Elysard.
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