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Da "Umanità Nova" n. 26 del 13/9/98

Scuola
Né di stato né di chiesa

Quali possibili e quali già in atto tentativi e percorsi libertari in educazione?

Questi gli interrogativi ai quali ha tentato di dare delle risposte le discussione alla Fiera dell'Autogestione di San Martino in Rio il pomeriggio di venerdì 4 settembre.

Si sono confrontate tre esperienze: quella degli Elfi del Gran Burrone, quella della scuola Bonaventure e l'Atelier della scuola alternativa senegalese.

Dopo una breve introduzione che ha evidenziato come il problema educativo sia sempre stato uno dei temi fondamentali di tutti i pensatori anarchici e molte, in tutto il mondo, siano state le esperienze di "scuole" libertarie, una domanda è stata posta come possibile motivo di discussione ed approfondimento: un'educazione libertaria in che modo può affrontare la questione della formazione dell'uomo nuovo e in che misura l'uomo nuovo è compatibile con l'uomo libero? Problema che è rimasto senza risposta esauriente nel corso della discussione che è seguita.

E' intervenuto per primo il compagno di Bonaventure che ha aggiornato le nostre conoscenze su quest'ultimo anno di vita dell'esperienza francese; e dopo averne ricordato i tratti più significativi, mettendo in luce anche i problemi che rimangono ancora aperti, ha sottolineato il passaggio che si sta compiendo tra la scuola autogestita e la "comunità educante". In sostanza i compagni di Bonaventure stanno verificando nella loro esperienza la possibilità concreta di avviare fino in fondo una completa descolarizzazione attraverso il superamento della scuola, seppure autogestita, un luogo separato dal contesto sociale nel quale è inserita.

Molto più estesa la relazione di Moussa Diop (dell'Atelier della Scuola Alternativa Senegalese) che ha raccontato la sua esperienza di "educatore di strada" nei quartieri della periferia di Dakar. Un'esperienza di azione diretta e di gestione libertaria di molte problematiche di emarginazione. Una scuola autogestita, una banca solidale, un servizio di ambulatorio medico, una cooperativa di consumo e altre iniziative costituiscono le assi portanti di quest'esperienza autogestionaria e libertaria senegalese.

Non sono stati naturalmente nascosti né evitati, anche grazie agli interventi nel dibattito, i problemi che derivano dal contesto storico e culturale e le diversità inevitabili che naturalmente emergono tra un paese africano e l'occidente capitalista.

Soprattutto il ruolo della donna e quello dell'anziano nella cultura dell'islam è stato oggetto di un interessante confronto.

La terza esperienza, che si sta realizzando nell'appennino pistoiese, è quella degli Elfi, una serie di villaggi tra loro collegati che stanno sperimentando una forma di vita comunitaria da diversi anni, e che, tra l'altro, hanno organizzato anche una scuola autogestita che ha coinvolto i figli dei comunitari in un'esperienza veramente significativa di scuola immersa completamente nella vita quotidiana e nell'ambiente sociale.

Il fatto più significativo, mi pare, possa essere quello di come gli Elfi riescano a vivere una vera esperienza di "educazione incidentale" fondata su una didattica dell'osservazione concreta e continua che realizza l'obbiettivo dell'imparare ad apprendere.

Numerosi gli interventi che, con numerose sottolineature hanno posto un numero infinito di problemi e questioni, che hanno sottolineato la centralità nell'educazione dell'empatia, del rapporto egualitario e libertario tra adulto e bambino, del bisogno di autoformarsi da parte degli adulti e dei genitori di fronte al crescente bisogno di libertà che manifestano i piccoli, ma anche delle tante significative quotidiane azioni che all'interno dell'istituzione scolastica statale, molti cercano di praticare offrendo spazi di creatività e libertà qui ed ora.

Naturalmente ogni problema meriterebbe una discussione a parte, ma molto più proficuamente in effetti è opportuno e auspicabile continuare la ricerca e la sperimentazione con la consapevolezza che i temi emersi sono n realtà quelli che hanno attraversato la storia del nostro movimento.

Francesco Codello



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