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Da "Umanità Nova" n. 27 del 30/9/98
La guerra dei topi e delle rane
Come è noto, non è opportuno dare un rilievo eccessivo alle
polemiche che occupano i giornali nei mesi estivi. Mancano, infatti, le notizie
consuete e, di conseguenza, i giornalisti danno spazio oltre misura a quello
che hanno per le mani.
Avendo ben presente questa avvertenza, vale comunque la pena di ragionare sulla
polemica che ha visto opporsi, con una vigoria inusitata, il segretario ed il
presidente del PRC e, in maniera ancora più vivace, i loro tirapiedi,
portaborse e sottopancia oltre che, per la verità, molti militanti del
PRC che non sono ascrivibili a queste categorie sociologiche ed umane.
L'oggetto del contendere è noto almeno per quel che riguarda i termini
pubblici dello scontro.
Il PRC ha stabilito in passato, a grande maggioranza e sulla base di un accordo
fra bertinottiani e cossuttiani, che il rapporto con il governo dell'ulivo
doveva basarsi sulla parola d'ordine "svolta o rottura". In cosa dovessero
consistere la svolta ulivastra e, di conseguenza, le condizioni per evitare di
arrivare alla rottura, non era, evidentemente troppo chiaro ma lo slogan
è carino e ricorda la definizione "partito di lotta e di governo" di
berlingueriana memoria.
A un anno dalla finanziaria dell'anno scorso, è assolutamente evidente
che il governo non ritiene di svoltare nella direzione di una politica
neosocialdemocratica o, se si preferisce, neowelfarista: le 35 ore sono di
là da venire se mai verranno, esponenti governativi parlano di
"flessibilità in uscita" per quel che riguarda i lavoratori, il
finanziamento pubblico alla scuola privata sembra approssimarsi, la tassa per
l'Europa verrà rimborsata al 60% nella tredicesima ma tornerà
allo stato sotto forma di addizionale IRPEF ecc. ecc..
Senza alcuna presunzione, bisogna dire che noi non siamo affatto stupiti per
l'andamento della politica governativa sia perché non credevamo certo
che le sceneggiate del PRC potessero sostituire la mobilitazione delle classi
subalterne sia perché siamo consapevoli del fatto che il governo delle
sinistre è molto più sensibile alle pressioni della Confindustria
e del capitale internazionale che alle esigenze del gruppo dirigente
neocomunista di far bella figura con la propria base elettorale.
è opportuno ricordare che la tattica bertinottiana, consistente nel
forzare la trattativa con le controparti sino ai limiti della rottura aveva
provocato, già un anno addietro, più di un mal di pancia ad ampia
parte del gruppo dirigente del PRC e, in particolare, a coloro che hanno
l'arduo compito di "rappresentare gli interessi dei lavoratori, dei giovani e
dei disoccupati" nelle assemblee elettive e ne traggono, in cambio, un modesto
stipendio e la possibilità di dire la loro sulle pagine dei giornali e
dalle tribune televisive.
Quest'anno, di conseguenza, è avvenuto che lo scontro PRC-Ulivo è
stato anticipato da quello fra bertinottiani e cossuttiani con i primi nella
parte dei rotturisti feroci ed i secondi in quella degli svoltisti flessuosi.
Si tratta di vedere se si tratta anche in questo caso di una sceneggiata o se
vi sono tensioni tali da porre all'ordine del giorno una scissione del PRC che
ne farebbe un partito, presumibilmente, extraparlamentare.
Sul piano dello scontro delle posizioni politiche, ci troviamo di fronte ad una
doppia contrapposizione che, schematicamente, si definisce nei termini
seguenti:
- i cossuttiani ritengono che, salva la necessità di criticare il
governo per le sue male azioni, si deve tenere presente il fatto che la caduta
del governo stesso "consegnerebbe il paese alle destre" nel caso di
un'elezione senza patto di desistenza fra Ulivo e PRC o spingerebbe il governo
stesso ad imbarcare l'UDR cossighiana con una conseguente svolta a destra.
Affermano di temere che Bertinotti lavori per la rottura e non per la svolta e
affettano di credere che la svolta sia possibile se il PRC saprà
condurre un'azione efficace in parlamento e, perché no?, nel governo;
- i bertinottiani garantiscono di non mirare affatto alla rottura a tutti i
costi, pongono l'accento sul fatto che lo scontento fra i lavoratori per la
politica governativa è forte e che deve trovare rappresentanza, rilevano
che un PRC appiattito sulle posizioni del governo rischia di perdere consenso
sociale ed elettorale, sperano che una "svolta a sinistra" dell'Europa, dopo le
elezioni tedesche ed un'eventuale vittoria socialdemocratica in Germania, possa
dare forza alle loro posizioni;
- i cossuttiani ritengono che il modello di partito bertinottiano sia in
contrasto con la tradizione comunista o, meglio, stalino-togliattiana che ha
caratterizzato il PCI prima e, in discreta misura, lo stesso PRC poi e pongono
l'accento sulla necessità di un partito di massa ben strutturato
(iscritti, militanti, funzionari, dirigenti, eletti) di tipo tradizionale. Si
rivolgono, insomma, sul piano della militanza, al vecchio mondo dei quadri del
PCI ed agli esponenti di altre componenti disposti ad assumerne i caratteri e
su quello sociale ed elettorale ad una working class scontenta ma passiva,
ideologicamente legata alle tradizioni della sinistra e moderata e, soprattutto
atomizzata sul piano politico e sociale;
- i bertinottiani guardano con interesse alla possibilità di essere
interlocutori istituzionali delle realtà un po' più putiferianti
dell'opposizione sociale (centri sociali, sindacati alternativi,
associazionismo di base ecc.) mantenendo, questo va da sé, le
tradizionali posizioni nell'apparato dei sindacati di stato e in tutte i centri
di potere occupabili sia per trarne nuove energie che per rafforzare il
proprio potere contrattuale. Sono, in fondo, gli eredi, in condizioni storiche
parzialmente nuove, della tradizionale politica ingraiana della sinistra del
vecchio partito e dell'opportunismo di gran parte della vecchia nuova
sinistra.
Come si svilupperanno queste contraddizioni è difficile dirlo ma sono
possibili alcune ipotesi di lavoro.
Bertinotti ed i suoi, nei prossimi mesi, dovranno muoversi in una condizione di
grave difficoltà dato che hanno alle spalle un partito spaccato come una
mela e si troveranno di fronte un'Ulivo più determinato che in passato a
tenerli alla cuccia nel mentre dovranno investire energie nella battaglia
interna. Questa loro condizione, che non invidiamo ma che si sono scelta,
potrebbe rendere più difficile ai bertinottiani la costruzione di
rapporti con l'area dell'opposizione sociale che presumibilmente si
svilupperà.
D'altro canto, c'è la possibilità che aree di ex movimento
corrano in soccorso dei bertinottiani sulla base dell'ipotesi di una grande DP
come sbocco del congresso dell'anno prossimo. Se si tratterà della
transumanza di fasce di ceto politico residuale, poco male, se, invece, un
approccio del genere desse vita all'ennesima deriva opportunista si
tratterà, per parte nostra, di dare battaglia politica nelle sedi di
movimento nelle quali siamo presenti per impedire indebiti arruolamenti sotto
le bandiere bertinottiane di settori di movimento.
Tornando alla dinamica interna al PRC, molto dipenderà dalle concessioni
che i DS sono disposti a fare per tenere legati i cugini separati e non poco
conteranno i risultati delle elezioni tedesche. Una vittoria della
socialdemocrazia in Germania avrebbe ricadute significative in Italia visto che
vi sarebbe un asse socialdemocratico Parigi-Berlino ed uno liberalsocialista
Londra-Roma per quel che riguarda il modo di essere "di sinistra". Non si
tratterebbe, ovviamente, di uno scontro epico (basta pensare alla politica del
governo francese nei confronti del movimento dei disoccupati per comprendere
che la neosocialdemocrazia è poco disposta a concessioni serie nei
confronti delle classi subalterne) anche se sarebbe più serio di quelli
a cui assistiamo nel PRC e, soprattutto, porrebbe all'ordine del giorno
questioni di grande rilievo, sul piano sociale, sulle quali, nel caso,
occorrerà una valutazione politica adeguata.
Si tratta comunque, oggi, di lavorare perché l'opposizione sociale
maturi un punto di vista indipendente dal liberismo hard della destra, da
quello soft della sinistra e dallo statalismo del PRC e di sapere che questa
maturazione si può sviluppare intrecciando intelligentemente iniziative
di lotta e di agitazione e momenti di confronto sulle prospettive del movimento
di classe.
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