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Da "Umanità Nova" n. 27 del 30/9/98

Letture

Janet Biehl, The Politics of Social Ecology. Libertarian Municipalism, con una conversazione con Murray Bookchin, Black Rose Books, Montreal, 1998, pp. 204, $ 19.99

Dal 26 al 28 agosto si tiene a Lisbona un convegno internazionale sul municipalismo libertario, con la partecipazione di militanti e studiosi di ecologia sociale applicata a una strategia politica di orientamento bookchiniano. Anche un paio di anni fa si tenne un convegno analogo in Scozia, ma è plausibile ritenere che, nel frattempo, anche in Europa siano arrivati gli echi di recenti dissidi nell'entourage del filosofo anarchico statunitense, e quindi divisioni di fila da un lato, e "serrate i ranghi" dall'altro, come testimonia probabilmente questa iniziativa portoghese destinata all'ambito europeo (un altro convegno è previsto successivamente negli States).

Il libro di Janet Biehl, compagna anarchica, femminista, nonché sodale di Murray (con il quale dirige "Left Green Perspectives", "organo" di Bookchin e delle sue idee), esce puntualmente proprio per costituire una base di discussione pragmatica sulla "politica dell'ecologia sociale", ossia sull'applicazione politica della strategia rivoluzionaria anarchica dell'ecologia sociale.

Purtroppo la delusione è totale.

Il libro divulga le tesi di Bookchin - che già si era autodivulgato in un testo di alcuni anni orsono (Verso una società ecologica, Eleuthera), nonché in un pamphlet dal titolo redazionale Democrazia diretta (sempre Eleuthera) - in un modo quasi manualistico, scadenzate in brevi capitoli in cui si riassume il (ristretto) succo di quanto Bookchin ha esposto in testi approfonditi e ben congegnati (valga per tutti l'ormai classico L'ecologia della libertà).

Non che la divulgazione sia un peccato, anche se talvolta semplifica un po' troppo e incorre in qualche svarione e polemizza tra le righe senza rendere trasparente il dissenso implicito. Ma quando si intende avanzare una proposta innovativa della tradizione anarchica, e per di più prevedibilmente foriera di discussioni accese a tutto campo, quale quella di partecipazione alle competizioni elettorali locali per mutare radicalmente la società, allora non è snobistico pretendere qualche sottigliezza analitica e qualche scatto qualitativo nell'argomentazione della proposta (anche mantenendo inalterato il lato divulgativo dell'esposizione).

Ciò che invece è incredibilmente superificiale, esplicativa unicamente delle tappe tattiche che portano alla costituzione di un movimento sociale funzionale alla partecipazione elettorale. Ora, nulla è tabù per gli inguaribili iconoclasti anarchici, però il libro non avanza un elemento o una argomentazione dottrinaria o ideologica che dimostri le "ragioni" per infrangere un principio anarchico: quello di commensurabilità o coerenza tra mezzi e fini, ossia tra tattiche "istituzionali" e fini "rivoluzionari"; oppure quello che sottopone a critica stringente il concorso alla legittimazione di un sistema di selezione di élites politiche quale è la competizione democratica; oppure quello che mette in forte dubbio il primato della maggioranza elettorale sulla minoranza elettorale, che sul piano sociale sono (quasi) sempre ribaltate (gli eletti sono sempre una minoranza sul piano sociale).

Mi aspettavo invece argomentazioni politiche di segno strategico, vale a dire considerazioni sulla ripoliticizzazione di una opinione pubblica estraniata a forza dalla "polis" e dal "pubblico" per via della competizione formalistica quale è l'elezione locale, in ciò andando in clamorosa controtendenza rispetto alla disaffezione crescente degli elettorati nei paesi democratici di cui capofila sono proprio gli Usa (il cui Presidente viene eletto in seconda battuta da delegati votati da poco più del 50% dei vincitori alle primarie a cui partecipa poco meno del 50% degli aventi diritto).

Ma francamente non mi sarei mai aspettato di leggere, ad esempio a pag. 122, che "il potere non si può eliminare. (...) La conquista del potere - il potere della gente - lungi dall'essere avversa alla libertà, ne è una sua precondizione. La politica è l'arte di conseguiree usare il potere per instaurare libertà, esattamente nell'ambito della democrazia diretta di assemblee municipali confederate. (...) La cosa più importante riguardo al potere, allora non è se esista ma chi ce l'ha". Alla faccia non solo del pensiero anarchico, ma anche di Max Weber e di Michel Foucault!

Devo anche dire che, siccome non sono un dogmatico, ho spesso sentito parlare compagni fautori di una via per risolvere l'apparente dilemma dell'assenza inorganizzata degli anarchici nella sfera politica (che spesso si appiattisce su quella istituzionale, statuale, nonostante Bookchin e Biehl distinguano stato, società e politica); e devo ammettere come le argomentazioni di quei compagni sostenitori della via elettorale siano più dubbiose e meno strategicamente orientate di quanto non pretendano le tesi della "politica dell'ecologia sociale" (come se il municipalismo libertario avesse un unico ed esclusivo copyright). Forse sarebbe il caso di discutere serenamente e rigorosamente di esperienze simili, piuttosto che cercare di dare assurdamente e infelicemente una piattaforma teorica che traballa sin dai primi basamenti.

Salvo Vaccaro



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