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Da "Umanità Nova" n. 29 del 4/10/98

Germania: elezioni per l'uso

"Non cambiare, ma fare meglio". Con questo slogan del tutto rassicurante Gerhard Schröeder ha vinto le elezioni in Germania. Sicuramente le ha vinte anche perché ha promesso (come non farlo?) 100 mila nuovi posti di lavoro, una normativa più severa ed intransigente riguardo l'emigrazione straniera, la salvaguardia delle pensioni e un prelievo fiscale meno oneroso per imprese e dipendenti. Davvero bravo questo leader socialdemocratico, soprattutto nel rassicurare gli elettori che la Germania continuerà ad esser retta da un governo in tutto e per tutto allineato agli indirizzi di programmazione economica e di politica estera tracciati da sedici anni di cancellierato dell'Unione Cristiano Democratica. BRAVO! Ma allora perché Kohl ha perso?

Il fatto è che il vecchio Helmut non era più in grado di offrire quell'immagine rassicurante e paciosa che - grazie anche alla sua stazza fisica - ha funzionato per così tanto tempo e che ora è diventata del tutto ingombrante. A tutta prova, davvero un'ingiustizia; perché non solo Kohl non potrà raccogliere i frutti della sua politica oltranzista con cui ha guidato l'unificazione della Germania in seno all'Unione Europea al fine di condizionare ed imporre precisi ed inequivocabili vincoli alla politica economica della Comunità, ma i meriti andranno tutti al suo avversario che riguardo all'unificazione tedesca e all'euro ha sempre mostrato dapprima un parere contrario, poi scettico ed infine attendista.

Ciò che però sorprende di più risulta l'affluenza alle urne elettorali che è aumentata di ben 3,3 punti in percentuale rispetto alle passate consultazioni politiche (da 79% a 82,3%). Un dato che non solo rende la sconfitta di Kohl molto più che amara, ma che attribuisce alla vittoria di Schröeder una dimensione ancora più gattopardesca, nel senso di una palese scelta da parte dell'elettorato tedesco per un cambiamento che non cambi nulla. Per cui appare del tutto evidente che l'elettorato non ha espresso la propria preferenza politica per quel partito e quel candidato che mostrava - anche solo apparentemente - di voler attuare un programma che sapesse affrontare i gravi problemi sociali ed economici della Germania, ma per quel partito, quel candidato che meglio ha saputo garantire una "tranquillità d'animo" a proposito delle fosche nubi che si profilano all'orizzonte. Nubi cariche di disoccupazione, recessione, tensione sociale.

Ma si dirà: la vittoria dei socialdemocratici e dei verdi può ora contare su una maggioranza sicura al Bundestag di ben 21 seggi; ciò non potrà non influire sulle scelte future del nuovo cancellierato, e di conseguenza intraprendere una politica sociale più attenta ai "bisogni" della popolazione. Tanto più che in Francia ed in Italia le coalizioni governative di centro-sinistra potranno far da sponda ad una Germania protesa alla guida di una politica economica moderna, ma moderata: per il mercato, ma in difesa dello stato sociale; per un controllo severo ed intransigente alle frontiere, ma solidale con gli stranieri; per la flessibilità del lavoro, ma in difesa dell'occupazione_

E' vero, ed è proprio per questo che Kohl non era più in grado di offrire garanzie di stabilità, perché soltanto una politica socialdemocratica può far credere di conciliare modernità e giustizia sociale. Che poi questo non sia possibile in quanto contraddittorio, poco importa. L'importante è fare meglio di quanto la destra ha già realizzato. Non cambiare. A meno di non credere - come sembra avvenire in Italia - alle "svolte" e alle "rotture" di Bertinotti.

Erwin Polke



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