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Da "Umanità Nova" n. 29 del 4/10/98

I frutti avvelenati di Schengen

Non passa giorno che le cronache non facciano rilevare come l'applicazione degli accordi di Schengen nei confronti degli extracomunitari provochino situazioni tragiche. Dalla brutalità nei confronti dei nordafricani che rischiano la vita nella traversata dello stretto di Sicilia alle notizie belghe, sino alle ritorsioni dei paesi poveri (India, Marocco, Tunisia, ecc.) nei confronti degli sconfinamenti delle barche italiane, per non parlare del caldo fronte albanese ed del silente fronte est.

Rispetto alle immigrazioni, l'Europa Unita ha fatto propria la linea dura, coloro che non hanno permesso di lavoro e possibilità di sostentamento vanno, senza riserve, rispediti ai paesi d'origine. Le eccezioni sono poco rilevanti e riguardano, soprattutto, alcune concessioni al diritto d'asilo. Ma più che questo, il versante rimane aperto dalle solite burocrazie che a seconda dei casi tendono a lasciar spazi al transito o chiudono un occhio (come in Francia) sulla scia della protesta di piazza o per salvaguardare gli equilibri di governo, oppure fanno buon viso allo sfruttamento di confine (vedi tedeschi nei confronti dei polacchi).

In altri casi, quando la convenienza non è così evidente, i "clandestini" pagano per tutti, con il ripristino dei campi di concentramento (Italia) o con trattamenti omicidi (Belgio).

E non si può nemmeno dire che si tratta di casi episodici; la continuità dei comportamenti e l'acuirsi delle tensioni e dei divari economici (che significano fame, repressione, disperazione) fanno chiaramente prevedere una recrudescenza di comportamenti "intollerabili" a norma di accordi. Per un verso perché la possibilità di controllare i flussi viene "abilmente" ridotta dalle camarille sfruttatrici (vi ricordate il dilemma posto dai russi: 30 miliardi di dollari o 30 milioni di profughi) incapaci di affrontare i problemi locali, dall'altro perché la crisi colpisce in misura crescente i paesi al margine rispetto a quelli facenti parte delle aree forti.

Se poi il modello rimane quello americano (così come fa capire il signorile Napolitano) fondato sui pestaggi e sulla brutale repressione, allora gli episodi belgi sono necessariamente destinati a moltiplicarsi perché di fronte all'acefalia poliziesca non c'è buon senso che tenga.

C.S.



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