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Da "Umanità Nova" n. 29 del 4/10/98

Le magre di Albertini

La privatizzazione dell'AEM (Azienda Elettrica Municipale) da parte del Comune di Milano è stata sbandierata come l'operazione pilota mirante a ridare fiato alle finanze degli enti locali e la possibilità, conseguente, di finanziare migliori (per qualità) o maggiori (per gamma) servizi per le comunità comunali.

E' sfuggita ai più la polemica che ne è seguita con il governo a causa della rinegoziazione dei mutui che il Comune di Milano ha, nel tempo, contratto con il governo centrale.

Se, come sbandierato, i soldi derivanti dalla vendita (parziale) dell'AEM dovevano servire ad azzerare (o quasi) il debito del Comune, non si coglie la dolenza dello stesso nei confronti del governo.

Come al solito il motivo c'è, e sta nella dabbenaggine (?) comunale che non ha colto il senso ultimo della creazione della gestione unificata dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Questa cassa, gestita dal Ministero del Tesoro ha, da sempre, avuto il compito di essere una sorta di banca degli enti locali i quali potevano depositare i loro surplus (?) e accendere prestiti (mutui) pagando un certo tasso d'interesse.

Negli anni ottanta, nell'ambito di una delle varie manovre di aggiustamento della finanza pubblica, si decise di unificare la Cassa, nel senso che tutte le entrate e tutte le uscite sarebbe state gestite attraverso questo organo. Il motivo era evidente: attraverso il controllo dei flussi si impediva (o si sarebbe dovuto cercare di farlo) uno sbilancio nell'utilizzo delle risorse, nel senso di destinare i fondi a quegli enti locali che dimostravano di ben amministrare. In altre parole si tendeva a concedere prestiti a quei Comuni che li utilizzavano per migliorare l'insieme dei servizi pubblici e penalizzare i Comuni che utilizzavano tali fondi per spese fini a se stesse o li tenevano inutilizzati per incapacità gestionaria.

Date le premesse e tenuto conto che il Comune di Milano vanta debiti per circa 2.000 miliardi, il cranio Albertinico ha avuto la genialata ambrosiana: vendiamo l'AEM e con i soldi ricavati possiamo chiudere il debito e chiedere nuovi prestiti a tassi molto più convenienti.

All'encefalo suddetto sfuggiva (per ignoranza, ma non è credibile) che le somme ricavate sarebbero finite senza problemi alla Cassa Depositi e Prestiti la quale riconosce un tasso d'interesse pari al tasso ufficiale di sconto al 50% del versato, mentre l'altra metà è infruttifera. Da qui la levata di scudi, tenuto conto che il Comune di Milano paga circa l'11% di interessi passivi.

Le menti di Palazzo Marino stanno, quindi, cercando di correre ai ripari ridiscutendo gli interessi sui debiti a tassi più bassi (nel frattempo il costo del denaro-interessi passivi si è notevolmente ridotto) in modo da limitare i danni (dopo la presunta beffa) e per distrarre l'attenzione dai reali motivi della privatizzazione che non sono quelli di ridurre l'indebitamento (vi è l'ostacolo insormontabile della legge) o di migliorare i servizi pubblici, quanto quello di rendere un grazioso favore (fine a se stesso?) alle varie lobby dell'energia.

C.S.



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