Da "Umanità Nova" n. 29 del 4/10/98
Mi chiamo Abdel Gheith, sono attualmente il direttore dell'associazione Addameer, che difende i diritti dei prigionieri politici; precedentemente ho lavorato come professore universitario nella facoltà di Lettere ed ho fatto anche attività di giornalista. Ora ho lasciato questi lavori per dirigere quest'associazione che difende i prigionieri politici palestinesi; io stesso sono un ex prigioniero politico, ho passato dieci anni della mia vita dentro le carceri israeliane, contro di me sono stati emessi per tre volte arresti amministrativi. L'associazione di cui sono direttore è un'associazione per i diritti dell'uomo e il suo lavoro particolare è quello di difendere i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. L'associazione è nata nel 1992 da parte di ex prigionieri, medici, avvocati, assicura le procedure e le spese legali a tutti i prigionieri palestinesi, difende i loro problemi di salute all'interno delle carceri ed assicura loro la possibilità di svolgere attività intellettuali, a livello di lettura e scrittura. Queste opportunità sono date a tutti i prigionieri palestinesi senza differenze di organizzazioni politiche e religiose; noi lavoriamo soltanto per i prigionieri politici, anche perché tutti i prigionieri palestinesi sono dentro per reati politici. Questa associazione denuncia anche in maniera forte la violazione dei diritti umani da parte dell'autorità israeliana, in particolare modo per quanto riguarda le torture dentro il carcere, e per raggiungere i suoi obiettivi ha cominciato ad avere contatti con altre associazioni locali ed internazionali che si occupano di diritti umani. Parlerò dell'arresto amministrativo, che è un modello di arresto che le autorità israeliane utilizzano contro i cittadini palestinesi ed arabi, e consiste nell'arresto a tempo determinato senza nessun capo di imputazione e senza processo. Le autorità israeliane applicano questa legge contro i palestinesi nei territori occupati del '67 ed è una legge che fa parte delle norme di emergenza ammesse dal colonialismo inglese nel 1945. Va ricordato che l'Inghilterra ha occupato la Palestina dal 1917 al 1948 e per reprimere la resistenza palestinese in quegli anni ha fatto delle leggi speciali, tra cui questa.. Israele è nato nel '48 su una parte della terra palestinese, sostiene di essere uno stato democratico, ha delle forme di governo e di organizzazione sociale che sostiene siano democratiche, ma ancora oggi opera con le leggi speciali ammesse dagli inglesi nel dopoguerra. Israele intensifica questo tipo di arresto con la crescita della resistenza all'occupazione israeliana, molto utilizzato durante l'intifada (1987 e seguenti), quando venivano arrestati tra i 4000 ed i 5000 palestinesi all'anno; è stata anche utilizzata mentre si stipulavano gli accordi di Oslo firmati tra le autorità palestinesi ed israeliane. Ciò significa senza dubbio che le autorità israeliane militari continuano ad arrestare i cittadini palestinesi senza accuse e senza motivo (autorità sì militari, ma è una legge dello stato che lo permette, tant'è che anche i cittadini palestinesi che abitano nei territori del '48 vengono arrestati così, ma in questo caso il permesso non viene dato dal governatore militare, ma civile). Israele ha utilizzato questa forma di arresto in tutti i tempi, anche se cambiano le cifre, il numero più alto è stato durante la prima fase degli accordi di Oslo; da quando sono stati firmati questi accordi, sono state arrestate amministrativamente più di 3000 persone ed in questo momento ci sono più di 300 palestinesi arrestati secondo tale procedura, ma questo numero non vuol dire niente, perché domani o dopodomani può diventare 500 ed anche 1000. L'aspetto più terribile è che non c'è nessun limite di tempo per l'uscita della persona dal carcere: l'ordine dell'arresto viene in genere dato per sei mesi, ma viene continuamente rinnovato per più volte; oggi ci sono nelle carceri israeliane persone a cui è stato rinnovato anche 10 volte (un esempio di questo tipo di esperienza è quello di Achtel Katamesc, il cui libro è stato pubblicato in Italia dalle Edizioni della Battaglia a Palermo, a cui è stato rinnovato più di dieci volte e che è uscito solo di recente) mentre la maggior parte di quelli che sono attualmente dentro hanno da due a cinque anni di carcere. Noi dell'associazione Addameer pensiamo che questo tipo di arresto vada contro i diritti naturali dell'uomo e lottiamo con tutte le nostre forze per fare annullare questa norma, facendo delle pressioni sull'associazione dei diritti dell'uomo in Palestina e nel mondo e lavorando a livello di massmedia e di informazione per fare sempre più pressione sul governo fino a fare abrogare questa legge, e la pressione che chiediamo che sia fatta non riguarda solo gli arresti amministrativi, ma anche per fare uscire dalle carceri israeliane tutti i prigionieri. Il problema principale in Palestina non è l'arresto amministrativo, esso fa parte di un problema ancora più grande: molti palestinesi all'interno dei territori occupati vengono arrestati a causa della loro resistenza contro l'occupazione illegittima dei territori. Da quando Israele ha occupato la Cisgiordania e Gaza sono stati arrestati più di 300mila palestinesi, ora dopo gli accordi di Oslo ci sono ancora nelle carceri israeliane più di 3500 prigionieri palestinesi, la maggior parte dei quali hanno condanne alte o l'ergastolo; fra di loro ci sono bambini, vecchi e malati gravi. Il problema principale è che si trovano in carcere nel momento in cui ci sono delle trattative di pace tra il popolo israeliano e quello palestinese. E' naturale che in ogni trattativa di pace uno dei problemi da risolvere sia la questione dei prigionieri da entrambe le parti, ma purtroppo né le autorità palestinesi, né quelle israeliane prendono in seria considerazione la questione dei prigionieri palestinesi che hanno lottato per la libertà del loro popolo. La situazione di vita di ogni giorno all'interno delle carceri israeliane è molto difficile; da quando Israele ha ritirato il suo esercito da alcune città palestinesi, ha portato insieme ad esso tutti i prigionieri che erano detenuti lì e li ha messi nelle carceri israeliane; questo va contro il diritto internazionale che non permette a nessun occupante do portare persone di quel luogo fuori dai territori occupati. Il loro trasferimento all'interno delle carceri israeliane rende difficile ai loro familiari le visite, perché per entrare dentro Israele essi hanno bisogno di un permesso particolare che spesso le autorità israeliane negano: il permesso alle visite viene dato solo alla moglie/marito, figlio/a, al fratello o alla sorella ma solo se di età inferiore ai 16 anni o superiore ai 40, e viene concesso solo una volta ogni due settimane, anche se formalmente esso viene concesso anche due volte la settimana, ma poiché spesso la frontiera con i territori occupati è chiusa, si verifica facilmente; anche gli avvocati hanno molte difficoltà a visitare i prigionieri. Uno dei problemi più gravi per i prigionieri è quello della salute, la mancanza di medicine e di cure all'interno del carcere; un altro è il problema degli alimenti, sia per la quantità che per la qualità; c'è poi il problema dell'affollamento delle carceri, e per tutto ciò i prigionieri palestinesi hanno sempre lottato per il miglioramento delle condizioni politiche e di vita dentro il carcere. Dopo l'inizio degli accordi di Oslo, essi hanno lottato per essere riconosciuti prigionieri di guerra e quindi essere liberati con l'inizio degli accordi; d'altra parte Israele ha sempre utilizzato la tortura come metodo di interrogatorio nei confronti dei prigionieri palestinesi, e molti di loro sono morti per questo: 117 palestinesi sono morti dentro le carceri israeliane, o a causa delle torture, o per il peggioramento delle loro condizioni di salute, o a causa di qualche pallottola, ma la maggior parte di loro sono morti per le torture; del resto, Israele ultimamente ha riconosciuto legale la tortura dentro le sue carceri. La Corte Suprema ha riconosciuto la tortura, anche se fino a un certo punto, strumento utile per la difesa della società israeliana; nel '94 Israele ha istituito una commissione (commissione Landai) per verificare le condizioni di vita nelle carceri, ed alla fine del loro lavoro è stata presa la decisione dalla Corte suprema; successivamente sono di nuovo aumentate le morti dentro il carcere. Noi, come associazione, lavoriamo assieme a tutte le associazioni locali per i diritti umani e collaboriamo anche con i gruppi israeliani che difendono i diritti umani; abbiamo anche rapporti diretti e continui con associazioni come Amnesty International, Human Rights Watch, e tutte le volte che ci viene chiesto di collaborare, lo facciamo. Il nostro lavoro principale è quello delle garanzie ai prigionieri palestinesi, le loro visite, l'assicurare loro tutto il necessario, soprattutto le "cantine" che sono una paga mensile che i prigionieri devono lasciare al carcere per gli alimenti, e poi curiamo dei rapporti continui sulla situazione dei prigionieri dentro la Palestina. Facciamo poi delle collette popolari per assicurare assistenza legale e le "cantine" ai prigionieri. L'associazione ha come suo obiettivo principale l'assistenza ai prigionieri amministrativi, assicura loro uno o più avvocati che li vanno a visitare di frequente, e la cosa più importante è che noi difendiamo la loro posizione sui mass-media locali ed internazionali. Lavoriamo anche molto, insieme ad altre associazioni, in campagne contro le torture in tutte le carceri del mondo; organizziamo delle manifestazioni di appoggio e solidarietà a questi prigionieri. Le autorità palestinesi non sono molto diverse da quelle israeliane per quanto riguarda i diritti umani in carcere; nel 1995 Arafat ha dato l'ordine di organizzare un tribunale militare dentro la Palestina, che si chiama "il tribunale della sicurezza nazionale": qui vengono condannate le persone senza neanche il diritto all'avvocato, né di difesa, né di sapere i motivi per cui è arrestato. Questo tribunale, secondo noi, va contro tutti i diritti umani perché ogni uomo, per essere condannato, deve essere prima processato in un tribunale di giustizia, quindi con un ordine di arresto, un capo di imputazione, il diritto all'avvocato: nel tribunale di sicurezza dello stato palestinese queste cose non sono assicurate. I palestinesi condannati finora sono tra 150 e 170, ma non tutti quelli arrestati passano per il tribunale e sono almeno 200 le persone in carcere con questo tipo di arresto, da molti mesi in attesa del processo. Noi abbiamo una posizione ferma contro questo tipo di politica, e facciamo pressione sull'autorità palestinese sull'opinione pubblica internazionale per far rispettare i diritti umani anche nelle carceri palestinesi, perché molti sono i morti nelle carceri palestinesi a causa della tortura fisica: questa è una cosa che noi condanniamo con forza, i palestinesi chiusi nelle carceri palestinesi sono gli oppositori agli accordi di Oslo. Penso che la crisi nell'attuazione degli accordi di Oslo non sia una crisi di questo momento o una crisi nuova, ma penso che essa stia nelle condizioni e nella situazione in cui gli stessi accordi sono nati; la crisi nasce perché questi accordi non riconoscono i diritti riconosciuti al popolo palestinese, non prendono assolutamente in considerazione le risoluzioni dell'ONU relative alla questione palestinese, muovendo dalla risoluzione 242, ma non prendendo in considerazione le precedenti, molto importanti per la questione palestinese. La risoluzione 242 parla solo in una frase dei palestinesi, e dice che la questione palestinese è un problema umano, ma non parla di diritti politici o del problema palestinese in termini di problema politico, non prende il popolo palestinese come soggetto politico. Ci sono risoluzioni che parlano dell'autodeterminazione del popolo palestinese, del diritto di ritorno, del diritto ad uno stato ed all'indipendenza: tutte queste risoluzioni non vengono assolutamente considerate negli accordi di Oslo. Per questo penso che essi non potrebbero portare mai una pace reale nella zona; nonostante tutto ciò, nonostante essi siano fatti da una parte forte, che ha dettato tutte le sue condizioni per questi accordi, ed una parte debole, ancora oggi non è stato applicato nulla di questi accordi. Il governo di Nethanyau, che è un governo di destra, razzista e fascista, continua a non prendere in considerazione, a non dare nessun ascolto per l'applicazione di questi accordi; è naturale che quando si firmano accordi di pace, si fermi la violenza da entrambe le parti, ma Israele fa esattamente il contrario, continuando a confiscare le terre palestinesi ed a costruirvi insediamenti, centinaia di migliaia di ettari di terra continuano ad essere confiscati ai palestinesi; e le terre non vengono confiscate solo per costruire insediamenti, ma anche per costruire una rete di strade per collegare gli insediamenti tra loro: questa rete ha una estensione più grande di quella degli insediamenti stessi, ed è fatta anche e soprattutto per isolare le zone arabe. Inoltre Israele continua con l'israelizzazione totale di Gerusalemme e il diritto di cittadinanza per i palestinesi che vi vivono comincia ad essere in pericolo: noi, abitanti di Gerusalemme, abbiamo in questo momento un problema reale, ed è il razzismo forte che c'è contro il nostro diritto di cittadinanza. Ora, con gli accordi di Oslo, Israele fa rimanere i palestinesi dentro le carceri, e non solo, continua a fare delle campagne di arresti di massa; a questo si aggiunge il boicottaggio economico, politico, demografico fatto contro la popolazione palestinese. Israele oggi si è ritirata, solo dal punto di vista amministrativo, solo dal 30% dei territori: il restante 70% sono ancora sotto il controllo sia militare che amministrativo; sta per concludersi la prima fase di 5 anni degli accordi di Oslo e ancora non è stato applicato nessuno dei punti previsti in questa fase, anche se questi accordi sono stati fatti contro i diritti nazionali del popolo palestinese. Oslo sta morendo, si è bloccato quasi definitivamente il processo di pace e le autorità palestinesi si trovano in una crisi abbastanza forte. D'altra parte il popolo palestinese non accetta che la sua terra continui ad essere occupata e non può accettare mai un'autorità che accolga queste condizioni: per questo la situazione in Palestina in questo momento, è molto particolare, molto complessa, molto pericolosa. Gli Usa non possono essere un supervisore di fiducia e affidabile; essi hanno ingannato ed hanno fatto pressione sull'autorità palestinese per firmare accordi che sono ridicoli, ma non fa nessuna pressione sul governo israeliano né per applicarli, né per dare al popolo palestinese i suoi diritti legittimi; viene naturale da questo che la politica israeliana e quella americana vanno passo a passo insieme, e è naturale che entrambi siano contro gli interessi e i diritti nazionali del popolo palestinese. A causa dell'occupazione israeliana di tutta la Palestina e a causa della inattuazione del progetto nazionale palestinese, cioè lo stato palestinese, l'autodeterminazione e l'indipendenza, è nata dentro la Palestina una corrente integralista e musulmana che chiama la gente alla Jihad, cioè la guerra santa contro Israele; ma noi qua stiamo parlando di un integralismo musulmano politico, i musulmani politici sono contro gli accordi di Oslo e per la liberazione di tutta la Palestina ed hanno abbastanza appoggio da parte di una gran parte delle masse palestinesi, in particolare modo in questa fase difficile. Voglio sottolineare che il movimento islamico non potrà mai da solo determinare il futuro del popolo palestinese, ma all'interno della Palestina ci sono altre forze sociali e politiche che hanno la capacità anche storica di guidare questa lotta, e sono le forze democratiche che hanno delle radici abbastanza profonde nelle masse palestinesi: queste forze democratiche, insieme ai fondamentalisti islamici, si incontrano in un solo punto, quello di essere contro gli accordi di Oslo, e naturalmente hanno delle differenze abbastanza radicali nella filosofia, nella pratica, nel loro modo di vedere il futuro di un eventuale stato palestinese. Per quanto riguarda le prospettive, io penso che fra non molto scoppierà qualche situazione forte dentro la Palestina per contraddire la continuazione dell'occupazione israeliana e la repressione nei territori occupati, e che la natura del conflitto nella zona è una natura del conflitto che va contro l'occupazione israeliana; ci sono anche degli atteggiamenti abbastanza scorretti dell'autorità palestinese e penso che il popolo palestinese combatterà, come già ha cominciato a fare, questo tipo di atteggiamento, perché esso ha sempre avuto la prospettiva di una società democratica. Tutte le forze palestinesi sono d'accordo che questa lotta contro l'autorità palestinese deve essere non violenta, il conflitto con Israele continuerà, e continuerà ad essere forte finché non saranno dati al popolo palestinese tutti i suoi diritti nazionali e legittimi; nessuno potrà, nel prossimo futuro, bloccare delle rivolte interne in Palestina per fermare l'avanzamento e la violenza del conflitto contro l'occupazione israeliana.
Conversazione a cura di Salvo Vaccaro, risalente al 19.3.1998. La traduzione dall'arabo è di Mohamed Mansur mentre la trascrizione è di Anna Giacopelli, a cui va un sincero ringraziamento. Per contattare l'Associazione Addameer: Tahan Bldg., P.O.Box 17338, Jerusalem, Beit Hanina; E-mail: addameer@planet.edu
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