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Da "Umanità Nova" n. 31 del 18/10/98

Per una società di libere ed uguali

Le tematiche affrontate al Convegno Nazionale FAI di Genova del 3/4 ottobre, testimoniano senza dubbio l'esigenza nelle compagne e nei compagni di un costante aggiornamento analitico del percorso politico che collettivamente abbiamo iniziato col tracciare dal Congresso di Spezzano Albanese dell'aprile '97. Pertanto, con l'auspicio di contribuire al proseguimento di un dibattito che riteniamo alquanto sostanziale non solo per la Federazione ma per quanti si riconoscono nell'anarchismo sociale, interveniamo a posteriori in merito.

La fase

Discutere sulle questioni sia oggettive (la fase) che soggettive (l'opposizione sociale e il ruolo degli anarchici) legate alla progettualità anarchica ("la trasformazione sociale: forme e mezzi - la società di libere ed eguali"), non è da poco. Basti pensare, ad esempio, al ruolo di gendarme e nello stesso tempo di "grande padre" che oggi, nell'epoca del cosiddetto neoliberismo, continuano ad assumersi gli Stati: un ruolo ambiguo e ipocrita di falsa mediazione nella conflittualità di classe. Infatti, se da un lato gli Stati tengono a mostrarsi, come in effetti lo sono, tutori degli interessi della classe dominante, dall'altro, temendo il rischio di apparire agli occhi dell'odierno capitalismo selvaggio come strutture ormai obsolete ed ingombranti, si pongono invece come garanti di una "funzione disciplinare" e di una "regolazione sociale" protese a mitigare gli eventuali e probabili conflitti. Pertanto, gli appelli della classe politica alla lotta alla disoccupazione, alla riforma dello stato sociale (appelli che ad esempio in Europa dovrebbero nell'immediato futuro rafforzarsi, stando allo spostamento a "sinistra" decretato dal risultato delle elezioni tedesche), se alle orecchie della classe padronale devono suonare come oasi da promettere alle classi subalterne per farle stare buone, alle orecchie di queste ultime devono invece suonare come gli appelli di un "buon padre" che pur nei momenti di grande difficoltà (la crisi delle borse asiatiche, la crisi russa, i sacrifici sostenuti per l'unità europea, ecc.) non può dimenticarsi della miseria in cui versano "i propri figli". Per la classe politica, infatti, lotta alla disoccupazione significa privatizzazione selvaggia o gestione autonoma dei servizi pubblici essenziali (esempio: finanziamenti pubblici da destinare alla scuola privata prevalentemente gestita dal clero), defiscalizzazione e incentivi per le imprese, così come riforma dello stato sociale significa tagli alle pensioni oggi mistificati, ad esempio in Italia, dalla promessa di assegni di povertà da elargire ai più bisognosi.

Altra questione, degna di discussione, in quanto intimamente legata a quanto di già espresso, riguarda la metamorfosi dei rapporti di proprietà e di produzione all'interno del capitalismo mondiale, che è andata a modificare in maniera significativa le condizioni e la conflittualità di classe. Basti ricordare in merito l'introduzione nel mondo del lavoro di tutti quei meccanismi legislativi, che, dichiarando guerra al cosiddetto posto fisso e geograficamente stabile, sono andati a mutare profondamente le condizioni, la composizione e la collocazione di classe: a) mobilità, flessibilità, precarietà, lavoro in affitto (l'operaio edile oggi diventa disoccupato domani, per diventare bracciante agricolo dopodomani e così via dicendo) vanno trasformando ogni giorno di più la classe dei salariati, da soggetto stabile nelle proprie mansioni e nei luoghi di lavoro, in una classe affittata alle imprese da altre imprese (le agenzie di collocamento private del "lavoro interinale") per essere doppiamente sfruttata, nonché segnata dal lavoro in nero, giustificato ad arte con la concorrenzialità della manodopera degli immigrati, carne da macello, spesso e volentieri marchiati da delinquenti e rispediti a casa quando non servono e trattati invece come buoni quando si tratta di incamerarli nelle più bieche logiche di sfruttamento, facendoli naturalmente passare dalle sagrestie cattoliche di accoglienza ben grasse di pubblico denaro; b) concertazione tra sindacati/confindustria/stato su contratti d'area, sulla cancellazione(?) in prospettiva dei contratti di lavoro o sulla ridisegnazione degli stessi per meglio legittimare le condizioni precarie e di supersfruttamento della classe lavoratrice.

Se a tutto ciò aggiungiamo: le famigerate "missioni di pace" (attualmente vedi Serbia/Kosovo), o meglio i genocidi (chiamiamoli col vero nome), diretta conseguenza della neospartizione dell'Europa e del mondo terracqueo del post89 fra le potenze capitalistiche mondiali e le varie chiese, in cui prima fra tutte primeggia la cattolica; l'emarginazione sociale nei grandi e piccoli centri urbani, il razzismo e la xenofobia alimentate da richiami ideologici di triste memoria; la scellerata distruzione dell'ecosistema immolata al dio profitto..., il quadro comincia ad apparire sempre più completo.

Aspetti inquietanti dipingono, dunque, l'orizzonte e ci proiettano verso un futuro a fosche tinte, dove in campo economico i ricchi saranno sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri, mentre in campo politico i regimi, siano essi dittatoriali o democratici, in simbiosi comunque con gli interessi del grande capitale finanziario ed immobiliare, avocheranno sempre di più a sé con la politica delle leggi e della guerra il diritto di decidere della vita altrui e del corpo sociale in toto.

L'opposizione sociale e il ruolo degli anarchici

Nonostante il quadro a fosche tinte di cui sopra, il desiderio di una società "altra" non cessa comunque di albergare, quale utopia in positivo, nel cuore di tutte quelle donne e quegli uomini che lottano contro l'autorità, la gerarchia, lo sfruttamento, l'oppressione, la repressione, l'emarginazione e l'arcipelago della autorganizzazione e dell'autogestione (strutture sindacali di base, ambientaliste, territoriali, comunaliste, centri sociali), pur se in maniera estremamente diversificata nella prassi e negli intenti, pur se con forze senza dubbio minoritarie lo testimonia.

Infatti, se evidente risulta, ad esempio in Europa, come il dominio non sia intaccato da seri contraccolpi alternativi, soprattutto grazie all'opera di controllo del dissenso e dell'opposizione sociale operato dalle sinistre nei vari governi, altrettanto evidente risulta però, anche se in maniera alquanto sporadica, come le lotte dei diseredati, degli sfruttati, degli emarginati, della coscienza civile esplodano contro le iniquità sociali (le iniziative delle strutture sindacali e territoriali di base contro l'unità europea del capitale e la politica neoliberista dei vari governi, contro l'AMI, il trattato di Schengen e i "centri di permanenza temporanea immigrati" istituiti anche in Italia, contro la criminalizzazione dei centri sociali e dei movimenti alternativi, contro le cosiddette "missioni di pace", le manifestazioni popolari in Belgio contro l'assassinio della giovane nigeriana, ecc.), ed essenziale si prospetta il ruolo che potrebbe svolgere l'anarchismo sociale ed organizzatore in esse, quale portatore, anche se in nuce, di una progettualità alternativa al vivere gerarchico, di una progettualità proiettata per l'appunto verso la costruzione di una società di libere ed uguali.

Pertanto, compito degli anarchici non può essere quello di arroccarsi in un mero rivendicazionismo nei confronti delle istituzioni economiche e politiche (questo ruolo lasciamolo pure ai partiti istituzionali ed ai sindacati di stato) o in una mera e radicale critica all'esistente.

Compito degli anarchici dovrebbe, a nostro modesto parere, essere quello di stimolare dal basso, a partire dalle comunità municipali, "l'agire locale e il pensare globale" con idee e prassi essenzialmente ispirate al gradualismo rivoluzionario e libertario.

Idee e prassi che sappiano unire le azioni nel mondo del lavoro (rivendicazionismo economico: difesa dell'occupazione, nuovi posti di lavoro) a quelle nel territorio (rivendicazionismo politico: ecologismo, antirazzismo, antimilitarismo, anticlericalismo, servizi e spazi sociali, democrazia diretta) con iniziative e proposte di lotta che, a partire dai bisogni immediati delle classi subalterne, si rendano nel contempo atte ad iniziare a costruire nel "qui ed ora", attraverso un associazionismo comunalista di base sul terreno politico ed attraverso un associazionismo cooperativo mutualista e solidale in campo economico, dei veri e propri laboratori di autogoverno municipale politico ed economico tra loro federati in senso orizzontale, quali basi autogestionarie su cui edificare la società libera del domani. Iniziative e proposte radicali ma concrete, protese:

ad un libero confronto fra le varie esperienze del sindacalismo di base, dei centri sociali e di tutte le realtà territoriali alternative al dominio;

a togliere legittimità alle istituzioni economiche e politiche del dominio per passare la parola e l'azione direttamente nelle mani delle collettività oppresse e sfruttate;

a dimostrare nell'ambito dei municipi, delle realtà di lavoro, di scuola, di quartiere, cittadine, come sia possibile nel "qui ed ora", non solo opporsi allo sfruttamento ed all'oppressione con dure lotte rivendicative, quanto costruire cellule di lavoro e di spazi sociali liberati, alternativi al vivere gerarchico;

a smascherare le variegate proposte di federalismo e di autogoverno locale da mera facciata (decentramento o secessionismo statalista) che da più parti oggi si agitano con idee e prassi realmente alternative al sistema di dominio;

a dare corpo a partire dall'ambito delle municipalità ad una rete di strutture autogestionarie, federate in maniera orizzontale a livello territoriale, provinciale, regionale, nazionale, internazionale nella prospettiva di una società senza più frontiere, senza più confini e senza più Stato.

Sia in Italia che all'estero esperienze variegate e diversificate di opposizione sociale e di sperimentalismo autogestionario, risultano presenti in campo economico, politico e sociale e raffigurano un vero e proprio arcipelago alternativo all'organizzazione gerarchica della società del dominio. Continuare a stimolare il confronto e il collegamento fra queste realtà, come in effetti si sta già facendo con l'iniziativa della "Fiera dell'autogestione", approfondire la mole del dibattito che oggi investe in merito il movimento libertario internazionale riteniamo siano, dunque, azioni quanto mai urgenti e necessarie.

Federazione Anarchica "G. Pinelli" - FAI di Spezzano Albanese



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